domenica 21 agosto 2011

300 euro e passa la paura. 82 Giorni all’Apocalisse: I Moderni Untori. Solitudine preventiva


300 euro e passa la paura.

Visto che parlare di crisi economica deprime e fa diventare sempre più apocalittici e sempre meno integrati, facciamo come nel Decameron: mentre attorno a noi c’è la pestilenza e i cadaveri si accumulano, dedichiamoci ad un argomento sempre interessante, il sesso. Eros come antidoto a Thanatos. Funziona da millenni.

Mi stavo giusto rileggendo i post (1 -2- 3) che, due anni, fa avevo dedicato alla diatriba sul sesso ludico accesa in rete da alcuni articoli di Paolo Barnard, primo fra tutti l’ormai mitico “Sono andato a puttane”. La visione di Barnard, la riassumo in un flash per comodità, invitandovi ugualmente ad approfondire sul link, auspicava un approccio più disinibito delle donne nei confronti del sesso, da viversi appunto come un gioco e non necessariamente come qualcosa di sentimentale. Tutto questo a costo zero, senza scambi di denaro come contropartita, perché secondo lui era proprio il denaro ad aver rovinato i rapporti uomo-donna. La famigerata mercificazione del sesso. Un inno, quello di Barnard, al sesso gratis, al libero scambio di secrezioni secondo il principio del baratto. Io do’ una cosa a te e tu dai una cosa a me. Come i mercatini argentini dei tempi della crisi del 2001 dove le signore cuocevano le torte e le scambiavano con benzina o detersivi.

Secondo i dettami del sesso gratis e a volontà come sui prati di Woodstock – altri tempi ormai morti e sepolti, però – la voglia di scopare per gioco e di per sé, senza impegno e amici come prima avvantaggerebbe perfino i cosiddetti Uomini Beta, quelli che di solito le donne scartano perché troppo impegnate a correre dietro agli odiati (dai Beta) Uomini Alfa, quelli ai quali basta uno schioccar di dita ed ai quali daresti non solo la topina ma anche un rene e tre litri di sangue subito. Resta da stabilire se il principio varrebbe anche al contrario, ovverosia se il vantaggio scatterebbe anche per le donne Beta rispetto alle Alfa. Barnard questo non ce l’ha ancora spiegato.

Certo, sarebbe bello il libero amore senza complicazioni e contropartite ma il mercato applicato alle pulsioni non è così facile da scardinare in un mondo dominato interamente dallo scambio in denaro. L’idea del sesso ludico no-cost è terribilmente utopistica se non la proiettiamo in un mondo futuro senza denaro e nemmeno il sentore di qualcosa come il mercato. Un’Arcadia, insomma. Senza contare che nei rapporti intimi c’è sempre il brivido dell’imprevisto sentimentale.

Immaginiamo di volere solo del sesso e nessuna complicazione sentimentale per i nostri buoni motivi.

Se ci dedichiamo al dai e vai in forma gratuita, la componente sentimentale è fuori controllo e c’è sempre il rischio collaterale costante di affezionarsi, innamorarsi, perdere del tutto la testa, prendersi un due di picche o subire un abbandono perché tu vorresti continuare ma lei o lui non ne vogliono più sapere, per non parlare della caduta nella routine e nella noia.

Se invece c’è di mezzo il denaro, la contropartita, l’incentivo nel rapporto sessuale, allora questo serve proprio ad annullare l’effetto collaterale. Sapendo a priori che quella persona viene con te perché la paghi, sai già che molto probabilmente sta fingendo, che dopo se ne andrà per la sua strada, che non ti ci devi attaccare. Però quello che chiedi lo dà e quindi anche il due di picche è scongiurato.

Per di più, la mercificazione sarà brutta e cattiva ma il sesso a pagamento permette di scopare a tanta gente che altrimenti potrebbe dedicarsi solo al faidate.

Il denaro fa scopare i vecchi, i brutti, i matti, i malati, perfino i deformi. In una società repressa e repressiva, dove sembra che ci sia un Valentino per ogni Valentina e che ci si incontri come nei film con una facilità spaventosa, la realtà è spietata. Una volta che tutti i Valentini sono accoppiati con tanti bei marmocchi attorno, che fai, ti metti a sfasciare famiglie? Senza contare che trovare un partner, cambiarlo, sperimentare semplicemente, richiede un enorme dispendio di tempo. Se si vuole solo fare un po’ di ginnastica, o ti infili in Badoo dove puoi pescare di tutto e arrivi proprio a grattare il barile, senza contare la componente di rischio oggettivo, oppure ti rivolgi ai professionisti.

