venerdì 16 dicembre 2011

Si stringe il cerchio su Messina Denaro, undici arresti nella roccaforte del boss.






Palermo - (Adnkronos) - Vasta operazione dai Carabinieri del Ros a Campobello di Mazara. In carcere anche il sindaco Ciro Caravà, accusato di associazione mafiosa. Secondo gli investigatori avrebbe pagato decine di biglietti aerei ai familiari dei boss detenuti al Nord e distribuito appalti alle ditte dei clan.


Palermo, 16 dic. - (Adnkronos/Ign) - Si stringe il cerchio attorno al boss mafioso Matteo Messina Denaro, nuovo capo indiscusso di Cosa nostra latitante dal 1993. Alle prime luci dell'alba una vasta operazione antimafia nel trapanese, condotta dai Carabinieri del Ros, ha infatti poprtato all'esecuzione di undici ordinanze di custodia cautelare.
In carcere anche il sindaco di Campobello di Mazara (Trapani), Ciro Caravà, accusato di associazione mafiosa. Secondo gli inquirenti, la famiglia mafiosa di Campobello di Mazara avrebbe tenuto uno "stretto collegamento" con il boss latitante e "attraverso un pervasivo controllo del territorio" sarebbe riuscita a "infiltrare progressivamente le attività imprenditoriali ed economiche dell'area".
Per non destare sospetti il sindaco aveva deciso di fare costituire il Comune parte civile nei processi a carico di Messina Denaro e nelle occasioni ufficiali si scagliava contro Cosa nostra. "In realtà - ha spiegato il procuratore aggiunto Maria Teresa Principato - dava il suo sostegno economico alle famiglie mafiose del territorio vicine a Matteo Messina Denaro". Sono infatti numerose le intercettazioni a tirare in ballo il primo cittadino. In una conversazione la moglie di un boss spiega al marito che proprio grazie a Ciro Caravà avrebbe ottenuto in regalo i biglietti aerei per raggiungere il congiunto nel carcere del Nord Italia. Non solo. Gli inquirenti sono convinti, inoltre, che il sindaco Caravà avrebbe distribuito ai mafiosi anche lavori e appalti del Comune. Come emerge dall'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Maria Pino, già nel 2006 Caravà era stato denunciato per estorsione e voto di scambio. Ma l'inchiesta finì con un'archiviazione. Nel 2008 il Viminale inviò gli ispettori al Comune per verificare eventuali infiltrazioni mafiose. Caravà è stato rieletto primo cittadini nel giugno scorso.
Le altre 10 persone inserite nell’ordinanza di custodia cautelare del gip di Palermo sono accusate a vario titolo di associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni. L'operazione "potrebbe contribuire a destabilizzare il meccanismo che continua a proteggere il boss, spesso difficile da penetrare", ha detto il Procuratore capo di Palermo Francesco Messineo a margine della conferenza stampa per gli arresti di oggi. "E' un'operazione importante - dice ancora - perché alcuni soggetti coinvolti sono riferibili proprio a Messina Denaro. Spero che concorra a chiarire il meccanismo di complicità che segue il latitante". Denaro, ha infatti detto Messineo all'Adnkronos "puo' contare su una rete di fiancheggiatori che svolgono il 'compito' gratis, senza chiedere nulla in cambio, una sorta di adesione ideologica alla figura del latitante. C'è quasi un impegno collettivo di protezione nei suoi confronti".
Dall'inchiesta, coordinata dal Procuratore aggiunto di Palermo Maria Teresa Principato, dai pm Marzia Sabella e Pierangelo Padova, è emersa che una vera e propria 'mitizzazione' del boss. "Dalle numerose intercettazioni, telefoniche e ambientali, non solo nell'ambito dell'inchiesta di oggi ma anche in altre indagini -spiega il capitano Pierluigi Giglio, comandante del nucleo operativo dei carabinieri di Trapani - ci siamo resi conto che ci sono tantissimi cittadini di Castelvetrano (Trapani, ndr) che hanno una sorta di adorazione per Messina Denaro. E non parlo soltanto di uomini vicini a Cosa nostra ma di persone della media borghesia e di studenti che nulla hanno a che vedere con Cosa nostra. Insomma, c'è una sorta di mito nei confronti del boss".
Nel corso dell'operazione, sono finiti in manette anche il boss di Campobello, Leonardo Bonafede inteso 'u zu Nardino', ed altri componenti del clan: Filippo Greco, noto imprenditore di Campobello ritenuto il consigliere economico della cosca, Cataldo La Rosa e Simone Mangiaracina. L'ordinanza è stata eseguita anche nei confronti di Calogero Randazzo, Gaspare Lipari e Vito Signorello.


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