martedì 6 settembre 2011

Articolo 18, la geografia delle nuove regole. - di Salvatore Cannavò


Se sarà legge definitiva l’articolo 8 della manovra, quello sul “contratto di prossimità” è destinato a stravolgere l’intero diritto del lavoro italiano. I principali giuristi ne sono convinti e chi si è dedicato alla stesura di norme che regolano da quarant’anni il diritto giuslavoristico italiano, guardano con amarezza a quanto sta accadendo. Di fatto si produce un diritto alla deroga, non solo dal Contratto, ma anche dalla Legge, che realizza una sorta di “federalismo contrattuale” con un potere inedito ai sindacati territoriali e aziendali, compresi i singoli delegati. Il che spiega, ad esempio, l’appoggio di Cisl, Uil e Ugl alla modifica. Sal. Can.

Grandi aziende, modello Fiat per tutti

Per le grandi aziende, dove più frequente è la presenza delle Rsu e del sindacato, la norma varata dal Senato potrebbe avere l’impatto minore. Anche se l’esperienza recente fa pensare il contrario. Del resto, la norma è ritagliata sul modello Fiat. Pomigliano e Mirafiori avrebbero dovuto essere delle eccezioni e invece sono diventate legge. Il diritto di licenziare, aggirando l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, è solo una delle possibilità che la manovra consente perché nel comma 2 dell’articolo 8 l’elenco delle materie “derogabili” è ben più lungo è importante: orario di lavoro, mansioni, turnistica, modalità di assunzione fino al controllo mediante apparecchi audiovisivi. Basterà che la maggioranza delle Rsu dei sindacati firmatari dell’accordo (così sembra dalla lettura letterale del testo) dia parere favorevole e “le disposizioni di legge” così come “le regolamentazioni contrattuali” e “contrattuali” vengono modificate e applicate diversamente. La legge incorpora anche l’accordo del 28 giugno a riprova della volontà di coinvolgere i sindacati che, come sostiene il senatore Ichino, dovrebbero tutelare maggiormente. Secondo la Cgil, però, l’accordo è vanificato proprio per il fatto di garantire deroghe alla legge, mentre l’intesa le permetteva solo rispetto al contratto nazionale a sua volta indicato come la fonte primaria degli accordi collettivi. Ora, contratto nazionale e contratto aziendale vengono di fatto parificati con evidente svuotamento del primo da parte del secondo.

Medie, troppo peso ai delegati sindacali

Nelle medie aziende le novità sono analoghe alle grandi. I contratti nazionali e le leggi potranno essere derogate, con accordi aziendali oppure con accordi territoriali per zone omogenee (si pensi al nord-est, ad esempio). Nel loro caso, però, essendo meno presenti le Rsu – per lo più diffuse nelle grandi aziende – sarà particolarmente rilevante il ruolo dei delegati nominati dal sindacato di appartenenza a cui viene conferita una responsabilità pesante. Proprio l’ampiezza delle materie oggetto della norma permette questa analogia perché per molte di queste – mansioni, audiovisivi, orario di lavoro – non c’è distinzione tra grande e piccola impresa.

Piccole, si rischia una giungla

Secondo i giuslavoristi proprio nelle piccole ci sarà la spinta a una maggiore contrattazione in deroga. E se è vero che per quanto riguarda l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori non si sentirà alcuna differenza, per quanto riguarda le norme sul mansionamento, sulla disciplina dei contratti a termine, sulle collaborazioni, sugli orari, in cui la disciplina è analoga alle altre imprese, le modifiche possono essere stravolgenti. Per la semplice ragione che, molto spesso, nelle piccole imprese il sindacato non c’è o, se c’è, è rappresentato da uno o due delegati nominati. Per chi si occupa di diritto del lavoro è facile prevedere che su di essi si scaricherà una pressione enorme così come sarà facile avere sindacati di comodo che possono firmare qualunque deroghe alle tutele. I delegati, di fronte alle richieste aziendali e magari di fronte alla minaccia di chiusura o di delocalizzazione, si sentiranno in dovere di firmare qualunque cosa. Il problema potrebbe essere aggirato con la firma di accordi territoriali che coinvolgano le aziende di una determinata zona. Ma la norma non impedisce che di fronte a tali accordi se ne possano siglare altri più limitati a una sola azienda. In tal modo, sostengono gli avvocati del lavoro, la contrattazione non è più controllabile, anche la possibilità di impugnare un licenziamento si fa molto, molto più difficile.


2 commenti:

  1. Un governo che vara una legge simile è un governo che tende a togliere al cittadino ogni base di stabilità ed è contro il primo articolo della Costituzione: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.", nessuno, pertanto, può levare all'uomo ciò che la Costituzione gli attribuisce come diritto acquisito.

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  2. pubblicato sotto l'articolo de IFQ:

    L’art. 1 della Costituzione recita: “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”.
    Varare una legge che toglie il lavoro, e a maggior ragione, “senza giusta causa”, viola quello che è un diritto sancito e riconosciuto dalla Carta Costituzionale ad ogni cittadino.
    Questo governo è incostituzionale perchè non produce lavoro e perchè vuole toglierlo a chi ce l’ha.
    Mi meraviglia che i costituzionalisti non si ribellino, hanno imparato anche loro ad interpretare la Costituzione come gli suggerisce il Governo?

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