lunedì 15 marzo 2010

Magnifica Littizzetto a "che tempo fa" il 14 marzo 2010

Notizia, che fare? - Marco Travaglio


14 marzo 2010
Per certi giornali non c’è nulla di peggio di una notizia vera che irrompe in redazione a tradimento. E’ come un virus senza vaccino. Una droga che alla lunga può creare dipendenza, poi non resta che la comunità di recupero. Prendiamo la notizia rivelata dal Fatto: il premier padrone di Mediaset e i suoi picciotti concordano col commissario Agcom, profumatamente pagato da noi per garantire la libera informazione, come chiudere il programma d’informazione più visto della Rai, mentre il direttore del Tg1 traffica col premier per neutralizzare le notizie scomode, il tutto con la compiacenza dei vertici Rai. IlTg1 la liquida col titolo: “Polemiche su Premier e informazione”, segue servizio sul boom dei balli sudamericani. Il Banana tenta di coprirla con un allarme bomba, ovviamente falso. Più arduo il lavoro della stampa al seguito. Quella che inventa false indagini su Di Pietro, sul complotto planetario della D’Addario e sulla casa di Santoro, ma di fronte a un’indagine vera va in paranoia. Chiama il Sert, convoca l’assistente sociale e ricorre alle più varie terapie disintossicanti per uscire dal tunnel della notizia. Terapia Sallusti. Lo Zio Tibia del Geniale è proibizionista: “Se il governo avesse avuto il coraggio di varare la legge contro lo scandaloso abuso delle intercettazioni, oggi non racconteremmo questa storia. Invece no, a furia di fermarsi davanti ai magistrati, ai Di Pietro, e ai Santoro, eccoci qua”. Fa tenerezza, ilFeltriskin: si ritrova per le mani questo oggetto misterioso, gli spiegano che è una notizia, e lui, colto in contropiede, non sa proprio che fare. Come si comporta un giornalista alle prese con una notizia? Attimi di panico e ipossia, poi l’idea geniale: chiedere al governo di vietare le intercettazioni onde evitare che l’increscioso incidente abbia a ripetersi in futuro. Segue appello al Banana perché la smetta di prendere ordini dai magistrati, da Di Pietro e da Santoro (le 37 leggi ad personam le hanno dettate tutte loro) e faccia finalmente una legge contro i giudici e i giornalisti.

Terapia
Belpietro. Il simpatico Via col Mento ritiene che il problema non sia il concerto del premier e dei sottostanti direttorissimi e arbitri venduti contro la libertà d’informazione, ma il fatto che un pm l’abbia scoperto: “Qualsiasi ufficio periferico della giustizia è in grado, se vuole, di ascoltare tutto ciò che dice il capo del governo. In nessun Paese normale il capo del governo può essere registrato a sua insaputa da un maresciallo su ordine di un pm”. Secondo lui, all’estero i marescialli, prima d’intercettare il capo del governo, lo avvertono per sapere se abbia nulla in contrario (sono furbi, i marescialli, all’estero). Strano che Belpietro non l’abbia scritto due anni fa, quando pubblicò a puntate su Panorama le telefonate del premier Prodi intercettate da un ufficio periferico della giustizia, quello di Trento. Forse perché allora Prodi disse “pubblicate tutto, non ho nulla da nascondere, e guai se usate questa vicenda per una legge anti-intercettazioni”. E fu chiaro a tutti ciò che lorsignori fingono di ignorare: se un parlamentare viene intercettato, non è perché sia sotto controllo il suo telefono, ma quello di un poco di buono che parla con lui. Male non fare, paura non avere. Terapia Battista. Il popolare Cerchiobattista potrebbe scusarsi per aver ripetuto che la tv non sposta voti e prendere atto che, se il Banana si dedica da 15 anni a epurare i giornalisti liberi, un motivo ci sarà. Invece distribuisce equamente le colpe. Colpevole il premier epuratore che “scavalca una frontiera di opportunità e di stile” e desta “preoccupazione” (gliele ha cantate chiare). Ma colpevole pure il pm che l’ha scoperto: “Non è chiara la competenza di Trani su fatti accaduti fuori dal suo territorio”. Se, puta caso, un pm di Trani indagando su un furto di bestiame a Trani scopre che un pastore sta per ammazzare la moglie a Bisceglie, deve interrompere le intercettazioni e passare subito il fascicolo a Bisceglie. Così, mentre le carte sono in viaggio, il delitto si compie. La competenza è salva, la signora un po’ meno.

da Il Fatto Quotidiano del 14 marzo 2010



Milano 2.0 alla manifestazione contro il decreto salvaliste: Roberta Covelli



Ragazzi di carattere, ragazzi di domani, il futuro che vogliamo.


Da Bertolaso al “salva-liste”, il Vaticano abbraccia Berlusconijad di don Paolo Farinella


Il boccone che mangia Giuda nell’ultima di Cena con Gesù, è un boccone amaro, quello del tradimento. Esso però fu uno solo, a differenza di noi che ci stiamo ingozzando di «bocconi» di ogni specie e forma. Giuda aveva ancora un minimo di pudore perché agì di notte, mentre i Giuda che sono al governo e in parlamento non si vergognano più dei tradimenti, ma addirittura se ne vantano e agiscono alla luce del sole. Il delirio di impunità è così forte e virulento che questi assassini del diritto e della Legge oltre che denigratori conclamati di illegalità, non si fanno più scrupolo di salvare le forme: a loro interessa portare a casa subito e tutto. Non starò a ripetere cose e fatti detti e ridetti, battuti e ribattuti, mi limito solo ad alcune stravaganze per esercitare la mia coscienza a non addormentarsi nemmeno per un momento.

