sabato 10 aprile 2010

Telecom, Tronchetti accusa Colao - Peter Gomez



10 aprile 2010
Alla fine Marco Tronchetti Provera ha chiuso la questione con un'accusa feroce al numero uno di Vodafone, Vittorio Colao, fino al 2006 amministratore delegato di Rcs Mediagrup, la società editrice del Corriere della Sera. Secondo il vice presidente di Mediobanca ed ex proprietario di Telecom quando Colao nel 2004 scoprì che il suo computer e quello di un giornalista, impegnato a preparare un articolo proprio sui conti Pirelli-Telecom, era stato violato dagli hacker, gli avrebbe immediatamente dovuto dire che sospettava degli uomini della compagnia telefonica. Non averlo fatto per lui "è una cosa grave" ed è ancora più grave che quella voce fosse stata "fatta circolare " in Rcs, visto che era "lesiva per l'interesse di Telecom Italia".

Eccolo qui il baco nella linea difensiva di Tronchetti, il proprietario di Pirelli, già condottiero di Telecom negli anni bui delle schedature di massa da parte degli uomini della security, capitanata da
Giuliano Tavaroli. Ed un baco rappresentato dai casi di spionaggio contro Colao e il vicedirettore ad personam del CorriereMassimo Mucchetti. Colao e Mucchetti nell'autunno del 2004 sono stati tra i destinatari di un virus informatico inviato (un trojan) dagli uomini di Telecom per carpire tutte le informazioni contenute nei loro computer. Il giornalista a partire da metà ottobre si stava occupando degli affari della Pirelli con Telecom e per questo aveva incontrato l'ufficio stampa dell'azienda. All'improvviso, come ha raccontato il capo degli hacker della compagnia dei telefoni, Fabio Ghioni, giunse l'ordine di bucare il suo computer. E poco dopo, risulta dagli atti, prese il via l'operazione "Mucca pazza" con investigatori privati che lo pedinavano di continuo e signorine a pagamento che lo attendevano nei bar vicini al Corriere nella speranza (delusa) di poterlo abbordare. Davvero si può sostenere che anche quello spionaggio - senza precedenti nella storia del giornalismo italiano - avvenne per iniziativa di Tavaroli e che Tronchetti non ne seppe mai nulla? Il proprietario di Pirelli dice di sì, ma la domanda è ormai sospesa da un mese nell'aula del tribunale di Milano dove il gipMariolina Pasaniti sta presiedendo l'udienza preliminare contro gli imputati del più grave caso di schedature di massa da parte di un'azienda privata a partire dagli anni Settanta (schedature Fiat). Ed è una domanda pesante perchè si va aggiungere a molte altre accuse mosse da altri imputati. Non che Tronchetti, dal punto di vista penale, rischi nulla, sia chiaro. La procura di Milano lo ha sempre considerato - e lo considera - un semplice testimone. Dal punto di vista civile, e da quello di un'eventuale azione di responsabilità da parte della nuova Telecom di Franco Bernabè, le cose sono però molto più complicate. L'udienza preliminare infatti non sta andando bene per Tronchetti. Il proprietario della Pirelli, che in marzo era già stato sottoposto per tre giorni al fuoco di fila degli avvocati di parte civile e del giudice Panasiti, quasi ogni giorno si trova a dover fronteggiare nuovi sospetti. Anche ieri l'investigatore privato fiorentino Emanuele Cipriani, storico collaboratore della security, con una lunga dichiarazione spontanea ha definito "lacunose" le dichiarazioni del vicepresidente dell'istituto di piazzetta Cuccia e ha messo in fila una serie di casi di spionaggio industriale ai danni di concorrenti di Pirelli che, a suo avviso, dimostrano come Tronchetti avesse un interesse diretto nelle attività di Tavaroli.

Tronchetti smentisce anche se in altri interrogatori è emerso come i vertici di Telecom - ma non direttamente lui - fossero perfettamente al corrente di quanto faceva la sicurezza anche con modalità illegali . Poi c'è la spinosa questione Colao- Mucchetti. Tronchetti l'affronta la prima volta il 16 marzo e ne riparla il 29. Così, deposizione dopo deposizione, incrociando le domande degli avvocati, con le risposte, salta fuori questa storia. A fine estate, come racconta Ghioni, c'è una riunione di tutti i vertici della sicurezza a cui partecipa, non si capisce bene a che titolo, anche Patrizio Mapelli, un manager di Value Partner, società consulente di Telecom. Quel giorno Tavaroli dice i computer di Colao e di tutta un'altra serie di manager
Rcs, devono essere bucati. Il perchè non è chiaro. Forse, ma è solo un'ipotesi, il problema sta nel nuovo contratto di forniture telefoniche che Rcs deve stipulare. Vale molti milioni di euro e Colao ha stabilito di fare una gara. Telecom insomma rischia di perdere un bel business. Fatto sta però che all'elenco delle persone da spiare a metà ottobre si aggiunge anche il nome di Mucchetti. Il giornalista, inviso a Tronchetti, sta preparando un servizio che riguarda i conti di Pirelli e come sempre si avvale della consulenza dell'analista Rosalba Casiraghi(anche lei spiata). Subito dopo il suo primo incontro con i responsabili delle comunicazioni esterne di Telecom e Pirelli scatta l'operazione. Mucchetti nella notte tra il 4 e il 5 novembre riceve una mail che contiene il virus. Non la apre e visto che non sa che cosa sia avverte i tecnici del Corriere. Il tentativo dihackeraggio viene così scoperto e subito scattano i sospetti su Telecom. Intorno al 20 novembre infatti è proprio la security Telecom a presentarsi al Corriere dicendo di aver scoperto autonomanente che nella rete del quotidiano c'erano delle falle. "La prima gallina che canta ha fatto l'uovo" pensano giustamente in Rcs. Poi dopo qualche giorno il presidente del Corriere Piergaetano Marchetti, parla informalmente a Tronchetti dei sospetti che circolano. Tronchetti discute così la cosa con Tavaroli, mentre la security di Telecom distrugge le macchine utilizzate per l'intrusione. E l'inchiesta sull'hackeraggio nata da una denuncia presentata in procura si arena per mesi. Oggi davanti a tutto questo, Trochetti che assicura di essere sempre stato all'oscuro, attacca Colao. Secondo lui l'avrebbe dovuto avvertirlo subito. Uno degli avvocati in aula commenta: "Beh, se le verifiche le fate così, chiedendo al lupo dove è finito l'agnello, forse hanno fatto bene a tacere" .

da Il Fatto Quotidiano del 10 aprile 2010



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