giovedì 11 agosto 2011

La procura di Napoli: “Berlusconi ricattato da chi comprava senatori”. - di Marco Lillo


I pm: i segreti sulle mosse contro Prodi usati per far carriera nel Pdl. Indagati i vertici del partito in Campania, il coordinatore Nicola Cosentino e l'ex assessore Ernesto Sica.


Silvio Berlusconi è stato ricattato da Ernesto Sica, un politico della periferia campana con il quale aveva comprato i senatori della sinistra alla fine del 2007 per far cadere il Governo Prodi. È questa l’ipotesi sulla quale da ottobre del 2010 lavora in gran segreto la Procura di Napoli. Il Fatto Quotidiano è in grado di rivelare che il pubblico ministero Alessandro Milita ha appena notificato agli indagati la richiesta di proroga per le indagini che si annunciano lunghe e delicate. Ernesto Sica, 40 anni, ex assessore e sindaco Pdl di Pontecagnano, insieme a Nicola Cosentino, coordinatore del Pdl in Campania, sono indagati per concorso in estorsione e minacce a corpo dello Stato. Quest’ultimo reato, previsto dall’articolo 338 del codice penale è stato contestato di recente nell’ indagine della Procura di Trani contro Berlusconi per le pressioni sull’Agcom al fine di far chiudere Annozero. Berlusconi non è indagato ma nelle carte della Procura il suo ruolo è ambiguo.

Da un lato infatti i pm lo descrivono come una vittima del ricatto esercitato da Sica nei primi cinque mesi del 2009, conclusosi con la sua nomina ad assessore. Dall’altro il Cavaliere è descritto come un premier ricattabile da un sindaco di periferia perché due anni prima lo aveva scelto come complice nella compravendita dei senatori. Il premier ha molto da temere dall’inchiesta napoletana.

Una volta terminate le indagini sul “ricattatore” Sica in quel di Napoli, non si può escludere che le carte sul “ricattato” Berlusconi siano trasmesse a Roma per valutare la sussistenza di eventuali reati. Anche perché Berlusconi proprio per l’istigazione alla corruzione di altri senatori del centrosinistra è già stato indagato e prosciolto nel 2007-2008. Proprio per paura che Sica riaprisse quel capitolo chiuso con una denuncia sull’attività comune di “corruzione”, il premier fece nominare il sindaco di Pontecagnano, in provincia di Salerno, celebre per la festa della pizza, assessore all’avvocatura della Regione Campania. Sica, per arrivare fino alla poltrona di Governatore della Campania, cercava di fermare la corsa del rivale Stefano Caldoro veicolando notizie false su fantomatiche frequentazioni di transessuali. Ma mentre preparava il suo dossier per far fuori Caldoro, al telefono il 27 gennaio del 2010, insieme all’amico Arcangelo Martinoparlava di un piano B, che sarebbe entrato in azione “se questo dovesse mantenere quella posizione”. L’ “analisi B”, come la chiamava Martino, per l’accusa è proprio il ricatto a Berlusconi.

L’inchiesta è soprannominata scherzosamente dagli investigatori partenopei, per differenziarla da quella di Henry John Woodcock e Francesco Curcio, la “P3 bis”. Il nome discende dalla sua origine. L’indagine avviata da Milita (inizialmente insieme al collega Giuseppe Narducci, oggi assessore alla legalità di De Magistris) parte dalle carte dell’inchiesta romana sulla P3, appena conclusa dai pm Giancarlo Capaldo e Rodolfo Sabelli. Mentre a Roma però i pm contestano a Cosentino e Sica la diffamazione e la violenza privata per il dossier fasulli contro il rivale Caldoro, la Procura di Napoli ipotizza reati più gravi: l’estorsione, punita con la reclusione fino a dieci anni, e le minacce a corpo dello Stato, punite fino a sette anni. Se Roma vede il bicchiere mezzo vuoto (Sica non è riuscito a diventare presidente), Napoli lo vede mezzo pieno: la sua nomina ad assessore della giunta campana non è piovuta dal cielo, per il pm Milita, ma è stata ottenuta grazie al ricatto su Caldoro e Berlusconi. Ecco perché la compravendita dei senatori del 2007 non interessa Capaldo mentre è il presupposto logico dell’indagine per minacce a Napoli. Il reato, secondo la Procura di Napoli, si consuma il 19 maggio del 2009. Quel giorno l’azione intimidatoria e ricattatoria di Sica viene portata a termine anche grazie a Cosentino che si fa ambasciatore delle sue richieste.

Per l’accusa, “la nomina di Sica è stata imposta a Caldoro” ed è figlia dei colloqui di Sica stesso con Denis Verdini e Silvio Berlusconi. I vertici nazionali del partito erano terrorizzati, secondo l’accusa, dalla minaccia di Sica di rivelare i suoi trascorsi con Berlusconi e cercavano disperatamente di procurarsi una copia della denuncia che il sindaco di Pontecagnano voleva presentare. Sica fu imposto a Caldoro dal vertice del Pdl di Roma per “l’elevata capacità ricattatoria”. Ecco perché a Napoli è stato contestato a Cosentino e Sica il reato di minaccia al corpo amministrativo. Se a Trani la “vittima” era l’Agcom, qui è la Regione Campania. L’intimidazione di Sica di rivelare quello sapeva su Berlusconi e Caldoro ha prodotto per la Procura una coartazione della volontà prima dei vertici del Pdl e poi del presidente Caldoro che non fu libero di scegliere l’assessore e si ritrovò una serpe in seno fino al giorno delle dimissioni di Sica (dopo l’esplosione dello scandalo P3) il 16 luglio del 2010. L’inchiesta, affidata da Milita ai Carabinieri del Reparto operativo di Napoli, muove da un’intercettazione e da due verbali. L’intercettazione è del 23 gennaio del 2009. Quel giorno Sica incontra Verdini a Viareggio e gli chiede senza successo la candidatura a presidente della Campania. All’uscita chiama Martino infuriato: “Sappia il presidente che non mi fermo. Io racconterò da agosto 2007 fino ad oggi quello che è successo”.

