venerdì 27 novembre 2009

La riforma della giustizia.

Che il processo breve sia solo una scappatoia adottata dal governo per salvare "la capra ed i cavoli", è chiaro e indiscutibile.

Non avrebbe alcuna logica introdurlo nel contesto attuale in cui niente va per il verso giusto.

Che sia anche solo l'1% delle cause, come afferma l'Alfano, a prendere la via dela prescrizione, è pur sempre un danno per chi aspetta giustizia e, come afferma Caselli, non avrebbe senso introdurlo per l'ottenimento di un risultato così esiguo.

Tutto quello che il governo sta ponendo in atto è solo un voler cautelare chi ha una insana predisposizione a commettere reati.

Se si volesse veramente fare una seria riforma, si dovrebbe partire da basi più solide, prima rafforzando le procure in termini di personale, e poi, magari, provvedendo ad accorciare la durata dei processi, discutendo con la stessa magistratura su quali gradi dei giudizi è possibile ed auspicabile prevedere una durata minima e per quali reati.

Naturalmente la legge andrebbe applicata non retroattivamente, ma dal momento dell'emanazione.

Per i processi già avviati si potrebbe obbligare la magistratura, qualora ce ne fossero i presupposti, ad accelerarne la conclusione.

Come suggerisce Caselli, infine, tre gradi sono troppi, almeno per alcuni reati, applicare dei paletti per l'appellabilità ritengo sia una proposta validissima.

Io consiglierei, inoltre, di obbligare sia gli avvocati della difesa che quelli dell'accusa a non chiedere continui rinvii ed ai giudici di non concederglieli.

Che ognuno faccia il suo lavoro onestamente e con coscienza, per il bene di tutti, pena ammende salate.

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