domenica 4 luglio 2010

Da Berlusconi a Dell'Utri a Ghedini, un filo nero fatto con la stoffa del bavaglio - Giuseppe Giulietti



"Cosa vuole Napolitano, si faccia eleggere se vuole valutare", Nicolò Ghedini, deputato e avvocato di fiducia di Berlusconi. "Mangano è stato un eroe, non ha mai risposto alle domande dei giudici che volevano sapere di me e di Berlusconi", Marcello Dell'Utri uscendo dal tribunale dove si era beccato 7 anni di galera per i suoi rapporti con la mafia. "Se Fini non ci sta meglio che se ne vada, a Napolitano daremo un contentino..", Silvio Berlusconi medesimo. Davvero c'è ancora qualcuno convinto che si tratti di casualità, di parole in libertà?

Modi,tempi e forme di queste esternazioni sono collegate da un filo nero, anzi nerissmo, ed è fatto con la stessa stoffa del bavaglio e dei cappucci delle logge segrete e deviate, come era la Loggia P2.

Un uomo saggio e prudente come Dell'Utri non lancia un segnale di quel tipo se non ritiene di essere arrivato ad una sorta di finale di partita. Perchè ha sentito il bisogno di lodare un mafioso pluricondannato e per reati davvero infamanti?Perchè ha sentito il bisogno di farlo mentre Pietro Grasso ed altri magistrati denunciavano i rischi derivanti alla sicurezza dello stato da una eventuale approvazione della legge bavaglio?

Perchè vogliono bloccare in tutti i modi le inchieste sulla trattativa tra mafia e stato che si sarebbe svolta negli anni tra il 1992 e il 1994? Chi debbono coprire?

Le minacce contro Fini sono cresciute di tono e di intensità quando ha ritenuto di dichiarare che: "...dopo la deposizione di Grasso non si può fare finta di non aver sentito...", parole che hanno letteralmente fatto impazzire Berlusconi e il suo servizio d'odine politico e mediatico, che evidentemente hanno buone ragioni per temere quella inchiesta.

Il messaggio di avvertimento di Dell'Utri è stato completato dall'avvocato Ghedini che ha voluto invitare il presidente Napolitano al silenzio. Cosa lo aveva tanto turbato? Solo e soltanto che il presidente aveva ricordato che il suo giudizio sulla legge bavaglio sarebbe stato espresso solo alla fine dell'iter legislativo, senza trattative preventive. In altre parole Napolitano si è riservato una accurata lettura di un testo che i più raffinati costituzionalisti, di ogni orientamento politico, hanno già bollato senza appello. Le parole di Ghedini erano solo la premessa per il comizio a reti unificate del capo supremo. Senza tanti giri di parole, come nel finale del film "Il Caimano" di Nanni Moretti, Berlusconi ha distribuito schiaffi, ha minacciato le istituzioni repubblicane, ha confermato la sua intenzione di travolgere tutto e tutti.

Questa volta ha davvero lanciato la sfida finale. Sarà il caso di prenderlo sul serio e di predisporre una adeguata resistenza, dentro e fuori le aule del parlamento.

Ora più che mai dobbiamo rilanciare la proposta che, come articolo 21, abbiamo sollevato durante la manifestazione di piazza Navona relativa alla necessità di mettere insieme quanto ancora credono nei valori costituzionali, al di là di qualsiasi logica di shieramento. Quanti hanno orrore per i mafiosi alla Mangano e conservano nel loro cuore il ricordo dei Falcone e dei Borsellino hanno il dovere di mettersi insieme, di dar vita ad una sorta di fronte della legalità capace di liberare l'Italia da una metastasi che sta minando gravemente l'ordinamento democratico.