Per spiegare il senso di quella frase è stato sentito due volte Arcangelo Martino. Nel primo verbale del 17 settembre, depositato nell’inchiesta P4, ha detto al pm: “ Sica affermava di essere creditore di Berlusconi, affermando di avergli “dato una mano” per la caduta del Governo Prodi avendo, a suo dire, agito per convincere tre Senatori della maggioranza nel passare con l’opposizione”. Il secondo verbale invece è ancora segreto.


Gli uomini d'oro del Vaticano il finanziere nella cappella Sistina. - di FERRUCCIO PINOTTI e UDO GÜMPEL


Gli uomini d'oro del Vaticano il finanziere nella cappella Sistina


Dopo Balducci, un altro Gentiluomo di sua Santità al centro di una rete di affari opachi: è Herbert Batliner, benefattore della Chiesa. Il club più esclusivo del mondo, quello dei gentiluomini di Sua Santità, nasconde molti misteri sui rapporti tra conti off-shore e Vaticano.


NELLE SEGRETE stanze della finanza vaticana più "oscura" non c'è solo il caso di Angelo Balducci, figura chiave del sistema Anemone e degli affari sporchi con la politica: se si scava più a fondo si scopre che il club più esclusivo del mondo, quello dei Gentiluomini di sua Santità, nasconde altre inquietanti verità, che portano a chiedersi come mai Ratzinger, a distanza ormai di cinque anni dall'inizio del suo pontificato, non abbia fatto pulizia negli oscuri meandri della finanza off-shore che prospera all'ombra dello Ior, dell'Apsa (Amministrazione Patrimonio Sede Apostolica), di Propaganda Fide e di molte società partecipate dal Vaticano. Raztinger, infatti, ha portato alla guida dello Ior un banchiere dell'Opus Dei, Ettore Gotti Tedeschi, inquisito (e poi prosciolto) per il caso Parmalat e molto legato a Gianmario Roveraro, centrale nella quotazione di Parmalat e ucciso poi da strani killer, e il Vaticano sta coprendo una serie di situazioni ancora più strane, che hanno radici lontane ma che presentano analogie col caso Balducci.

Per parlarne bisogna illuminare una figura molto legata con San Pietro, il "re" della finanza off-shore in Liechtenstein, Herbert Batliner, un anziano professionista, classe 1928, a sua a volta figlio d'arte. Batliner è il massimo esperto di fiduciarie off-shore, ma anche l'uomo nell'ombra della finanza vaticana. Per avere una fotografia nitida da cui partire per raccontare questa strana storia bisogna fissare una data, il 9 settembre 2006.

Una giornata importante, per papa Ratzinger e per Herbert Batliner, presidente di una fondazione con sede in Liechtenstein, la Peter Kaiser Gedächtnisstiftung, che ha come scopo statutario la difesa dei valori cristiani in Europa. Quel giorno lo "gnomo degli gnomi" avrebbe incontrato papa Ratzinger, a Ratisbona, in Baviera, per regalargli un prezioso organo a canne del valore di 730mila euro destinato proprio alla chiesa di Ratisbona.
Era una giornata di gloria che l'avvocato di Vaduz attendeva da tempo, dopo gli anni difficili e le intricate vicende che ne avevano infangato il nome. Per decenni Herbert Batliner, nominato gentiluomo di Sua Santità già da Giovanni Paolo II, aveva operato dietro le quinte, silenziosamente, per il bene dell'Europa cristiana.

Ma poi era stato qualificato da un rapporto del Servizio segreto tedesco Bnd e da Der Spiegel come il "re dei fiduciari", la "centrale del lavaggio di denaro sporco", "l'amico di evasori e gangster". Eppure Herbert Batliner - pochi lo sanno - era e resta un autentico uomo di fiducia del Vaticano da oltre 30 anni. E per questo, quel 9 settembre 2006, era venuto a Ratisbona, per donare quel prezioso organo a Benedetto XVI. Mentre Batliner compiva questa buona azione, tuttavia, qualcuno si stava interessando a lui. Era il Dipartimento 35 della Procura di Bochum, fiore all'occhiello dello stato tedesco nella lotta all'evasione fiscale. Lì, a Bochum, il nome di Batliner era scritto a caratteri cubitali su più di 400 fascicoli aperti a partire dal 2000, ovvero l'anno in cui un dipendente "infedele" del noto avvocato aveva consegnato al fisco tedesco un cd-rom pieno di dati segreti dello studio Batliner.

In quel momento si aprì un mondo fino a quel momento completamente sconosciuto, per gli 007 del fisco tedesco. Gli 007 arrivarono a definire il "sistema Batliner" come un meccanismo perfetto che per anni aveva sottratto al fisco tedesco almeno 250 milioni di euro di imponibile. Ed era certo una stima per difetto. Il ruolo di Batliner risultò subito centrale: creava di persona le società paravento, le Anstalt, le Stiftung; e poi le gestiva a nome di clienti di tutto il mondo che cercavano l'anonimato assoluto in Liechtenstein. Il 9 settembre 2006, chi osservò Batliner muoversi nella "Piccola Cappella" di Ratisbona potè notare in lui un certo nervosismo. Ogni tanto il notissimo professionista girava la testa, come per accertarsi se qualcuno lo aspettasse fuori, per capire se la polizia in divisa e gli agenti in borghese si trovavano lì per proteggere il Papa, e non per occuparsi di lui. Le sue paure non erano infondate. Era infatti un vero miracolo che Herbert Batliner potesse incontrare papa Ratzinger: in quel momento, pur risiedendo in Lichtenstein, era formalmente ricercato in Germania.

Com'era riuscito Batliner a ottenere di incontrare personalmente Papa Ratzinger? Dopo mesi di serrate trattative e grazie alla "moral suasion" degli ambienti vaticani, la Procura di Bochum aveva ceduto a forti pressioni, garantendo al gentiluomo del Papa un "salvacondotto" per quell'incontro e consentendogli un percorso dal confine austriaco-tedesco fino a Ratisbona e ritorno. La motivazione ufficiale, che poi si è rivelata risibile, era che Batliner era gravemente malato. Solo grazie a questo artificio fu evitato lo scandalo dell'arresto in chiesa di un gentiluomo del Papa: appena un anno dopo, nell'estate del 2007, Batliner ammetteva le sue colpe e scendeva a patti con lo Stato tedesco, accettando il pagamento di una sanzione di due milioni di euro.

