mercoledì 23 settembre 2009

Gianni Letta indagato per truffa sulla gara per un centro rifugiati




Gianni Letta indagato per abuso d'ufficio, turbativa d'asta e truffa aggravata.
La notizia è pubblicata su Il Fatto Quotidiano, il nuovo giornale presente da oggi nelle edicole, diretto da Antonio Padellaro.
L'articolo è di due ex firme di punta de L'Espresso (Marco Lillo e Peter Gomez).
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, secondo quanto si legge nell'articolo, avrebbe favorito la holding di cooperative legata a Comunione e Liberazione "La Cascina" nell'appalto per un centro di assistenza per richiedenti asilo a Policoro, in provincia di Matera.
L'indagine è partita dalla procura di Potenza (i primi accertamenti sono stati decisi dal pm Henry John Woodcock).
Dopo un conflitto di attribuzione con Roma però, il fascicolo è stato trasferito alla piccola procura di Lagonegro, in provincia di Potenza.
Secondo il quotidiano la notizia sarebbe da tempo circolata nelle redazioni dei giornali (almeno da 10 mesi).
Nessuno però avrebbe voluto pubblicarla perché Letta è l'uomo con cui gli editori stanno trattando per ottenere gli aiuti per la stampa in crisi.

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Italia/2009/09/gianni-letta.indagato-centri-accoglienza-rifugiati.shtml?uuid=f18e9474-a80c-11de-bb97-68f215fbb471&DocRulesView=Libero

Aria pesante a Modena

I ministri dell’Astio e l’assalto alla cultura

di Francesco Merlo, da Repubblica, 14 settembre 2009

Ogni giorno c'è un ministro dell'Astio, il sovrauomo Brunetta innanzitutto, che vomita trivialità ora su uno ora su un altro pezzo d'Italia: i cineasti sono parassiti, la borghesia è marcia, i professori sono ignoranti, gli statali sono fannulloni, gli studenti sono stupidi, gli economisti sono sconclusionati… Insomma ogni giorno arriva un insulto, un dileggio o una derisione a carico di una categoria sociale diversa. E sono parole rivelatrici, più di un album di fotografie, parole che sono la verità di questi uomini.
Parole che esprimono il senso compiuto di questi cortigiani del Principe che hanno un conto aperto con la natura o con la società e approfittano del loro potere per sfogarsi, come quei personaggi di Stendhal che cercavano a Parigi il risarcimento degli affronti subiti in provincia.
E infatti non si erano mai visti governanti così furiosi contro i governati. Giganti in esilio dentro corpi politicamente troppo angusti, Brunetta, Gelmini, Bondi e, qualche volta, anche Sacconi e Tremonti, trattano l'Italia come una pessima bestia da addomesticare, hanno elevato il disprezzo ad arte di governo, vogliono far espiare al Paese le loro inadeguatezze e le loro frustrazioni.
Bondi per esempio crede che la cultura sia il computo di sillabe in versi sciolti. Brunetta, che non sopporta la bassezza degli indici di produttività, vorrebbe disitalianizzare l'Italia per farne un campo di concentramento laburista: il lavoro detentivo rende liberi, belli, grandi e anche biondi. La Gelmini persegue un sessantotto al contrario che lobotomizzi fantasia e dottrina e mandi al potere i ragionieri con la lesina come scettro.
Di Bossi è inutile dire: vanta una lunga carriera fondata sulla parolaccia, sul dito medio, sulla scatole rotte, sulla carta igienica, sul ce l'ho duro…
Benché nessun governo abbia mai teorizzato e praticato l'offesa dei propri elettori come scienza politica, l'attacco alla cultura non è certo una novità. Goebbels, che era piccolo, nero e zoppo, metteva la mano alla pistola. Scelba, che era calvo e rotondo come un arancino, coniò il neologismo - culturame - ora rilanciato da Brunetta. Anche Togliatti sfotteva in terronio maccheronico il terrone Vittorini, e più in generale il Partito comunista riconosceva solo gli intellettuali organici, cioè gli intellettuali senza intelletto ma con il piffero…
Insomma, fare guerra alla cultura è sempre nevrosi, alla lunga perdente, ed è comunque manganello nelle sue varie forme, reali e metaforiche. Oltraggiare la cultura è uno scandalo penoso: è come sparare in chiesa, impiccare i neri, imputare all'immigrato clandestino la sua miseria, punire la sofferenza come un reato. Ed è un altro modo di organizzare ronde, magari sotto forma di squadracce ministeriali: prediche, comizi, fatwa…
Se Brunetta potesse pesterebbe i vari Placido d'Italia, da Dario Fo a Umberto Eco e, per imparzialità, anche Pippo Baudo e Fiorello. Per Brunetta e Bondi, infatti, gli uomini colti sono la misura della propria dannazione, lo specchio della propria nudità, come Berlusconi visto dalla D'Addario.
Con quegli uomini, che ora chiamano parassiti, Brunetta e Bondi non sono mai riusciti ad intrattenersi neppure quando militavano a sinistra. È da allora che covano rancori. Odiano i salotti (cioè le buone maniere) che li tenevano a distanza. Disprezzano i libri che non hanno letto né tanto meno scritto e che per il popolo della Padania sono ciapa pulver, acchiappa polvere, deposito di pulviscolo.
Sono rancorosi, Brunetta e Bondi, perché sono stati di sinistra e ora ne sono pentiti visto che solo la destra plebea e indecorosa li ha "capiti", promossi e ben ripagati. Come gli ebrei convertiti dell'Inquisizione cristiana rimproveravano a Cristo la debolezza di amare tutti, così questi ministri cortigiani rimproverano alla casa di produzione Medusa, che appartiene al loro dio, di investire sui nemici di dio, sudditi infidi che loro conoscono come se stessi.
Dunque i ministri dell'Astio danno del parassita agli artitisti di sinistra perché non sopportano che siano sovvenzionati dal loro stesso padrone senza neppure baciargli la mano. Addirittura quelli gliela addentano! Ebbene questa, signori ministri dell'Astio, è stizza.
È la stizza di chi, per avere i favori del Principe, non ha badato a spese, ha cambiato i propri connotati, ha ceduto l'anima, si è legato a doppie catene al suo carro. E ora vede che i vari Placido - non importa se bravi o meno - non si sono fatti ipnotizzare dalla medusa che li paga.
In buona sostanza, l'insulto come forma governo è espressione di malafede e di malessere, un impasto di vita vissuta male e di autoespiazione forcaiola: un film drammatico insomma. Dunque Michele Placido non li quereli, ma li metta in scena. Con i soldi della Medusa. Titolo? "La bava dei servi".


