lunedì 18 gennaio 2010

Mascherine e kit: il business parallelo I COLOSSI FARMACEUTICI E L’INDOTTO -INFLUENZA - Valentina Arcovio

la mappa:

Il virus
4 milioni di contagi
210 vittime (0,005%)
Pandemia influenzale?
Dai numeri proprio
no. Da ottobre
i casi di persone
contagiate dal virus H1N1
sono stati 4,1 milioni (il picco
si è registrato nel mese di novembre).
I morti sono stati in
totale 210, cioè circa lo
0,005%.
Numeri quindi di gran lunga
inferiori a quelli patiti l’anno
passato.

Le dosi
24 milioni comprate
865 mila consumate
Anche per
quanto riguarda
le dosi di
vaccino i numeri
lasciano pochi
dubbi. Il governo ne ha acquistate
24 milioni di dosi. Ne
sono state distribuite però solo
10 milioni.
Clamorosamente inferiore
il numero di persone che al
vaccino hanno preferito
sottoporsi: appena 830 mila

La spesa
Sono costate
184 milioni di euro
Sprechi? Il
contratto siglato
dal ministero
della Salute
con la Novartis
vale 184 milioni di euro. Considerato
il flop delle vaccinazioni
non un grande investimento
per la salute pubblica
e per i cittadini-contribuenti.
Ma nonostante l’evidenza di
questi risultati il governo
continua a tacere sull’intera
vicenda.

Distribuzione-uso
Poco più del 3%
in Piemonte e Lazio
Regione cha
vai distribuzione
del vaccino
che trovi. Con un
valore comune,
comunque: gli italiani non si
sono fidati.
Il rapporto tra dosi distribuite
e somministrate lo
conferma: punta massima
in Emilia Romagna (22%),
media tra il 7 e l’8% e minimi
nel Lazio (3,4%), Val
d’Aosta e Piemonte (3,1).

Paura e medicine
Analgesici
e antibiotici a go-go
L’ effetto delle
urla e delle
grida sull’allar me
influenza ha partorito
anche altri
effetti collaterali. Finiti soprattutto
nell’assalto alle farmacie
per l’acquisto di antivirali,
analgesici e altri medicinali
per scampare alla “pe -
ste” dell’H1N1.
Ovviamente e sentitamente
i produttori del ramo ringraziano.

Da: Il Fatto Quotidiano di oggi.

Vaccino, che grande imbroglio - Sandra Amurri

La truffa dell’H1N1: più di 23 milioni di dosi inutilizzate
Gli spot del governo e la strana prelazione di Sirchia alla Novartis


Il governo
Berlusconi ha buttato via 184 milioni di euro. LaNovartis ha incassato un miliardo di euro.
Il ministero della Salute ha sottoscritto un contratto con Novartis che definire sbilanciato a favore della multinazionale svizzera è poco, ma questo lo vedremo dopo aver puntato i riflettori su un altro fatto.
Girolamo Sirchia – condannato in primo grado a tre anni per aver intascato tangenti, carcere scampato grazie all’indulto, sospeso per cinque anni dai pubblici uffici – nel 2004 quando era ministro della Sanità nel secondo governo Berlusconi, a trattativa privata (cioè senza gara pubblica) ha versato a Novartis 3 milioni di euro per avere diritto alla prelazione sull’eventuale produzione di vaccini in caso di pandemia. Ed è arrivata l’influenza H1N1.

"Costruita" la pandemia, il governo Berlusconi ha acquistato il vaccino dallaNovartis con un contratto che per le sue clausole previste è stato tenuto segreto, come "denuncia" la Corte dei Conti. 24 milioni di dosi per un costo di 184 milioni di euro da pagare anticipatamente con l’impegno da parte del governo di accollarsi la responsabilità di eventuali effetti collaterali e del pagamento nel caso di danni a terzi per motivi che non fossero attribuibili a difetti di fabbricazione.
A conti fatti i vaccini ritirati e distribuiti alle Asl sono stati pari al valore di 10 milioni contro i 184 pagati. E ne sono stati inoculati solo 865 mila. Il resto? Finiranno al macero visto che scadranno tra poco. Risultato: spreco enorme di soldi pubblici di cui nessuno risponderà. Morale: i cittadini sono stati ingannati tre volte in un colpo solo.

