domenica 31 ottobre 2010

Ruby, Pm contro la questura Ghedini: premier innocente





Annamaria Fiorillo, il pubblico ministero del tribunale dei Minori di Milano che era di turno quando Ruby (la minorenne marocchina che avrebbe partecipato ad alcune feste a casa di Berlusconi) venne fermata e portata in questura, non diede l’autorizzazione all’affido della ragazza alla consigliera regionale Nicole Minetti (Pdl).

È quanto si apprende da fonti giudiziarie qualificate, riguardo a quanto accadde la notte tra il 27 e il 28 maggio scorsi. Il Pm Fiorillo, contattato più volte dalla polizia, non solo non avrebbe dato il via libera alla consegna della ragazza alla Minetti, ma, a differenza di quanto sostenuto ieri in una nota della questura, non raggiunse mai alcun accordo circa l’affido della giovane alla consigliera, e non lo avrebbe raggiunto nemmeno nel caso fosse arrivata negli uffici di via Fatebenefraterlli una copia dei documenti di identità.

Al magistrato, che comunque aveva disposto che la ragazza fosse collocata din una struttura protetta e, qualora non ci fosse stato posto, che fosse trattenuta in questura, dopo l’identificazione di Ruby non sarebbe mai arrivata una telefonata per chiedere l’autorizzazione ad affidare la minorenne alla consigliera Minetti.

GHEDINI «Continua una incredibile strumentalizzazione di una banale telefonata, quando i fatti sono ormai ampiamente chiariti. Di una vicenda assolutamente priva di ogni connotazione negativa si sta tentando di creare un caso mediatico e per alcuni addirittura giudiziario. Sarebbe davvero gravissimo, anche se contro il presidente Berlusconi ormai si è assistito nel corso degli anni alle più assurde fantasie, che qualcuno potesse costruire artificiosamente ipotesi di reato così come suggerito da certa stampa, su un comportamento che non può che essere valutato come caratterizzato da contenuti assolutamente positivi».

Lo afferma in una nota l’avvocato del premier Niccolò Ghedini, a proposito del `caso Ruby´, sottolineando che «quando saranno resi noti gli atti documentali e testimoniali sarà agevole comprendere la risibilità degli attuali assunti giornalistici. Presto sarà provata l’insussistenza delle accuse».

http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2010/10/31/AMdpukCE-innocente_questura_premier.shtml


L’ostaggio Ruby


La morsa del Caimano. Nei numeri del palmare della ragazza "Privato Villa" e "Privato Certosa", mentre il premier nelle conversazioni viene chiamato "il Capone". Poi gli acquisti da 180 mila euro pagati dal manager dei vip, Lele Mora


Mostra orgogliosa tre numeri di telefono, nell’agenda del suo palmare Nokia. Karima El Mahroug, per gli amici Ruby, è la ragazza minorenne che ha raccontato e poi smentito i suoi incontri con Silvio Berlusconi. I tre numeri sono “Privato Villa” (Arcore), “Privato Certosa” (Sardegna) e “Silvia Silv” (il nome al femminile nasconde il cellulare di Silvio). È stata anche a villa Certosa, Ruby? Difficile districarsi nel gioco delle affermazioni e delle smentite. Dopo aver raccontato, non senza particolari erotici e descrizioni del rito del “bunga-bunga”, di essere andata tre volte ad Arcore, ora riduce gli incontri a uno e derubrica Silvio da “amico” a “conoscente”. Ma poi dissemina tracce di altri incontri con Berlusconi, almeno due, a Milano: una cena al ristorante da “Giannino”, dopo la serata ad Arcore del 14 febbraio 2010; e una festa all’“Ibiza” di corso Garibaldi, per l’occasione chiuso al pubblico e riservato agli amici di Silvio.

