domenica 23 gennaio 2011

Apocaliss mo’, i quattro cavalieri dell’Apocalisse di questa settimana.




LA FIDANZATA DI SILVIO

Il Presidente del Consiglio ha confessato ai media, tramite un videomessaggio e per stroncare le malelingue, di avere una donna stabile (oppure uno stabile pieno di donne, non si è ancora capito bene). Ma chi sarà mai la fidanzata segreta di Berlusconi? Si tratterebbe, secondo indiscrezioni, di una creatura sensibile, che gli è stata molto vicina in un momento difficile: sembrerebbe il ritratto dell’on. Scilipoti, il quale però, dopo essere vistosamente arrossito, ha smentito categoricamente. Considerata l’età delle candidate proposte dai giornali, Silvio sta per realizzare un’impresa mai tentata in Italia: essere il primo genero più vecchio di una ventina d’anni dei suoceri. Straordinario. Alla luce di questi fatti, lo staff di legali del Premier ha preparato un documento: è senza dubbio da considerarsi legittimo impedimento il giorno di S. Valentino, il mesiversario e il compleanno della suocera. Qualora i magistrati di Milano non fossero d’accordo, si tratterebbe dell’ennesima persecuzione giudiziaria. Per quanto riguarda invece la vergognosa accusa di prostituzione minorile mossa a Berlusconi, c’è da considerare che in Italia abbiamo il tasso di disoccupazione giovanile più alto d’Europa. Era solo un modo per dare a tante ragazze nuove prospettive occupazionali.

EMILIO FEDE
E’ rimasto da solo a difendere il suo editore, che lui sa essere un uomo di grande cuore, uno che ha sempre fatto del bonifico a tutti. “Sono amareggiato – ha dichiarato Fede – ma soprattutto confuso, a causa di questa vicenda. Pensate: un mio amico, noto manager e talent scout, ha letto sui giornali che il prezzo alla pompa era aumentato e ha cominciato ad avvertire tutte le sue giovani clienti. Ho dovuto spiegargli che gli articoli si riferivano alla benzina, solo alla benzina. Siamo entrambi confusi e completamente estranei a quest’assurda vicenda. E poi, voi vi scandalizzate tanto perché ci sarebbero delle giovani donne che, per lavorare, sono costrette a fare certe cose. Ma scusate: anche agli operai di Mirafiori, per farli continuare a lavorare, la Fiat ha chiesto il culo e i quotidiani, altro che prostituzione minorile: l’hanno chiamato referendum! E allora! Guardiamo il lato positivo di questa storia, che in un momento del genere dimostra una cosa importante: i suini tedeschi saranno pure a rischio diossina, ma i nostri sono ancora genuini, dei gran maiali italiani allevati come una volta…”. Qui la dichiarazione s’è interrotta, Emilio ha sentito un groppo alla gola, dimostrando dignità e coraggio. Doti rare e preziose. Bravo, dovrebbe fare il giornalista.

BARBARA D’URSO
La calata di Barbara è peggio di quella dei barbari: terrorizza l’intero mondo civile, davanti al teleschermo. La D’Urso, nel corso di Stasera che sera, ha intervistato il povero Francesco Nuti, ammesso che si possa chiamare intervista rivolgersi a qualcuno che non è in grado di rispondere. Il prossimo passo di Canale 5, in questa direzione, potrebbe essere l’organizzazione dei Mondiali di tiro al piattello per non vedenti. L’ex attore e regista, purtroppo, non poteva sottrarsi a quella gogna mediatica: We are the scempio, my friends… veniva voglia di cantare, guardando le immagini sul piccolo schermo. Peccato che l’interessante e innovativo programma sia stato soppresso dopo solo due puntate per mancanza d’ascolti, oltre che di vergogna: avrebbe potuto regalarci altri momenti indimenticabili, come la simpatica fustigazione di una coppia d’orfanelli, bei gavettoni agli anziani di un circolo bocciofilo e la ricetta per la perfetta panatura dei cuccioli di foca. Peccato. “Quando un esperimento non riesce, è onesto interromperlo senza cercare scuse”, ha commentato il direttore generale informazione Mediaset, Mauro Crippa. Magari l’avesse pensata così anche il dottor Victor von Frankenstein .