E allora, rileggendo l’articolo di Barnard e i miei di risposta e infilando il tutto nel frullatore mentale dove da parecchio tempo si stanno accumulando alcune mie personalissime riflessioni, sono pronta a chiamare Tom Dickson, premere il pulsante, a pronunciare la parola magica: “Will it blend?” e lanciare la provocazione.

Siamo sicuri che un rapporto sessuale regolato dal denaro sia sempre e soltanto squallido e degradante? Perché, visto che la mercificazione vive e lotta con noi, non rivolgere il sistema a nostro vantaggio? Perché, non potendo evitare di essere violentati dal mercato, non sdraiarci e provare a trarne godimento?

Ed ecco il punto e mi rivolgo alle ragazze in ascolto. Non farebbe bene anche a noi andare a puttani e non trovarci niente di male?

Gli uomini se hanno voglia hanno un’offerta enorme a disposizione e i prezzi sono più che abbordabili, se non si pretende la supermodel con 50 euro da spendere. Poi magari cercano tutte le scuse: l’accudimento, la porta aperta, la donna all’ennesima potenza quando invece vogliono solo sesso ma questo fa parte dell’ipocrisia religiosa.

Noi donne invece, avendo le medesime esigenze degli uomini, siamo ancora discriminate. O meglio, la prostituzione maschile esiste ed è fiorente, ma è elitaria e costosa, oppure troppo esotica. Pare che i più gettonati tra gli escort made in Italy – ma ci sono pure gli albanesi da 30 euro per strada – non si slaccino nemmeno la patta per meno di 300 euro per una mezz’oretta e arrivino fino a 3000 euro per un weekend e che la facciano cadere un po’ dall’alto, del tipo: “La signora dev’essere comunque gradevole”.

Forse se aumentasse la domanda – ecco, maledetta legge di mercato che sei sempre tra i piedi, siamo di nuovo a parlare di economia e a deprimerci – scenderebbero anche i prezzi.

Chissà se è già previsto il “soddisfatte o rimborsate”?


82 Giorni all’Apocalisse: I Moderni Untori


- Gli uomini negano l’evidenza quando ciò che vedono non gli piace, o non lo capiscono.– dice Galbusera posando il bicchiere.- Naturalmente è un errore. Il guaio è che ci si affezionano. Specialmente se non hanno altro a cui attaccarsi-

Di tutta la compagnia delle bocce siamo rimasti in quattro, a chiacchierare sotto i tigli, al Circolo degli Anziani. Il resto è al mare o ai monti, alla faccia della crisi.

- Per esempio? – lo stuzzico, tanto per rompere i coglioni

- All’epoca della peste il popolo pensava che fosse una congiura degli untori, persone grame che volevano il male della povera gente. Il popolo preferisce attribuire i propri mali a una perversità umana contro cui possa fare le sue vendette, piuttosto che a una causa fuori dalla sua portata. Mentre Don Ferrante, che aveva studiato, era pressoché certo si trattasse di un influsso astrale. Se qualcuno gli avesse detto che era opera dello Yersinia Pestis, con l’aiuto dei ratti e delle pulci, lo avrebbero guardato male: non dica fesserie! lo avrebbero zittito. Il popolo anzi avrebbe sospettato che stesse sminuendo la cosa per salvare gli untori, dunque che stesse dalla loro parte, degli untori; Don Ferrante che lo facesse per ostentare d’essere più colto di lui. In ogni caso non gli avrebbero creduto.

- E quali sarebbero i moderni untori? – gli chiedo, per sentire se mi dirà ciò che sospetto.

- I trader. Tutto ciò che ha a che fare con la finanza. Si tende a scaricare sulla finanza tutto quel che sta capitando.

- Hai simpatie per i trader?

- No, penso che siano le pulci. Ma dubito fortemente che siano lo Yersinia Pestis.

- E quale sarebbe la causa prima dello sconquasso?