Il salvacondotto concesso a Batliner per l'incontro con Benedetto XVI destò un vero scandalo in Germania. E ci fu chi ironizzò sulla vicenda accostandola alla storia del predicatore medioevale Tetzel che, durante il papato di Giulio II, vendeva lettere di indulgenza papale per la remissione dei peccati in cambio di denaro che serviva a finanziare la costruzione della basilica di San Pietro: una protesta che aveva segnato nel 1517 l'inizio della Riforma, guidata da Martin Lutero. La cattiva fama di Batliner superò in seguito i confini della Germania e del Liechtenstein. E nel 1999 il Presidente della repubblica austriaca Thomas Klestil rifiutò un assegno di beneficenza di 56 mila franchi perché proveniente proprio da Batliner. Tre anni dopo, la Suprema Corte del Liechtenstein confermò, in una sentenza, che Batliner già nel 1990 era il fiduciario dell'ecuadoriano Hugo Reyes Torres, indicato come boss della droga, nel frattempo condannato. Per conto del barone della droga, segnala The Independent, Batliner avrebbe riciclato 15 milioni di euro.

Il gentiluomo di sua santità, il "più noto e discusso fiduciario del Liechtenstein", come lo definisce il settimanale svizzero Weltwoche, sponsor dell'Hockey Club di Davos, forte di un patrimonio stimato in 200 milioni di euro, era diventato noto per la prima volta in Germania all'inizio degli anni Novanta nell'ambito dello scandalo delle casse nere della Democrazia Cristiana tedesca, la Cdu. Un ammanco di oltre 8 milioni di euro. "Appropriazione indebita personale", si giustificò il capo della Cdu dell'Assia Roland Koch, pesantemente coinvolto nella vicenda. Una vicenda che vide Batliner in un ruolo senz'altro centrale, ma di cui le reali implicazioni restano ancora nebulose dato che il Lichtenstein non collabora con le amministrazioni giudiziarie degli altri Paesi, tranne nei casi di omicidio o traffico di droga. Batliner era l'uomo giusto per queste operazioni. Chi cercava un rifugio sicuro per il proprio denaro si rivolgeva a lui, il decano dei fiduciari. Il commento che una volta l'avvocato rilasciò in merito alle pesanti accuse rivoltegli resta lapidario: "Non sono un padre confessore, che deve interrogare i suoi clienti per scoprire se questi rispettano o meno le leggi dei loro rispettivi Paesi d'origine".

L'incontro a Ratisbona fu per Herbert Batliner senz'altro uno dei momenti più alti della sua vita. Le cronache dell'incontro ci restituiscono l'atmosfera. L'organo comincia a suonare. L'organista intona un brano di Bach. Herbert Batliner è raggiante e sembra abbia esclamato: "Se gli angeli suonano per Dio, scelgono Bach. Se suonano per se stessi, scelgono Mozart". Ma quell'organo non era il primo che il benefattore del Liechtenstein avrebbe regalato alla Chiesa cattolica: il 14 dicembre 2002 il Cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato e Vice Decano del Collegio Cardinalizio, presiedeva il rito di benedizione del nuovo organo della Cappella Sistina, regalato anche in questo caso dallo stesso Batliner. Il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, monsignor Piero Marini, si rivolgeva direttamente al benefattore affermando solennemente: "Il nostro ringraziamento va al Prof. Dott. Herbert Batliner, Presidente della Fondazione Gedächnisstiftung Peter Kaiser e Gentiluomo di Sua Santità".

L'avvocato di Vaduz, questo è certo, godeva della massima fiducia dei Papi: già nel 1998 Giovanni Paolo II lo aveva nominato Gentiluomo di Sua Santità, il più alto rango che un laico può raggiungere in Vaticano. La prima onorificenza papale, la croce "Komturkreuz des Päpstlichen Silberordens mit Stern", gli però era stata conferita già nel lontano 1970. Nel 1993 seguì il "segno d'oro" della diocesi di Innsbruck, per meriti speciali. Alla nomina di Gentiluomo di Sua Santità si aggiungeva, nel 2001, anche la Gran Croce dell'Ordine Papale di San Gregorio: Herbert Batliner era ed è uno dei laici più decorati in Vaticano.

Dal 1994, inoltre, Batliner è Presidente del Consiglio della Fondazione della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. È curioso ciò che scriveva l'1 gennaio 1994 papa Giovanni Paolo II nel documento di nomina: "I membri dell'Accademia sono scelti dal Pontefice in base alla loro competenza e alla loro integrità morale". A questo punto s'impongono alcune domande: in base a quale competenza "morale" è stato scelto il re dei fiduciari vaticani nel Lichtenstein? Dal 1990 era noto il coinvolgimento di Batliner nello scandalo delle casse nere dei democristiani tedeschi; dal 2000 in poi il suo nome era associato al più grande scandalo di evasione fiscale in Germania. È difficile decifrare i motivi di un comportamento "ad alto rischio di vergogna" come il rapporto strettissimo e inspiegabile del Vaticano con Herbert Batliner, di vago sapore nibelunghiano.

Tra l'altro, i suoi guai legali sono proseguiti anche in seguito. Nel gennaio 2009 il tribunale del Liechtenstein si è dovuto occupare del vecchio "tesoro" dei democristiani tedeschi dell'Assia nella fondazione Alma Mater, gestita da Batliner. Oltre ai sei milioni di marchi spariti dai conti, restano ancora aperte alcune domande degli inquirenti: quanti soldi neri giacevano ancora sui conti dell'Alma Mater e chi esattamente aveva versato i soldi? Ufficialmente, come intestataria della società, figurava una vedova di nome Christa Buwert. Ma nel processo davanti alla Corte del Lichtenstein si sono scoperti fatti sorprendenti: per esempio che Batliner, fiduciario della fondazione, nel 1998 avrebbe effettuato un versamento di 10 milioni di franchi svizzeri da questi fondi ai propri conti personali. Un anno dopo quel versamento Batliner riceveva dalla vedova (nel frattempo ammalatasi di demenza senile) 1,2 milioni di franchi per comperare un quadro. La Corte del Liechtenstein, su istanza dell'avvocato d'ufficio della vedova, ha però costretto Batliner a restituire quei soldi. Batliner si è lamentato di questa sentenza, perché il "quadro aveva un alto valore emozionale, fatto di ricordi".

