giovedì 5 maggio 2011

Inchiesta Grandi Eventi, rinvio a giudizio chiesto per Bertolaso e altri 18 indagati.



I pm di Perugia hanno richiesto il rinvio a giudizio per l’ex capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, tra i 19 indagati nell’inchiesta sugli appalti dei Grandi Eventi. Per i magistrati esiste la ”prova incontrovertibile dell’asservimento della pubblica funzione” di Bertolaso, accusato dicorruzione. “La scelta della procedura d’urgenza e di una determinata impresa per effetto della ricezione o della promessa di denaro o di altre utilità – scrivono i pm – integra la violazione di doveri d’ufficio, che impongono la disinteressata valutazione della situazione concreta”. Tra gli indagati per cui è stato chiesto il rinvio a giudizio, ci sono anche l’ex provveditore alle opere pubbliche, Angelo Balducci, il suo successore Fabio De Santis, il funzionario Mauro Della Giovampaola, il costruttore Diego Anemone e undici società.

Bertolaso, sempre secondo l’accusa, oltre ad aver operato in modo illegittimo, consentiva ai funzionari sotto i suoi ordini di agire “affinché le imprese facenti capo a Diego Anemone (da sole o in Ati con altre facenti parte del medesimo gruppo) risultassero aggiudicatarie degli appalti”. Non solo, ma l’ex capo della Protezione Civile, scrivono i pm, permetteva anche “che il costodell’appalto a carico della Pubblica Amministrazione aumentasse considerevolmente rispetto a quello del bando, al solo scopo di favorire stabilmente il privato imprenditore appaltatore”.

Sarà il gip a decidere infine sulla richiesta di patteggiamento – accettata dai pm – dell’ex procuratore aggiunto di Roma, Achille Toro, e del figlio Camillo, accusati di rivelazione di segreto di ufficio (per loro i pm hanno chiesto l’archiviazione dell’accusa di corruzione) e su quella dell’architetto Angelo Zampolini per il riciclaggio di denaro destinato all’acquisto di alcune abitazioni.




Governo, nove nuovi sottosegretari Berlusconi premia i Responsabili. - di Elena Rosselli.


Il gruppo di Scilipoti e Moffa passa all'incasso. Ma Pepe chiede altri dieci posti. Berlusconi: "Le nuove nomine sono logiche e servono alle riforme"

“Spettacolo indecoroso, un governo che si regge su cambiali pagate o da pagare”. No, “Logica assegnazione di posti”. E’ durissima la polemica fra maggioranza e opposizione sull’ultimo allargamento della maggioranza siglato questa mattina con la nomina di nove nuovi sottosegretari(Rosso, Bellotti, Melchiorre, Polidori, Cesario, Gentile, Misiti, Villari, Catone) e un consigliere personale (Calearo) nel corso del Consiglio dei ministri. Un allargamento che ha premiato soprattutto il gruppo dei Responsabili transfughi di Futuro e Libertà, ma anche ex Pd e Idv.

Niente da eccepire per Silvio Berlusconi che in conferenza stampa premette: ”So che ci saranno tante ironie” sulla nomina dei nuovi sottosegretari, “ma non mi sembra siano fondate perché questi sottosegretari fanno parte di quella terza gamba che si è formata in sostituzione di Fli che si è portato al centro e praticamente all’opposizione di questo governo, liberando posti che ci è parso assolutamente logico assegnare”. Questo, prosegue il premier, “consente al governo di operare in Parlamento con una maggioranza coesa e sicura e che ci permetterà di realizzare quelle riforme” che non sono state possibili a causa dell’opposizione di Gianfranco Fini“.

Il rimpasto però pare non bastare ai Responsabili. Ai microfoni di Radio Radicale, il deputatoMario Pepe fa una previsione: ”Se si vuole fare funzionare il governo nei prossimi due anniservono almeno altri dieci sottosegretari, il prima possibile”. Una previsione confermata anche dallo stesso premier: ”Non è finita. Intendiamo aumentare il numero dei componenti della squadra di governo”. “Stiamo facendo i conti”, dice il premier ribadendo la necessità di nominare perlomeno “un’altra decina di sottosegretari” tramite “un disegno di legge che presenteremo in Parlamento”.