- Il mondo sta cambiando, Cindy si avvia a diventare la prima potenza economica del pianeta, una rivoluzione. Nel senso classico, di un pieno che prende il posto di un vuoto. La rivoluzione non è un pranzo di gala. Può piacerci o no, ma non cambia nulla.

- E la supremazia tecnologica dell’occidente?

- Ristretta alle applicazioni militari, non si sa fino a quando, poco utile al business in tempo di pace. Con le attuali regole vince chi produce beni di consumo di buona qualità al prezzo più basso. Si parla molto di deficit e di debito pubblico, ma si dimentica la Bilancia Commerciale, che è un parametro fondamentale per misurare lo stato di salute delle Economie Nazionali. È evidente che se io continuo a farti credito dopo un po’ tu sarai ai pieno di debiti fino alle orecchie e dovrai rivolgerti agli strozzini. Ma tutti capiscono che non sono gli strozzini la causa prima dei tuoi guai, se mai l’effetto finale.

- Qualcuno alla fine potrebbe essere tentato di rovesciare il tavolo.

- Potrebbe, ma dovrà pensarci bene. Questa volta non sarà l’Iraq, o l’Afghanistan, che pure non sono stati una passeggiata di salute. Sarà l’ultima ratio, ove il creditore non conceda scampo al debitore. Ma sono quasi certo che la Cina non si muoverà, almeno fino a quando non sarà ben certa delle sue forze. Dice Sun Tzu, ne l’Arte della Guerra: bisogna sapere quando è il momento di combattere e quando non lo è. I cinesi sono noti per la loro pazienza.

- E noi come ci collochiamo in questo quadro?

- Dalla parte dei debitori, tanto per non smentirci. Ma senza alcuna supremazia tecnologica.

- Cioè in una botte di ferro.

- Sì, coi chiodi dalla parte di dentro.


Solitudine preventiva


Come ho smesso di amare la bomba e iniziato a preoccuparmi.

C’era un freddo -c’è ancora adesso- hai presente come quando qualcuno entra in un posto e tu sei dentro già da un po’, ecco, senti che se lo porta dietro, questa cosa impalpabile. Perché mi ritrovo molte volte a cercare delle persone, ed è curioso il fatto che mi porta, nel momento in cui più vorrei parlare a qualcuno, a ritrovarmi ancora più solo, accompagnato da un insistente inesistente, i famosi Piccoli Fastidii Quotidiani, lo scendere a buttare i rifiuti e farci andar dietro le chiavi di casa, come ad accompagnare la balistica del gesto, il percorso. Li tenevo nella stessa mano (il verde melograno/ dai bei, etc.). Ci sono un mucchio di cose che danno fastidio, e questo è un dato. Forse proprio un mucchio no, ma dipende se le sparpagli in giro o le raccogli, quelli sono fatti che dipendono da come ti vuoi organizzare i fastidi. Alcuni lo fanno in macchina, per dire.

Rarissimo il freddo in quel posto; ne parlavano tutti come un evento strano ed eccezionale: in quel periodo dell’anno, oltretutto. A me invece dava solo fastidio. Una sera è stata tutto un rincorrersi, tutto di corsa, correre con una borsa pesante e perdere coincidenze, che avevi dormito fuori “Ho solo un minuto, devo fare presto”, però lo hai detto con un bel sorriso come se mi dicessi cosa vuoi farci, è così. La voce un po’ roca, bella. Neanche il tempo di dimenticarmi cosa avrei voluto dire, nemmeno quello.

Credevo almeno di aver la compagnia dei pini marittimi, che di sicuro male non mi fa. Avevi un neo simpatico, sulla nuca; l’ho visto la prima volta che ci siam conosciuti, dopo esserti tolta la sciarpa. Ci siam salutati fuori dal teatro Pereira, e sapevo di sicuro che non mi avresti chiamato e io non avrei potuto più parlare con te; dopo trecento metri di notte poi ho pensato: come uno si porta il freddo dentro, si porta anche il caldo.


https://www.facebook.com/notes/mario-scarpanti/da-wwwmentecriticanet/10150295864205909


Napolitano conquista il popolo di Cl (video) Nel nome della Costituzione. E dell’addio a B.


Il presidente lancia l'affondo al governo: "E' stato colpevole di aver negato fino alla fine la situazione della crisi. Solo perché la maggioranza voleva difendere il proprio operato."


