giovedì 5 gennaio 2012

La ministra canara. - Anna Lombroso per il Simplicissimus




Quella che vedete sopra è la soluzione del Governo pensata per fronteggiare l’emergenza carceri.
Si tratta di una delle cosiddette camere di sicurezza che dovrebbero accogliere gli arrestati in flagranza di reato e in attesa della convalida. Se ne è  tanto parlato senza però che nessuna immagine visualizzasse la realtà.
A assicurare custodia, garanzie dei detenuti e sicurezza dei cittadini dovrebbe essere i carabinieri e la polizia di stato che per bocca del suo vice-capo ha già dichiarato la sua ferma contrarietà.
Le celle di sicurezza sono troppo «poche» e non garantiscono la dignità di chi vi dovrebbe essere rinchiuso, ha detto Francesco Cirillo nel corso della sua audizione davanti alla commissione Giustizia del Senato. Delle complessive 1057 camere di sicurezza, 658 sono a disposizione dei carabinieri, 327 della polizia e 72 della Guardia di finanza, ha spiegato, ma tutte sono inadeguate ai nuovi scopi che si vorrebbero loro attribuire: non ci sono servizi igienici, non c’è separazione tra uomini e donne e non sono organizzate in modo da consentire l’ora d’aria. Insomma, mancano i requisiti minimi per assicurare «la dignità» dei detenuti. E i funzionari di polizia confermano di non essere disposti a fare gli “sbirri” per eseguire una misura incivile, “tenendo un soggetto 48 ore in uno spazio strettissimo con uno giaciglio in muratura ed una coperta, senza una finestra ed un bagno sia meno traumatico che andare in carcere dove nella cella troverebbe un letto pulito, un pasto, un servizio igienico, assistenza sanitaria ed un ora d’aria, servizi che la polizia non è assolutamente in condizione di assicurare”.
È paradossale che un Ministro della Giustizia a fronte di critiche e obiezioni, ostinatamente voglia esercitare un così palese oltraggio ai diritti.
La salvaguardia della dignità e il rispetto dei cittadini – anche di quelli che hanno sbagliato e devono pagare – dovrebbe rappresentare un valore della civiltà e della democrazia irrinunciabile. Dai dati del ministero della Giustizia aggiornati al 31 ottobre 2011, emerge che la capienza regolamentare dei 206 istituti penitenziari italiani è di 45572 posti, a fronte però di una popolazione carceraria effettiva di ben 67510 persone. Di esse, 24458 sono di nazionalità straniera. Più di 14000 sono in attesa di giudizio e solo 37595 sono già condannate in via definitiva. I suicidi nelle carceri italiane, sono stati 690 dal 2000 al 2011, una cifra che tutti dobbiamo soffrire, ha ricordato proprio la Guardasigilli, come il “segno del fallimento di tutto il sistema giudiziario e carcerario”.
Il decreto che è stato chiamato “svuota-carceri” non propone un disegno riformatore, si limita a scaricare la pressione di una emergenza indegna di un paese democratico e censurata anche dall’Europa, su un accorgimento degradante per la civiltà, quello di trovare un parcheggio temporaneo, un “luogo in cui la persona sia momentaneamente trattenuta in attesa di essere portata in tribunale”.
La Ministra sembra incurante delle lagnanze degli addetti alla sicurezza che le hanno rammentato di non voler essere i “canari” che tengono rinchiusi uomini ridotti ad animali in gabbia, magari ammanettati a un’inferriata o a un radiatore, con il rischio di ripercussioni sulla sicurezza collettiva. Per “custodire” i 21.000 detenuti coinvolti nel cosiddetto fenomeno delle porte girevoli, che incidono mediamente per soli 115 posti giornalieri si metterebbe in crisi il sistema di controllo del territorio, privandolo dei servizi di vigilanza e deterrenza della micro criminalità.
Pare che a questo Governo si addicano le soluzioni finali: quelle che “consigliano” i lavoratori a morire di vecchiaia prima della pensione e i detenuti in attesa di giudizio a appianare in una sola volta il problema delle carceri e quello della giustizia: i suicidi nelle carceri italiane, sono stati 690 dal 2000 al 2011, una cifra che tutti dobbiamo soffrire, ha ricordato proprio la Guardasigilli, come il “segno del fallimento di tutto il sistema giudiziario e carcerario”.
Una sia pur breve sosta in quel luogo di infamia e di sfregio all’umanità sembra un invito trasversale ma molto persuasivo scegliere un’alternativa definitiva a una vita difficile cui si aggiunge un oltraggio.

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