martedì 14 settembre 2010

Perché il Cavaliere non vuole più le elezioni. - Eugenio Scalfari


In caso di risultato incerto del voto ci vorrebbe un governo di unità nazionale. Ma il primo ministro non potrebbe più essere Berlusconi

di EUGENIO SCALFARI

SI DIMETTERA' oppure no? Gli voteranno contro o troveranno un compromesso per tirare avanti e guadagnar tempo? Napolitano sarà costretto a sciogliere le Camere oppure troverà una maggioranza alternativa per non strozzare un'altra volta la legislatura come già accadde con la crisi del governo Prodi?
Mentre scrivo sembra che tutto stia volgendo al meglio, almeno dal punto di vista di chi vede (e noi siamo tra questi) lo scioglimento anticipato del Parlamento come una iattura. Prima di procedere oltre spiego perché.
Anzitutto l'economia. Mi aveva stupefatto - lo confesso - la tranquillità con la quale pochi giorni fa il ministro Tremonti aveva pubblicamente affermato che l'economia e la finanza pubblica italiana erano completamente salvaguardate e blindate e che quindi una campagna elettorale anticipata non avrebbe procurato alcun danno.
Un'affermazione del genere fatta dal titolare di un ministero che tra la fine di settembre e i primi di dicembre vedrà scadere e dovrà rinnovare circa 160 miliardi di titoli di Stato e sul quale incombe uno stock di debito pubblico che ha superato il 117 per cento del Pil, dimostra un senso di responsabilità molto leggero.
Ma quella leggerezza si trasforma addirittura in irresponsabilità se si pensa ai probabili risultati di elezioni anticipate. Quand'anche la coalizione Pdl-Lega vinca con questa legge le elezioni alla Camera, resta assai alta la possibilità che le perda al Senato.

Questa è una delle ragioni particolarmente presenti al Capo dello Stato: l'ingovernabilità di una legislatura con maggioranze diverse tra una Camera e l'altra. È incredibile che un pensiero analogo non abbia neppure sfiorato il ministro dell'Economia.
Ma c'è un altro elemento ancora che avrebbe dovuto allarmarlo fin dall'inizio di quest'assurda girandola di fuochi d'artificio: uno scioglimento anticipato della legislatura che avvenisse entro ottobre per poter votare prima della fine dell'anno, interromperebbe la sessione di bilancio dedicata all'approvazione della legge finanziaria. Il bilancio dello Stato andrebbe in esercizio provvisorio e ci resterebbe fino all'entrata in carica di un nuovo governo, il che significa da ottobre fino a febbraio nel migliore dei casi.
Tremonti sa, come tutti noi sappiamo, che quei quattro o cinque mesi di esercizio provvisorio sarebbero un pascolo pingue per la speculazione internazionale contro i titoli pubblici italiani e contro l'euro e aprirebbero nelle maglie di Eurolandia un buco ben più grave del temuto "default" della Grecia.
In una tardiva dichiarazione di mercoledì scorso finalmente anche Tremonti ha dichiarato di esser contrario allo scioglimento anticipato. Ha aspettato che lo dicesse Bossi. Non è proprio questo un teatro dei pupi?