Striglia il governo, in quella che fino a ieri era la casa del governo, Giorgio Napolitano (“qualcuno ha negato la gravità della situazione”), e traccia l’immagine di un Paese in ginocchio, “angosciato dal presente e in ansia per quello che accadrà il giorno dopo, anche e soprattutto perché la maggioranza era dominata dalla preoccupazione di sostenere la validità del proprio operato, anche attraverso semplificazioni propagandistiche e comparazioni consolatorie su scala europea”.

Inizia così la lunga giornata del capo dello Stato al Meeting di Comunione e liberazione, feudo del berlusconismo che fu, oggi lasciata alla sola rappresentanza di Anna Maria Bernini, l’ultima delle lady folgorate sulla via di Arcore e seduta in prima fila più per il fatto che gioca in casa (è emiliana di Modena) che non per quello che rappresenta. Tutt’altro. La star della giornata è solo ed esclusivamente Napolitano che guarda in faccia la realtà, l’affronta con schiettezza e bacchetta governo e opposizione per non aver fatto altrettanto. “La sussidiarietà – per il Capo dello Stato – è il motore decisivo per il cambiamento del nostro Paese”. E giù applausi, fino a far somigliare il padiglione B7 più a un palasport che non a un’ala della Fiera e di un Meeting sempre troppo serioso per essere vero.

E il segnale è molto semplice: anche Cl, lasciati alle spalle gli anni del berlusconismo, cerca una ricollocazione che parta dalle fondamenta, dalla Costituzione. L’unica strada che i Formigoni-boys ritengono, almeno in questo momento, praticabile.

Ma Napolitano – che rispetto alla visita ufficiale della mattina a Rimini si è tolto la cravatta, tanto per andarci giù senza troppa formalità – non si limita alla crisi economica, che sicuramente occupa gran parte del suo intervento. Lo sguardo va alla settimana prossima, quando, archiviate le preoccupazioni e ormai varata la manovra, sarà la volta della riforma del fisco: “Basta con assuefazioni e debolezze nella lotta all’evasione fiscale, di cui l’Italia ha ancora il triste primato, nonostante apprezzabili ma troppo graduali e parziali risultati. Anche al di là della manovra economica oggi in discussione e guardando alla riforma fiscale”, in quanto si tratta di “un impegno categorico”. “Perché l’evasione fiscale è una stortura dal punto di vista economico, legale e morale, che è divenuta intollerabile ed è da colpire, senza esitare a ricorrere ad alcuno dei mezzi di accertamento e di intervento possibili”.

Economia, fisco. E un riferimento alla giustizia, soprattutto relativo al problema delle carceri: ”Si sta prospettando, in una luce più positiva, il tema della riforma e del concreto funzionamento della giustizia, in funzione solo dell’interesse nazionale. Al tempo stesso, però, alla visione del diritto e della giustizia, sancita in Costituzione, ripugna la condizione attuale delle carceri e dei detenuti”. E giù di nuovo applausi, come se il vecchio garante della Costituzione fosse una rockstar. Tutti in piedi quando è entrato, stessa scena quando è uscito. Un signore senza capelli, molto sabaudo nell’aspetto e rigido nel pensiero, che in questo momento, anche il popolo che fu berlusconiano vede come un’ancora di salvezza.

La vita al Meeting torna quieta dopo che il presidente riprende la via di casa. Il carrozzone è dipinto da stand e gadget. Ovunque. E pensare che fino a pochi giorni fa era un cantiere enorme, tenuto in piedi da tanti volontari, perlopiù universitari. Oggi nel suo giorno di apertura il meeting di CL si rivelava agli occhi degli intervenuti come una perfetta macchina in cui tutto deve funzionare al meglio.

Il nemico del 2011 per Cl si chiama “ideologia relativista che vuole negare agli uomini il diritto alla certezza”. È quanto sostiene Emilia Guarnieri, presidente della fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli. Al meeting, nonostante le parole del Presidente della Repubblica che parla di “difficoltà serie”, si respira ottimismo. Alcuni dei giovani di Cl sono renitenti ad affrontare il discorso sulla politica: o non rispondono, dimostrandosi disinteressati, quasi impauriti, o dimostrano cautela, perché ad avanzare critiche al governo bisogna andare cauti, se ti dicono di pensare sempre positivo e se i maestri ti hanno cresciuto raccontandoti che il Pdl incarna i valori cattolici della famiglia, condivisi da CL.

Qualcuno però se n’è accorto che il governo, nella legislatura in corso, qualche contraddizione l’ha dimostrata e il matrimonio con Silvio Berlusconi sembra per molti essersi ormai consumato. “Una mossa intelligente per Berlusconi sarebbe passare il testimone ora, la sua immagine gli impedisce di agire bene in politica”. A dirlo è Pietro, ventenne di Cremona, studente di scienze politiche del gruppo “Clu” (CL universitari), che si riconosce maggiormente in Roberto Formigoni(l’unico che alla Fiera di Rimini ha l’ufficio in questi giorni, tanto per far capire chi comanda) eMaurizio Lupi. Il primo in particolare è il politico attualmente più amato dai giovani di Cl che lo vedrebbero volentieri alla guida del Pdl dopo il Cavaliere. “La Lombardia –continua Pietro- è una delle regioni al vertice in Europa e Formigoni ha dimostrato di sapere cosa fare nella sanità e nel sociale, mettendo a disposizione dei più bisognosi i buoni famiglia”. José, 21 anni, di origini peruviane studia economia e commercio alla Cattolica di Milano: “È difficile fidarsi del governo che c’è ora -ammette- un nuovo leader darebbe respiro al centrodestra. La vicenda giudiziaria di Berlusconi sicuramente lascia a desiderare”. E anche per Josè allora il faro a cui guardare è Formigoni, per il quale lui ha fatto campagna elettorale. E non è il solo: alcuni volontari di CL, ognuno con una maglietta di colore diverso, a seconda del ruolo ricoperto all’interno del meeting, distribuiscono un braccialetto e una cartolina col colori dell’Italia sulla quale si legge “Costruisci l’Italia che sogni. Se hai un’idea per migliorare il tuo Paese, inviala. Formigoni.it la pubblicherà.

Le migliori saranno utilizzate per scrivere un possibile programma per il governo dell’Italia”. Eccola la sussidiarietà ciellina: tutti possono essere utili nella costruzione di un’alternativa, ma la fiducia all’attuale governo per alcuni è critica.

Sara, ventitreenne di Milano, si è da poco laureata alla triennale di scienze politiche e vorrebbe fare la giornalista. Di moralismo non vuole sentire parlare e neanche del Ruby gate. Lei, cattolicca praticante, con un pragmatismo degno di nota la pensa così: “Sì, Berlusconi va a puttane, non lo stimo come uomo, ma per le famiglie ha fatto molto”.

Insomma è ormai giunta l’ora di un ricambio politico anche per i fedelissimi del Cavaliere, ma molti sono scettici sull’effettiva possibilità di suo passo indietro. Vorrebbero Formigoni ma non ci credono più di tanto e allora c’è chi si ‘accontenterebbe’ anche di Angelino Alfano.

di Emiliano Liuzzi e Enrico Bandini

Portofino, l’enclave dei ricchi dove il silenzio è sacro. - di Lorenzo Galeazzi


I facoltosi dipartisti ormeggiati nel porticciolo ligure negano la proprietà delle proprie imbarcazioni e danno risposte evasive alle domande dei cronisti. Come se si vergognassero della loro ricchezza.

“È sua questa barca?”. “Magari, sono solo un ospite”. “Il proprietario è a bordo?”. “No, non c’è”. “È in paese? Forse possiamo chiamarlo”. “No, non è qui. Ora, se non le dispiace, la saluto”. Daigrandi charter da 50 metri e oltre, fino alle barche più piccole, la regola d’oro di Portofino è il silenzio. L’ex villaggio di pescatori è uno di quei posti che non conosce crisi. E la sua piccola marina, 18 posti barca al massimo, è l’ambita meta di facoltosi vacanzieri e vip da tutto il mondo.

Verso sera, al rientro dei mega-yacht, sono tutti sul molo ad ammirare l’attracco dei giganti extra-lusso del mare. Battono rigorosamente bandiera di qualche paradiso fiscale: dalle Isole Duglasalle Cayman. Guardare sì, ma con discrezione perché a Portofino la privacy dei ricchi ospiti è sacra. Nemmeno la Marina è in possesso della lista passeggeri. “Meglio – dice Giancarlo Linari, direttore della società pubblico-privata che gestisce il porto – altrimenti avremmo la banchina invasa dai paparazzi”.



