mercoledì 2 novembre 2011

Milano, l’ex sindaco Albertini: “Distrutti documenti sui derivati acquistati dal Comune”



L'eurodeputato del Pdl depone al processo che vede imputate quattro banche, accusate di una truffa da 100 milioni euro per aver piazzato all'ente pubblico titoli finanziari complessi ad alto rischio. Mistero sulle carte che la Procura non è riuscita a trovare negli uffici di Palazzo Marino.

L'ex sindaco di Milano Gabriele Albertini
Importanti documenti relativi all’affare derivati del Comune di Milano potrebbero essere stati “distrutti”. Lo dice l’ex sindaco Gabriele Albertini, sentito oggi come testimone al processo che vede imputate quattro banche (Ubs, Deutsche Bank, Jp Morgan e Depfa Bank)e 13 persone fisiche, accusate di truffa aggravata per aver causato un danno di 100 milioni di euro all’amministrazione milanese nella sottoscrizione di contratti derivati.

Nel corso dell’esame di Albertini, il procuratore aggiunto Alfredo Robledo ha spiegato che in Comune alcuni documenti, obbligatori per legge, non si sono trovati. In particolare, quelli che attestavano la convenienza economica per l’ente pubblico a sottoscrivere strumenti finanziari complessi e rischiosi. “Penso che siano stati distrutti”, ha replicato l’ex sindaco, ora parlamentare europeo del Pdl, “perchè è impossibile che quei documenti comunali non ci siano. E’ una lacuna epocale. Una notizia di reato”. Per l’amministrazione, infatti, “sarebbe stato impossibile “affrontare il consiglio comunale senza avere con se tutti i documenti che certificavano i calcoli di convenienza. Tutto il consiglio comunale, non solo le opposizioni, avrebbero protestato. Non è possibile non trovare quelle carte”.

Uscito dall’aula, Albertini ha ribadito la sua deduzione ai giornalisti: “Ho ipotizzato che siano stati distrutti perché risulta impossibile che non ci siano, perché erano obbligatori per legge e c’era una squadra molto competente che se ne occupava e dunque è impossibile che non siano stati redatti”. Perciò, ha proseguito Albertini, “non posso che pensare che siano stati distrutti, bisogna chiedere al pm che faccia indagini, perché oggi ha avuto una notizia di reato”.

Nel corso dell’esame, Albertini ha spiegato che nel 2005, quando la sua giunta diede il via libera all’operazione, non era a conoscenza di quale sarebbe stato il guadagno per le banche. “Nessuno sa quanto le banche guadagnano nelle operazioni, io sapevo qual era il tasso di interesse e che sarebbe stato conveniente, per i dettagli analitici c’era una squadra di esperti”. E comunque, ha aggiunto, “la mia era una responsabilità politica e quindi di questi aspetti analitici se ne occupava il nucleo dirigente del Comune.

Al processo di Milano sarà sentita anche il sindaco di centrodestra suvveduto ad Albertini, Letizia Moratti.


Bossi: "sconfiggeremo la crisi". Alla Festa della Zucca spiega la sua ricetta.




Umberto Bossi: “Liberi dal sud, un grido che fa tremare quei coglionazzi di Roma (ma lei signor ministro, non sono 26 anni che è seduto sulle poltrone romane? nda). E i giornalisti,  prima o dopo vi spacco la faccia, o vi denunciamo. Verrà un giorno in cui la gente vi piglia per il collo: finora abbiamo accettato la critica, ma prima o poi viene il momento della rabbia. Scrivete dei pezzi che meritereste di essere mandati in galera, pezzi sulla mia famiglia, prima o poi o vi spacchiamo la faccia o vi denunciamo. La gente ne ha piene le scatole. Questi graffiano le pagine con tutte le balle e i magistrati non li condannano. Loro scrivono, perché si sentono difesi alle spalle, qualcuno meriterebbe qualche cazzottone in faccia".

A sorpresa sul palco arriva anche il ministro Tremonti.