Eppure il gruppo capitanato dall’ormai celebre Domenico Scilipoti e Silvano Moffa (Ascoltal’inno dei Responsabili), ha fatto incetta di posti: Roberto Rosso (ex Fli) all’Agricoltura, Luca Bellotti (ex Fli) al Welfare, Daniela Melchiorre (Liberal-democratici) allo Sviluppo Economico,Catia Polidori (ex Fli) allo Sviluppo economico, Bruno Cesario (ex Pd, ex Api) e Antonio Gentile (Pdl) all’Economia, Aurelio Misiti (Gruppo Misto) alle Infrastrutture, Riccardo Villari (ex Pd, ex Mpa) ai Beni Culturali, Giampiero Catone (ex Fli) all’Ambiente (Leggi chi sononell’articolo di Davide Vecchi). Questi i nove nomi proposti direttamente da Berlusconi. Tra i nominati anche Massimo Calearo designato consigliere personale del presidente del Consiglio per il Commercio estero. La conferma, si legge in una nota, è arrivata ieri in tarda serata da una lettera del premier, seguita da un colloquio telefonico tra Silvio Berlusconi e il deputato vicentino. Il nuovo incarico, viene spiegato nel comunicato, corrisponde alle intenzioni di Calearo, che aveva espresso perplessità circa un incarico ministeriale in quanto avrebbe comportato la necessità di abbandonare la presidenza della Calearo Group, la sua azienda di Isola Vicentina.

Insomma, Silvio Berlusconi mantiene la promessa e premia gli “eroi” del 14 dicembre, quei deputati che uscendo da Fli, Pd e Idv gli hanno permesso di vincere nel giorno della fiducia.

Attacca la maggioranza Michele Ventura, vicepresidente vicario dei deputati Pd: “Spettacolo indecoroso, bastano numeri e nomi a confermare che questo governo si regge soltanto su cambiali pagate o da pagare. Otto-nove sottosegretari: Rosso, Melchiorre, Polidori, Cesario, Misiti, Villari, Gentile e Catone? Ci sono i Responsabili, che soltanto qualche giorno fa avevano dichiarato di ‘soprassedere’ in nome delle urgenze del Paese, già risolte?, ci sono i Liberali, gli ex Fli tornati al Pdl”. Per Ventura le nomine altro non sono che una ‘zebratura’, una “divisione secondo le quote di appartenenza”, dei nuovi sottosegretari. “Chiunque abbia dato – sottolinea – ha ricevuto un posto, ma non proprio tutti e quindi o si procederà a nuove nomine o cominceranno a mancare i voti in Aula. Una vergogna – sottolinea – perché questo governo non rappresenta l’Italia, uno schiaffo in faccia ai cittadini che lavorano e investono, ai ragazzi senza prospettiva, a chi fa della dignità e del merito il proprio stile di vita”.

Se la prende con “i disponibili’ subito accontentati” Fabio Granata, esponente di Futuro e Libertà: “Il prezzo è stato pagato, la Patria è salva!!!!”, ha commentato subito dopo la nomina dei nuovi sottosegretari del governo Berlusconi sottolineando che così “si perfeziona una delle pagine più vergognose della storia della Repubblica”. “Con Berlusconi – conclude il vice presidente della commissione antimafia – e con i suoi metodi nessun dialogo al centro e in periferia è possibile: spero lo abbiano definitivamente capito tutti”.

Delusi i Cristiano popolari Mario Baccini e Giuseppe Galati: “Prendiamo atto che gli impegniassunti dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, non sono stati mantenuti”.

In una nota Maurizio Migliavacca, coordinatore della segreteria nazionale del Pd, chiede conto al governo della “disoccupazione, in particolare giovanile e delle donne”. “Cresce la precarietà – afferma Migliavacca – E qual è la risposta del governo ai problemi del paese e ai drammi di tante famiglie? L’aumento del numero dei sottosegretari”.”Con il rimpasto di governo e la nomina a sottosegretari – aggiunge – il presidente Berlusconi ha pagato il pegno ai parlamentari che hanno cambiato casacca e ha chiarito in modo definitivo quanto poco gli interessi invece la sorte degli italiani, compresi quelli che lo votano”.

Per il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini “il governo Berlusconi è sempre di più la copia fotostatica del governo Prodi” che oggi ha dovuto fare “una infornata di nuovi sottosegretari per poter restare in Parlamento”. Questa per Casini “è la dimostrazione che il bipolarismo, così come è stato organizzato il Italia, è fallito miseramente. Bisogna voltare pagina”.