Infatti avvicinarsi a queste imbarcazioni è praticamente impossibile. Non appena si muove un passo nella loro direzione, si viene placcati da qualche zelante membro dell’equipaggio che in inglese o in russo consiglia di cambiare aria. Non va meglio con i diportisti italiani. Sebbene non ci sia nessun energumeno in short e scarpe da barca a bloccare la strada, il grado di discrezione è direttamente proporzionale alla lunghezza dello scafo. “Cosa fa, registra?”, chiede minacciosa una signora appollaiata sul pontile a gustarsi delle bollicine indicando la piccola telecamera digitale. Quando poi apprende che il cronista è del Fatto Quotidiano scappa sottocoperta urlando che neanche in vacanza si può avere un po’ di pace. Dopo pochi minuti appare il marito che chiede se si tratti proprio di quel giornale. Una volta rassicurato, controlla che la telecamera sia spenta e, senza lasciare neanche il tempo di fare una domanda, dice: “Guardi pago più del 40 per cento di tasse, la barca è mia, batte bandiera italiana e non è intestata a nessuna società di comodo. Ora se ne vada e ci lasci stare”.

La situazione migliora un paio di postazioni più in là. “Sono un imprenditore e voto Lega”, si presenta il proprietario del Kapriccio, una delle imbarcazioni più modeste, undici metri o poco più. Dice che la barca, 500mila euro, è intestata a lui: “Un capriccio, appunto”. Secondo il diportista, anche il mondo della nautica turistica è stato pesantemente bastonato dalla crisi. “Vede? – dice indicando gli yacht commerciali – sono sempre di più, mentre fino a qualche anno fa a Portofino c’erano molte più imbarcazioni delle dimensioni della mia. È colpa del carburante che costa troppo”. La pensa così anche il direttore della Marina. “La crisi ha colpito principalmente le barche inferiori ai 18 metri – spiega Linari – ma anche i grossi charter. Prima erano americani, ora sono russi e indiani. La settimana scorsa è sbarcato anche uno yacht cinese di 65 metri”.

Ma c’è crisi e crisi. Per ogni diportista che fatica a fare il pieno al proprio “capriccio”, decine di famiglie italiane non riescono ad arrivare a fine mese. E i costi della manovra del governo saranno principalmente sulle loro spalle. “Bisogna cancellare tutte le province e dimezzare il numero degli onorevoli”, è la ricetta di un signore ormeggiato poco distante dal Kapriccio. Bene anche l’idea di un nuovo scudo fiscale perché “è sempre bello quando rientrano i capitali dall’estero”. Ma non parlategli della proposta di ritassare i capitali scudati: “Ingiustamente punitiva verso chi si è fidato”. Anche il suo gioiellino batte bandiera italiana, “siamo gente onesta che paga le tasse e soprattutto paga a caro prezzo il gasolio”, dice.

Il punto però non è l’onestà, ma un’autorizzazione che alla perla della Liguria ancora manca: quella di erogare il carburante sif, che alle barche che battono bandiera extracomunitaria costa il 50 per cento in meno. “A parte i grossi yacht per cui Portofino è meta obbligata – spiega Antonio Vantaggiato, comandante della Capitaneria di porto – qui non si vedono tante barche private registrate in paradisi fiscali perché non possono fare gasolio”. Stanno alla rada in attesa che il porto ligure ottenga quel permesso. “Forse dall’anno prossimo”, dice Vantaggiato. E allora se ne vedranno delle belle, ma sarà ancora più difficile avvicinare i riservati e ricchi diportisti.


LE TASSE E LA CHIESA ovvero di cosa stiamo parlando? di Claudia Petrazzuolo.