* * *

Il teatro dei pupi, del resto, sta dilagando in tutta la politica italiana. Qualche esempio di questi giorni per tener sveglia la nostra spesso latitante memoria.
1. All'indomani del discorso di Fini a Mirabello, Berlusconi e Bossi dichiararono che avrebbero portato il caso Fini dinanzi al presidente della Repubblica cui avrebbero chiesto di obbligare Fini a dimettersi da presidente della Camera.
2. Il Capo dello Stato ha precisato dal canto suo che i presidenti di Camera e Senato non possono essere sfiduciati da nessuno e restano in carica per tutta la legislatura salvo che siano essi stessi a dimettersi.
3. Berlusconi e Bossi hanno reiterato la loro intenzione di sollevare il caso Fini al Quirinale.
4. Tutta la stampa italiana e tutti i giuristi, Costituzione alla mano, hanno definito Berlusconi, Bossi e i loro fedeli seguaci come altrettanti analfabeti costituzionali.
5. Berlusconi ha dichiarato che la volontà a lui attribuita di voler sollevare il caso Fini dinanzi al Quirinale è una delle tante falsità della stampa italiana e si è rimangiato tutto chiudendo la questione. Non è la prima volta e purtroppo non sarà l'ultima.
6. Nel frattempo tutto l'apparato berlusconiano e leghista è stato mobilitato per affrontare le elezioni entro la fine dell'anno. Il ministro dell'Interno leghista Maroni ha indicato il 27 e 28 novembre come la data probabile; il ministro della Semplificazione Calderoli ha spostato la data al 3-4 dicembre. Tutti e due evidentemente se ne infischiano delle prerogative del Capo dello Stato in materia di scioglimento anticipato delle Camere.
7. Berlusconi nel frattempo si è rivolto ai suoi "legionari della libertà" allertandoli per votazioni immediate entro l'anno per prendere contropiede sia Fini sia i partiti d'opposizione. Ma resta il problema di come mettere fine a questo Parlamento.
8. Il presidente del Consiglio esclude le sue dimissioni. Non vuole che la gente pensi che sia lui il responsabile di quella morte anticipata.
9. Bossi è stufo di queste lentezze e annuncia che sarà la Lega a votare la sfiducia al governo ammazzando così il Parlamento. Per chiudere in bellezza quell'annuncio fa una sonora pernacchia al microfono in stile Totò e la dedica a Fini.
10. Sia Berlusconi sia Bossi sia Tremonti dichiarano tra martedì e mercoledì scorso che non vogliono affatto le elezioni immediate e cercheranno invece di governare al meglio nonostante i finiani. Naturalmente se le Camere voteranno la fiducia al programma berlusconiano che sarà presentato al Parlamento il 28 di settembre.
Non è un teatrino di pupi? Un dire oggi cosa diversa ed anzi opposta a quella detta ieri ed a quella che sarà detta domani su questioni del massimo rilievo? È questo il modo di infondere negli italiani fiducia nella politica e nelle istituzioni?

* * *

Nel frattempo Berlusconi cerca un manipolo di ascari che rafforzi la sua pericolante maggioranza e dia fiducia al programma quando lo esporrà a fine mese alla Camera.
La ricerca finora si è indirizzata verso tre o quattro cani sciolti del gruppo misto e verso Raffaele Lombardo detto il siciliano che ne controlla altri otto. Ci sono poi quattro deputati eletti nelle liste del Pdl ma iscritti fin dall'inizio in un gruppo chiamato "Noi-Sud" per confondersi con l'"Io-Sud" della Poli Bortone. In sostanza si tratta di contare due volte una manciata di trasformisti di professione che hanno sempre votato Berlusconi e che ora si ripresentano mascherati da autonomi che tornano alla casa madre. Voteranno la fiducia al governo con i finiani. La prova che il governo ha in suo rinforzo questo gruppetto dunque non si avrà.
Resta da spiegare per quale ragione Berlusconi si è improvvisamente convinto ad evitare le elezioni anticipate anziché volerle a tutti i costi subito come pensava e diceva appena pochi giorni fa. Ebbene la ragione è chiara: c'è il rischio di perdere la maggioranza al Senato.
Questo rischio è reale anche con l'attuale e pessima legge elettorale. Il risultato dipende dalla probabile alleanza elettorale tra Fini e Casini in alcune Regioni-chiave come la Sicilia, la Campania, la Sardegna, il Lazio, il Piemonte. In queste Regioni l'accoppiata Fini-Casini potrebbe ottenere la vittoria o favorire quella del centrosinistra togliendole comunque a Berlusconi e realizzando al Senato una maggioranza diversa da quella della Camera.

In tal caso si renderebbe necessario un governo di quelli che si chiamano di "unità nazionale" che veda unite insieme tutte le maggiori forze politiche presenti in Parlamento. Un governo cioè del tipo delle "grosse coalizioni" tedesche, che potrebbe nascere soltanto se il nuovo presidente del Consiglio fosse persona diversa da Berlusconi, il quale diventerebbe semplicemente un deputato leader di un partito importante ma in fase - a quel punto - di un sommovimento interno di incalcolabili esiti. Per cinque anni in questa condizione e senza più alcuno scudo che possa difenderlo dai processi in corso.