NICOLE MINETTI
Questa donna ha davvero del talento: è riuscita, infatti, a mettere in imbarazzo il suo capolista Roberto Formigoni, impresa non facile da realizzare con un ex democristiano ( è gente che, in genere, per arrossire ha bisogno dell’aiuto di un lanciafiamme). Ex igienista dentale di Silvio Berlusconi, cui l’aspetto orale è sempre stato molto a cuore, viene accusata dai magistrati milanesi di essere stata una procacciatrice di escort per il nostro arzillo Primo Ministro, selezionatrice e abile consulente nella scelta di quelle più appetibili. Del resto, la bella Nicole cercava solo di fare seriamente il suo lavoro: è Consigliere Regionale, consigliava. Pochi giorni fa, mentre dava il meglio di sé sul Pirellone (siete maliziosi, vergognatevi: si tratta semplicemente del grattacielo Pirelli, sede della Regione Lombardia), pressata dai giornalisti che la incalzavano con le loro domande tendenziose e piene di prevenzione, la Minetti è sbottata e ha gridato, esacerbata: “Basta… un po’ di decenza!”. Se ne sente l’esigenza addirittura lei, vuol dire che il Paese ne ha veramente bisogno.

di Marco Presta

da Il Fatto Quotidiano del 23 gennaio 2011


Pompei, le Fiamme Gialle indagano sulle spese folli dei Bertolaso Boys.


Dopo le inchieste sui crolli nel sito archeologico, ora la procura di Torre Annunziata punta a capire come siano stati spesi gli 80 milioni di euro dati in dote al defunto prefetto Renato Profili prima e a Marcello Fiori, fedelissimo dell’ex capo della Protezione Civile, poi

Ora si indaga sulle spese della “Cricca pompeiana”, sulla gestione dei Bertolaso Boys all’ombra del Vesuvio. Venerdì la Guardia di Finanza è tornata negli uffici della Soprintendenza del più grande sito archeologico al mondo: è la terza volta dall’inizio dell’anno. Questa volta, però, il mandato era preciso: acquisire la copia dei documenti contabili, le delibere, i contratti e i mandati di pagamento relativi alle spese sostenute dal 28 agosto 2008 fino al 31 luglio 2010. Tutti, nessuno escluso. Dopo le inchieste sui crolli e quella sul restauro-monstre del Teatro Grande, ora la procura della Repubblica di Torre Annunziata punta a capire come siano stati spesi gli 80 milioni di euro dati in dote al defunto prefetto Renato Profili prima e a Marcello Fiori, fedelissimo dell’ex capo della Protezione Civile, poi.

Gli uomini delle Fiamme Gialle del gruppo di Torre Annunziata si sono presentati di primo mattino negli uffici della Soprintendenza: due sottufficiali e un giovane ufficiale, il tenente Benito Addolorato, in borghese. Una presenza volutamente più discreta del solito, per evitare che il clamore possa essere strumentalizzato dai partiti di governo a pochi giorni dalla discussione sulla mozione di sfiducia sul ministro Sandro Bondi. Il clima fra esecutivo e procure è rovente. Per questo, il capo della procura oplontina, Diego Marmo, appena diffusa la notizia ha smorzato i toni parlando di “attività ordinaria per un fascicolo già aperto”.