Lo spread sono numeri, questa è la realtà

Colf pagate più dei chirurghi per pulire le case dei generali.







Aeronautica: bando da 2,3 milioni per nove alloggi.

MILANO - AAA cercansi donne pulizie e cuoche, pagate come un docente universitario. Le parole dell'annuncio, certo, non sono esattamente queste. Ma il senso sì: per accudire nove appartamenti delle alte sfere militari l'Aeronautica stanzia per quattro anni (di questi tempi!) 1.884.798 euro e 72 centesimi più Iva (altri 395 mila) per un totale di 2.279.798 euro. Media: quasi 253.310 ad alloggio.
La gara, appena conclusa, non lascia spazio a dubbi. Non vengono cercati manager, ingegneri nucleari o ricercatori scientifici. Le mansioni sono queste: «Servizi di pulizia e rassetto camere e locali connessi, nonché i servizi di cucina, mensa e sguatteria». Per essere più precisi, chi è assunto attraverso una ditta apposita deve «mantenere un livello igienico sanitario ottimale dell'ambiente», occuparsi della «spazzatura e lavatura dei bagni comprese le relative pareti piastrellate» e della «lavatura specchi ed arredi vari, lavatura e disinfestazione sanitari», prendersi cura «dei contenitori porta rifiuti negli appositi cassonetti esterni per la raccolta differenziata» nonché della «lavatura degli stessi contenitori e sostituzione dei sacchetti porta rifiuti» e ancora della «battitura di cuscini e divani» più ovviamente la «battitura degli scendiletto».
Va da sé che viene chiesta una particolare attenzione per il «lavaggio e la lucidatura con idonei prodotti di tutta la posateria in alpacca argentata/argento, di vassoi e stoviglie di ogni genere». Per non dire della cucina dove deve «curare il servizio di confezionamento e distribuzione pasti». E provvedere «alla pulizia ed al riassetto di tutti i locali (cucina) ed attrezzature (piani di cottura, frigoriferi, congelatori, lavelli, elettrodomestici in genere) utilizzati, nonché lavatura, rammendatura, cucitura e stiratura di tovagliato». La gara, pubblicata sul web il 5 ottobre con scadenza il 20 ma sembra ignota perfino ai vertici politici della Difesa, prevede sei «lotti» di «Asir», gli alloggi di servizio assegnati a generali o ammiragli che ricoprano incarichi di alto comando «con occasionali necessità di rappresentanza che comportino l'organizzazione di pranzi o ricevimenti ufficiali nell'alloggio stesso». Quattro appartamenti a Roma, uno a Milano, uno a Firenze, uno a Poggio Renatico (Ferrara), uno a Pozzuoli e l'ultimo a Bari.
Le misure sono diverse. L'alloggio del capo di stato maggiore a Roma, per dire, si estende su 399 metri quadri di parquet, 143 di marmo, 275 di terrazzo, 48 di pianerottolo interno. Ha inoltre 188 metri quadri di maioliche, 78 di «superfici vetrate», 240 di rivestimento in legno... Tenerlo in ordine richiede minimo minimo un paio di domestici. Per altri lo spazio è meno spropositato.
Prendiamo l'esempio di Pozzuoli? Dice l'allegato B/5 che si tratta di un appartamento di 189 metri quadri che richiede un servizio di 176 ore al mese. Fatti i conti, la domestica chiamata a prendersi cura per 44 ore (scarse) la settimana dell'alloggio del comandante dell'Accademia aeronautica costerà in quattro anni 187.599 euro più Iva: 226.994 euro. Vale a dire 56.748 euro l'anno. Molto più del doppio di quanto costa, tutto compreso, una badante specializzata per non autosufficienti che resta a casa 24 ore al giorno.
