mercoledì 16 marzo 2011

Editoriale: La scienza è cultura. - di Enrico Bellone



La linea editoriale di «Le Scienze» è questa: la divulgazione non è fine a se stessa, ma è un mezzo per diffondere cultura. Non cultura scientifica. Cultura, senza aggettivi. E qui ci sono problemi di lunga data. Il maggiore dei quali poggia nell'opinione che esista un confine tra la cultura vera e propria e le scienze.
Della prima giustamente si dice che deve essere libera: l'artista, il romanziere e il filosofo ci aiutano infatti a capire il mondo umano dei valori, e la comprensione non ammette censure. I fisici, i chimici o i biologi, invece, non dovrebbero essere liberi. Li si dovrebbe sorvegliare e, quando è il caso, bloccare. Il loro modo di capire l'uomo e la natura potrebbe essere rovinoso. Per esempio, riducendo la persona umana a un grumo di materia evolutosi per caso. Una riduzione disumana, e lesiva dello spirito.
Faccio questo solo esempio perché, da qualche tempo, esso è al centro di molte discussioni. Che a volte vanno sopra le righe: su «L'Avvenire» si è arrivati, come già ricordato nell'editoriale di ottobre, a scrivere che Umberto Veronesi, in quanto accetta l'evoluzione, è un fautore del cannibalismo. Questo stato di cose induce non pochi osservatori a credere che la Chiesa di Roma sia l'unica fonte dell'immagine negativa della scienza. Ritengo che ciò non sia vero. Ritengo che stia anche nel mondo laico la matrice profonda di un atteggiamento negativo nei confronti delle scienze, viste come forme non di cultura libera, ma di inquinamento tecnico dell'uomo e della natura.
Il 13 febbraio trovo su «Il Foglio», certamente laico, un articolo di Giuseppe Sermonti che suggerisce di «insegnare Darwin nell'ora di religione», così da far comprendere ai giovani che «incombe il Crepuscolo degli dei, galoppano i cavalieri dell'Apocalisse».
Nulla di nuovo, direi. Nel proporre scenari energetici per il nostro paese, è di matrice laica la proposta di adottare i punti di vista di Jeremy Rifkin. In un libro del 2000, Entropia, Rifkin ci spiega che la seconda legge della termodinamica vale solo nel «regno orizzontale del tempo e dello spazio», ma «tace quando si arriva al regno verticale della trascendenza spirituale».
Per capire l'originalità di questa tesi Rifkin sostiene che dobbiamo respingere la «propaganda» (sic) razionalista di coloro che egli battezza «gli intossicatori» della vera cultura. Ne fa l'elenco: Bacone, Cartesio, Newton, Locke, Adam Smith e Darwin. Grazie a questo gruppo di intossicatori, «tutta la storia della razionalità umana è stata una storia in cui la mente delle persone si è allontanata sempre di più dalla realtà del mondo in cui sta vivendo». Sempre secondo Rifkin, si è anche allontanata da Dio, e oggi dobbiamo allora scegliere di abbandonare Newton e Darwin, poiché dobbiamo scegliere tra «servire Dio o rifiutarlo».
Date queste premesse, avremmo allora l'obbligo di puntare solo sulle umane fonti rinnovabili e respingere il disumano nucleare. Ebbene, viene dall'attuale sottosegretario laico all'Economia la tesi, perfettamente rifkiniana, secondo cui «l'età dell'atomo è finita». Non lo sapevo. So invece che le nazioni più moderne stanno ripensando, insieme alle rinnovabili, anche il nucleare, e si stanno trasformando in «società della conoscenza». Non conoscenza scientifica, ma conoscenza senza aggettivi. Ecco perché «Le Scienze» insiste sull'eredità positiva lasciataci da Galilei, Newton, Kant e Darwin. E nel dire, quindi, che la scienza è cultura.

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