sabato 17 settembre 2011

Le regole.




Non rispettare le regole o leggi, mi dicevano i miei genitori, non è eticamente corretto. Ho cercato, sin da bambina, di assimilare, comprendere e mettere in atto questo concetto. Poi, con l'andare del tempo, mi è piaciuto, tanto da trasmetterlo ai miei figli. Dicevo loro che rispettare gli ordinamenti è gratificante, ci rende uguali, ci spinge a rispettare il nostro prossimo e, quindi, ad amarlo, a creare armonia, collaborazione, condivisione. 


Poi, però, mi sono dovuta ricredere, non moralmente o eticamente, ma materialmente.
Mi è capitato "vivendo la vita".


C'è chi le leggi le DEVE rispettare, pena la galera o sanzioni pecuniarie per aver espresso un'opinione, per aver reclamato un diritto sacrosanto negato...
C'è, invece, chi ostenta sicurezza, pur avendo commesso reati efferati di tutti i tipi che infrangono leggi del diritto civile e penale, facendosi scudo con il proprio denaro, magari acquisito o guadagnato disonestamente.


Ora mi pongo una domanda: ho fatto bene o male a inculcare ai miei figli insegnamenti risultati, alla fine, dichiaratamente obsoleti in un periodo di capitalismo sfrenato?


Non avrei fatto meglio ad insegnare loro ad essere "simpaticamente" indifferenti, "efferatamente" incoscienti, "esteticamente" attraenti e "amabilmente" imbroglioni?


Non so, so solo che mi sento disfatta, distrutta, sconfitta.


Faccio parte della società che "deve" e non di quella che "riceve".


In cuor mio, però, credo ancora che i miei genitori mi abbiano resa più grande di chi mi governa.


Buona notte.

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