Venerdì scorso, 29 ottobre, è stata una giornata importante per Ruby. Un incontro di un’ora e trenta minuti a Milano ha segnato una svolta nella sua storia. Per il viaggio da Genova, le ha telefonato “Andrea”, un personaggio del giro di Lele Mora che tiene costantemente i contatti con lei e di cui lei si fida pienamente. “Andrea” le ha spiegato che era necessario andare a Milano. Qui ha incontrato ancora una volta Luca Giuliante, legale di Lele Mora e di Roberto Formigoni, tesoriere milanese del Pdl e grande amico di Paolo Berlusconi, Giuliante finora le ha fatto da avvocato. Ora basta: le ha annunciato che da qui in avanti sarà assistita da un altro legale:Massimo Di Noia, che in passato ha difeso anche Antonio Di Pietro. Un cambio che ha il sapore di una mossa strategica: per dimostrare che Ruby non è manovrata dall’entourage del presidente del Consiglio. Lui, Di Noia, accetta la sfida, sa che la corsa sarà in salita e dichiara: “Mi interessa solo la difesa della parte che assisto”.

Ma il problema che resta aperto è proprio quello della rete attorno a Ruby: la rete di protezione e di controllo che si è rinsaldata attorno alla ragazza a partire dalla notte cruciale del 27 maggio 2010, quando Karima è stata fermata dalla polizia e portata nei locali della questura di Milano. Quella notte fu una telefonata proveniente dalla Presidenza del Consiglio a spingere gli agenti a rilasciare Ruby e ad affidarla a Nicole Minetti, ballerina di Colorado Cafè e igienista dentale dell’ospedale San Raffaele, che agli agenti si è qualificata come consigliere regionale “con incarico presso la Presidenza del Consiglio dei ministri”.

È Silvio Berlusconi in persona a telefonare al capo di gabinetto della questura, Pietro Ostuni, per chiedergli di lasciar andare la ragazza, contro le disposizioni del Tribunale dei minori di Milano. Il pubblico ministero Annamaria Fiorillo, che era di turno quella notte, è un magistrato d’esperienza. Sa che cosa si deve fare in questi casi: aveva infatti disposto il collocamento della ragazza presso una comunità protetta. Ruby era senza documenti, risultava in fuga da una struttura per minori in provincia di Messina, era accusata di furto. Ma la Questura di Milano insiste: “Il magistrato di turno è stato informato” e “ha acconsentito che la minore fosse affidata al consigliere Minetti”; quanto alla qualifica di “consigliere ministeriale”, dice il comunicato della questura, è un errore del verbale di quella maledetta notte.

Fatto sta che dopo la telefonata di Berlusconi, i funzionari affidano la ragazza a Nicole Minetti, che comunque appena fuori dalla questura la lascia alle cure della brasiliana Michele, professione escort. Era stata Michele ad avvertire Berlusconi che Ruby era stata fermata: così ha dichiarato al Corriere della Sera, spiegando di aver conosciuto il premier qualche anno prima e di aver avuto da lui il suo numero, per le “emergenze”. Così, la ragazza viene affidata a una escort invece che a una comunità.

Karima era arrivata a Milano l’11 novembre 2009, in fuga dalla Sicilia. Subito contatta Lele Mora. Conosce Emilio Fede, che era stato presidente della giuria di un concorso di bellezza in Sicilia a cui aveva partecipato nel settembre 2009. Racconta le feste di Arcore che oggi smentisce. Ma continua ancora oggi a sostenere di essere sempre in contatto con Lele Mora, che la aiuta anche economicamente. Ruby ha un sogno. Sa che i soldi finiscono, e lei vuole un’attività che le garantisca la sicurezza economica nel tempo: vuole aprire un centro benessere. Racconta che gliel’hanno promesso. Dice di essere già andata a comprare alcuni macchinari che le serviranno nel centro: la primavera scorsa è stata con Lele Mora al Cosmoprof di Bologna, la fiera dedicata alla cosmesi e all’estetica, e ha speso 180 mila euro, naturalmente anticipati dall’amico Lele.

Mora è, nelle telefonate, “il capo”. Quando ha un dubbio, Ruby chiede al suo interlocutore: “Ma parli del capino o del capone?”. Il “capone” è Silvio, nella nuova versione delle dichiarazioni ufficiali “solo conoscente”, benefattore “come la Caritas”. Ma, nelle chiacchierate private, amico che “ha promesso di farmi fare politica”. Domani sarà il 1 novembre e Karima compirà diciott’anni. Sarà finalmente padrona della sua vita. Festeggerà, Ruby. Non dovrà più scappare dalle comunità imposte dal Tribunale dei minori. Si concentrerà nella realizzazione del suo sogno. Inchiesta permettendo.



