mercoledì 17 marzo 2010

Il premier sapeva dell’inchiesta: “Stai attento a parlare... ” - Peter Gomez




A PROPOSITO DI FUGHE DI NOTIZIE: IL CAVALIERE AVVERTE INNOCENZI CHE IL PRESIDENTE DELL’AGCOM CALABRÒ SAREBBE INTERCETTATO.

A desso a Roma, nelle fila del centrodestra, è tutto un gridare alla fuga di notizie.

È una caccia continua alle fonti che hanno permesso a Il Fatto Quotidiano di ricostruire parte dei contenuti dell’indagine di Trani sulle pressioni e le minacce del premier, Silvio Berlusconi, all’Agcom.

Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha sguinzagliato i suoi ispettori.

Il vicepresidente dei senatori del Pdl, Domenico Nania, parla di un “disegno politico”.

L’avvocato-deputato Niccolò Ghedini denuncia la “violazione del segreto istruttorio”.

Il presidente del Senato, l’avvocato Renato Schifani, chiede che venga approvata in fretta la legge mordacchia sugli ascolti telefonici “per porre i cittadini al riparo da pubblicazioni che riguardano la loro vita privata e fatti non penalmente rilevanti”, dimenticando che ben poco (anzi niente) di ciò che è finora è finito sulle pagine dei giornali riguarda la privacy del cittadino presidente del Consiglio.

Come è doveroso, comunque, la Procura di Trani indaga.

Anche se, a ben vedere, la fuga di notizie più misteriosa di tutta l’inchiesta sull’Agcom non riguarda tanto Il Fatto Quotidiano che, per dovere di cronaca, è tenuto a pubblicare quanto sa (e riesce a verificare) sui lati oscuri del potere.
Lo spiffero più inquietante riguarda invece sempre lui: Silvio Berlusconi.
Il premier, infatti, almeno dai primi di dicembre era a conoscenza dell’esistenza di un’inchiesta sull’Autorità garante delle Comunicazioni.

Pochi giorni prima delle deposizioni, ancora nelle vesti di testimoni, del direttore del Tg1, Augusto Minzolini , e del membro dell’Agcom, Giancarlo Innocenzi, messe in calendario dalla procura per il 17 dicembre (filone carte di credito revolving), il leader del Pdl esterna le sue preoccupazioni proprio a Innocenzi.
Siamo nella settimana calda della puntata di Annozero dedicata alla presunta trattativa Stato-mafia e alle dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza su Marcello Dell’Utri e lo stesso Berlusconi.
Il presidente del Consiglio, come sempre, vorrebbe che non andasse in onda.
Negli uffici dell’Authority sono in corso le grandi manovre tra i membri, in teoria indipendenti,
dell’Autorità di garanzia.
Ma il problema è sempre il solito.

Il presidente Corrado Calabrò, resta sulla sua linea.
L’Agcom può eventualmente sanzionare ciò che accade in una trasmissione televisiva solo dopo che è andata in onda, non prima.

Berlusconi e Innocenzi, comunque, ci riprovano.
Sperano che durante la riunione del consiglio, Calabrò finisca per cambiare idea e che voti con i membri legati al centrodestra “un provvedimento d’urgenza ”.
Per questo Innocenzi spiega che sta per telefonare al Garante.
Ma il premier lo invita alla prudenza: “Stai attento a parlare col presidente”, ammonisce,
“ci sono voci, non so se fondate che dicono che abbia il telefono sotto controllo ”.

L’informazione è (quasi) esatta.

Davvero l’Agcom è sotto inchiesta. Solo che nel mirino degli investigatori non c’è Calabrò,
ma Innocenzi.
Insomma qualcuno ha parlato.
Ma chi?
Gli accertamenti finora non hanno permesso di stabilirlo.
È noto che, nel recente passato, il premier si è reso protagonista di memorabili sfuriate nei confronti dei vertici dei Servizi segreti e di varie forze di polizia colpevoli, a suo avviso, di non averlo messo in guardia dal frequentare personaggi, come il giovane imprenditore barese Giampaolo Tarantini (caso Escort), che erano in quel momento nel mirino dei detective.

Ma le indagini di Trani sulle eventuali fughe di notizie istituzionali non hanno portato a nessuna certezza e hanno finito solo per mettere in luce solo i timori di Innocenzi.
Anche l’ex manager Fininvest ha infatti dei sospetti.
A Berlusconi confida di aver trovato sul display del suo apparecchio portatile un numero che, una volta richiamato, è risultato inesistente.
Uno dei tecnici dell’Authority gli ha pure spiegato che quello poteva essere un sistema per ascoltargli le telefonate. Per questo vuole disporre altri controlli.

All’improvviso il premier si fa così laconico e pensieroso.
Dopo poche frasi chiude la conversazione.
Forse ha un presentimento.
Ma ormai è tardi.
Maledettamente tardi.
Quello che ha detto e fatto contro la libertà d’informazione è lì, inciso nelle memorie dei
computer della Guardia di finanza.
E non può più essere cancellato.

Già dai primi di dicembre era a conoscenza dell’inchiesta sull’Authority. Chi l’ha informato?

Il fatto quotidiano del 17 marzo 2010.