venerdì 17 giugno 2011

Bisignani, l'uomo che Silvio ha definito «più potente di me»

luigi bisignani box

Per avere 57 anni ne ha viste e fatte di tutti i colori, ha attraversato logge, banche, comitati d’affari, interi blocchi di potere dei cui segreti è tuttora depositario nonchè legale rappresentante.
Ha smentito di essere stato iscritto alle P2 («conosco bene Gelli ma non c’entro con la sua loggia» disse all’epoca mentre ne era addirittura «un reclutatore»), è stato condannato (nel ‘98) a due anni e sei mesi per il tangentone Enimont , è riuscito a trasferire 108 miliardi nelle casse dello Ior.
E’ stato giornalista, a 23 anni era già capo ufficio stampa del ministro del tesoro Gaetano Stammati, e a 39 anni capo delle relazioni esterne del gruppo Ferruzzi-Montedison.
Dato per spacciato tre o quattro volte, è sempre sopravvissuto e risorto grazie ad una invidiabile capacità di tessere relazioni, coltivarle e “usarle”. Di sè ha sempre parlato pochissimo. Non compare nei salotti, in giro ci sono pochissime foto e leggenda vuole che utilizzi un taxi, sempre lo stesso, anzichè sfoggiare un troppo vistoso autista. Lo conosciamo di più attraverso quello che dicono gli altri. Chicchi Pacini Battaglia, ad esempio, ai tempi di Tangentopoli, disse in una telefonata: «Qualunque cosa ti faccia comodo sul serio, la vera forza di Bisignani si chiama Ior». Il sottosegretario Gianni Letta, il 23 febbraio 2011, ai magistrati diNapoli: «Bisignani è persona estroversa, brillante, bene informata e talvolta è possibile che dica anche più di quello che sa. E’ amico di tutti, è l’uomo più conosciuto, è un uomo di relazione ». Una carriera, la sua, costruita all’ombra della Dc.
Milanese, figlio di un importante dirigente della Pirelli, eredita dal padre un prezioso lascito di relazioni politiche. Uno che, per dire, da ragazzo si permetteva di giocare a carte con Andreotti ». Il legame con il sette volte presidente del consiglio è certamente uno dei suoi segreti. «Presso la banca Vaticana - ricorda in un libro Angelo Caiola, alla guida dell’istituto dal 1989 al 2009 - Bisignani disponeva da anni di un conto personale». La condanna per il tangentone Enimont gli è costata anche la radiazione dall’albo dei giornalisti. «Ha svolto - è stata la motivazione - con continuità attività lucrose costituenti reato e afferenti a compiti del tutto estranei alla professione giornalistica ». Era già fuori, dunque, quando il suo nome fini nell’inchiesta dei pm Colombo e Boccassini sull’Alta Velocità e, anni dopo, in «Why not», l’indagine dell’attuale sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, allora pm a Catanzaro, in cui entrarono anche Romano Prodi e Clemente Mastella. Ora il suo nome torna ad essere accostato ai palazzi del potere: Bisignani, scrivono i magistrati nell’ordinanza, è «ascoltato consigliere dei vertici aziendali delle più importanti aziende controllate dallo Stato (Eni, Poligrafico dello Stato, Rai ecc), di ministri della Repubblica, sottosegretari e alti dirigenti statali ». Bisignani è «un lobbista» dice l’ad di Finmeccanica Pierfrancesco Guarguaglini. Che ancora oggi, nonostante tutto, ha un ufficio dentro palazzo Chigi. Stona, nella sua biografia inquietante ma sicuramente brillante, che si sia ridotto ad avere rapporti così stretti con un personaggio così poco onorevole come Alfonso Papa. Un errore, forse, fatale.



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