martedì 2 febbraio 2010

Mafia, Ciancimino Jr: «Contatti diretti fra Dell'Utri e Provenzano»

«C'era un contatto diretto tra il senatore Marcello Dell'Utri e Lo Verde. Lo spiegò mio padre». Così Massimo Ciancimino, deponendo al processo Mori nell'aula bunker dell'Ucciardone a Palermo, ha parlato dei rapporti tra il senatore del Pdl e il boss mafioso Bernardo Provenzano, che usava nei contatti con il padre il nome di Lo Verde. Secondo Ciancimino, Provenzano voleva trattare con Dell'Utri dell'amnistia cui i mafiosi aspiravano.
Suo padre, ha affermato Ciancimino, gli disse che «l'interesse a un simile atto di clemenza era della Chiesa», e che «queste cose andavano fatte quando governava la sinistra e bisognava sfruttare l'occasione perchè c'erano consultazioni elettorali imminenti».
Massimo Ciancimino ha anche detto che Bernardo Provenzano scrisse in un pizzino a Vito Ciancimino che aveva parlato con Marcello Dell'Utri della situazione difficile di salute dell'ex sindaco di Palermo, affinchè venisse preso un provvedimento di clemenza.
In un pizzino «successivo al settembre 2001», sempre inviato da Provenzano a Vito Ciancimino, si fa riferimento a contatti avuti con «sen.» e «pres.», rispetto a un possibile provvedimento di clemenza in favore dei detenuti. Il boss che si rivolge all'ex sindaco scrivendo «Carissimo ingegnere», scrive di essersi speso per trovare una «nuova soluzione della sua sofferenza». Secondo Ciancimino jr con «sen.» si identifica Dell'Utri e con «pres.» va identificato il senatore dell'Udc, Totò Cuffaro, allora presidente della Regione Sicilia.

Il processo a carico dell'ex vice capo del Ros, Mario Mori, e dell'ex colonnello Mauro Obinu riprenderà lunedì 8 febbraio. E durante i lavori davanti ai giudici della IV sezione penale testimonierà ancora Massimo Ciancimino.

Nella deposizione di lunedì, Massimo Ciancimino aveva parlato di investimenti che suo padre avrebbe fatto nella realizzazione di Milano 2: «Parte del denaro di mio padre, negli anni 70, fu investito in una grossa operazione edilizia realizzata nella periferia di Milano chiamata "Milano2"». Secondo il testimone l'ex sindaco, convinto a fare l'investimento dagli imprenditori Nino Buscemi e Franco Bonura, inizialmente non era entusiasta del nuovo business, ma poi avrebbe finito per accettare di investire parte del suo tesoro nella realizzazione del complesso residenziale realizzato da Silvio Berlusconi, negli anni '70, alla periferia del capoluogo lombardo. A convincerlo definitivamente a spostare i soldi fuori dalla Sicilia sarebbero state, però, le inchieste a suo carico e le denunce sugli affari delle cosche fatte dalla commissione Antimafia.
«Le dichiarazioni di Ciancimino su Milano 2 sono del tutto prive di ogni fondamento fattuale e di ogni logica, e sono smentibili documentalmente in ogni momento», ha ribattuto Niccolò Ghedini, avvocato del premier e parlamentare Pdl in una nota. «Tutti i flussi finanziari di Milano 2, operazione immobiliare che ancor oggi è da considerarsi una delle migliori realizzazioni nel nostro paese - aggiunge Ghedini - sono più che trasparenti e sono stati più volte oggetto di accurati controlli e verifiche. Tutte le risultanze hanno dimostrato la provenienza assolutamente lecita di tutto il denaro impiegato. Argomentare gli asseriti finanziamenti mafiosi è evidentemente diffamatorio, il che - conclude - sarà facilmente comprovabile nelle appropriate sedi giudiziarie».


Di Pietro, Corriere della Sera, Contrada, Cia e servizi segreti