… I Patti Lateranensi constavano di tre distinti documenti: il Trattato che riconosceva l'indipendenza e la sovranità della Santa Sede e fondava lo Stato della Città del Vaticano; con diversi allegati, fra cui, importante, la Convenzione Finanziaria; e il Concordato che definiva le relazioni civili e religiose in Italia tra la Chiesa ed il Governo (prima d'allora, cioè dalla nascita del Regno d'Italia, sintetizzate nel motto: «libera Chiesa in libero Stato»). La "Convenzione Finanziaria" regolava le questioni sorte dopo le spoliazioni degli enti ecclesiastici a causa delle leggi eversive. È stata poi prevista l'esenzione, al nuovo Stato denominato «Città del Vaticano», dalle tasse e dai dazi sulle merci importate ed il risarcimento di «1 miliardo e 750 milioni di lire e di ulteriori titoli di Stato consolidate al 5 per cento al portatore, per un valore nominale di un miliardo di lire»[1] per i danni finanziari subiti dallo Stato pontificio in seguito alla fine del potere temporale. … (Wikipedia)
… La Chiesa cattolica italiana non ha mai pagato l’ICI (Imposta Comunale sugli Immobili) sui beni immobiliari che utilizzava per fini non commerciali, come previsto già dal decreto legislativo che introdusse la tassa nel 1992 e con un risparmio per la Chiesa che venne stimato dall’associazione dei comuni italiani in diverse centinaia di milioni di euro l’anno. Quanto agli immobili utilizzati per attività commerciali, la questione è stata oggetto di diversi pronunciamenti giuridici e di modifiche legislative nel corso degli anni: a partire dal 2005, la legge ha previsto l’esenzione tout court per tutti gli immobili. Questa decisione, presa dal governo Berlusconi a pochi mesi dallo scioglimento delle camere e all’inizio della campagna elettorale, fece molto discutere. Nel 2007 il governo Prodi limò la normativa, prevedendo che l’esenzione dell’ICI si potesse applicare solo agli immobili dalle finalità “non esclusivamente commerciali”. Quell’avverbio – “esclusivamente” – ha permesso alla Chiesa di usufruire dell’esenzione anche per strutture turistiche, alberghi, ospedali, centri vacanze, negozi: è sufficiente la presenza di una cappella all’interno della struttura. Il risparmio annuo per la Chiesa – e la perdita netta, per il fisco italiano – si avvicina ai due miliardi di euro. La legge in questione è da tempo oggetto di indagini da parte dell’Unione Europea … . (ilpost/)
Star qui a rifare la storia dei patti lateranensi sarebbe troppo lungo e noioso il succo di quanto sopra riportato, ma sarebbe interessante per ognuno che ciascuno leggesse da sé, sta nel fatto che la Chiesa ha avuto da quel grand’uomo del re d’Italia un risarcimento in denaro contante e titoli di stato per l’espropriazione dei suoi possedimenti temporali; ha avuto da un altro grand’uomo (sic) tal MUSSOLINI (1929) una garanzia di esenzione fiscale; ne ha avuto la conferma da quell’altro grand’uomo di CRAXI (1984) e, dulcis in fundo, dall’unto del Signore BERLUSCONI nel 2005 è venuta l’esenzione completa dall’ICI di tutti gli immobili della chiesa. Altra grossa furbata l’hanno fatta i padri costituenti che pur non dando valore di norma costituzionale ai Patti lateranensi, poi Concordato, ne hanno stabilito una valenza maggiore rispetto a quella relativi ai singoli trattati internazionale, ragione per cui solo in funzione di un accordo bilaterale essi possono essere modificati a meno di non cambiare la costituzione stessa a tal proposito vedersi gli artt. (7-8-20) della Costituzione.
RISULTATO? A MENO CHE IL PAPA, magari sollecitato dallo stesso Gesù, NON DECIDA DI FARE UN’ELEMOSINA ANCHE ALLO STATO ITALIANO NON C’E’ NULLA DA FARE: LA CHIESA HA TUTTI I DIRITTI DI NON CACCIARE NEMMENO UN CENTESIMO DI EURO PER AIUTARE QUASTO DISGRAZIATISSIMO POPOLO. Meditate gente … meditate .


Madrid: "abemus papam"



Tenetevelum!