Lunedì 8 marzo 2010 a Genova, il prof. Paolo Prodi (fratello di Romano) e storico di professione ci ha intrattenuto con una riflessione pacata e amare su «Quando i cattolici non erano moderati» agivano con la profezia del vangelo, risalendo sempre la china del confronto con il mondo del potere. Vi fu un tempo, quando non era papa, in cui Joseph Ratzinger, faceva l’elogio della coscienza come resistenza anche all’autorità suprema della Chiesa. Oggi che Joseph è papa, dobbiamo anche sopportare di ascoltare il suo segretario di Stato, tale prima donna Tarcisio Bertone il quale ciancia che in caso di eventuale conflitto tra coscienza e autorità prevale l’autorità, ponendosi così da sé, se ve ne fosse ancora bisogno, fuori dalla dottrina «tradizionalista» della stessa Chiesa.

Il papa sabato 6 marzo 2010 ha ricevuto Bertolaso e il «nobiluomo» Gianni Letta, con la scusa di ricevere il volontariato della protezione civile. Ha pontificato Bertolaso che sembrava una puttana che si metteva in vendita dispensando aforismi e sapienza davanti alle eminenze vaticaniste ridenti e beote: «Basta parlare di scandali perché la protezione civile sono i suoi volontari». Il papa ha fatto la sinfonia di rito, senza dire una parola di quelle che avrebbe dovuto dire e invece come suo solito, tace e diventa complice. Beato lui che non vede, non sente e in più non parla.

Nessuno ha detto che il termine «volontariato/volontario» è alquanto equivoco se non da abolire. Dicesi «volontario/a» colui o colei che offre il proprio tempo senza ricevere in cambio denaro o altro. I volontari della protezione civile agiscono tutti e tutte gratuitamente o hanno un riconoscimento per il loro impegno? Se sì non sono volontari, se no, non credo che starebbero nella protezione civile che è un carrozzone speculativo e corrotto di cui abbiamo visto solo la cima in questi giorni. D’altra parte questa protezione civile è fatta ad immagine del capo del governo: uomo di rispecchiato senso dell’altruismo, della gratuità e del disinteresse. Berlusconi scegli i suoi uomini, essendo Dio, a sua immagine e somiglianza e cioè corruttibili e quindi corrotti e di conseguenza corruttori. Il «nobiluomo» Letta/Mazzarino che regge il flabello dell’ossequio liquaminoso ad ogni ombra di gerarchia ecclesiastica, protetto dal papa e dal segretario di Stato-prima donna, continua imperterrito a tramare contro lo Stato, la Repubblica, le Istituzioni e ad imporre leggi ignoranti, ma con la forza di distruggere l’anima resistente della Legge come dimensione degli spiriti e della nazione.

Il papa non doveva riceverli, almeno ora a immoralità aperta e ancora fumante. La gente che vede Bertolaso e Letta/Mazzarino accanto a lui non può non pensare che non sono colpevoli se poi aggiungiamo che il Minzolini fa passare l’idea che Mills è stato assolto, il cerchio è completo: Berlusconi è innocente e con lui tutto il convento. Il papa a questo punto ha responsabilità e colpe, a meno che non sia ricattato, cosa non del tutto scevra di dubbi. Mi dicono che la protezione civile italiana abbia fatto pulire i giardini vaticani a spese naturalmente del popolo italiano saldamento radicato non nelle radici cristiani, ma in quelle più solide del Vaticano.

La protezione civile non si muove senza l’avallo della presidenza del consiglio (Mazzarino/Letta e Berlusconi): viene il dubbio che diventa certezza che questi qua di là e di qua del Tevere sono una combriccola di mafiosi renitenti, recidivi e immorali che si tengono insieme in forza del principio: «una mano lava l’altra e tutte due lavano il viso». Favori di scambio di stile camorristico-‘ndranghetoso. Per favore, qualcuno può smentire che i giardini papalini siano stati puliti dalla protezione civile? Sfido che il papa dalle scarpette rosse, targate Prada, riceva i «volontari» che per lui lavorano, oh, si! gratis. Capisco così che Bertolaso possa pontificare anche davanti al papa, magari presentando le massaggiatrici pronte a lanciarsi in diretta al bacio della sacra pantofola.

Mons. Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e presidente del Consiglio per gli affari giuridici della Cei, nei giorni scorsi era intervenuto con durezza sul «decreto interpretativo» del governo per la riammissione delle liste del Pdl per le Regionali nel Lazio. Il lucido monsignore ha detto (7 marzo 2010):

«Cambiare le regole del gioco mentre il gioco è già in atto è altamente scorretto, perché si legittima ogni intervento arbitrario con la motivazione che ragioni più o meno intrinseche o pertinenti mettono in gioco il valore della partecipazione. La definizione giusta è quella data dal presidente della Repubblica, quando ha parlato di un grandissimo pasticcio. In democrazia non si può fare una distinzione fra ciò che sono le regole e quello che è il bene sostanziale. Le regole non sono un aspetto accidentale del vivere insieme, ma quelle che dettano il binario attraverso cui incamminarci. La democrazia è una realtà fragile che ha bisogno di essere sostenuta e accompagnata da norme, da regole, perché altrimenti non riusciamo più ad orientarci e se dovesse essere frutto dell’arbitrio di qualcuno o improvvisata ogni giorno mancherebbe certezza del diritto. Ci sono state leggerezze, manchevolezze, approssimazioni nell’affrontare il gioco democratico che non sono a favore di nessuno», ha poi spiegato, e «questo affrontare con approssimazione il gioco democratico significa che forse siamo impreparati a una democrazia sostanziale. E’ un brutto precedente e un atteggiamento arrogante della maggioranza».

L'articolo è molto lungo, non lo riporto tutto, ma chi volesse farlo, può continuare a leggerlo su: