lunedì 23 gennaio 2012

Mills, tutte le mosse di Berlusconi contro un verdetto al fotofinish. - di PIERO COLAPRICO e EMILIO RANDACIO

Mills, tutte le mosse di Berlusconi contro un verdetto al fotofinish

MILANO - Risuona tra i marmi del tribunale il lamento di Silvio Berlusconi: "A Milano processano solo me". Ma se il "processo Mills" è diventato questa tragicommedia bilingue, se è nata questa sequenza di udienze con traduttore, se c'è la corsa a ostacoli per arrivare a una sentenza, è perché Berlusconi, grazie ai suoi super-poteri, sinora era riuscito a farsi difendere sia dagli avvocati sia dal Parlamento. Secondo gli ultimi calcoli, forse si saprà se Berlusconi è colpevole o innocente, se ha corrotto o no un testimone, appena settantadue ore prima che su ogni parola cali la mannaia della prescrizione, che cancella le pene. I fatti sono questi, hanno la loro forza, e se qualcuno li vuole ascoltare, sono limpidi, e nella piena luce del sole.

Partono da una data che Berlusconi e Mills conoscono bene, il 18 luglio del 2004. David Mackenzie Donald Mills, avvocato, marito di un ministro, ha allora 60 anni. È uno stimato legale con studio nella City a Regent Street. Si occupa di patrimoni e di società off shore, cioè con la sede nei "paradisi" senza controlli, dove i ricchi, i mafiosi, gli evasori fiscali sono di casa. Mills ha ricevuto dalla procura di Milano un invito a comparire, l'accusa è riciclaggio. L'elegante avvocato, quel giorno di fa milanese, si presenta alle 14.45 al quarto piano della procura con a fianco il legale di fiducia, Federico Cecconi.

IL LUNGO INTERROGATORIO
Davanti ai pm Fabio De Pasquale e Alfredo Robledo, comincia a spiegare di essere entrato in contatto con il gruppo Fininvest a metà degli anni '80". Cita "Massimo Maria Berruti", oggi esponente del Pdl, ex finanziere, incappato in più di una disavventura giudiziaria. Aggiunge come "l'incontro più importante" sia stato "con Livio Gironi (il tesoriere del gruppo Fininvest, ndr), che era direttamente legato a Silvio Berlusconi e che era - parole di Mills - l'uomo che amministrava il suo patrimonio personale". In tredici ore di faccia a faccia, i magistrati lo lasciano parlare, sornioni. Finché, poco dopo l'una di notte, offrono a Mills un colpo di scena. 

Gli mostrano una lettera sequestrata a Londra. Porta la data del 2 febbraio precedente: è firmata da Mills e indirizzata al suo commercialista, Bob Drennan. Mills, riconoscendo la lettera, impallidisce: "Sono molto turbato a rileggerla", confessa. E smette di menare il can per l'aia: "A questo punto credo che, per quanto difficile, la cosa più giusta da fare sia spiegare il fatto con la massima chiarezza". Il fatto, dunque, secondo Mills. 

LA CONFESSIONE
Mills racconta che s'è rivolto al suo commercialista per essere difeso da una contestazione del fisco inglese. E in Inghilterra, quando non ci si sa spiegare con gli agenti delle tasse, si può finire molto, molto male, anche radiati dalla professione. Mills davanti ai magistrati non esita più: "Sono stato ascoltato più volte in indagini e processi che riguardavano Silvio Berlusconi e il gruppo Fininvest e, pur non avendo mai detto il falso, ho tentato di proteggerlo nella massima misura possibile. E di mantenere una certa riservatezza sulle operazioni che ho compiuto per lui". Per Silvio Berlusconi.

E 600mila dollari gli arrivano come ringraziamento nel 1999. Nei mesi precedenti si erano infatti tenuti i processi aggiustati. Uno per le tangenti versate dai manager Fininvest per annacquare i controlli della Guardia di Finanza (intere squadre, come si sa, vennero travolte dall'inchiesta Mani pulite). L'altro per scoprire le operazioni illecite della società svizzera All Iberian, sempre berlusconiana. "Carlo Bernasconi (scomparso manager Fininvest, ndr), mi disse che Berlusconi a titolo di riconoscenza per il modo in cui ero riuscito a proteggerlo nel corso delle indagini giudiziarie e nei processi, aveva deciso di destinare a mio favore - questa l'autoaccusa nel cuore di una notte milanese - una somma". In nero, estero su estero, e il fisco inglese non molla. 

