lunedì 3 maggio 2010

La versione (sola) di Scajola - Luca Telese


3 maggio 2010
Scajola fa rima con “Sòla”. Se non altro quella romanissima che il ministro si illude di poter rifilare agli elettori raccontando favole amène sulla sua povera casetta di via del Fagutale. Dopo prime dichiarazioni difensive da non dimenticare (frasi come “E’ stato violato il segreto istruttorio!” o “Si sta cercando di mettere in mezzo mia figlia!”) Scajola ha rilasciato ben tre interviste esilaranti con cui pretende di far credere agli italiani che ha pagato una casa di dieci stanze in un condominio esclusivo con vista sul Colosseo quanto un quadrilocale al Tiburtino terzo con terrazzino abusivo.

Spiega che lui è di Genova, è che per questo non si è reso conto di un prezzo così incongruo. Ha detto che l’architetto
Zampolini, quello che ha concluso l’acquisto, lo conosceva appena: “era uno che si era offerto di aiutarmi a trovare casa”. Ci regala perle meravigliose come: “In realtà si tratta di un ammezzato” (180 metri quadri). La casa è stata pagata un milione e mezzo di euro, lui ne ha pagati solo seicentomila. Il bello è che ci sono quattro testimoni che raccontano una realtà diversa: 900 mila euro sono arrivati in assegni circolari, 80 per la precisione, pur di poter aggirare – per un ministro come lui evidentemente deve essere un obbligo morale – la legge anti-riciclaggio. I novecentomila euro del personalissimo “piano-casa” di Scajola arrivano – secondo la testimonianza dell’architetto Zampolini, che ha raccontato agli inquirenti di portarli al rogito – da un imprenditore: quello stessoDiego Anemone che tutti vorrebbero come amico, che procacciava macchine e massaggi a metà del governo, agli uomini della Protezione civile e a qualche alto ufficiale della Guardia di finanza.

Anche in questo caso le parole di Scajola sono rassicuranti. Lo conosceva Anemone, lui? Ma certo: “Stiamo parlando di uno degli otto gentiluomini di Sua Santità nel mondo!”. Di questi tempi una garanzia. L’affare si conclude, secondo i magistrati, in una sede distaccata del ministero, a via della Mercede. Le due sorelle
Papa, che hanno venduto la casa, ricordano di aver avuto gli assegni dal ministro. Un autista spiega di aver portato gli assegni. L’architetto Zampolini di averli forniti. L’unico che non ricorda è il povero Scajola. Deve essere stato un complotto in cui tutti si sono accusati di diversi reati pur di inguaiare un uomo probo. Lui vorrebbe convincerci di aver creduto alla favoletta dell’appartamento di dieci stanze venduto a prezzo d’occasione.

Perché lui è di Genova. Così se a uno che è di Roma gli offrono un appartamento a Place des Vosges o con vista sugli Champs Elysées, al prezzo di una barca, potrà sempre dire: sa, sono come Scajola, non conosco le quotazioni del mercato in Francia. Forse il ministro non capisce che pretendere di farci credere che sia vittima di questa imbarazzante ingenuità è quasi più grave che ammettere la corruzione. Un ministro non in grado di intendere e di volere non può gestire la cosa pubblica. In ogni caso, se decidesse di vendere siamo pronti a ricomprare subito: ammezzato, dieci vani, palazzo in stato di degrado infestato da vip, vista su un rudere, quotazione Scajola, fondo integrativo Anemone: 610mila euro. Il prezzo è giusto.


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