Un procedimento avviato a fine novembre, all’indomani delle due inchieste pubblicate sull’Espresso – “Cricca pompeiana” e “Cin cin di spesa” – a firma Emiliano Fittipaldi e Claudio Pappaianni. I due cronisti del settimanale di Largo Fochetti avevano documentato, punto su punto, le discutibili spese della gestione Profili-Fiori. Stipendi da record, consulenze, operazioni di marketing: degli 80 milioni di euro impegnati, solo una minima parte è andata alla manutenzione e al restauro della città degli scavi. Spese fuori controllo, soldi che finiscono agli amici degli amici: “Quasi 47mila euro sono serviti per metter in piedi l’evento ‘Torna la vite’; 185mila per il progetto PompeiViva: soldi dati alla onlus romana CO2 Crisis Opportunity fondata da Giulia Minoli, figlia di Gianni e Matilde Bernabei, che ha avuto Gianni Letta come testimone di nozze. Lo sposo?Salvo Nastasi, direttore generale del ministero dei Beni culturali”, scrivevano a novembre Pappaianni e Fittipaldi. E ancora: “Più di 34mila euro sono stati investiti per due video promozionali, 90mila per l’organizzare un concorso di poesia (l’ideatore ha preso una consulenza da 22mila euro). Un posto di primo soccorso gestito dalla Croce Rossa è costato 336mila euro (per un anno), 71mila euro sono finiti alla Pasquale Di Paolo Sas per “la fornitura, il trasporto e l’installazione di Totem”, senza dimenticare i 45mila dati alla stessa ditta per la fornitura segnaletica esterna e materiale grafico”.

Supermarcellino, come gli amici chiamano affettuosamente Marcello Fiori, oltre a garantirsi un assegno annuale da 150mila euro, aveva messo in conto alla gestione degli Scavi di Pompei pure 1.668 euro per i nuovi arredi del suo ufficio, 4mila per la “parete attrezzata” e 1.700 euro per la divisa del suo autista. Con lui, le spese previste per lo staff erano lievitate da 200mila a 800mila euro, anche se per il “funzionamento” la spesa complessiva alla fine è stata 3 volte superiore: oltre 2milioni e 300mila euro. Dopo le inchieste dell’Espresso, Fiori si era difeso utilizzando il solitorefrain berlusconiano: “Sono ricostruzioni fantasiose e distorte della realtà”. Ora la Guardia di Finanza ci dirà quanta fantasia c’era. O se, come spesso accade negli ultimi tempi, la realtà abbia superato l’immaginazione.



Cassazione conferma, Cuffaro a Rebibbia!




di Silvia Cordella - 22 gennaio 2011
La seconda sezione penale della Corte di Cassazione presieduta da Antonio Esposito ha rigettato il ricorso dell’ex presidente della regione siciliana Salvatore Cuffaro e lo ha condannato definitivamente a 7 anni di carcere per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra e rivelazione di segreto istruttorio.

