giovedì 15 settembre 2011

Il gip: il nastro è un regalo al premier in vista delle elezioni.


Scrive il giudice: la pubblicazione e sul Giornale «avrebbe leso, come è stato, l'immagine di Fassino»

Piero Fassino (Emblema)

MILANO - Il nastro dell'intercettazione tra Piero Fassino e Giovanni Consorte ai tempi della scalata alla Bnl fu un «regalo ricevuto» da Silvio Berlusconi «stante l' approssimarsi delle elezioni politiche». Lo scrive il gip di Milano, Stefania Donadeo, nell'ordinanza con cui ha ordinato l' imputazione coatta per il premier. La pubblicazione dell'intercettazione suIl Giornale, infatti, scrive il gip, «avrebbe leso, così come è stato, l'immagine di Piero Fassino».
«CONCATENAZIONE LOGICA» - «Le principali fonti di prova sono le dichiarazioni rese nel corso dei diversi interrogatori dagli allora coindagati, tali dichiarazioni dei richiamanti in correità, in quanto convergenti nei tratti essenziali, consentono la ricostruzione di una concatenazione logica di vari sillogismi che impongono la necessità dell'esercizio dell'azione penale anche per Silvio Berlusconi, in ordine al reato di rivelazione di notizia, coperta dal segreto d'ufficio». È quanto si legge nelle motivazioni con cui il gip di Milano, Stefania Donadeo, ha giovedì respinto la richiesta di archiviazione e ordinato l'imputazione coatta per il premier Silvio Berlusconi in relazione al passaggio di mano del nastro Fassino-Consorte («abbiamo una banca»). Intercettazione che venne pubblicata da Il Giornale il 31 dicembre del 2005.
PREMIER RINGRAZIÒ - «La pubblicazione della notizia (il contenuto dell'intercettazione tra Piero Fassino e Giovanni Consorte, ndr) proprio dopo e solo dopo l'ascolto da parte di Silvio Berlusconi, come volevano tutti, (gli imprenditori Fabrizio Favata e Roberto Raffaelli, ndr), i ringraziamenti seguiti da parte di Silvio Berlusconi, costituiscono dati di fatto storicamente provati che logicamente interpretati rendono necessario l'esercizio dell'azione penale anche nei confronti» del premier. È quanto scrive il gip di Milano Stefania Donadeo. Secondo il gip, inoltre, «non si può e non si deve escludere che (...) Raffaelli (il titolare dell'azienda che si occupava delle intercettazioni, ndr) oltre a far ascoltare le conversazioni abbia anche consegnato la chiavetta al presidente, il quale l'avrebbe ricevuta ringraziando». Tale condotta, spiega ancora il gip, «ancor più evidenzierebbe il suo favore per la pubblicazione».
SALTA LA RICETTAZIONE - Nello stesso provvedimento il gip di Milano Stefania Donadeo ha accolto invece la richiesta di archiviazione del pm in ordine al reato di materiale ricezione del supporto informatico sul quale erano riportate le conversioni tra Fassino e consorte. È quanto emerge dal provvedimento depositato dal giudice. Per il gip, infatti, «non può addebitarsi il delitto di ricettazione posto che esso si configura in ipotesi di illecita circolazione di un bene materiale e non di una informazione».
PORTAVOCE FASSINO - Gianni Giovannetti, portavoce del sindaco di Torino Piero Fassino commenta la notizia: «La decisione del Gip di Milano, che definisce addirittura «un regalo elettorale al premier» l'intercettazione pubblicata dal giornale della famiglia Berlusconi, conferma che ai danni dell'on. Fassino è stata ordita una trappola al fine esclusivo di denigrare il leader del principale partito di opposizione. Siamo fiduciosi che l'opera della magistratura accerterà fino in fondo tutta la verità».
Il direttore di «Libero» Maurizio Belpietro (Emblema)
Il direttore di «Libero» Maurizio Belpietro (Emblema)
BELPIETRO TRANQUILLO - «Di questa storia non so nulla. Ho pubblicato la notizia delle intercettazioni perchè mi era arrivata da un collega che me la ha data. Di tutto il resto non so nulla». Lo dice Maurizio Belpietro, attuale direttore di «Libero», parlando della sua iscrizione nel registro degli indagati chiesta dal Gip Stefania Donadeo per la fuga di notizie sull'intercettazione tra Piero Fassino e Giovanni Consorte, che lui pubblicò quando era direttore de Il Giornale. «Di questi personaggi non so nulla. Adesso leggerò anche le carte per capire perché vengo coinvolto in questa vicenda. Vedremo, io la ho pubblicata come tutte le intercettazioni. Facciamo questo mestiere» dice all'Ansa Belpietro. Poi aggiunge: «Sono tranquillo, assolutamente. Non ho motivo di non esserlo. Appena gli avvocati hanno guardato le carte, sentirò».
LA VICENDA- La vicenda giudiziaria per cui il gip di Milano ha respinto la richiesta di archiviazione per il premier, Silvio Berlusconi, nasce dalla pubblicazione su Il Giornale, il 31 dicembre del 2005, dell'intercettazione di una telefonata fra l'allora leader dei Ds, Piero Fassino, e il presidente di Unipol, Giovanni Consorte, dove il politico chiedeva al manager «Ma allora abbiamo una banca?». L'intercettazione non era a disposizione delle parti, ma nell'esclusiva disponibilità degli inquirenti, dei pm e della polizia giudiziaria e non era nemmeno stata trascritta. Inizialmente il premier, nell'avviso della chiusura delle indagini notificato alle parti alla fine dell'ottobre del 2010, era indicato come parte lesa, mentre poi è stato iscritto nel registro degli indagati con le accuse di ricettazione e di rivelazione di segreto d'ufficio; un'iscrizione, tuttavia, di tipo «tecnico», considerato che i pm avevano già deciso di sollecitare l'archiviazione. La richiesta di archiviazione, tuttavia, era stata respinta già lo scorso giugno dal giudice Stefania Donadeo, in veste di gup: il magistrato aveva fissato un'udienza per il 16 luglio scorso, così da chiarire la posizione del presidente del Consiglio. Tre giorni dopo, il 19 luglio, Donadeo, in veste di gip, a fronte della richiesta di archiviazione del pm di Milano, Maurizio Romanelli, e della difesa del premier, rappresentato da Niccolò Ghedini, si è riservato di decidere, respingendo al tempo stesso due eccezioni presentate dai difensori (l'obbligo di astensione del giudice e la mancanza di motivazioni del suo provvedimento per l'udienza). Una decisione che è arrivata giovedì, con la scelta di chiedere al pm di formulare nei confronti di Silvio Berlusconi l'imputazione coatta, una sorta di richiesta di rinvio a giudizio per la quale fisserà successivamente un'udienza preliminare. Nella stessa inchiesta è stato indagato, e poi rinviato a giudizio lo scorso giugno, anche il fratello del premier ed editore de Il Giornale, Paolo Berlusconi, accusato di ricettazione, millantato credito e concorso in rivelazione del segreto d'ufficio e il suo processo inizierà il 4 ottobre. Sempre lo scorso giugno era stato poi condannato a 2 anni e 4 mesi l'imprenditore Fabrizio Favata, che aveva richiesto il rito abbreviato; avevano invece optato per il patteggiamento gli imprenditori Eugenio Petessi e Roberto Raffaelli, titolare della Research Control System (Rcs), l'azienda che aveva fornito le attrezzature per l'intercettazione. Era stato assolto, invece, il giornalista Gianluigi Nuzzi, che nel 2005 lavorava per Il Giornale.

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