D'accordo che fra gli impegni c'è anche quello di preparare pranzi e cene di rappresentanza per un massimo di 30 ospiti al mese (una cena a settimana per sette: se a tavola sono di più, lo Stato paga un extra) ma un dipendente all'House of Commons britannica, l'equivalente della nostra Camera dei deputati, di euro ne costa ogni anno 38.952. Cioè 17.796 in meno. Quanto al rapporto con altre categorie di italiani, ogni domestica assunta per la «battitura degli scendiletto» eccetera andrà a pesare sul bilancio dello Stato molto più di un maestro o di un professore. Lo dice il Budget 2011 dello Stato, secondo cui i dipendenti della scuola costano (stipendio, tasse, contributi vari...) 39.640 euro l'uno: 17.108 di meno.
La domestica che si occuperà dell'appartamento del comandante dell'Istituto di Scienze militari aeronautiche di Firenze, sempre per 44 ore scarse a settimana, costerà ai cittadini ancora di più: 58.381 euro. Cioè quasi tremila più di un dipendente medio (infermieri, anestesisti, radiologi, chirurghi...) del ministero della Sanità che di euro in un anno ne costa 55.645. Quei 58.381 euro esattamente sono gli stessi che pesano sui bilanci per un docente ordinario al primo anno, quindicimila più che per un associato, venticinquemila più che per un ricercatore. Con tutto il rispetto per il prestigio dei nostri ufficiali e per la dignità di ogni mestiere, anche il più umile: è giusto? In giornate di angoscia come queste te lo devi chiedere: è giusto?
Un ministro, un altissimo dirigente di Bankitalia o un magistrato ai massimi livelli la domestica se la devono ovviamente pagare e casomai, se proprio sono obbligati per lavoro a dare una cena di rappresentanza, motivata, chiamano volta per volta una ditta di catering: possibile che non possano farlo anche le alte cariche militari della Repubblica? Devono conservare ancora oggi, perfino in questi tempi di vacche magrissime, privilegi ottocenteschi? Gli alti ufficiali ai quali spetta l'«Asir», grandi e talora favolosi appartamenti di proprietà pubblica nel cuore dei centri storici formalmente divisi in una parte privata (sulla quale pagano un affitto di un euro a metro quadro: 300 metri, 300 euro) e una di rappresentanza, erano fino a un paio d'anni fa addirittura 59. Uno sproposito. Tanto che lo scorso anno il governo, non avendo la competenza formale sulla questione, ha premuto sul Comitato dei capi di stato maggiore perché fossero ridotti prima a 53 e poi a 47. Per puntare quanto prima a quota 39.
Che alcune cattive abitudini della mala politica attaccata a ogni privilegio avessero infettato anche il mondo con le stellette, del resto, si era capito. Un solo esempio, fra i tanti? L'inchiesta interna e la successiva bacchettata appioppata dal ministero ai responsabili di una «seratina» allegra di un comando dalle parti di Roma. Sapete quanto erano riusciti a spendere per una mezzoretta di fuochi d'artificio? Trentamila euro. A spese dei cittadini.