Ironica Anna Finocchiaro, presidente dei senatori Pd: ”L’antico omonimo del neo sottosegretario Catone non avrebbe dubbi: uno spettacolo penoso che lo farebbe rivoltare nella tomba”, dichiara. “Come a un mercato delle vacche – aggiunge Finocchiaro – importanti posti governativi sono stati divisi secondo una logica spartitoria veramente inaccettabile, un’infornata di posti di (sotto)governo con cui è stato premiato il peggior trasformismo elevato a sistema. Mi sembra comunque che la maggioranza abbia ben poco da rallegrarsi della nuova ‘quadra’ raggiunta. L’invidia degli esclusi stuzzica l’appetito, se fossi nel premier non starei molto tranquilla”. “Quanto ai neo membri del governo, mi auguro che si limitino a incassare le prebende e limitino i danni solo all’erario e alla credibilità del Paese. Certo, i nomi non lasciano ben presagire, con nove sottosegretari scelti un po’ a caso e la spruzzata finale di Massimo Calearo nominato a consigliere del premier per l’export: veramente un modello da esportare”.

Assange: “Facebook è il più grande strumento di spionaggio al mondo”. - di Eleonora Bianchini


Il fondatore di Wikileaks intervistato da Russia Today, sostiene che il popolare social network sia lo strumento migliore per le intelligence per raccogliere dati, abitudini, relazioni e stili di vita di milioni di cittadini

Il fondatore di Wikileaks, Julian Assange

Facebook non serve agli utenti per rimanere in contatto con i propri amici, ma all’intelligence come “strumento di spionaggio”. Julian Assange, fondatore di Wikileaks, lo ha dichiarato nel corso di un’intervista a Russia Today da Norfolk, in Inghilterrra, dove è in attesa dell’estradizione in Svezia. Alla domanda sul ruolo delle reti sociali durante le rivolte in Maghreb e Medio Oriente, la risposta dell’hacker australiano è stata inequivocabile e ha coinvolto le ‘big company’ della Rete.

Secondo Assange, il sito di Mark Zuckerberg è “il database più rifornito” che raccoglie dati su “persone, relazioni, nomi e indirizzi, tutti accessibili all’intelligence americana”. E Assange si spinge oltre Facebook: infatti anche “Google e Yahoo e tutte le principali organizzazioni Usa hanno costruito interfacce per l’intelligence americana”. Questo implica che i servizi segreti siano alla guida dei colossi della Rete? Non proprio. Il loro potere infatti risiede nella capacità di esercitare sulle grandi imprese del web “pressioni politiche e legali” e la struttura dei siti ha permesso di automatizzare i processi di raccolta dati. Inoltre anche gli iscritti al social network sono direttamente coinvolti nel processo di dossieraggio: infatti, aggiunge Assange, “tutti dovrebbero capire che quando aggiungono i loro amici su Facebook, stanno lavorando gratis per aiutare l’intelligence degli Stati Uniti a costruire il proprio database”.

L’allarme privacy e le richieste di chiarimenti riguardo alla protezione dei dati sono stati sollevati in chiave bipartisan anche al Congresso. Il senatore democratico John Kerry e il repubblicano John McCain sono i firmatari del “Commercial Privacy Bill of Rights Act of 2011”, una proposta di legge finalizzata a imporre una regolamentazione chiara per le aziende che manipolano informazioni personali. Nella bozza i senatori domandano che le imprese richiedano il consenso esplicito prima di raccogliere e condividere con terzi dati che riguardano, ad esempio, orientamento religioso e sessuale. La decisione è arrivata dopo la pubblicazione di un’inchiesta del Wall Street Journalsulla profilazione via smartphone attraverso i giochi di Facebook e le app di Apple e Google.

Inoltre, tra le 101 apps più popolari, ben 56 trasmettevano il numero identificativo del telefono (ID) ad altre società di marketing e reti di advertising senza chiedere il consenso degli utenti e costruendo così veri e propri dossier su chi istallava i programmi, dalla messaggistica per iPhone a MySpace per Android. Il problema privacy e utilizzo dei dati è reale per il business privato e ora Assange afferma con certezza che le informazioni ricavate online sono già nei database dell’intelligence. Il blog di tecnologia del Time nota però che il fondatore di Wikileaks evita di nominare esplicitamente la Cia, e si limita a considerare che i colossi della Rete sono di fatto sotto la giurisdizione americana. Chi ha orecchie per intendere…



Tremonti, ecco le sanzioni per chi esagera sui controlli fiscali.


Pronta una circolare dell' Agenzia delle Entrate. "Vantaggi fiscali per chi assume nel Sud".