Batliner è l'uomo chiave anche in una strana, piccola banca italiana: la Banca Rasini, l'istituto di credito che finanziò gli inizi di Silvio Berlusconi e che era diretto dal padre Luigi. Batliner era infatti l'uomo che gestiva e rappresentava tre misteriose società che erano azioniste forti della Rasini: si tratta della Wootz Anstalt di Eschen, della Brittener Anstalt di Mauren e della Manlands Financiere S. A. di Schaan, tutte situate del Liechtenstein. Batliner ne era rappresentante legale insieme a un altro "gnomo" della finanza vaticana, Alex Wiederkehr. Wiederkehr è anch'egli membro dell'inner circle della finanza vaticana e fa parte di una nota famiglia di gnomi svizzeri. Insieme a Wiederkehr, Batliner era una figura chiave nella Banca Rasini, coinvolta nel blitz di San Valentino del 14 febbraio 1983 che portò all'arresto di molti mafiosi di stanza a Milano; una banca indicata dallo stesso Sindona come la banca della mafia a Milano. La riprova che Batliner fosse l'uomo della finanza vaticana nella Rasini viene anche dal fatto che altri importanti azionisti della Rasini, gli Azzaretto, erano fiduciari della finanza vaticana sin dai tempi di Papa Pacelli, come recentemente ammesso da Dario Azzaretto in una intervista a chi scrive.

Un "dettaglio" altrettanto interessante e inquietante è che Batliner, gentiluomo del Papa e longa manus del Vaticano nella Banca Rasini, è anche coinvolto nella vicenda del tesoro nascosto della Fiat. Batliner è infatti il fondatore della Prokuration Anstalt, che a sua volta controlla il First Advisory Group, il quale ha materialmente costituito il Trust Alkyone, la principale cassaforte offshore destinata a raccogliere il patrimonio estero dell'avvocato Agnelli. E nel consiglio di amministrazione di Alkyone compaiono la moglie dell'avvocato Batliner, Angelica Moosleithner, Ivan Ackermann e Norbert Maxer della Prokuration Anstalt. Nel 2001 venivano inoltre nominati, accanto ai consiglieri di amministrazione, i protettori del Trust: Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e, naturalmente, Gianni Agnelli.

Oggi Herbert Batliner si divide tra la sua clientela "top" e i campi da hockey di Davos. Nonostante sia stato accusato di essere l'uomo del riciclaggio dei fondi neri della politica ed abbia riconosciuto di essere uno dei maggiori esperti di evasione fiscale, Ratzinger non fa nulla per rimuoverlo. Dopo l'esplosione del caso Balducci-Anemone, il Vaticano ha dichiarato formalmente che i gentiluomini di sua santità sono "professionisti di indubbia moralità e qualora si dimostri il contrario le dimissioni dall'incarico sono doverose". Eppure, se si entra nella fornitissima libreria del Vaticano situata accanto a piazza San Pietro e si acquista il gigantesco Annuario Pontificio, si scopre, a pagina 1822, che Herbert Batliner è sempre lì, nel cuore dell'organigramma del potere vaticano, come presidente del Consiglio della Fondazione per la Promozione delle Scienze Sociali. I vecchi amici non si abbandonano mai.


AVVERTIRE TREMONTI CHE LA MERKEL STA PER ANNUNCIARE UN ACCORDO STORICO CON QUELLO SVIZZERO.


DAGOREPORT


Avvertire Tremonti che, mentre lui incontra il Senatur e il Trota a Gemonio, il governo tedesco sta per annunciare un accordo storico con quello svizzero: dopo mesi di trattative durissime, le banche elvetiche si apprestano a versare a Berlino la bellezza di due miliardi di franchi svizzeri (1,8 miliardi di euro) in cambio di un accordo che chiude ogni possibilità che i tedeschi, come gli statunitensi, denuncino le banche svizzere per aver aiutato i propri cittadini ad evadere il fisco germanico.

BANCHE SVIZZERE UBSBANCHE SVIZZERE UBS

Inoltre si procederà d'ora in avanti ad una ritenuta da parte delle banche elvetiche del 26% sugli interessi dei conti svizzeri detenuti da cittadini tedeschi. In cambio Berna potrà mantenere il segreto bancario. Stesso accordo sta per firmarlo il governo di Londra. Roma non ha neppure cominciato a trattare. Sono più comodi i condoni periodici?




http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/avvertire-tremonti-che-la-merkel-sta-per-annunciare-un-accordo-storico-con-quello-svizzero-28653.htme


Default Italia 92 Giorni al Fallimento: La Presa in Giro delle Liberalizzazioni. - di Lameduck


Ho appena fatto un ordine di libri e DVD su Amazon.it, alla faccia dell’onorevole Riccardo Levi (PD). Ho approfittato dei prezzi irresistibili, della comodità di scegliere da casa e ricevere direttamente in ufficio, senza spese di spedizione e non me ne pento affatto. Anzi, lo rifarei e lo rifarò senz’altro prima del 1° settembre, giorno in cui entrerà in vigore una delle leggi più polpottiste di questo paese finto democratico che ha sempre il vizio di infilare a tradimento un dito nel culo dei suoi cittadini.