Disoccupazione giovanile al 29,3% Ocse: “Essenziale varare riforme strutturali”




Un giovane su tre in Italia non ha un lavoro: è il dato più alto dal gennaio 2004, superiore di oltre otto punti percentuali rispetto alla media Ue. Insieme agli under 25, la categoria più in difficoltà è quella delle donne.

Il popolo dei senza lavoro in Italia cresce vertiginosamente, viaggiando verso livelli record che ci allontanano sempre più dalla media Europea. Lo rivelano gli ultimi dati diffusi dall’Istat, che parlano di un tasso di disoccupazione arrivato, a settembre, all’8,3 per cento. Ma quello che è ancora più allarmante è la percentuale che riguarda il numero dei senza lavoro tra i giovani nella fascia di età 15-24 anni: a settembre è arrivata al 29,3%, rispetto al 28,0% rilevato in agosto. E’ il dato più alto da gennaio 2004. E vuol dire che quasi un ragazzo su tre non ha un impiego. Rispetto ad agosto, secondo l’istituto di statistica, ci sono complessivamente 86mila occupati in meno.

Insieme ai giovani, l’altra categoria in maggiore difficoltà è quella delle donne: la percentuale di lavoratrici è ferma a quota 46,1%, mentre le disoccupate sono il 9,7%. La differenza uomo – donna, però, si vede soprattutto guardando agli inattivi, cioè coloro che hanno anche smesso di cercalo, un impiego: quasi una donna su due, il 48,9%, si trova in questa situazione.

Questi dati allontanano pesantemente il nostro Paese dalla media europea: la nostra disoccupazione è di 8,1 punti percentuali superiori a quella complessiva del Vecchio Continente, che si attesta al 21,4%. Per non parlare dell’impietoso confronto con i Paesi più virtuosi, come l’Austria – dove a non avere un lavoro è solo l’8% della popolazione – o il Lussemburgo, dove il dato si aggira attorno al 15%.

Preoccupare anche il fronte dell’inflazione. L’Istat ha rilevato infatti ad ottobre un tasso pari al3,4%, contro la media del 3% nell’eurozona. Si tratta del record negativo dal 2008. E ad aggravare questa situazione, secondo l’Istat, sono stati anche i provvedimenti inseriti con l’ultimo aggiustamento della legge finanziaria, in particolar modo l’aumento di un punto percentuale dell’Iva.

A chiedere misure per “contrastare la disoccupazione e riequilibrare la domanda globale” è anche l’Ocse, secondo cui, senza un intervento politico complessivo capace di affrontare in maniera radicale la situazione, la crescita del Pil globale frenerà dal 5,2% del 2010, al +3,9% nel 2011 e a +3,8% nel 2012. Una timida ripresa,  secondo le previsioni Ocse, ci sarà nel 2013, quando si attesterà a +4,6%. Un andamento simile, con una discesa nei prossimi due anni e leggera ripresa nel 2013, si avrà anche nell’area dei Paesi del G20. E’ questo in sintesi quanto si legge nell’Outlook che l’organizzazione ha preparato in vista del G20 di Cannes, in cui si stima, tra l’altro, che un deterioramento della situazione in Europa o negli Usa potrà determinare un calo del Pil fino al 5% in alcune delle maggiori economie Ocse entro la prima metà del 2013.

Ma l’Ocse ha anche indicato la via da seguire: è “essenziale”, anzi tutto, che i paesi del G20 varino le “riforme strutturali per aumentare la crescita potenziale” e che gli Stati dell’area euro “implementino pienamente e con decisione le misure annunciate lo scorso 26 ottobre” in modo tale da “assicurare alle banche un’appropriata capitalizzazione e finanziamenti”. Sono necessari il “consolidamento di bilancio e una crescita durevole”. Un invito dall’Ocse, poi, anche per le economie finanziariamente più forti, che dovrebbero “fornire aiuti aggiuntivi”.

Quanto costa B. alle banche. - di Marco Onado*



L’entusiasmo dei mercati per la lettera di intenti del governo Berlusconi è durata l’espace d’un matin, come la rosa del poeta. Venerdì il tasso sui titoli italiani a 10 anni ha oltrepassato la soglia del 6 per cento e le ultime due giornate sono state la degna cornice della notte delle streghe. Il differenziale di tasso rispetto a quello tedesco è balzato a 452 punti (4,52 punti percentuali). Per rinnovare i nostri debiti paghiamo il triplo della Germania e il doppio della Francia. È la prova definitiva del fatto che l’Italia ha perso la fiducia dei mercati.

L’Italia è così costretta a ricevere ultimatum tanto pressanti quanto umilianti. Dai problemi di oggi si esce o innestando la marcia dello sviluppo economico o tagliando senza pietà le spese pubbliche per ridurre il debito. Se non riusciamo ad imboccare la prima strada, ci spingono sulla seconda e comunque in Italia qualcuno apprezza che ciò comporti anche una bella botta ai diritti sindacali. L’abolizione dell’articolo 18 è come un diamante per una fanciulla: un regalo per sempre. A questo bivio siamo arrivati con un progressivo smottamento da inizio anno scandito dai downgrading del Paese e dall’aumento degli spread: quello a due anni, già prima delle ultime giornate di fuoco era aumentato di 183 punti base rispetto a dicembre scorso; per la Spagna l’aumento è stato di soli 70 punti base. È la misura più lampante della differenza con cui oggi i mercati guardano al nostro Paese: è quello che ci costa l’agonia del governo.

