mercoledì 24 agosto 2011

Manovra, il governo diserta la Commissione affari costituzionali del Senato.


Si discute la legittimità del decreto "lacrime e sangue", ma in aula non si presenta neppure un sottosegretario. Il presidente Vizzini (Pdl): "Disappunto e stupore". Giallo sulla relazione tecnica di accompagnamento. Sanna (Pd): "Non è la stessa inviata a Napolitano"

La Commissione affari costituzionali del Senato esamina la manovra economica e nessun esponente del governo si presenta in aula. Nessuno, zero, neanche l’ultimo dei sottosegretari. Tanto da suscitare l’ira del presidente Carlo Vizzini, che pure è del Pdl: “La Commissione intera – scrive in una nota – ha espresso il proprio fermo disappunto e l’assoluto stupore per la circostanza che nessuno dei 60 componenti dell’esecutivo riesce a garantire una presenza anche allo scopo di fornire risposte e spiegazioni ai rilievi mossi da tutti i Gruppi”. Lo stesso Vizzini ha più volte sollecitato la presenza del Governo, dato che la commissione deve fornire l’importante parere di costituzionalità sui contenuto del decreto governativo appena approdato in parlamento.

Ieri la Commissione ha approvato all’unanimità la relazione favorevole del presidente Vizzini sulla sussistenza dei presupposti costituzionali di necessità e urgenza sulla manovra economica, a eccezione dell’articolo 8, relativo alla contrattazione collettiva, sul quale il parere favorevole è stato approvato a maggioranza. A chiedere il voto separato sul ‘pacchetto lavoro’ era stato il Pd, valutando che per quelle norme sul lavoro non ci fosse il requisito di urgenza. Nella discussione disertata oggi dal governo, la Commissione entra nel merito della costituzionalità di ciascun articolo del decreto.

Sempre ieri, il senatore democratico Francesco Sanna, componente della Commissione, ha avanzato il sospetto che la relazione illustrativa della manovra approvata dal Consiglio dei ministri possa essere diversa da quella inviata alla presidenza della Repubblica. “Dalla relazione del governo – afferma – le Regioni devono ridurre il numero di consiglieri regionali ed assessori, con l’aggiunta, per quelle a statuto speciale, dell’obbligo di sopprimere le piccole province. Nel decreto legge che il Senato sta esaminando, invece, l’obbligo di sopprimere le province non c’è, mentre appare una sanzione che non riguarda le regioni ordinarie, ma solo quelle autonome. Se non si farà come dice il decreto, lo Stato non dovrà più assicurare alle regioni autonome ‘il conseguimento degli obiettivi costituzionali di solidarietà e perequazionè previsto dal federalismo fiscale”.
Secondo il senatore del Pd, il pasticcio potrebbe derivare da correzioni apportate fuori tempo massimo, dopo l’approvazione in consiglio dei ministri.



Nessun commento:

Posta un commento