Il tempo è questo, non è più possibile rinviare, costi quel che costi!

http://www.articolo21.org/1409/notizia/da-berlusconi-a-dellutri-a-ghedini-un-filo-nero.html



Quando l’informazione diventa propaganda - Peter Gomez


Per dimostrare che siamo tutti intercettati, il Tg della rete ammiraglia fornisce ai suoi telespettatori dei dati falsi

La situazione politica si arroventa. Il governo a causa della legge bavaglio traballa e al Tg1 l’informazione viene del tutto sostituita dalla propaganda. Mentre Silvio Berlusconi, dopo aver occupato venerdì sera gli schermi dei due principali telegiornali italiani, rilascia una nuova intervista al Tg4, i sedicenti colleghi della rete ammiraglia Rai scendono di nuovo in campo.
Questa volta, per dimostrare che siamo tutti intercettati, gli uomini di
Augusto Minzolini forniscono ai loro telespettatori dei dati falsi. “I bersagli veri e propri messi sotto controllo ogni anno sono 130 mila”, dice il Tg1, “e chi ha parlato con questi è stato anch’egli ascoltato. Dunque i 130 mila devono essere moltiplicati e si arriva a milioni di italiani”. Bugie allo stato puro: perché i 130 mila bersagli non corrispondono al numero degli utenti, ma delle utenze intercettate (ciascun di noi possiede diversi apparecchi e schede e chi è abituato a delinquere le cambia più spesso degli altri).

Al tribunale di Torino, per esempio, quando scatta un’indagine con intercettazione vengono messe sotto controllo in media 10 utenze a persona. Infatti i malviventi sanno benissimo di poter finire sotto ascolto e allora usano apparecchi intestati ad altri, cambiandoli spesso. Gli investigatori partono così dai numeri di telefono ufficiali (magari quelli di casa) e ascoltano le telefonate per alcuni giorni finché la persona da controllare non chiama la moglie o la madre. A quel punto i primi ascolti vengono interrotti – difficile trovare uno spacciatore che utilizzi il telefono di casa – e si passa a controllare il cellulare giusto. Per questo le statistiche si gonfiano
Insomma i calcoli del Tg1 non stanno né in cielo né in terra (Chissà quanti di noi sono stati intercettati in questi anni…”, si chiede spaventata la giornalista). E anche a voler fare una media prudenziale ci si rende conto che le persone realmente intercettate nel nostro Paese non superano le
30mila unità . Sono poche o sono tante?
Dipende dai punti vista: ogni anno in Italia si compiono più di 3 milioni di reati. Tanto che sempre a Torino su 200mila fascicoli aperti, 25 mila dei quali contro indagati noti, i fascicoli in cui vengono richieste intercettazioni sono 300. Un’altra scoperta interessante si fa poi se si va a guardare per che tipo di crimini gli ascolti vengono autorizzati: quei 300 fascicoli, magari relativi a più persone, riguardano al 50 per cento il traffico di droga. E il rimanente va così suddiviso: 15 per cento omicidi consumati o tentati e reati contro la persona; un altro 15 per cento attiene poi alla criminalità organizzata”; 10 per cento violenze sessuali o pedofilia e ancora il rimanente 10 per cento reati commessi da colletti bianchi.
Il Tg1 tutto questo però non lo dice. E non dice nemmeno che il calcolo delle 130 mila bersagli intercettati (che come abbiamo visto va diviso almeno per cinque) è già sbagliato in origine.
Infatti i dati esatti al ministero non ci sono perché ciascuna utenza può essere ascoltata per 20 giorni al massimo, poi per proseguire occorrono le proroghe del giudice. Dunque il tutto va diviso per il numero delle utenze e delle proroghe.
Un fatto però è certo. Le milioni di persone sotto controllo indiretto esistono solo nella fantasia o nella malafede della rete ammiraglia della Rai. Che si guarda bene anche dal spiegare che i costi degli ascolti, ampiamente recuperati grazie ai sequestri di beni e capitali (380 milioni di euro solo per le indagini sui furbetti del quartierino del 2005) potrebbero essere annullati se solo lo Stato chiedesse alle compagnie di fornire gratis le linee (come accade in Francia o in Germania) e se si decidesse ad acquistare le macchine per intercettare che oggi affitta.
Ma quando l’informazione si trasforma in propaganda per sostenere le ragioni del potente di turno, i fatti scompaiono. E molti sedicenti giornalisti fanno carriera. Del resto hanno stomaco forte. Tutte le mattine si alzano e riescono sorridenti a guardarsi allo specchio.

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