La prima quando l’allora viceministro e oggi ministro della Salute,
Ferruccio Fazio, ripeteva che eravamo di fronte a una pandemia mortale di dimensioni inimmaginabili creando tra la popolazione il panico.
Il secondo quando presi dall’ansia i cittadini si sono recati nei presidi ospedalieri per essere vaccinati e hanno scoperto che dovevano firmare il consenso informato in quanto il vaccino non aveva superato tutti i test obbligatori per essere immesso in commercio.
La terza quando hanno scoperto che lo Stato, cioè loro, aveva acquistato 24 milioni di dosi per 184 milioni di euro e ne aveva utilizzate 865 mila per 10 milioni di euro.

Tutt’altro esempio arriva invece dalla Polonia dove il primo ministro,
Donald Tusk ha accusato le case farmaceutiche di voler scaricare la responsabilità per eventuali effetti collaterali in quanto il vaccino non era stato sufficientemente testato. E il ministro della Salute, il medico Ewa Kopacz, ha rincarato la dose aggiungendo che se le aziende produttrici non accettavano di assumersi la responsabilità legale per ogni caso di persona danneggiata i vaccini non erano acquistabili.
Stessa cosa ha fatto la Finlandia decidendo che chi voleva vaccinarsi poteva farlo a proprie spese e a proprio rischio e pericolo perché lo Stato non avrebbe né finanziato né distribuito quel vaccino.

In Italia invece sono stati buttati via 184 milioni di euro nonostante il parere contrario di moltissimi farmacologi – compreso quello del direttore dell’Istituto di ricerca "Mario Negri" di Milano,
Garattini, secondo cui la corsa al vaccino si spiega con "la grande pressione delle industrie che ne avrebbero tratto forti guadagni" – che si trattava di un virus "dalla mite virulenza" e acquistare il vaccino non sarebbe stato "un grande affare".

Per i cittadini ma non per la Novartis, ovviamente. A questo si aggiunge che il vaccino, non casualmente a esclusione di quello americano, contiene lo squalene che secondo una ricerca condotta alla Tulane Medical School sui veterani della Guerra del Golfo vaccinati per l’antrace con un vaccino contenente l’immuno-coadiuvante MF59 (contenente lo squalene) ha dimostrato che "il 95% che ha sviluppato la Gulf War Syndrome, che ha causato migliaia di morti, aveva anticorpi verso lo squalene".

Ma sulla decisione del nostro governo pesa anche l’ombra del conflitto di interessi che è stato solo apparentemente risolto con la nomina di Fazio ministro della Salute, ruolo ricoperto da
Maurizio Sacconi la cui moglie Enrica Giorgetti è direttrice generale di Farmindustria.
Certo la Novartis che ha prodotto il vaccino non è un’azienda italiana. Ma come si può ignorare che Farmindustria aderisce in ambito internazionale alla Federazione europea (EFPIA) e a quella mondiale (FIIM–IFPMA)? Oltre al fatto che il ministero della Salute, attraverso la AIFA (Agenzia italiana farmaci), stabilisce i prezzi dei farmaci, quali ritirare dal commercio e quali no. Ha il controllo su Farmindustria (che riunisce oltre 200 imprese del farmaco operanti in Italia, nazionali e a capitale estero) rispetto all’avviamento dell’impresa, alla natura degli stabilimenti, ai prodotti, all’immissione in commercio e alla presentazione del prodotto (etichetta, foglio illustrativo e pubblicità) ecc.

Conflitto denunciato da Antefatto.it? , ignorato dai media e descritto dalla britannica Nature, una delle più antiche e prestigiose riviste scientifiche nell’articolo “Clean hands, please” (Mani pulite, per favore) in cui si legge: “Per di più le connessioni tra i ministeri della Sanità e del Welfare con il sistema industriale sono sgradevolmente strette: per esempio la moglie del ministro Maurizio Sacconi è direttrice generale di Farmindustria, l’associazione che promuove gli interessi delle aziende farmaceutiche".