Il ministro dell'Economia
Il ministro dell'Economia
MILANO - È in arrivo la circolare dell'Agenzia delle Entrate che spiega «quali sono le sanzioni per chi esagera con i controlli fiscali» sulle imprese. E' quanto ha annunciato il ministro dell'Economia Giulio Tremonti nella conferenza stampa a Palazzo Chigi per la presentazione del Dl sullo Sviluppo. «Un conto è chiedere le tasse , un altro è essere coerenti con la legge» ha aggiunto il ministro che alcune settimane fa aveva promesso di adoperarsi contro «l'oppressione» fiscale, gli eccessi che generano «costi, tempo perso, stress, e occasioni di corruzione».

FISCO CON LO SCONTO AL SUD - Il drecreto contiene poi le misure per l'occupazione nel Sud, con l'introduzione del credito di imposta per le imprese che assumono nel Mezzogiorno. «Pensiamo di poter avere la fiscalità di vantaggio: è l'unico modo di spendere i soldi europei - ha detto Tremonti - . Nel 2011 rischiamo di perdere 5 miliardi. Il tasso di utilizzo dei fondi è scandalosamente basso. E se non spendiamo i fondi, questi tornano a Bruxelles». Anche il social housing, l'edilizia sociale, «sarà concentrata al Sud».

BANCA PER IL MEZZOGIORNO, «NASCE UN GIGANTE» - Semaforo verde della Banca d'Italia per la Banca del Mezzogiorno. E per Tremonti, «da oggi inizia un percorso operativo per strutturare le banche popolari e i crediti cooperativi. Si tratta di oltre 7000 sportelli, è una cosa molto importante, nasce un gigante. Abbiamo apprezzato il lavoro della Banca d'Italia».

Berlusconi elogia Tremonti: superlavoro

LA MANOVRA? «OGGI HO PARLATO DI SVILUPPO» - «Oggi abbiamo fatto un provvedimento economico, ne saranno fatti una serie. E poi ci saranno i provvedimenti sul bilancio pubblico» ha detto infine Tremonti replicando alle domande sulla possibile manovra correttiva da 7-8 miliardi di euro.

TETTO AI BONUS DEI BANCHIERI - Nel drecreto è stato poi stabilito che la Banca d'Italia potrà mettere tetti ai bonus dei manager bancari, ossia fissare dei limiti sulla parte variabile che in genere costituisce la voce rilevante della retribuzione dei banchieri.

LA RICERCA - Il credito imposta per la ricerca viene «introdotto per due anni ed è sperimentale. La copertura è operata con una tecnica non a carico delle imprese stesse, ma si tratta di una forma di prelievo volontario di grande interesse».

http://www.corriere.it/economia/11_maggio_05/tremonti-sud-fisco_aa2b4af4-770a-11e0-a006-4d571262b3cd.shtml



Dl Sviluppo, le spiagge vanno in concessione novantennale.



“Le spiagge italiane, saranno nostre”. Renato Papagni, potente presidente dell’Assobalneari (l’associazione dei gestori dei bagni legata a Confindustria) l’aveva detto oltre un anno fa in un’intervista contenuta in uno speciale di Report: “Diventeremo proprietari delle spiagge per un secolo grazie al diritto di superficie”.

Detto fatto, è esattamente quello che succederà grazie all’articolo 5 del decreto sullo Sviluppo approvato oggi in Consiglio dei ministri. “Per incrementare l’efficienza del sistema turistico italiano… è introdotto un diritto di superficie avente durata di novanta anni… sulle aree già occupate lungo le coste da edificazioni esistenti, aventi qualunque destinazione d’uso”.

Con queste righe le nostre spiagge vengono di fatto “vendute” ai titolari degli stabilimenti balneari per quasi un secolo. Poi se ne riparlerà. Uno stratagemma sul filo dell’incostituzionalità. Il diritto di superficie è infatti un diritto molto simile alla proprietà privata mentre le spiagge fanno parte del demanio necessario, ossia quella parte del territorio nazionale che non può essere venduta per restare a disposizione di tutti.

“Non hanno più nessun limite. E’ uno schifo” protesta Angelo Bonelli, leader dei Verdi. “Per ingannare la direttiva UE e accontentare la lobby dei balneari svendono il nostro territorio, una cosa inconcepibile in qualsiasi altro Paese del mondo”.

