domenica 17 luglio 2011

Stipendi di deputati e senatori Tagli sì, ma ben “ponderati”


La promessa di dimezzare l'indennità dei parlamentari finisce in niente. In Finanziaria passa una norma confusa che lega la retribuzione a quella dei colleghi nei sei "principali" Stati dell'eurozona. E alla Casta resterà qualche euro in più.


"La cena della Casta" nell'illustrazione di Marilena Nardi

Gli annunci all’inizio della settimana erano trionfali. “Dalla prossima legislatura indennità dimezzata per i parlamentari italiani”, titolava il Sole 24 Ore lunedì scorso, spiegando i termini dell’imminente ridimensionamento, almeno per quanto riguarda l’indennità mensile di deputati e senatori. Le cifre erano chiare: la politica italiana costa in tutto 23 miliardi di euro l’anno. Le uscite per gli stipendi degli onorevoli comportano una spesa di 144 milioni. L’adeguamento previsto dalla manovra, al livello medio dei 17 paesi dell’area euro comportava un sostanziale dimezzamento: dagli attuali 11.704 euro (cioé la cifra depurata di rimborsi e contributi vari, che portano a 23mila euro complessivi), i parlamentari italiani sarebbero scesi a 5.339 euro. “Camera e Senato spendono 144 milioni l’anno in indennità – scriveva Il Sole – che diventerebbero 62 milioni una volta raggiunte le indennità europee”. Invece non se ne farà nulla. O meglio, l’intervento della Casta, con il blitz notturno a metà settimana in commissione Bilancio al Senato, ha modificato a tal punto il provvedimento della manovra, da renderlo difficilmente comprensibile. Ma sicuramente molto più “innocuo” per le casse dei parlamentari.

Il relatore Gilberto Pichetto (Pdl) ha previsto un adeguamento alla paga non dei 17 paesi euro, ma dei sei “principali”. I senatori siciliani Fleres e Ferrara hanno invece proposto un altro emendamento che lega gli emolumenti al Pil. Alla fine, come ilfattoquotidiano.it ha avuto modo di accorgersi nel pomeriggio di venerdì, verrà approvato dalla maggioranza un testo che reciterà esattamente queste parole: “Il trattamento economico di titolari di cariche elettive e i vertici di enti e istituzioni non può superare la media, ponderata rispetto al PIL, degli analoghi trattamenti economici percepiti dai titolari di omologhe cariche negli altri sei principali Stati dell’area euro”.

E qui sorgono i dubbi: cosa deve essere ponderato? La retribuzione del parlamentare rispetto al Pil del singolo stato? O il peso del singolo paese nel concorrere a creare la media delle retribuzioni? E il Pil di riferimento è quello nazionale o quello pro-capite? E poi ancora: quali sono i sei principali stati europei? Quelli con più abitanti o quelli con il Pil (Pil pro-capite??) maggiore? Insomma, un guazzabuglio talmente interpretabile da risultare aperto a qualsiasi futura determinazione.

Un gran giuazzabuglio per evitare di sancire semplicemente il dimezzamento annunciato meno di una settimana fa.

Comunque sia, “gli altri sei principali Stati” sono (ammesso che il criterio sia il Pil) Germania,Francia, Spagna, Olanda, Belgio e Austria. E in ogni caso, il calcolo della futura indennità sulla base della “ponderazione” diventa materia per esperti di statistica. Con un’unica certezza: a partire dal 2013, anno dell’entrata in vigore delle nuove norme, si risparmierà molto meno rispetto meno degli 82 milioni di euro previsti.




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