Una legge tipica da legislatore che soffre d’insonnia e non sa più cosa inventarsi a notte fonda per vessare i suoi concittadini; che va contro ogni principio di libertà di scelta e contro i fondamentali del mercato, visto che pretende di stabilire per decreto quale sconto massimo posso ottenere sui miei acquisti e dove devo farli, gli stessi. Una roba che non sarebbe venuta in mente nemmeno al più grigio dei burocrati del Cremlino brezneviano e che piace comunque agli berluscostalinisti perché difende i piccoli librai, le piccole rivendite, le piccole cartolerie, quelle che sono destinate a scomparire non per cattiveria ma per raggiunto capolinea storico. Anche i negozi di fotografo stanno scomparendo. Che facciamo, una legge sul rullino obbligatorio e il rogo delle fotocamere digitali sulla pubblica piazza?

Io non ho nulla contro le librerie della mia città. Peccato che la risposta frequente sia: “Non l’abbiamo, se vuole l’ordiniamo.” L’ultima volta che mi sono lasciata convincere ho atteso invano due mesi per poi sentirmi dire: “Mi dispiace, non è più disponibile”. Il libro l’ho poi trovato la sera stessa su Amazon, ad un prezzo inferiore a quello di listino, ovviamente, e in tre giorni l’ho ricevuto a casa.
Questa legge è un inutile esercizio di protezionismo corporativo perché ci saranno per molto tempo ancora persone che, non avendo dimestichezza con il computer, continueranno ad andare ad acquistare libri in libreria, ma intanto questi legulei ad minchiam cercano di frenare il progresso e si prendono paura delle vendite online e di Amazon che fa gli sconti per acchiappare clienti. Una cosa vecchia come la crocefissione.

Di fronte alle leggi che hanno limitato la libertà di riproduzione (procreazione assistita), che vorrebbero vietare la prostituzione low cost senza pensare a quella dei pompini da 300 euro nelle stanze del potere, alle leggi contro la libertà di scelta sul fine vita ed il sondino coatto, al divieto per le persone omosessuali di veder riconosciuti i propri diritti civili di convivenza, di fronte insomma a queste pesantissime ingerenze nella libertà personale di noi italiani, perpetrate dal vecchio coso gonfio fallito e dal suo governaccio, cosa volete che sia una legge meschina anti-e-commerce in difesa delle specie commerciali in via di estinzione. Quisquilie e pinzallacchere. Invece io mi indigno ugualmente, soprattutto perché chi ha firmato questa legge è lo stesso che vorrebbe porre dei limiti e dei paletti alla libera espressione di coloro che scrivono sul webcon l’ennesima legge bavaglio e perché non è un berlusconide rettiliano conclamato ma uno del PD, teoricamente uno di sinistra.

Odio quando sento dire: “sono tutti uguali”. Però ultimamente il qualunquismo ce lo stanno proprio tirando fuori con le pinze.

http://www.mentecritica.net/default-italia-92-giorni-al-fallimento-la-presa-in-giro-delle-liberalizzazioni/informazione/democrazia-e-diritti/lameduck/20840/

Default Italia 92 Giorni al Fallimento: Feroci o Coglioni? - di Comandante Nebbia


Come ho scritto diverse volte su queste pagine, non sono uomo di progetto. Un teorico ed idealista come me non è adatto a formulare proposte concrete al di fuori dei propri ambiti di competenza (che sono diversi, alcuni dei quali non auspicabili in queste contingenze). Al massimo posso raccontare qualche sogno, più spesso qualche incubo.
E’ per questo che mi sono astenuto dal formulare proposte concrete sulla soluzione del problema default. C’è gente più preparata e volenterosa di me in giro. Non parlo solo dei soliti soloni strapagati per scrivere quello che decide il governo, confindustria o i sindacati, ma anche di “semplici” tecnici (si legga ad esempioquesto interessante articolo) o uomini di buona volontà che hanno generosamente provato a dare il loro contributo anche su queste modestissime pagine (vedi, ad esempio, qui, qui e anche qui).

Comunque, non voglio astenermi dal prendere una posizione. Quella che esporrò non può definirsi una proposta. Più propriamente rientra in un quadro onirico. Sogno o incubo, lo lascio decidere a chi leggerà.

Per passi:

  1. Secondo me a questo governo andrebbero imposte dimissioni a furor di popolo. E quando dico furor di popolo non uso una metafora, ché le metafore non mi sono mai piaciute, ma intendo scioperi senza preavviso, occupazioni pacifiche di strutture pubbliche, blocco di linee ferroviarie e autostrade, presidio fisico e rumoroso ad ogni manifestazione che veda l’intervento di rappresentanti del governo, appostamenti nei pressi di alberghi (anche senza monetine), contestazioni rumorose (particolarmente di notte) nei pressi di residenze, lanci di uova crude ed ortaggi morbidi (da evitarsi le patate) ai cortei di auto blu. Chi è ricorso tante volte alla “volontà popolare” per giustificare decine di azioni deprecabili, merita di essere disarcionato per via plebiscitaria più che politica.
  2. Il presidente della repubblica, anche per giustificare un ruolo che appare tristemente più simile a quello di un prelato che di un capo di stato, dovrebbe incaricare immediatamente una persona di altissimo profilo internazionale (Mario Monti?) con due soli compiti: adottare le misure più urgenti per arginare la crisi e riscrivere una legge elettorale che restituisca ai cittadini il diritto di esprimere preferenze. Tempo massimo tre mesi e poi sciogliere le camere. Io propendo per un’uninominale secca, ma sono di bocca buona. Le preferenze. Le preferenze, sono essenziali. Sulle misure non mi dilungo. Non sono un economista e la mia esperienza mi dice che oltre i redditi fissi, le pensioni, l’abolizione dell’articolo 18 e una patrimoniale “popolare” (nel senso che colpisce i poveretti) non si può andare. Magari mi sbaglio, nel caso sono contento.
  3. Se il governo non si forma o non persegue i due soli obiettivi che gli sono affidati, si torna al punto 1, ma stavolta con i forconi e con i cappi ché tanto non abbiamo più nulla da perdere.
  4. Contemporaneamente alle elezioni politiche, affiderei ai cittadini la scelta di cento nomi di persone incensurate che non abbiano mai ricoperto nessuna carica politica o posizione in ente pubblico, che non siano mai stati iscritti ad un partito e che, esplicitamente, rinunceranno in via definitiva ad assumere qualsiasi carica pubblica successivamente all’elezione. Questi 100 probi viri, una volta eletti, avrebbero il compito di formare una commissione d’inchiesta con l’incarico di individuare eventuali responsabilità penali della classe politica partitocratica che ha governato l’Italia negli ultimi vent’anni. La commissione avrebbe il potere di dare notizia di reato alla magistratura e dovrebbe poter disporre delle forze di polizia, dei servizi segreti e libero accesso ai loro archivi e a quelli di stato, compresi i documenti secretati. Non ho pretesa di giustizia, parola troppo sacra per un laico come me, mi accontenterei di banalissima vendetta di cui, invecchiando, sento più bisogno delle pillole per la pressione o del viagra.
  5. Chi, fra gli attuali leader o peones, decidesse di riparare all’estero dovrà essere consapevole che, in via cautelativa, la Repubblica provvederà a sequestrare tutti i beni di sua proprietà o ricollegabili a società partecipate e a congelare quelli dei congiunti fino al secondo grado sino all’emissione di giudizio definitivo.
  6. Il governo, mentre la giustizia inizia a fare finalmente il suo corso, dovrebbe lavorare su diversi fronti:
    • La drastica riduzione della spesa pubblica e l’implementazione di un sistema che la renda trasparente ai cittadini. Un cittadino di una regione X deve sapere con pochi click quanto spende la sua ASL per le siringhe monouso e confrontarlo, on line, con il costo sostenuto dalla regione Y.
    • La riforma della legislazione penale sull’evasione fiscale prevedendo pene severissime ed inflessibili su quello che è uno dei reati più vili e dannosi per la comunità.
    • La pubblicazione on line dei redditi di tutti i cittadini censiti dall’agenzia delle entrate.
    • La creazione della figura professionale di delatore fiscale. Tutti i cittadini dovrebbero avere il diritto ad iscriversi alle liste dell’agenzia dell’entrate per svolgere l’attività ed ad una percentuale sull’importo recuperato. Alla seconda delazione non corretta, ci sarebbe la cancellazione permanente dalla lista.
    • Una riforma del mercato del lavoro che aumenti la flessibilità, ma che fornisca garanzie previdenziali e retributive ai lavoratori a tempo determinato in modo da rigirare sul prestatore d’opera un’aliquota apprezzabile del risparmio fiscale ottenuto dal datore di lavoro con l’adozione di un contratto flessibile.
    • Una riforma della giustizia che elimini un livello di giudizio o che, perlomeno, preveda la cassazione solo in casi particolarmente gravi e alleggerisca il carico della giustizia civile potenziando lo strumento dell’arbitrato e del giudice di pace aggirando tutte le pastoie imposte dall’ordine degli avvocati.
    • Un inserimento esplicito in costituzione dell’inalienabilità del diritto ad esprimere preferenze in fase di voto politico o amministrativo.
    • L’abolizione immediata di tutti gli ordini professionali e albi. L’avocazione a funzionari pubblici di tutte le competenze attualmente in carico al notariato.
    • La liberalizzazione totale della professione di tassista (questa merita una voce a parte perché è francamente una lobby indecente)
    • Ritiro dei contingenti schierati all’estero. Imposizione della legge marziale in Campania, Sicilia, Puglia e Calabria. Dispiego di truppe, aviazione e mezzi corazzati per il presidio e il rastrellamento delle zone di riferimento per la criminalità organizzata. Istituzione di governatori militari per le suddette regioni con il compito di segnalare ai tribunali militari le malversazioni rilevate nella cosa pubblica ed applicazione delle relative sanzioni comminate.
    • Altro che ora non voglio aggiungere perché mi sono già dilungato troppo.

Questo, ovviamente, è solo l’inizio del sogno che continua con i cittadini pronti a ripartire di nuovo dal punto 1 appena si accorgono che l’andazzo sta ridiventando lo stesso.
Che sia un sogno è chiaro, non tanto per i forconi perché tutti, prima o poi, sono capaci di fare una rivoluzione, quanto per la capacità di rimarne vigili sui propri diritti e feroci con i disonesti.
La ferocia, di cui ho ricevuto una razione francamente superiore alla necessità, è un elemento della personalità umana ingiustamente sottovalutato. Anni di comprensione nei confronti di chi ha approfittato della benevolenza di una società eccessivamente mansueta hanno indebolito la tempra nazionale trasformando l’Italia in un paese di flaccidi mollaccioni politicamente corretti che prendono il caffè con il mignolo alzato e si occupano solo dei cagnolini abbandonati in autostrada. La severità e l’inflessibilità sono un’assunzione di responsabilità. Il perdono e la tolleranza nei confronti dei rei sono una delega del problema alla collettività, cioè a nessuno.
Io non mi aspetto comprensione da nessuno e non delego. Mi auguro che sempre più persone cerchino di raggiungere questo stato di feroce disperazione. Se non vi va, rimante pure a guardare quello che succede. Magari ci rivedremo nel vostro salotto, quando cercherete di mettermi paura abbassando il ditino con cui reggete la tazza.

http://www.mentecritica.net/default-italia-92-giorni-al-fallimento-feroci-o-coglioni/cuore-di-tenebra/comandante-nebbia/20850/

Per Renzo Bossi lezioni Cepu a domicilio.


Renzo Bossi (Fotogramma)

Ed è tutto gratis: le spese sono sostenute dal patron dell'istituto, Francesco Polidori.

MILANO - Eletto al consiglio regionale della Lombardia, sempre al fianco del padre Umberto nei raduni ufficiali della Lega, persino impegnato a recuperare le sue origini siciliane (per parte di madre) con un viaggio a Favara: insomma, sempre più lanciato. Eppure con i libri di scuola Renzo Bossi, soprannominato dal padre stesso «il Trota», ha ancora parecchie difficoltà. Superato finalmente, dopo vari tentativi, lo scoglio dell’esame di maturità (nel 2008 aveva tentato inutilmente per due volte, facendo ricorso al Tar, al liceo scientifico del Collegio arcivescovile Bentivoglio di Tradate), ora l'aspirante «delfino» del Carroccio si scontra con gli esami della facoltà di Economia. E ha bisogno di aiuto, al punto tale che il patron del Cepu ha organizzato per lui una formula ad hoc, con i tutor che gli fanno lezione a domicilio. Inoltre, per l'illustre allievo, è tutto gratis.

