lunedì 22 agosto 2011

Il senso della Brambilla per la giustizia. Avvocatura dello Stato contro Il Fatto. - di Fabio Amato


Il ministro del Turismo chiede un milione e mezzo di euro di danni per un articolo sulla provenienza di alcuni suoi collaboratori dalla "Tv delle libertà". Vista la natura istituzionale "del danno" a difendere Michela la rossa sarà l'Avvocatura generale dello Stato.


Fedele al nomignolo di “cane da polpaccio” affibbiatole da Berlusconi in persona – “una che quando ti agguanta non ti molla finché non ha ottenuto ciò che voleva da te” – il ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla si è avventato su questo giornale e ora chiede un milione di euro di risarcimento. La colpa? Avere leso il prestigio della Struttura per il rilancio dell’immagine dell’Italia, istituita presso il ministero del Turismo.

Se si somma il mezzo milione preteso a titolo personale dalla Brambilla con una prima citazione, il totale sale a un milione e mezzo. Senza contare che, vista la natura istituzionale del “danno”, per l’occasione la rossa di Calolziocorte si farà scudo dei servigi dell’Avvocatura generale dello Stato.

Oggetto delle rimostranze ministeriali è un articolo del 13 novembre scorso in cui – sotto il titolo di “Brambilla sistema” – si facevano i nomi di tutti i compagni di militanza politica/televisiva che hanno trovato lavoro nel dicastero della Brambilla. Vale la pena di riassumere brevemente:Giorgio Medail, Adele Cavalleri, Valentina Zofrea, Loredana Maritato, Roberta Bottino e Nadia Baldi vengono dalla fu “Tv della libertà”. Nicola Fortugno e Diletta Grella sono referenti deiPromotori della Libertà. Luca Moschini era vice di Brambilla in Confcommercio-giovani e responsabile regionale degli stessi Promotori. Tutti, alla data di pubblicazione lavoravano per il ministero a vario titolo. Dati veri, verificati e documentati.

E infatti l’Avvocatura dello Stato non contesta i fatti. Se la prende piuttosto con le singole parole dell’articolo, “capzioso” e “tutto orientato a gettare discredito in modo del tutto generico e gratuito sulla valenza e sulla concreta utilità e operatività della Struttura”. Nelle 37 pagine dell’atto si denunciano quindi l’uso di frasi come “imbarcati al Turismo”, “approdati al ministero” riferito ai collaboratori della Brambilla, come evidenza di una azione in malafede del cronista. Si contesta l’uso del termine “posto pubblico” come sottinteso di “posto fisso”. Si bolla come insinuante l’uso tra virgolette della parola “esperto”, riferito ai consulenti del ministro, perché le predette virgolette sminuirebbero il significato stesso del termine.

Si fa cioè continua interpretazione delle intenzioni degli autori, “chiarissime” agli occhi degli estensori del documento. Si accusa poi di non avere (deliberatamente) elencato per intero le attività della Struttura quando la stessa pagina sul sito del governo ne elenca (deliberatamente?) quattro in tutto.

Si spendono invece molte parole per difendere ogni singolo personaggio chiamato in causa nell’articolo. Come il giornalista Arturo Diaconale, di cui si racconta nel dettaglio la storia professionale. Peccato che il suo nome non compaia mai (e nemmeno sia sottinteso) nell’articolo. Al contrario, e questo era motivo di interesse principale, non si dà peso al fatto che la squadra di collaboratori scelta dal ministro venga in massima parte dalla Televisione della Libertà, fondata da Brambilla, rilevata da Forza Italia e immediatamente chiusa perché affogata da 14,5 milioni di debiti. Un’esperienza che per qualsiasi azienda è sinonimo di fallimento. Ma ciò che vale per il privato non vale necessariamente per il ministro Brambilla, che porta tutti con sé al ministero. Allo stesso modo non si dà rilevanza al fatto che i due referenti dei Promotori della libertà lavorino contemporaneamente al rilancio dell’immagine del Paese. E che almeno uno dei due, Nicola Fortugno, mentre compariva in rete come contatto per le iniziative movimentiste della stessa Brambilla, fosse sotto contratto sia con il ministero che con una sua controllata: Promuovitalia Spa. Anzi, quando se ne dà conto è solo per suggerire che l’articolo insinui abusi di potere compiuti dal ministro.

Qui la Brambilla sbaglia decisamente polpaccio, ma evita di farlo sapere. Se c’è qualcuno a cui fare appello, infatti, questo è la Corte dei Conti, che dopo la pubblicazione dell’articolo decise di aprire un’istruttoria per verificare se i contratti fossero una copertura di attività di partito.

Si dà al contrario molto peso a un errore (peraltro già rettificato) nel testo: un viaggio a Shanghaidel ministro insieme ai collaboratori Moschini e Colombo che non è mai avvenuto. Si dimentica di dire tuttavia che l’errore deriva dalla lettura delle cronache dell’Ente del turismo (Enit) che sul suo sito faceva ampio e dettagliato resoconto del viaggio e persino della platea che aveva accolto Brambilla e accompagnatori. Non risulta a oggi che il ministro abbia querelato l’Enit per l’errore, e nemmeno che abbia consigliato di cancellare la pagina, ancora oggi disponibile in Rete.




Aielli, dedicata una piazza allo zio fascista di Gianni Letta. - di Giancarlo Castelli



Alla fine, senza pompa magna e senza la presenza del prestigioso nipote Gianni, Aielli ha dedicato una delle sue piazze centrali a Guido Letta, prefetto in orbace e decorato dell’Aquila nazista. Le polemiche, seguite all’annuncio della cerimonia fissata per il 17 luglio scorso e poi rinviata, hanno sortito soltanto un effetto-sordina per cui il 20 agosto, alla presenza del sindaco di Aielli, Benedetto Di Censo, lista civica di centrodestra, del presidente della Provincia de L’Aquila, Antonio Del Corvo e del senatore Filippo Piccone (Pdl) hanno partecipato soltanto alcuni dipendenti comunali, richiamati in fretta e furia dal primo cittadino per fare numero.

Niente rinvio a settembre, insomma, come annunciato dal sindaco (ufficialmente per motivi legati a impegni del sottosegretario Letta). L’occasione presa al volo è stata la festa per l’Immacolata Concezione, cominciata a cavallo del weekend, all’interno della quale le autorità hanno compiuto un vero e proprio blitz dedicando piazza e busto al prefetto fascista al posto del vecchio nome dipiazza Risorgimento (alla faccia della retorica sui 150 anni).

Motivo di tanta solerzia? “Questioni di ordine pubblico dopo le proteste provenienti dall’estrema sinistra”: questa la motivazione ufficiale secondo quanto hanno riportato gli attivisti del “Popolo delle carriole”, i primi a denunciare l’avvenuta commemorazione. Un’“estrema sinistra”, in realtà l’Anpi locale e un gruppo di “indignados” di Aielli che aveva denunciato, con foto e documentazioni, il passato ingombrante dello zio fascista di Letta (in cui spicca il suo intervento presso il Duce a favore di Amerigo Dumini, il sicario che uccise Giacomo Matteotti). Nonché dello spreco di denaro pubblico visto che l’evento sarebbe costato 20mila euro provenienti dal fondo per la ricostruzione post-terremoto. La questione ha fatto molto arrabbiare i cittadini aquilani e la home page del Comune di Aielli è rimasta, fino a sera, molto intasata.