mercoledì 7 aprile 2010

Al premier non servono più - Enrico Fierro

Berlusconi salta la notte della memoria

L’Aquila - Viene. No, non viene. Forse parteciperà alla messa delle 4 del mattino a Collemaggio. Notizia falsa pure questa. E’ stata scandita dagli annunci di improbabili arrivi e da smentite più o meno ufficiali, la presenza al primo anniversario del terremoto di Silvio Berlusconi. Ma dietro le quinte dei Palazzi è andata in onda un’altra storia. Berlusconi voleva davvero andare a L’Aquila un anno dopo, essere fisicamente presente, fare il suo bagno di folla e non solo limitarsi a dichiarazioni e interviste, come è stato costretto a fare. Per questo ha telefonato a Gianni Chiodi, il presidente della Regione, per chiedere che aria si respirava nel capoluogo abruzzese nei giorni del ricordo e del dolore. E pare che Chiodi abbia parlato chiaro.

L'aria è brutta, da settimane quello che chiamano il popolo delle carriole ha ridestato l’attenzione dei media sulla ricostruzione. Le macerie rimosse dopo un anno di inerzia totale, le denunce degli intellettuali e dei vari comitati sulle cose che non vanno, il dito puntato sul piano Case e sulle
new town. Un colpo duro al terremoto show che il presidente aveva pazientemente costruito in un anno di lavoro. Al premier, però, non sono bastate le parole del governatore. In questi giorni ha letteralmente tormentato Guido Bertolaso. "Voglio sapere le cose come stanno, se è opportuna una mia presenza in Abruzzo". Anche il capo della Protezione civile, che ieri ha promesso la ricostruzione de L’Aquila "entro otto anni", è stato perentorio: tira una pessima aria, meglio aspettare che gli animi si calmino.

Ma che gli animi sono tutt’altro che calmi lo si è visto lunedì a tarda sera durante il Consiglio comunale solenne in ricordo delle vittime del terremoto. Una riunione organizzata come peggio non si poteva, un pessimo esempio della peggiore ritualità politica. Senza alcun rispetto per i morti e per i vivi che non si vogliono rassegnare. Piazza Duomo, tendone. Ore 23. Il presidente del Consiglio comunale apre i lavori facendo un breve discorso e leggendo i nomi dei presenti. La sala rumoreggia, le condizioni sono pessime, cameramen e fotografi fanno da barriera al tavolo dove sono seduti sindaco e assessori. I flash scattano per gli uomini
sandwich seduti in prima fila. "Ridateci le carriole”. “Sedicimila nella Case. E gli altri?". Questo c’è scritto sui cartelli che portano appesi al collo. Ospiti d’onore il sindaco di RomaAlemanno, la neogovernatrice Polverini, e Rosy Bindi. Il presidente legge i primi messaggi. Quello del capo dello Stato è subissato di fischi al passaggio sulla Protezione civile e gli interventi nei giorni dell’emergenza. In quei giorni, manda a dire Napolitano agli abruzzesi, il Dipartimento "fu efficacemente diretto". Applaudito, quando il presidente della Repubblica mette il dito nella piaga di una Protezione civile diventata superagenzia organizzatrice di grandi eventi. Il Dipartimento "è chiamato a fronteggiare le calamità naturali e ad esse deve dedicarsi, senza perdersi in altre direzioni di intervento pubblico".

Quindi mai più
G8, mai più Giubilei, mai più fameliche "cricche". Si pensi all'emergenza. "E alla prevenzione, perché i nostri morti sono stati uccisi dagli allarmi che non sono stati dati in tempo", urla dalla folla una signora. Gli aquilani hanno capito e battono le mani quando nel messaggio di Napolitano c’è un ringraziamento non formale ai Vigili del fuoco e ai volontari. Fischi, sedie che battono sul pavimento in legno del capannone, quando viene annunciato il messaggio di Schifani. Ci sono microfoni e amplificatori, ma non si percepisce una sola parola del "sentito cordoglio" del presidente del Senato. L’inferno, però, scoppia quando il presidente del Consiglio comunale inizia a leggere il lunghissimo "telegramma" di Silvio Berlusconi. "In un anno siamo stati in grado di far fronte...". Non si fa in tempo ad ascoltare la solita litania di cifre, bilanci, la trita esaltazione del "governo del fare" in una città che porta ancora tutte intatte le ferite di un anno fa, che nel capannone esplode all’unisono un "basta" clamoroso. Una signora anziana apre un ombrello rosso. "Lo faccio per ripararmi dalle cazzate che stanno piovendo". Un uomo sulla cinquantina innalza il suo cartello di "Cittadino senza città". E all’improvviso, senza un ordine impartito, un gesto, un segnale sia pur minimo, la gente presente nel capannone si gira, volta le spalle a sindaci, parlamentari, consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione. Rifiuta in blocco una politica capace solo di parole, di inganni, di promesse non mantenute. Qualcuno rimane seduto, altri non condividono.

E’ il momento più brutto di una bruttissima serata. Peggiorata, se possibile, dall’intervento del senatore
Enzo Lombardi. Oggi consigliere comunale, in un lontano passato sindaco democristiano della città, poi senatore. Esordisce male: "Non mi sono preparato un discorso". La gente coglie la mancanza di rispetto e fischia. E il senatore, che chiamavano "Bombardone" per il suo carattere un po’ focoso, getta benzina sul fuoco. "Questa è una città civile, orgogliosa, non fateci vergognare di voi e dei vostri atteggiamenti". Partono selve di fischi, e di "vaffa...". Un ragazzo salta su una sedia, trasforma le mani in un megafono e urla: "Sei tu, sono i politici come te che ci fanno vergognare". Finisce male, con pochi che ascoltano il flebile discorso del sindaco della città Massimo Cialente, del Pd. La sua voce è debole, le sue parole stanche e di maniera. In sala corre voce che voglia passare la mano.

Brutta aria per Berlusconi in una città che un anno dopo si è risvegliata dall'incubo del terremoto e dal sogno della ricostruzione. Una città che nella notte del ricordo si è ritrovata unita a ricordare le 3:34 di un anno fa. Venticinquemila aquilani, venticinquemila fiaccole dietro uno striscione che chiede "Verità e giustizia" per i morti. Un popolo intero dietro le gigantografie dei ragazzi della Casa dello studente. A testa bassa, in una piazza spazzata dal gelo, ad ascoltare i 308 nomi delle vittime del terremoto. Per loro, uniti, chiedono "Verità e giustizia".

Da
il Fatto Quotidiano del 7 aprile



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