Il rischio per Berlusconi è insomma enorme e per questa ragione egli farà di tutto per scongiurarlo. Ci riuscirà? Accetterà di essere cotto a fuoco a lento per due anni e mezzo? E come reagirà l'opinione pubblica, le categorie sociali più colpite dalla crisi, i giovani, le forze politiche d'opposizione? Come reagirà la Lega che scalpita per incassare l'incremento di voti tolto nel Nord al Pdl?
Queste sono le domande dei prossimi mesi. Diciamo: tutto a posto, niente in ordine, proprio così dopo 15 anni di anomalia berlusconiana.


http://www.repubblica.it/politica/2010/09/12/news/perch_il_cavaliere_non_vuole_pi_le_elezioni-6990072/



Oltre un miliardo di euro, sequestro da record al “signore del vento” vicino a Messina Denaro



Si tratta dell'imprenditore alcamese Vito Nicastri, ras siciliano dell'eolico già coinvolto nell'indagine di Avellino. Per la Dia sarebbe contiguo a Cosa nostra

Un centinaio di beni immobili, 43 società di capitali con partecipazioni estere e ingentissimi patrimoni, più di 60 rapporti finanziari e decine di lussuosissime autovetture, oltre a uno splendido catamarano di 14 metri appena costruito. Totale: un miliardo e mezzo di euro, tremila miliardi delle vecchie lire, quasi come una manovra finanziaria di una grande Regione. Sta qui, in parte, il patrimonio di Vito Nicastri, 54enne imprenditore alcamese, messo sotto sequestro dalla Direzione Investigativa di Trapani su mandato del Tribunale di Trapani.

Gli investigatori, guidati dal generale
Antonio Girone, hanno ricostruito il fitto reticolo patrimoniale di Nicastri, tornando indietro di oltre 30 anni. Il risiko finanziario finito sotto la lente dell’antimafia dimostra una grande sperequazione tra i redditi dichiarati dall’imprenditore alcamese e quelli effettivamente accumulati. Ombre e sospetti, dunque. E un tesoretto che viaggia in parallelo con le frequentazioni dell’imprenditore, considerate contigue agli ambienti mafiosi.

Ne ha fatta di strada Vito Nicastri. Partito come semplice elettricista negli anni ’70, fa parlare di se già nel 1994, quando resta invischiato nella Tangentopoli siciliana. Fin da subito, il suo business è strettamente legato al campo delle energie rinnovabili: prima col fotovoltaico, poi con l’eolico e negli ultimi tempi, di nuovo nel settore dei pannelli solari. Nicastri è l’inventore della figura dello “sviluppatore”: parchi eolici e fotovoltaici forniti chiavi in mano alle grosse aziende energetiche.

L’ex elettricista alcamese era diventato un mago nell’ottenere concessioni dallo Stato (concessioni che in certi casi erano state negate persino all’Enel), acquistare terreni, costruire i parchi eolici e poi cederli “tutto incluso” ai grandi colossi del settore. Proprio per questo addirittura l’autorevole
Financial Times lo aveva soprannominato come “il signore del vento”. Affari che portavano nelle tasche di Vito Nicastri decine di milioni di guadagno netto, come lui stesso ammetteva orgoglioso nelle interviste .

Affari che undici mesi fa interessano anche la Procura d’Avellino che spicca un mandato di cattura per Nicastri con l’accusa di truffa allo Stato. Già in quel frangente emergono le possibili frequentazioni di Nicastri con Mario Giuseppe Scinardo, mafioso del clan messinese dei Rampulla, lo stesso clan che fornì il detonatore per la strage di Capaci. Non è finita. Perché vengono alla luce anche i rapporti con le potentissime ‘ndrine calabresi di Platì, San Luca e Africo.

Il sequestro preventivo dei beni del Nicastri, a cui la DIA lavorava dal dicembre 2009, è sintomo evidente di una fondata e più che attuale contiguità con gli ambienti di Cosa Nostra trapanese, retta ancora dal latitante
Matteo Messina Denaro. Il procuratore di Palermo, Francesco Messineo sottolinea come “sottrarre i beni a Cosa Nostra è di basilare importanza per la lotta alla criminalità, come dimostrano le operazioni contro Giuseppe Grigoli e Rosario Cascio, anche loro vicinissimi a Matteo Messina Denaro.”

D’altronde come dice lo stesso generale Girone “per Cosa Nostra è più semplice sostituire un adepto arrestato, che un patrimonio”. Soprattutto se si tratta di un patrimonio di queste proporzioni. Un sequestro record – sicuramente il più ingente degli ultimi anni -paragonabile soltanto a certi maxi sequestri ai grossi imprenditori edili del passato, nella Palermo dei Lima e dei Vito Ciancimino. Un sequestro che però rappresenta soltanto la prima tappa delle indagini, che cercheranno di gettare luce sulla florida realtà economico criminale della Sicilia occidentale. Una realtà al cui vertice c’è sempre lui: l’inafferrabile Matteo Messina Denaro.

di Giuseppe Pipitone