Rifiuti, nuove tensioni a Giugliano Bertolaso scherza sul Vesuvio.





Un'eruzione del Vesuvio? “Da buon leghista vi dico che non sarebbe una grande disgrazia”. Parole pesanti come pietre. Se a pronunciarle poi è il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, proprio nei giorni della crisi campana dei rifiuti, quelle pietre diventano lava rovente che annienta le istituzioni dello Stato. L'uscita del “padre padrone” delle emergenze italiane risale al 15 ottobre scorso. Quel giorno a Terzigno i compattatori vanno in fiamme, le “madri vulcaniche” sono già sulle barricate a difendere la salute dei loro figli, la polizia ferma due giovani per gli incidenti.

Ma Bertolaso è a Roma per un impegno immancabile: la festa di saluto al suo vice, Bernardo De Bernardinis, appena nominato presidente dell'Ispra. Il potente sottosegretario ruba la scena al festeggiato davanti al personale della struttura. Parla a ruota libera, per una cinquantina di minuti. La Cgil è in possesso della registrazione e ne ha diffusi alcuni contenuti. La Protezione civile ha reagito subito: «Una «spregevole strumentalizzazione da parte del sindacato, che ha decontestualizzato e artatamente ricostruito ciò che ha detto il capo Dipartimento. il fatto che “non sarebbe una grande disgrazia” - conclude il Dipartimento - è semplicemente riferito alla consapevolezza che la Protezione Civile nazionale, come ha dimostrato sul campo e come è stato riconosciuto in più occasioni a livello internazionale, sarebbe in grado di affrontare e superare anche una eventuale crisi vulcanica in Campania».

Tra risatine, lazzi, applausi, Bertolaso si consente uno show non solo “poco signorile” (così lo definisce, smorzando volutamente i toni, Antonio Crispi, segretario nazionale Funzione Pubblica), ma anche inquietante per i risvolti che rivela sugli equilibri di potere all'interno del governo. Una trama in cui finisce sotto accusa anche il superministro Giulio Tremonti. L'eruzione del Vesuvio, infatti, è solo l'inizio. Non manca, qui, quella dose di volgarità cui ormai l'Italia è abituata. “Sapete tutti che l'unico rammarico che avremo è che purtroppo tra Napoli e i Campi Flegrei non è successo nulla, è l'unica che ci manca... inutile che vi grattate”. Poi la battuta sul leghismo. Ma Bertolaso non si ferma qui.

Parla quasi da Vicerè di un impero che lo vede al centro di una miriade di tentacoli. I “suoi” uomini sono definiti “nostri ministri” da contrapporre a quelli regolari. Parla di “uno schema”, di “un disegno” che vede uomini della Protezione Civile mandati nei vari ministeri, quasi a creare una rete parallela in ombra. Tremonti viene posto in antitesi con Angelo Borrelli, il quale viene presentato alla platea (che applaude) nel ruolo di vicecapo dipartimento dell'area amministrativa. “Come a livello nazionale il ministro dell'Economia pare che conti qualcosa, forse troppo... - dice Bertolaso ai funzionari – in casa nostra il nostro ministro dell'Economia (Borrelli appunto, ndr) ha dimostrato di essere molto diverso dal ministro a livello nazionale.

Perché lui sì che è una persona seria (sottinteso che Tremonti non lo è? Ndr), una persona per bene, una persona dotata di umanità, che sa quando si deve dire di no ma capisce anche quando è il caso di sire di sì”. Ogni spostamento, formalmente deciso dal consiglio dei ministri, Bertolaso lo attribuisce al suo potere d'influenza. “La nomina di Chicco (De Bernardinis, ndr) è sicuramente farina anche in parte del mio piccolo sacchetto – dichiara il sottosegretario - perché avevo immaginato che si dovesse organizzare una strategia visto che qua nessuno è immortale (...) c’è Franco Gabrielli con noi, che è un Prefetto della Repubblica (era a L'Aquila, ndr), ed è Franco quello che presto avrà il compito di rilevare il testimone al sottoscritto”. Il sottosegretario parla del ministero dell'Ambiente come “strategico per noi”, cioè per la sua squadra. Ecco perché si è partiti da De Bernardinis all'Ispra (che dipende appunto dall'Ambiente). Poi seguiranno gli altri ministeri...