Come evitare processi per mafia - Marco Travaglio

Come ogni assoluzione eccellente, anche quella di Calogero Mannino, arrestato 15 anni fa per concorso esterno in associazione mafiosa, ha scatenato la solita grandinata di luoghi comuni, falsità e scemenze assortite. Non si sa se dovute a ignoranza o a malafede (o forse a entrambe, visto che vengono dagli stessi che accettano solo le sentenze di assoluzione, infatti stanno beatificando il pregiudicato Craxi).

1) "Mannino non andava nemmeno processato: è stata una persecuzione politica della Procura di
Caselli". In realtà la procura s’è sempre limitata a chiedere. Mannino fu arrestato da un gip e i ricorsi dei difensori furono respinti dal Riesame (3 giudici) e dalla Cassazione a sezioni unite (9 giudici); poi – consulenze medico-legali alla mano – il Tribunale di Palermo (3 giudici) respinse la richiesta di scarcerazione per motivi di salute. Furono proprio i pm a farlo liberare anzitempo. Poi fu assolto con formula dubitativa in tribunale, condannato a 5 anni e 4 mesi in appello, sentenza annullata dalla Cassazione che però ritenne giusto riprocessarlo in appello, dove fu assolto sempre con formula dubitativa, sentenza confermata definitivamente l’altro giorno. Quindi una dozzina di giudici hanno stabilito che era giusto processarlo.

2) "E’ stato un errore giudiziario e ora bisogna riformare la giustizia tagliando le mani ai pm e votando il ‘processo breve’, visto che la durata del processo è colpa dei pm". Il processo è durato così a lungo perché l’Italia è l’unico paese al mondo con tre gradi di giudizio automatici che spesso, come in questo caso, diventano cinque. Ma anche perché la giustizia è senza uomini né mezzi. E, in questo caso, anche a causa della legge
Pecorella, che abolì l’appello del pm paralizzando il processo finché la Consulta non la cancellò.

In ogni caso non tutte le assoluzioni significano che l’imputato è stato processato per errore. Per capire se lo è stato, bisogna leggere le motivazioni. Qui anche i giudici che hanno assolto Mannino hanno ritenuto provati molti dei fatti contestati dall’accusa: un pranzo con un gruppo di ufficiali medici e con due boss; la partecipazione alle nozze fra
Maria Silvana Parisi e Gerlando Caruana, figlio di Leonardo, boss di Siculiana; i rapporti con gli esattori mafiosi Nino e Ignazio Salvo, ai quali Mannino – da assessore regionale alle Finanze – concesse in gestione l’esattoria di Siracusa; gli incontri in casa sua con il boss Antonio Vella e con Gioacchino Pennino, medico palermitano di Brancaccio, esponente della Dc cianciminiana, discendente di una famiglia mafiosa, amico dei boss Giuseppe Di Maggio, Totò Greco e i fratelli Graviano, per chiedere e ottenere voti.

"È acquisita la prova – scrive il tribunale che lo assolse – che nel 1980-81 Mannino aveva stipulato un accordo elettorale con un esponente della famiglia agrigentina diCosa Nostra, Antonio Vella", e poi con altri boss.

Il "patto elettorale ferreo, avallato dall’intervento di un mafioso come Vella…costituisce una chiave interpretativa della sua personalità e consente di invalidare buona parte del capitolato difensivo, volto a rappresentare Mannino come un politico immune da contaminazioni coscienti con ambienti mafiosi o addirittura vittima di chissà quali complotti".

La questione controversa, valutata diversamente nei vari gradi di giudizio, non sono i rapporti e gli accordi coi mafiosi: è la “controprestazione” fornita da Mannino aCosa Nostra, il do ut des necessario per innescare il concorso esterno. Per i giudici del primo appello, i favori alla mafia sono provati; per il secondo appello e la seconda Cassazione, non abbastanza. Certo, è seccante restare sotto processo per tanti anni. Ma c’è un sistema infallibile per non essere accusati di mafia: non incontrare mafiosi, non andare a cena con loro né ai loro matrimoni e soprattutto non stipulare con loro “patti elettorali ferrei”. E’ dura, ma ce la si può fare.

Da Il Fatto Quotidiano del 17 gennaio