TRATTAMENTO DI FAVORE - Secondo quanto rivelato da Vanity Fair nell'articolo «Il Cepu ha pescato la Trota», visti i pressanti impegni politici del giovane Bossi (classe 1988), non è lui ad andare in classe a seguire le lezioni, ma sono gli insegnanti di sostegno del Cepu che si recano direttamente a casa sua. L'istituto organizza corsi per ogni esigenza e prezzo, ma per nessun altro sono contemplate lezioni a domicilio. Inoltre, tutte le spese sarebbero sostenute da Francesco Polidori, che già paga per i corsi delle tre «olgettine» Iris Berardi, Aris Espinosa e Ioana Visan. Questa attenzione per rampolli e rampolle vicini al centrodestra, nota Vanity Fair, stupisce chi conosce Polidori da anni: all’inizio della sua carriera imprenditoriale, infatti, aveva legami strettissimi con Antonio Di Pietro, che nel 1995 partecipò attivamente alla fondazione del Cepu prestando la sua immagine per le prime campagne pubblicitarie e tenendo seminari di Tecnica processuale nelle sue sedi.

http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/11_agosto_10/renzo-bossi-cepu-tutor-domicilio-trota-olgettine-vanity-fair-1901274331509.shtml


TEN … NINE … EIGHT … SEVEN …- di Claudia Petrazzuolo



Da qualche giorno parlare contro il governo Berlusconi ( il terzo, il quarto? non ricordo bene e non fa nessuna differenza perché tanto di sicuro è l’ultimo ) è oramai come sparare sulla croce rossa, è da Maramaldo, è come uccidere un uomo morto!. Se la situazione italiana non avesse, guardata in ogni suo aspetto, l’andamento di una tragedia, ci sarebbe da sbellicarsi dalle risate. E’ solo di qualche giorno fa l’inveterata sceneggiata al parlamento; è di poco dopo l’affermazione di quel “corto mentale”, tal piccola bruna, che sogghignando come solo i maligni sanno fare, con la quale si assicurava che il governo avrebbe sistemato tutto in due tre settimane; è dell’altro ieri la resa senza condizioni che una mummia di politicante eroso più dai suoi vizi che dall’età avanzata, rendeva nelle mani di entità fin qui troppo tolleranti e silenziose; è di queste ore una perdita massiccia della borsa di Milano che in questi momenti perde il 6% portando in una corsa verso il baratro l’economia italiana diritto all’inferno. In queste ore, i DISFATTISTI ( così definiti) come tutti quelli che da anni invocano una corsa a ripari sicuri e tranquilli, le CASSANDRE (così definite) che da anni scrivono sui loro giornali come realmente stanno le cose, i REALISTI che da sempre vivono sulla loro pelle una tragedia crescente, devono spingere, facendo fronte comune, il nostro PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ad intervenire senza più attendere oltre. NON C’E’ PIU’ TEMPO!.
Noi popolo lo sappiamo da tempo immemore oramai, lo sanno tutti: quelli di sinistra come quelli di destra, compreso quelli che una volta stanno di qua ed una volta stanno di là. Berlusconi non c’entra più niente, o meglio lui ha ampiamente dimostrato che oltre ai casi suoi non è in grado di occuparsi di altro, anche quelli, tra cui tanta povera gente purtroppo, che fin qui hanno tollerato sperando che all’occorrenza L’ARCORIANO AVREBBE FATTO anche per loro si sono convinti mettendosi le mani in tasca e constatando quanto vi resta, che L’UOMO NON C’E’ PIU’ ammesso che ci sia mai stato. Deve alzarsi un solo grido che deve andare dalle Alpi a Lampedusa: “ BASTA! “ E’ ora che qualcuno cominci a fare sul serio e lo faccia in poche ore perché altrimenti DIVENTA NECESSARIO CHE TUTTI NOI, ZONA PER ZONA, CI SI COORDINI per chiedere nelle sedi opportune, COMUNI, PREFETTURE, PROVINCE ( che servano a qualche cosa finalmente) e REGIONI di trasmettere a chi di competenza IL DISAGIO DI UN POPOLO CHE NON SI RICONOSCE PIU’ IN QUESTO STATO e che non è disposto più a OBBEDIR TACENDO!.

Claudia Petrazzuolo



Analisi di alcuni psicologi dei tumulti di Londra. - di Viviana Vivarelli.