http://temi.repubblica.it/micromega-online/i-ministri-dellastio-e-lassalto-alla-cultura/

Noi “farabutti” che sogniamo ancora un’Italia democratica

Andrea Scanzi, collaboratore di MicroMega e curatore su questo sito del blog "Il criminoso" , spiega le ragioni "criminose" della sua adesione alla manifestazione per la libertà d'informazione promossa dalla FNSI. Prevista per sabato 19 settembre, la mobilitazione è stata rinviata a seguito dell'attentato ai militari italiani in Afghanistan.

È vero, non c'è nessuna emergenza democratica. È vero, la libertà di stampa non è in pericolo. È vero, la pasionaria Binetti è la reincarnazione di Rosa Luxemburg.La manifestazione sarà solo una scampagnata, l'ennesima, a uso e consumo di farabutti insufflati di grumosità giustizialista.
È vero, Silvio Berlusconi è il più grande statista italiano dai tempi di Memo Remigi.
È vero, non si è mai visto un baluardo della Costituzione ficcante (?) come Niccolò Ghedini.
È vero, non tutti i paesi occidentali hanno la fortuna di avere un Ministro semplificatore come Calderoli (e un altro di larghissime vedute come Maroni).
Per tutti questi motivi, e mille altri ancora, non ci sarebbe neanche mezzo motivo per andare a scodinzolare con i delinquenti di Repubblica, i terroristi del Fatto e gli sfollati de L'Unità.
Quindi ha ragione Berlusconi. Come sempre.
Già.
Epperò (?), io andrò. Anche il criminoso parteciperà al coro di vibrante protesta (cit). Perché, direte voi. Bah, non saprei dire. Forse perché mi gira così. Forse perché questo concetto di democrazia mi pare vagamente opprimente. Forse perché mi piacerebbe che l'Italia non fosse più un'anomalia.
Forse perché, in qualsiasi altro paese, sarebbero già scesi in piazza per molto, molto, molto meno.
Ci vediamo a Roma, dunque. Noi, velleitari e sconfitti come sempre. Eppur vivi. Più o meno.

Andrea Scanzi
http://temi.repubblica.it/micromega-online/noi-farabutti-che-sogniamo-ancora-unitalia-democratica/