venerdì 26 agosto 2011

Piemonte, terra di mafia?


I verbali dell’operazione Minotauro raccontano una realtà sconvolgente del territorio piemontese.

Riccardo Castagneri 25 agosto- Dopo anni di superficiale o interessato negazionismo, le 2500 pagine dell’operazione Minotauro hanno confermato quanto Luigi Ciotti va dicendo da sempre: il Piemonte è terra fertile per gli affari illeciti gestiti dal crimine organizzato, dall’estorsione all’usura, al riciclaggio del denaro sporco.

Pagine che raccontano di amministratori locali come amici fidati, sindaci ed assessori da poter gestire a piacere.

Antonino Occhiuto, un imprenditore di origine calabrese, intercettato, dice del sindaco di Castellamonte, Paolo Mascheroni: “Lo facciamo eleggere, poi facciamo tutto quello che vogliamo”. Mascheroni non risulta indagato e si è detto “a completa disposizione degli investigatori”.

Poi Chivasso, dove il centrosinistra ha vinto le ultime amministrative grazie all’apparentamento con L’Udc, peccato che due mesi fa Bruno Trunfio, segretario della sezione cittadina del partito di Pierferdinando Casini , sia stato arrestato proprio nell’ambito dell’operazione Minotauro Il neo sindaco Gianni De Mori gli aveva garantito un posto da assessore, in cambio dell’alleanza.

Forse sarebbe stato auspicabile un passo indietro, ma con un senso di un’etica tutta italiana la giunta chivassese “attende gli sviluppi della situazione. I voti non hanno nome”, in questo caso un volto certamente ce l’hanno.

Ai comuni di Rivarolo e Cuorgnè va anche peggio: sono nel mirino della Commissione parlamentare antimafia, lo spettro dello scioglimento per infiltrazioni mafiose è concreto. Un vice prefetto coordina uomini della Guardia di Finanza, Carabinieri e Polizia negli accertamenti. Dalle intercettazioni è emerso che i mafiosi parlavano di politici. Anni di delibere, appalti, aste pubbliche al vaglio degli inquirenti.

Il segretario comunale di Rivarolo, Antonino Battaglia, è stato arrestato per voto di scambio. Il sindaco Fabrizio Bertot ostenta serenità: “Prendano tutte le carte che vogliono. Io ho incontrato potenziali elettori, gente che non sapevo chi fosse, non ho promesso niente”. Forse una maggiore cautela non avrebbe guastato.

Quindi Leinì: il simbolo. Qui in carcere è finito l’ex sindaco Nevio Coral, per concorso in associazione mafiosa. Arrestato in Francia da reparti speciali della Surètè, che quando sente la parola mafia non va troppo per il sottile. Coral si è avvalso della facoltà di non rispondere: “Non ho fatto nulla, prima o poi se ne accorgeranno”. Per adesso è poi.

Il procuratore capo Gian Carlo Caselli ha voluto personalmente sentire i politici il cui nome è emerso dalle intercettazioni.

Il pidiessino Mimmo Lucà si dichiara soddisfatto dell’esito dell’interrogatorio, o della conversazione, come preferisce definire l’incontro con i magistrati: “Sono contento di aver chiarito”. Da chiarire il perchè Lucà chiese a Salvatore Demasi, boss della ’locale’ di Rivoli, un aiuto per Piero Fassino.

Anche Gaetano Porcino, parlamentare Idv, ha avuto una ‘conversazione’ con Caselli, “la pubblicazione del mio nome accanto a quello di boss mafiosi è stata la più grande mortificazione della mia vita”.

Intanto le indagini proseguono, c’è da sperare che anche in Piemonte non si debbano riprendere le parole amare di un investigatore palermitano: “Una volta si diceva che la mafia non esiste. Adesso si dice: la mafia non esiste più”.

http://www.articolotre.com/2011/08/piemonte-terra-di-mafia/

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