Fra le vittime di questa situazione ci sono anche le banche, cui l’autorità bancaria europea (Eba) oggi chiede di aumentare i capitali (per le prime 5 italiane si tratta di 15 miliardi su un totale di 106 per le principali 70 dell’Unione). Un importo indispensabile per garantire un flusso adeguato di crediti all’economia.

Lunedì i principali banchieri italiani hanno chiesto una sostanziale riduzione degli obblighi di capitale imposti dall’Europa, ma è difficile che le loro richieste arrivino a Bruxelles, perché nessuno oggi è disposto a fare sconti all’Italia. Ma soprattutto dovrebbero capire che stanno chiedendo soccorso a chi è la causa dei loro principali problemi, che derivano in larga misura proprio dalla spirale perversa degli spread. Per le banche infatti questi aumenti di tassi sono dannosi quanto per le casse statali. Da un lato devono accantonare più patrimonio per fronteggiare le perdite potenziali sul debito pubblico e su quello privato che subisce gli effetti dei downgrading. Dall’altro, vedono aumentare i costi della raccolta sul mercato obbligazionario e interbancario, perché gli spread bancari si muovono parallelamente a quelli del debito pubblico.

In termini pugilistici, un uno-due micidiale. Solo per le banche oggetto della richiesta dell’Eba, il primo effetto comporta maggiori esigenze di capitale per quasi 9 miliardi per ogni 100 punti base di spread. Basterebbe cioè oggi essere fra 300 e 350 punti (che sarebbe comunque il doppio di dicembre) per ridurre di due terzi l’onere che viene imposto dall’Europa e renderlo ben più tollerabile. E poi ci sono i maggiori costi di raccolta: le 5 banche hanno rinnovato titoli per 94 miliardi nel corso del 2011: ogni punto percentuale di maggior tasso è dunque costato quasi un miliardo. Per la raccolta interbancaria, 65 miliardi, l’incremento dei costi è attenuato dalle condizioni di favore della Bce, ma vale comunque qualche centinaio di milioni. In totale, un aumento dei costi di 1,2 miliardi significherebbe il 14% dei profitti lordi prima delle tasse del 2010 e dunque una sostanziale riduzione della capacità di aumentare i capitali accantonando utili futuri. E ci meravigliamo se in borsa i titoli bancari scendono?

Insomma: ogni 100 punti base di spread comportano per le banche un salasso di 9 miliardi in termini patrimoniali e 1,2 di riduzione dei profitti lordi. Ed è ragionevole ipotizzare che la debolezza delle risposte italiane alla crisi vale almeno tanto, che è comunque meno del differenziale che si è aperto rispetto alla Spagna. Ma cosa è questa se non la misura della “tassa Berlusconi”, la nuova versione della “Robin tax” che all’inizio del suo mandato il ministro Tremonti, quello che aveva previsto la crisi, proponeva di far pagare alle banche? Altro che chiedere al governo di essere protette a Bruxelles; le banche dovrebbero limitarsi ad una sola parola: vattene.



http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/02/quanto-costa-b-alle-banche/167842/

*http://it.wikipedia.org/wiki/Marco_Onado (altro che Brunetta!)

Fukushima, segni possibile fissione nucleare.





Iniezioni acido borico in reattore n.2, no rialzo temperature.


