lunedì 8 agosto 2011

Londra brucia, ancora guerriglia nei quartieri. Arrestati in 225 e 35 poliziotti feriti.


Dopo gli scontri di sabato, ancora paura per le strade della capitale. Nuove violenze si sono registrate domenica sera nella vicina zona di Enfield. Nella notte gruppi di giovani incappucciati hanno attaccato diversi negozi a Brixton, Streatham, Turnpike Lane, Walthamstow, Chingford e Leyton.

Palazzo in fiamme a Tottenham, quartiere a nord di Londra

Dopo 225 arresti e due notti di delirio a Londra gli umori dei quartieri ‘difficili’ continuano a essere volatili quanto i listini delle borse. I nervi di politici e poliziotti dunque restano tesi. Un conto, infatti, è avere a che fare con un’ondata di teppismo, per quanto incubata all’interno di una situazione economico-sociale più che fragile, un altro è una rivolta su larga scala delle banlieu di sua Maestà. Al momento l’ago sembra pendere verso la prima ipotesi: le comunità locali hanno in gran parte preso le distanze dai facinorosi. Eppure le schermaglie continuano. E basta un errore, una manganellata di troppo, per rischiare un’altra escalation di violenza.

Theresa May, il ministro dell’Interno britannico, lo ha capito ed è tornata in anticipo dalle vacanze appositamente per discutere il da farsi con la polizia. Così pure Nick Clegg, il vicepremier. Che oggi, prima di recarsi in visita a Tottenham per ispezionare l’entità dei danni e ascoltare le ansie dei residenti, ha espresso dure parole di condanna per gli eventi definendoli come “un’inutile e opportunistica serie di furti e violenze che non ha assolutamente niente a che vedere con la morte di Mark Duggan“. Sarà. Sta di fatto che in pieno pomeriggio un centinaio di giovani si sono scontrati con gli agenti di Scotland Yard nel popolare quartiere di Hackney, nell’East End di Londra. Risultato: vetrine rotte, qualche furto, traffico deviato. Ovvero lo stesso andazzo di domenica notte. A Endfield, Edmonton, Brixton, storico quartiere della comunità afro-caraibica dove i danni sono stati più intensi, gli attacchi sono stati repentini, coordinati grazie al sistema di scambio messaggi ‘privato’ dei BlackBerry più che dai social network d’ordinanza come Facebook o Twitter.

Se dunque la scala dei disordini non può certo essere paragonata al disastro di Tottenham, alcune zone di Londra ieri notte erano irriconoscibili: centinaia di agenti per le strade, decine di cellulari in continuo movimento a sirene spiegate, elicotteri di pattuglia nei cieli armati di potenti fari che illuminano a giorno i marciapiedi. “Sono disgustata da questa inutile violenza”, ha detto questa mattina, osservando i danni nel suo quartiere, Yvonne Clarke, 48enne residente di Brixton. Un sentimento spesso condiviso: “a che serve svaligiare i negozi? perché spaccare tutto senza motivo?”, si chiedono gli abitanti dei rioni colpiti. Il comandante della Metropolitan Police Adrian Hanstock taglia corto: “Qui non si tratta di un gruppo di persone che agiscono per conto o con il sostegno delle comunità locali; sono al contrario le comunità locali ad essere sotto attacco”.

Ma c’è di più. I tagli decisi dal governo, infatti, stanno finalmente iniziando a mordere. A Tottenham, ad esempio, vi sono 50 persone per ogni lavoro disponibile, le richieste di sussidi alla disoccupazione sono saliti del 10% rispetto all’anno passato e la disoccupazione ha colpito i giovani duramente. Contemporaneamente il budget della circoscrizione di Haringey dedicato ai servizi per i ragazzi è stato ridotto del 75%. Così otto ‘youth club’ su tredici, centri ricreativi giovanili, sono stati chiusi dal comune. “Ora non sappiamo più cosa fare e giriamo per la strada; e la polizia ci ferma”, ha raccontato un ragazzo nero al Guardian. E non è raro che gli incidenti scoppino proprio a causa di semplici controlli e perquisizioni. Ad Hackney è andata così. Lo spettro, ad ogni modo, viene dal passato. “Non vogliamo tornare negli anni ’80″, ha messo in guardia l’ex sindaco Ken Livingstone. Eppure il paragone inizia a fare capolino: scontri, manifestazioni di protesta, l’economia che ristagna, un premier Tory a Downing Street.


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