martedì 10 maggio 2011

Bankitalia, il riciclaggio vale il 10% del Pil Tarantola: "Reato pericoloso, sfida per il Paese"


Il vice direttore generale della Banca d'Italia lancia l'allarme: "Un ponte che offre ai criminali strumenti per essere integrati nel sistema economico. Norme severe sono necessarie, ma bisogna tenere sempre alta la guardia". Triplicate segnalazioni di operazioni sospette

ROMA - Un valore che supera il 10% del Pil: è questa la stima che riguarda l'industria del riciclaggio, un dato doppio rispetto alla media mondiale e crescente "in funzione dell'apertura internazionale dei mercati e del ricorrere delle crisi economiche". A lanciare l'allarme è stato il vice direttore generale della Banca d'Italia, Anna Maria Tarantola, secondo cui "si tratta di flussi di denaro illecito che assumono rilevanza anche sul piano macroeconomico e sono suscettibili di generare gravi distorsioni nell'economia legale, alterando le condizioni di concorrenza, il corretto funzionamento dei mercati e i
meccanismi fisiologici di allocazione delle risorse, con riflessi, in definitiva, sulla stessa stabilità ed efficienza del sistema economico". Nel suo intervento presso la Scuola superiore dell'economia e delle finanze, l'alto dirigente di Palazzo Koch ha definito la lotta al riciclaggio "una sfida continua per il Paese", in cui "tutti i cittadini, al pari degli intermediari e delle istituzioni, devono sentirsi coinvolti".

Un ponte fra criminalità e società civile.
"Il riciclaggio - ha detto Tarantola - rappresenta un ponte fra criminalità e società civile che offre ai criminali, che dovrebbero essere per definizione 'banditi dalla società', gli strumenti per essere invece accolti e integrati nel sistema, arrivando a sedere nei consigli di amministrazione e a contribuire all'assunzione di decisioni economiche, sociali e politiche rilevanti.

Triplicate segnalazioni di operazioni sospette. Un segnale positivo nella battaglia arriva dai dati dell'azione condotta dalla Vigilanza e dall'Uif in poco più di tre anni passati dall'introduzione nel nostro ordinamento della direttiva antiriciclaggio ha prodotto risultati di rilievo. Le segnalazioni di operazioni sospette, circa 12.500 nel 2007, si sono triplicate, divenendo oltre 37.000 nel 2010. Il trend di crescita risulta in notevole accelerazione: +16% nel 2008, +44% nel 2009, +77% nel 2010. E tuttavia, sottolinea Tarantola, "non può considerarsi soddisfacente il fatto che l'aumento delle segnalazioni sia dovuto quasi esclusivamente agli intermediari bancari e finanziari e alle Poste. Dai professionisti e dagli altri operatori sono pervenute nel 2010 solo 223 segnalazioni (erano 136 nel 2009 e 173 nel 2008), di cui un terzo dai dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali, circa un quinto dai notai".

Dalle segnalazioni alle indagini. Le segnalazioni hanno prodotto "risultati investigativi rilevanti": le anticipazioni sul 2010 fornite dal Comandante Generale della Guardia di Finanza evidenziano che nel corso dell'anno sono state circa 4.700 le segnalazioni confluite in procedimenti penali aperti presso le procure della Repubblica competenti o che hanno permesso di attivare nuovi procedimenti penali per casi di riciclaggio, usura, estorsione, abusivismo finanziario, frode fiscale e truffa. Dati più completi, riferiti al 2009, indicano che in quell'anno oltre 11.000 segnalazioni sulle 18.800 trasmesse dalla Uif alla Guardia di Finanza (comprendenti anche le 4.000 inviate come "archiviate") sono state ritenute meritevoli di approfondimenti investigativi. Gli approfondimenti conclusi nello stesso 2009 hanno portato a individuare - in circa 3.500 segnalazioni - reati o collegamenti con reati a scopo di lucro. Ciò significa che circa il 20% delle segnalazioni ha prodotto positivi esiti processuali o investigativi. "Si tratta di risultati", sottolinea Tarantola, "che, se da una parte confermano la validità dell'azione fin qui condotta, dall'altra costituiscono uno stimolo ad affrontare con rinnovata determinazione le persistenti aree di criticità".

La guardia resta alta. "L'attività di monitoraggio e intervento ha portato nel tempo a risultati incoraggianti - ha sottolineato Tarantola - Gli intermediari mostrano un'accresciuta attenzione alla materia. E' migliorata la conformità alle prescrizioni normative". L'antiriciclaggio, aggiunge, "deve diventare cultura aziendale diffusa e condivisa ad ogni livello". E "ciò richiede l'impegno di tutti, dagli organi di vertice fino alle strutture operative periferiche, secondo la posizione organizzativa e il ruolo ricoperti". Le norme, per quanto "severe, chiare, incisive", afferma ancora il vice direttore della Banca d'Italia, "sono necessarie, ma non sono sufficienti perché la criminalità cerca costantemente nuove strade per riciclare i proventi della propria attività illecita sfruttando le opportunità consentite dalla globalizzazione e dall'innovazione tecnologica e finanziaria. Ciò richiede, da parte di tutte gli attori coinvolti, nazionali e internazionali, una elevata capacità di percepire ed analizzare strumenti, modalità e circuiti innovativi utilizzati dalla criminalità e di attivare un ampio e tempestivo scambio di informazioni. E' su questa linea", conclude Tarantola, "che si sta muovendo, non senza difficoltà, l'azione della Banca d'Italia - nella funzione di vigilanza e in quella, autonoma e indipendente di Uif - per la tutela dell'integrità del sistema finanziario".





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