giovedì 30 luglio 2009

Le mie lettre al Pm Raimondi ed all'on, Pecorella.

Caso Alessandro Didoni ed il suo amico Dario.
Destinatario:
pecorella_g@camera.it

"Egregio,
leggo dell'episodio e mi rattrista pensare che voi, persone istituzionali, nostri rappresentanti al governo, non accettiate il dialogo ed il confronto.Ancor più mi rattrista leggere che lei, persona con una considerevole esperienza, data la sua veneranda età, citi per "violazione della privacy" un ragazzo che ha semplicemente esternato la sua curiosità e cercato risposte ai suoi dubbi.
Un uomo di esperienza come lei dovrebbe provocarlo un dialogo con i giovani, oltre che rappresentare un esempio di chiarezza.
Questo nostro povero paese è già devastato da tante disgrazie, tra le quali la disoccupazione, la più grande di tutte le disgrazie, aumentarne la portata con episodi di intolleranza, non credo sia costruttivo, bensì deleterio.
Spero che lei ci ripensi e mandi un messaggio a tutti gli italiani, quello che il suo stesso capo del governo lancia: ottimismo e buona volontà.
Al suo buon cuore.
In fede, XXXXXXXXXXXXXX"

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sandro.raimondi@giustizia.it

Egregio dr. Raimondi,
Leggo con dispiacere la notizia apparsa su alcuni quotidiani di oggi relativamente alla querela per "violazione della privacy" operata dall'on. Pecorella nei riguardi di due giovani, Alessandro Didoni e Dario Parazzoli, la cui unica colpa è quella di aver cercato di fugare alcuni dubbi che attanagliano un po' tutta la popolazione italiana.
Già è triste dover apprendere che un personaggio istituzionale, nostro rappresentante al governo, dimostri segni di intolleranza nei confronti di chi gli pone domande lecitissime, in quanto corrispondenti alla "realtà attuale" e non confutabile, scoprire, altresì, che chi dovrebbe rappresentare ognuno di noi, porga querela per il medesimo motivo, mi distrugge psicologicamente.
E' altrettanto inconcepibile ed incredibile, visti i tempi utilizzati di solito dalla magistratura, la immediatezza con la quale, lei, ha promosso l'indagine a tutela della querela.
Vorrei farle notare che chiedere non è un reato, è cosa naturale, e una domanda lecita, in quanto rispondente ad una realtà esistente, qualunque essa sia, richiede e pretende una risposta, specie se rivolta ad un personaggio istituzionale.
Io temo che si stiano sgretolando quelli che sono i doveri istituzionali ed il concetto di giustizia.
Dobbiamo incominciare a dubitarne?
Andando avanti di questo passo, credo che non si potrà credere più in nulla.
Con tristezza e rammarico, passo a salutarla, nella speranza che voglia riflettere su quanto accaduto e sul fatto che la legge, purtroppo, non è più uguale per tutti, ma tutela solo i più forti.
Con disillusione,
XXXXXXX

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