La sentenza è stata una doccia fredda per l’ex Senatore del Pid (popolari di italia domani) che questa mattina sperava in un annullamento con rinvio ed il conseguente ridimensionamento del reato così come prospettato ieri dal procuratore generale Giovanni Galati, che ha chiesto alla Corte di Appello di eliminare l’aggravante mafiosa senza la quale Cuffaro, anche in caso di condanna, non sarebbe finito in carcere per il sopraggiungere della prescrizione. Ritenendo invece fondato il quadro accusatorio dei pm di Palermo, il Presidente Esposito ha confermato pienamente la condanna che il 23 gennaio del 2010 i giudici d’Appello avevano inflitto a Cuffaro ritenendolo colpevole di aver favorito il boss di Brancaccio Giuseppe Guttadauro con il quale nella primavera del 2001, durante la campagna elettorale che lo portò ad essere Governatore in Sicilia, aveva intrattenuto rapporti attraverso la mediazione dell’ex assessore alla Sanità del comune di Palermo Domenico Miceli, anche lui condannato definitivamente lo scorso novembre per concorso esterno in associazione mafiosa. La Suprema Corte inoltre ha ritenuto Cuffaro colpevole anche per la vicenda sulle fughe di notizie legate a Michele Aiello, il magnate di Bagheria ritenuto vicino al capo di Cosa Nostra Bernardo Provenzano, proprietario della lussuosa clinica oncologica privata (sottoposta ad amministrazione giudiziaria) “Villa Santa Teresa” alla quale la Regione, durante la gestione Cuffaro, ha pagato per le prestazioni di cure antitumorali tariffe di dieci volte superiori rispetto a quelle vigenti nelle altre regioni italiane. A caldo il Procuratore capo della Procura di Palermo Francesco Messineo si è detto soddisfatto. “La sentenza della Corte di Cassazione – ha commentato - conferma l'impianto accusatorio sostenuto dalla procura in primo grado” che quella volta “era stato accolto dai giudici solo parzialmente – mentre successivamente - la Corte d'Appello lo ha confermato”. “Ora la sentenza è definitiva”. Cuffaro dopo il verdetto ha deciso subito di costituirsi presentandosi al carcere di Rebibbia a Roma. “Adesso – ha detto ai giornalisti quando è uscito da casa - affronterò la pena come è giusto che sia, questo è un insegnamento che lascio come esempio ai miei figli”. “Sono stato un uomo delle istituzioni – ha proseguito – e ho un grande rispetto della magistratura che è una istituzione, quindi la rispetto anche in questo momento di prova. Una prova – ha concluso – che certamente non è facile ma che ha rafforzato in me la fiducia nella giustizia e soprattutto ha rafforzato la mia fede”. “La giustizia ha fatto il suo corso – ha commentato Rita Borsellino, deputato europeo del Pd - e la sentenza di oggi pone fine a una vicenda che ha mostrato con tutta evidenza il coacervo politico, affaristico e mafioso che ha retto la Sicilia nell'ultimo decennio. A fronte di tutto ciò e senza dimenticare i gravissimi crimini di cui si è macchiato l'ex governatore, mi preme tuttavia esprimere apprezzamento per l'atteggiamento tenuto nel corso del processo da Salvatore Cuffaro, che ha mostrato massimo rispetto tanto per l'operato dei magistrati, quanto per la sentenza dei giudici”. “Un atteggiamento dignitoso – ha concluso la Borsellino - che si contrappone in maniera netta a quello dei troppi uomini politici che, come il presidente del Consiglio, sono soliti rispondere alle accuse della magistratura denigrando i giudici e sottraendosi alla giustizia”. Salvatore Cuffaro in carcere ha portato con sé dei libri, secondo uno dei suoi avvocati, Oreste Dominioni, “godrà di un condono e delle riduzioni di pena che potranno esserci per buona condotta”. Dalla sua cella l’ex Governatore attenderà anche il verdetto del processo che lo vede imputato di concorso esterno in associazione mafiosa davanti al Gup di Palermo. I Pubblici Ministeri che rappresentano l’accusa, Nino Di Matteo e Francesco del Bene, a giugno dello scorso anno hanno chiesto per lui la condanna a dieci anni. “A differenza di altri che tentano di sottrarsi al processo – aveva dichiarato Di Matteo a fine requisitoria - l'imputato ha avuto una condotta irreprensibile - ma i fatti sono veramente gravi. Per la rilevanza del contributo fornito all'organizzazione criminale da un politico capace e influente nel contesto nazionale”. La concessione delle attenuanti dunque era stata scartata “per l'intensità e la pervicacia con cui s' è attivato” a favore della criminalità organizzata anche se la pena sarà diminuita di un terzo grazie al rito abbreviato. Oggi la Corte di Cassazione ha confermato le condanne anche agli altri imputati del processo sulle “Talpe”. Michele Aiello è stato condannato definitivamente a 15 anni e mezzo di carcere per associazione mafiosa (che sconta al Pagliarelli di Palermo) mentre Giorgio Riolo, che stanotte dorme nel carcere campano di santa Maria Capua a Vetere dove sarà accompagnato dai suoi colleghi del Ros, ha beneficiato di un leggerissimo sconto di pena da 8 anni inflitti in Appello ai 7 anni e 5 mesi della Cassazione.