TOKYO - La Tepco ha cominciato a iniettare acido borico nel reattore n.2 della centrale disastrata di Fukushima per controllare un'eventuale reazione nucleare dopo la rilevazione di possibili segnali di fissione. Lo ha reso noto il gestore dell'impianto, precisando che al momento non si sono registrati cambiamenti nei livelli delle temperature.
Al momento, con le temperature invariate, non sono state segnalate 'maggiori anomalie', quali aumento della pressione o delle radiazioni presso il reattore, il cui combustibile si ritiene si sia parzialmente fuso con la distruzione dei sistemi di raffreddamento a seguito dell' impatto del devastante sisma/tsunami dell'11 marzo. Le procedure di allerta, in particolare, sono state lanciate con la rilevazione nel vaso di contenimento di possibili tracce di xenon, un gas generato solitamente dalla fissione nucleare. La Tepco, in attesa di ulteriori accertamenti e verifiche per capire i caratteri del fenomeno, ha precisato che le misure per l'arresto a freddo procederanno secondo i piani stabiliti. Il reattore n.2 era ormai considerato vicino alla messa in sicurezza con la temperatura nella parte inferiore del suo involucro scesa ampiamente sotto i 100 gradi.
AGENZIA NUCLEARE, VERIFICHE SU IPOTESI FISSIONE - L'Agenzia nipponica per la sicurezza nucleare (Nisa) sta facendo verifiche per accertare l'ipotesi del rilascio degli isotopi di xenon 133 o 135 nel vaso di contenimento del reattore n. 2 della centrale di Fukushima. La possibile presenza di xenon, gas di solito rilasciato nel processo di fissione, è stata annunciata in mattinata dalla Tepco, gestore del disastrato impianto: xenon 133 e 135 hanno, rispettivamente, tempi di decadimento di 5 e 9 giorni. La loro misurazione, quindi, farebbe pensare al rilascio recente. La Nisa ha fatto sapere che lo Xenon rilevato e' forse solo una piccola quantita', frutto anche di un possibile errore di misurazione. I fattori da tenere in considerazione sono molteplici e anche la prova della presenza di Xenon non e' detto possa suggerire che il combustibile parzialmente fuso sia in condizione di criticita' con una reazione a catena auto-sostenuta. In altri termini, per la fissione e' necessaria la presenza di neutroni che, in questo caso, potrebbero essere stati generati non dal processo di fissione stesso, ma dalla attivita' di cosiddetti 'emettitori' di neutroni o da reazioni di natura secondaria. Ogni processo fissile nel reattore numero 2, qualora si fosse anche verificato, sarebbe estremamente limitato, secondo la Nisa. L'agenzia ha ribadito che non ci sono state misurazioni anomale di temperature o pressione, mentre l'iniezione di acido borico (che neutralizza i neutroni) e' stata decisa e avviata in mattinata ''a scopo precauzionale''.

I Bossi, questione di famiglia. - di Daniele Sensi



Umberto Bossi e famiglia

Si sa: la moglie baby pensionata Manuela prende finanziamenti pubblici per la sua scuola e il figlio Renzo è ben sistemato al Pirellone. Ma ci sono anche il fratello Franco e l'altro figlio Riccardo, entrambi beneficiati Ue, e l'altro pargolo, Roberto Libertà, che sta già nello staff del padre. Più il nipote Matteo, assessore nel varesotto.


Varese, 19 giugno 1987. La Lega Nord ancora non esisteva, ma, da nemmeno cinque giorni, Umberto Bossi già era senatore, anzi il "Senatùr". Un esordio fortunato per quella Lega Lombarda che egli stesso aveva fondato solo tre anni addietro e che ora, alla sua prima prova nazionale, era riuscita a raccogliere duecentomila voti, eleggendo un uomo anche a Montecitorio. In piazza del Podestà, in una sede di due stanze, computer e caminetto, si analizza il voto, si pianificano strategie e, naturalmente, si festeggia. Una festa che presto volge in lite e la lite in scazzottata. 


