martedì 5 luglio 2011

Holding di governo. - Massimo Giannini.



Ormai in conclamata agonia politica, tenuto artificialmente in vita dai "medici" irresponsabili guidati dal leggendario Scilipoti, il governo Berlusconi ha trovato la forza per l'ultimo strappo. Veicolata dalla stangata a orologeria da 47 miliardi congegnata da Tremonti, arriva un'altra legge ad aziendam, 1 costruita a misura delle esigenze questa volta non della persona fisica Berlusconi, ma della persona giuridica Fininvest. Una norma del nuovo processo civile consente al legislatore di sospendere l'esecutività delle sentenze di risarcimento, in primo o in secondo grado, fino alla pronuncia della Cassazione.

Una fattispecie giuridica ritagliata alla perfezione per la holding del premier, sulla quale pende proprio questa settimana il verdetto del giudice di secondo grado, a proposito del maxi-risarcimento dovuto alla Cir per la vicenda del Lodo Mondadori. Grazie al codicillo infilato nottetempo nel decreto che dovrebbe risanare i conti pubblici italiani, dunque, la Fininvest sarà legittimata a non versare un euro di indennizzo alla sua controparte, qualunque sia la somma che i giudici di Milano riterranno opportuna a titolo di risarcimento, per le sentenze a suo tempo comprate dal Cavaliere e dai suoi uomini durante la cosiddetta Guerra di Segrate. In primo grado questa somma era stata quantificata in 750 milioni di euro. In appello potrebbe ridursi, ma non di molto. E dunque potrebbe pesare in modo esiziale sui conti Fininvest, e dunque sul portafoglio della famiglia Berlusconi.

Ecco spiegato l'audace colpo dei soliti noti. Un'altra legge ad aziendam, e il gioco è fatto. Ora si capisce anche perché nei giorni scorsi, al momento di presentare il bilancio della holding, i manager Fininvest avevano annunciato di non aver messo in conto nessun accantonamento, a copertura dell'eventuale risarcimento. Evidentemente il braccio armato aziendale sapeva che non ce ne sarebbe stato bisogno, perché il braccio armato politico stava nel frattempo lavorando per difendere, come sempre, i nobili interessi del premier.

Siamo al consueto, vergognoso e intollerabile rito di una democrazia sotto sequestro e sotto ricatto, piegata ai bisogni di un singolo e umiliata nei suoi valori collettivi. Con questo blitz di una maggioranza screditata e soggiogata, arriviamo all'ennesima legge ad personam, da quando il Cavaliere fece la sua mitica discesa in campo nel 1994. Questa volta il beneficiario è diverso solo nella forma, l'azienda. Ma nella sostanza, è ancora lui, il presidente del Consiglio, che usa la sua funzione per distorcere il codice e abusa della sua posizione per violentare lo Stato di diritto. E quello che è più grave è che non può più farlo fingendo di avere con sè il suo popolo che lo acclama. Gli italiani, persino quelli che lo hanno seguito entusiasti nella folle avventura di questo quasi Ventennio, hanno cominciato a voltargli le spalle. Hanno capito, finalmente, che l'unica "ditta" per la quale il premier ha lavorato e lavora non è l'Italia, ma è la sua.



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