Intitolano una piazza a Craxi, a Lissone è protesta come nel ’92 all’hotel Raphael.



Stefania Craxi non è riuscita a tagliare il nastro assieme al vicesindaco del Pdl. Centinaia di persone hanno sventolato denaro al grido di "ladri, ladri". La cerimonia così si è trasferita all'interno di un teatro

Tal padre, tale figlia. Più o meno 18 anni dopo le monetine all’uscita dell’hotel Raphael controBettino Craxi, stessa sorte è toccata alla figlia Stefania. L’occasione era stata voluta fortemente dal vicesindaco Pdl Gabriele Volpe, ex socialista e “subita” dalla Lega nord locale che non si è mai opposta nonostante in quegli anni sia stata in prima fila nel contestare l’ex leader del Garofano morto latitante in Tunisia.

L’inaugurazione di piazza Craxi a Lissone si è trasformata in una riedizione delle proteste targate Tangentopoli. Stesso copione, stessa fuga a gambe levate e identiche urla. Un fitto lancio di monetine, pernacchie, fischi e un assordante “ladri, ladri” ha accolto la figlia di Bettino Craxi che è anche sottosegretario agli Esteri, impedendole di tagliare il nastro di una piazza intitolata al padre in una cittadina governata dal Carroccio da 15 anni.

Un’autentica rivolta. Stefania Craxi scortata da ingenti forze di polizia è stata costretta ad interrompere il discorso e a trasferirsi in un teatro tra le urla della folla composta sì da esponenti della sinistra locale, dell’Idv, ma anche da cittadini senza etichette politiche. Improvviso cambio di programma per le proteste di 400 persone hanno fatto infatti saltare la prima parte dell’evento, previsto proprio nella piazza che porterà il nome dell’ex leader socialista. I contestatori hanno replicato le proteste degli anni di Tangentopoli con tanto di lancio di monetine e “vergogna” urlati a squarciagola e senza interruzione.

In piazza anche qualche tafferuglio tra ex socialisti e contestatori sedato a fatica dai carabinieri. Il gruppo di socialisti, guidati dalla figlia di Craxi, Stefania e dal vicesindaco di Lissone Gabriele Volpe, si è quindi spostato celermente, scortato dalle forze dell’ordine, nel vicino Palazzo Terragni dove era in programma la seconda parte della giornata. Numerose le bandiere dell’Italia dei Valori nella parte di piazza che ha protestato (era presente anche il blogger Piero Ricca) e i cartelli contro Craxi. “Non mi fanno né caldo né freddo – ha commentato Stefania Craxi – . Non hanno l’autorità morale, politica e grammaticale per esprimersi su mio padre. Le due targhe che danno il nome di Bettino Craxi a una piazza del centro di Lissone, comune della Brianza leghista, sono state modificate con un cartello che intitola così lo spazio all’ex capo dello Stato Sandro Pertini“presidente degli Italiani”. Il cambio del nome è avvenuto pochi minuti dopo la prevista inaugurazione della piazza Bettino Craxi. Su uno dei muri dei palazzi vicini è comparsa anche la scritta “ladro” a caratteri cubitali.

Intanto i contestatori si sono ritrovati davanti a Palazzo Terragni, dove si era spostata in fretta e furia la cerimonia, per contestare i presenti all’evento, ormai terminato. I fedelissimi di Craxi alla chetichella sono usciti dall’edificio scortati dai carabinieri per evitare ulteriori disordini. Le proteste sono state bollate come “polemicuzze” dall’ex sindaco socialista di Milano Paolo Pillitteri, che ha poi aggiunto: “Conta solo cosa rappresenta la figura di Craxi, una persona che è nella storia. Tutto il resto sono solo polemicuzze”. Non dello stesso parere i contestatori che hanno continuato ad urlare slogan contro Craxi lasciando dopo un’ora la piazza centrale della città. (tm)