In due, tra i quali il neo senatore, si riversano fuori dandole di santa ragione a un terzo, il quale finirà all'ospedale urlando: "Tirerò fuori il dossier! Ve la farò vedere!". "C'è stata una semplice colluttazione", dirà poi Bossi: "E' un bravo ragazzo, era solo un po' agitato e gli abbiamo consigliato di andare a mangiare un pizza". Quel bravo ragazzo era Pierangelo Brivio, cognato di Umberto, marito della sorella Angela. Pare che all'origine del diverbio vi fosse la composizione delle liste: Bossi aveva escluso Brivio dalla competizione, tenendo per sé la testa di lista in tutte le circoscrizioni e non facendo correre il cognato nelle due che quello aveva reclamato. Di lì a breve, Brivio viene espulso dal partito. Per tutta risposta,Angela Bossi interrompe ogni rapporto con il fratello e, assieme al marito, fonda un nuovo soggetto politico, Autonomia Alleanza Lombarda, con il dichiarato obiettivo di strappare voti alla Lega.


Magri i risultati (un seggio al Pirellone nel 1990 e una manciata di consiglieri comunali nelle successive elezioni amministrative), ma ampia la copertura mediatica nel 1993, quando Angela sfida Marco Formentini nella corsa a sindaco di Milano. Alla stampa dichiara: "Mio fratello è un mantenuto, non ha mai lavorato in vita sua". Più articolato il marito: "Mio cognato è fuori di testa, si comporta come Craxi o come i potenti mafiosi del Sud: si crede il grande imperatore del Nord e invece è soltanto il padroncino di un'azienda in liquidazione. Ormai la Lega è un partito come gli altri, pronto a spartirsi le poltrone che il Palazzo mette a disposizione".


Il giornale di Alleanza Lombarda, primo di tanti partiti che negli anni, per gemmazione, sarebbero nati da quella che nel frattempo si costituisce come Lega Nord (compreso il Partito federalista di Gianfranco Miglio, che della Lega era l'ideologo) additerà Umberto Bossi come il "nemico numero uno", dedicando intere prime pagine ai "fatti e misfatti del partito che dice di fare gli interessi dei lombardi ma che ha tradito la causa autonomista il giorno stesso che ha messo piede a Roma".


In quegli stessi anni, ben più generoso appare Franco Bossi, il secondogenito di casa, che confiderà di aver anche lui litigato col fratello, ma "solo perché la sera io volevo dormire, mentre lui non voleva saperne di spegnere la luce, perché leggeva, leggeva sempre, dalla filosofia ai classici greci". Una generosità presto ricambiata. Licenza di scuola media inferiore, l'unico della famiglia ad essere rimasto nel paese natale dove manda avanti un negozio di autoricambi, Franco Bossi, già consigliere comunale a Gallarate, viene dapprima nominato commissario tecnico della squadra di ciclismo padana, quindi membro del consiglio di amministrazione Aler, la società che gestisce le case popolari di Varese, e infine, nel 2004, viene assunto all'Europarlamento in qualità di assistente accreditato dell'onorevole Francesco Speroni. Assistente accreditato, ovvero portaborse, ovvero 12.750 euro al mese. 


"La lotta per la libertà della Padania continuerà anche dopo di me, con i miei figli", andava oramai ripetendo Umberto Bossi nei suoi comizi. Così, al seguito di Matteo Salvini, al Parlamento europeo ci finisce anche il primogenito Riccardo, avuto dalla prima moglie Gigliola Guidali. 23 anni, grande ammiratore di Napoleone ("sono andato anche a vedere il campo di battaglia dove perse") e già a busta paga, qualche anno prima, di "Made in Padania Scrl", una delle "cooperative padane" che Umberto Bossi aveva fortemente voluto nel tentativo di imitare il sistema delle Coop rosse ma che già allora stavano andando a rotoli, Riccardo Bossi replicherà, serafico, alle accuse di nepotismo mosse al padre dalla stampa: "Dov'è il problema? Se uno ha un'azienda chi pensa di inserire? I suoi figli o degli estranei?". Chiusa la breve parentesi europea (il padre lo farà tornare per mettere a tacere le polemiche) Riccardo potrà dedicarsi interamente alla sua vera passione: le gare di rally. Continuerà a dichiararsi interessato di politica, ma in televisione comparirà solo più nei rotocalchi rosa, per una storia sentimentale con una delle ragazze della scuderia Mora.


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/i-bossi-questione-di-famiglia/2165149