E’ questo infatti lo stratagemma previsto dal ministro Tremonti per accontentare i potenti sindacati dei balneari italiani, terrorizzati dall’applicazione della direttiva europea sulla libera concorrenza, L’Italia è infatti sotto procedura di infrazione comunitaria perché non applica la direttiva Bolkestein ossia l’obbligo di fare aste pubbliche per assegnare le concessioni demaniali, così come succede in tutta Europa. Tutti possono partecipare e chi offre di più si prende la concessione che, alla scadenza, viene rimessa all’asta, permettendo allo stato di realizzare guadagni proporzionati agli incassi delle attività oltre ad un salutare rinnovo tra i gestori.

Realtà completamente sconosciuta in Italia dove per decenni le concessioni sono state rinnovate automaticamente sempre agli stessi titolari in cambio di canoni ridicoli che accomunano l’Italia dal Nord al Sud. Partendo da Mondello, la bellissima spiaggia di Palermo dove una sola società, l’Immobiliare Italo Belga, controlla quasi tutto l’arenile dal 1911, un secolo esatto. 36mila metri quadri di golfo, sette milioni di euro di incassi e un canone che, nel 2010 era di 45mila euro, senza aver mai partecipato ad un’asta. O come un ristorante sulla spiaggia del litorale romano, che paga 430 euro al mese mentre il suo concorrente, dall’altra parte della strada, quindi senza nemmeno il panorama delle onde, dovendo contrattare con il mercato reale, sborsa un affitto di 12mila euro al mese. Il famoso Twiga, in Toscana, ha ricavi per 4 milioni di euro e paga 14 mila euro di canone. Il Tibidabo, lo stabilimento del presidente dell’Assobalneari Renato Papagni, nel 2010 versava al un canone di 5 mila euro al mese per 20mila metri quadri di spiaggia con 500 cabine affittate ad oltre 3000 euro a stagione. Affittandone due si è già coperto il canone e ne restano altre 498. Ma non basta, su quel pezzo di spiaggia, sempre incluso nel canone, hanno costruito anche un ristorante, un centro benessere, una piscina coperta, un bar e una boutique. Tutte strutture che, con la normativa vigente, sarebbero dovute passare allo stato italiano allo scadere della concessione, mentre con la nuova normativa resterebbero al titolare per un bel po’ di generazioni, il tutto alla faccia dello spirito della normativa europea.

“Sono beni dello stato, proprietà di tutti, oltretutto frutto della brutale cementificazione del litorale, che oggi vengono regalati ai titolari degli stabilimenti” continua Angelo Bonelli. “E con questa normativa la cementificazione selvaggia degli arenili conoscerà una nuova stagione di splendore”

Questo mentre nel resto d’Europa si va nella direzione opposta. In Spagna, a Formentera, ad esempio, le concessioni vengono rinnovate ogni quattro anni, sempre con il sistema delle aste pubbliche e senza che nessuno si lamenti. In Francia è sacro il principio del demanio pubblico e le concessioni per gli stabilimenti balneari vengono concesse per un massimo del 20% della superficie del litorale mentre il Conservatoire du Litoral, ente sotto controllo pubblico, si occupa di riacquistare per lo stato i tratti di spiaggia di proprietà privata. In Italia, invece, a Forte dei Marmi, sui cinque chilometri di frontemare, non ce n’è uno di spiaggia pubblica, relegata ai confini del territorio comunale. E se provi a sederti davanti ad uno stabilimento immediatamente arriva il solerte bagnino e ti caccia via condannandoti ad un movimento perpetuo sulla battigia.

E’ questo il contesto in cui arriva oggi il nuovo provvedimento del Consiglio dei Ministri che prevede una drastica semplificazione nelle autorizzazioni per realizzare nuovi porti e la creazione di distretti turistico-alberghieri con zone “a burocrazia zero”, viatico per i nuovi giganteschi investimenti che, ad esempio, nella zona di Roma, dovrebbero coinvolgere il nuovo porto e il rifacimento del fronte mare di Ostia. Il tutto in nome di una liberalizzazione dalle pastoie della pubblica amministrazione tra cui, come sembra chiaro, ci sono anche le concessioni demaniali marittime. Esattamente come aveva promesso un anno fa il presidente di Assobalneari che chiudeva l’intervista dicendo: “non dovremo più andare a bandi, il bene diventa nostro, ritornando a ricalcare quello che era il primo progetto del ministro Tremonti, che insomma, qualcuno disse ‘si vendono le spiagge”. Se non era andata bene la prima volta perché non riprovarci?

di Emilio Casalini