Chiamare questa rivolta ‘inter-razziale’ non ha senso. Solo in certi quartieri la metà dei vandali sembrano essere immigrati. Dai 600 arrestati e dalle foto, appare che sono ragazzini dai 10 ai 14 anni, mossi dall’avidità. In genere il comportamento umano è guidato dalla propria identità e dai propri valori, che ci dicono di non fare certe cose o di non prendere certe cose senza pagarle. Ma in certe situazioni di gruppo queste regole saltano. La morale è inversamente proporzionale al numero delle persone. La maggior parte di questi ragazzi non era mai stata in una rivolta prima d’ora. Guardano quello che fanno gli altri e sono trascinati ad imitarli. Quando la rivolta è scoppiata a Londra, le forze di polizia erano in netta minoranza a causa dei tagli di Camerun e si sono limitati a guardare il vandalismo senza intervenire. Questo ha dato la spinta a fare peggio. Solo dopo tre notti la Polizia ha aumentato le sue forze richiamandole da tutto il paese ma ormai le cose erano degenerate. I vandali si sono serviti della forza dei numeri. In genere si imita ciò che ha successo. Se vedi qualcuno portare via un televisore da un negozio e nessuno lo ferma, ti chiedi: “Perché no? I ricchi hanno queste cose, perché non posso averle io?” Il loro comportamento è stato simile a quello degli hooligan. E’ lo stesso teppismo dello stadio in cui il singolo segue il peggio del gruppo. Per 30 anni l’Inghilterra ha visto un vandalismo simile che partiva dagli stadi. Nel 1980, quando giocava il Manchester United, fu saccheggiata una gioielleria. Nessuno se lo era proposto come scopo iniziale, molti seguirono il gruppo per provare una emozione, il saccheggio fu un bonus in più. In questi giorni è successo qualcosa di simile, i capi hanno attaccato dei negozi, gli altri li hanno seguiti. Per i cittadini normali dar fuoco a un bus o assaltare un negozio è impensabile. Molti di questi ragazzi probabilmente non lo avevano mai fatto prima. Ma nell’eccitazione della folla e sentendosi impunibili hanno cercato il bottino, oggetti di lussi, cellulari, computer portatili, tv a schermo ultrapiatto, vestiti… Si sono ripetute le scene del 1980. Ma questa possiamo chiamarla “una rivolta della società dei consumi”. Le cause no sono riducibili al solo teppismo. Sullo sfondo c’è il disagio crescente di una generazione che si sente emarginata, che ha davanti solo la disoccupazione, che non ha le stesse opportunità di altri, che ha scuole peggiori, famiglie disarticolare, una disparità di reddito che non colmerà mai. La maggior parte di questi ragazzi è povera ed essi sanno che partecipando al saccheggio non avranno niente da perdere. Non hanno una carriera a cui pensare. Non hanno proprietà, non emarginati, delusi, privi di speranza. Essi non sono ‘noi’. Vivono ai margini del mondo, sono incazzati e in grado di fare cose terribili.

Viviana Vivarelli


Berlusconi imprenditore di successo? Una favola. - di Peter Gomez.




Proprio come aveva preannunciato il 5 agosto, con uno scatto quasi d’ira in Parlamento, anche ieri Silvio Berlusconi è rimasto “in trincea”. Col corpo, certo, il premier è lì, nel suo buen retiro di villa La Certosa, tra palme, laghi artificiali e vulcani finti. Ma con lo spirito resta in prima linea e tiene in testa un poco politico, e molto imprenditoriale, elmetto.

Mentre quello che suo padre chiamava “l’orologio rotto della Borsa” riprendeva in chiusura un po’ di fiato, i titoli Mediaset e Mondadori hanno continuato a segnare rosso fisso (rispettivamente meno 47,14 % in un anno e meno 25,92 in sei mesi). E nemmeno il leggero recupero di Mediolanum (+1,92%) è bastato per ridare al Cavaliere il buon umore. Pure a guardare il grafico del gruppo gestito dal socio Ennio Doris vengono, del resto, le vertigini: qui l’asticella dal febbraio a oggi è scesa del 38,61%. Il tutto in una Piazza Affari che in un anno ha perso solo (si fa per dire) il 25 per cento.

Eh sì, il Cavaliere ha un bel ripetere che le “Borse hanno una vita scostata da quella economica”. Può benissimo tentare di usare Palazzo Chigi per invitare i cittadini a comprare azioni del suo gruppo (“io se avessi risparmi importanti da parte, investirei prepotentemente nelle mie aziende” ha detto in conferenza stampa pochi giorni fa). E può persino (non senza qualche ragione) ricordare che la crisi è internazionale e generalizzata. Resta però un fatto. Anzi ne restano due. Il primo: negli ultimi dieci anni (otto dei quali con Berlusconi al governo) il Pil italiano è cresciuto in media dello 0,25% ogni 12 mesi: un dato migliore solo a quello di Haiti e Zimbabwe. Il secondo: la storia italiana del Berlusconi imprenditore di successo, che proprio per questo avrebbe saputo cosa fare con la nostra economia, è appunto una storia. Anzi una favola.

E non perché il politico più ricco del mondo una volta andato al potere sia diventato improvvisamente un incapace. Ma perché il Cavaliere ha applicato al sistema Italia le stesse tecniche che utilizzava nella gestione delle sue aziende. Scorciatoie, trucchi, poco o nessun rispetto delle regole. Sistemi buoni per fare cassa, per salvarsi per il rotto della cuffia, ma non certo per modernizzare e rendere competitivo un paese.

Così, se un tempo i suoi manager per evitare problemi con le tasse versavano mazzette alla Guardia di Finanza (lo ha fatto l’attuale senatore Pdl, Salvatore Sciascia), Berlusconi per tre volte, tra il 2001 e il 2009, tira su qualche miliardo, facendo approvare lo scudo fiscale. La tangente (legalizzata)è del 5 per cento e mette l’evasore al riparo al riparo da ogni conseguenza. Per chi non ha conti all’estero il premier, inventa invece due condoni tombali (2003 e 2009) e una legge che depenalizza di fatto il falso in bilancio (2001).

Anche in campo economico a Palazzo Chigi si va avanti allo stesso modo, prendendo a modello ciò che si era fatto con la vecchia e gloriosa Fininvest tra il 1992-93. Si scommette per anni sulla ripresa internazionale (che quando poi è arrivata non si è peraltro stati in grado di agganciare), ma si evita di procedere con le ristrutturazioni. Per rendersene conto basta leggere alcuni documenti: i verbali delle riunioni dei manager del Biscione allora redatti dall’ex segretario di Berlusconi e attuale senatore Guido Possa. A quel tempo i debiti totali del gruppo ammontavano 4.550 miliardi di lire, contro i 3.300 comunicati ai giornali. I manager temevano il default e suggerivano dismissioni e profondi cambiamenti. Niente da fare. Il colpo di genio di Berlusconi è una furbata: aspettare, spingere la Rai a smetterla con la concorrenza e risparmiare così “300-350 miliardi di lire l’anno”. Come? Il Cavaliere, scrive Possa, ordina di trovare dei nomi di manager da inserire in Rai con un’operazione di lobby con i quali sia possibile “raggiungere un buon accordo”. Poi decide di entrare in politica. Vince il piatto e in Rai si mette a comandare. Una mossa da gambler spregiudicato. Utile di certo per salvare un’azienda. Perfettamente inutile oggi per tentare di far progredire un Paese.