Le pecore travestite da Agnelli. By ilsimplicissimus



Anna Lombroso per il Simplicissimus

Sul litorale romagnolo è offerta a 100 euro ma a Napoli si trova a un prezzo politico di 3 euro e 50. La nuova icona che sostituisce il Che sulla maglietta è lui, camicia aperta, sguardo disincantato, chioma argentea al vento, Gianni Agnelli. Per rincuorarmi stamattina mi sono detta che forse è il recupero di un capitalismo meno perverso e più “educato” un capitalismo temperato da Mozart e mediato dalle buone maniere, sprezzante certo, ma almeno elegante, rispetto allo sgangherato, becero e smanioso arricchimento villano dei tycoon contemporanei.
Il capitalismo, si diceva una volta anche un po’ ammirati, è come Proteo, imprendibile, sfuggente, cangiante. È rimasto imprendibile e sfuggente, anzi sempre di più via via che è diventato più astratto e immateriale, ma la divinità ha rivelato una sua natura orrendamente bestiale, un istinto a un’avidità profittatrice, animalesca e sanguinaria. Ce ne sarebbero di sue icone da piazzare su una T shirt ci verrebbe in aiuto Goya o qualche altro visionario dalla vena incubotica. Ma l’anomalia italiana ce ne ha proposta invece una particolarmente realistica, sgradevole e turpe, quella del suo cane da guardia con il cerone e il parrucchino. Si, potrebbe essere consolatorio tornare a immagini esteticamente più accettabili e più garbate. Magari, perché se proprio dobbiamo essere disprezzati preferiamo lo facciano padroni più aristocratici, belli e impossibili, collocati a distanze siderali e diversi da noi, come pensiamo debbano essere i ricchi. E non da qualcuno come noi e addirittura peggio di noi, che ha trasformato i suoi vizi privati nelle pubbliche virtù della spregiudicatezza, della competizione animale, della sopraffazione, dell’accumulazione ostentata e tracotante come insulto e irrisione di valori morali, di cultura e pensiero.
E probabilmente così acquisirebbe maggiore dignità anche l’invidia. È più “civile” invidiare qualcuno che si considera superiore. Ma anche l’invidia non è più quella di un tempo, quando guardava in su, mentre adesso sembra che si sia invidiosi anche all’inverso, di sta sotto ma ci minaccia con le sue pretese, o chi è sul nostro stesso livello e potrebbe eroderci meschini privilegi e valicare con la sua i confini della nostra mediocrità. Tanto da non essere più valido il motto di Boccaccio: Solo la miseria è senza invidia.
Certo l’Avvocato è stato invidiato e ammirato e imitato. Chi nella sua vita non ha incontrato un cretino che pensava di assomigliarli mettendo l’orologio sul polsino della camicia? Forse anche il premier ha in cuor suo ha creduto di mutuarne il carisma collezionando case in molto posti remoti e donne in molti letti prossimi, conquistandole coi regalucci e incarichi di governo in mancanza di appeal.
Mentre aspiro alla maglietta proposta da il Simplicissimus non acquisterò la T shirt con il volto di Agnelli. All’invidia e all’ammirazione subalterna, lo confesso, preferisco l’acaico odio di classe, che hanno fatto tornare di moda. Si, ripongo speranza nelle potenzialità positive dell’uomo e mi dolgo che viviamo in un tempo nel quale quelle negative largamente governate da una classe dirigente che mostra solo in questo una potente volontà realizzatrice, ci stanno conducendo alla rovina. Ma senza molta vergogna voglio esprimere il mio rifiuto antagonista e adirato contro i ricchi. Soprattutto quando in questa veste di “abbienti” si assumono responsabilità pubbliche per perpetuare la loro condizione di privilegio personale,. Che tanto saranno si guidati da vanità, protagonismo, smania di potere, ma tanto a muovere i loro gesti è il denaro, il suo culto, la sete e la volontà di accumulazione. E’ il denaro che venerano gli uomini della banche, della finanza, i funzionari del capitale , i manager, gli industriali, i detentori di super azioni e super derivati, e insieme le menti e gli esecutori criminali, le loro ragazze allegre, i loro portavoce, i loro cantori, i loro preti e i loro scienziati.
E lo odio il denaro e quelli al suo servizio perché sempre di più nel tempo ha rovesciato i valori, ancorchè manichei: al disprezzo per i ricchi, sfruttatori del bene comune a fini personali, si è sostituita l’ammirazione per non dire l’idolatria. E al posto della solidarietà per i poveri si è affermato lo spregio irridente.
Se il risultato è il male al posto del bene e l’arco di trionfo al posto della cruna, allora voglio la candeggina per fare giustizia anche del nostro immaginario ritratto su una maglietta che non ci possiamo più permettere.