LA SMENTITA
La procura chiede il rinvio a giudizio per il professionista inglese e per il suo "dante causa" italiano, e cioè Berlusconi. Mills, nel frattempo, si chiude nel totale mutismo, rotto solo dalla spedizione di un memoriale ai pm. Smentisce quello che avava confessato. Quei 600 mila dollari gli arrivano - assicura - da un altro suo cliente, l'armatore campano, Diego Attanasio. Era tanto lo stress da interrogatorio - il legale che lo ha assistito per tutte le 13 ore non ha mai contestato la correttezza dei magistrati - da fargli dire una cosa per l'altra, tutto qui. 
Credergli? Non credergli? Il dibattimento, davanti alla decima sezione penale, prende il via il 13 marzo di cinque anni fa. E regge fino a quando Berlusconi, nell'aprile 2008, viene rieletto a Palazzo Chigi. Poi si frantuma. Perché tra i primi atti che il terzo esecutivo Berlusconi approva non c'è nulla che aiuti i cittadini ad ottenere una giustizia rapida ed efficiente, ma scatta invece il cosiddetto Lodo Alfano: bastano quattro frasi e le più alte cariche dello Stato ottengono l'immunità processuale. Moltissimi, tranne che nei partiti di centrodestra, ritengono la pseudoriforma delirante: fa sparire un principio sacrosanto in Italia, e cioè l'eguaglianza formale dei cittadini davanti alla legge. 

Dopo appena un anno - il tempo minimo che ci vuole - la Consulta boccia Alfano, ma un risultato ad esclusivo beneficio di chi ora piange nel palazzo di Giustizia è stato ottenuto: nell'imbarazzante processo Mills, Berlusconi non c'è più. La sua posizione si è "pietrificata": in aula resta solo l'inglese. Il quale, sempre ammutolito, va incontro al suo destino. E viene condannato: sia in primo che in secondo grado. Tra gli innumerevoli testimoni, ascoltati in Italia o all'estero per rogatoria, c'è proprio l'armatore del suo alibi, Attanasio: "Mai ho dato o regalato o prestato 600 mila dollari a Mills, non ce ne sarebbe stato il motivo", dice. Lo stesso affermano ragionieri ed analisti di conti. 

LA CONDANNA
Il 25 febbraio 2010 la Corte di Cassazione, a sezioni unite, riconosce la colpevolezza di Mills. Lo condanna a un risarcimento del danno pari a 250 mila euro, ma dichiara il reato prescritto. Troppo è il tempo passato. Se la sorte processuale di quello che possiamo chiamare un "testimone corrotto" è chiara, che cosa accade al presunto corruttore, che non è Attanasio, ma era e resta l'imputato Berlusconi? 

"Non ho nemmeno mai incontrato Mills, lo giuro sui miei figli", attacca nelle tv e nelle piazze, ma agisce all'ombra del Parlamento: già digerita la sconfitta per il Lodo, la maggioranza rifà un'altra figuraccia introducendo il "legittimo impedimento", secondo cui chi ha impegni istituzionali può saltare le udienze del processo. Anche questa idea ad personam finisce davanti alla Corte Costituzionale, che la ridimensiona non poco. 

LA CORSA
Ora che al governo ci sono Mario Monti e i "tecnici", ora che Berlusconi, sommerso dallo scandalo di Ruby Rubacuori e del bunga bunga, con la credibilità appannata, senza una maggioranza solida, ha dato le dimissioni, ora il dibattimento Mills può però correre davvero. Come una "corsa da formula uno", sfotte e critica l'ex ministro Alfano. Ma di quale corsa parliamo? L'avvocato inglese, che deve finalmente rispondere alle domande, si sente male, è il cuore. Sono stati chiamati a difesa testi e perditempo di ogni tipo. "Qualunque sentenza non avrà effetto", annuncia Berlusconi, mentre gli ultimi calcoli ricordano il fotofinish: se si dovesse rispettare il calendario fissato dal collegio presieduto da Francesca Vitale, la sentenza verrebbe emessa sabato 11 febbraio. Ossia, settantadue ore prima della prescrizione. 
I berlusconiani amano parlare di persecuzione, ma è la regolarità dei processi il valore da difendere. Perché viene considerata  -  non solo da chi si occupa di processi, come i magistrati  -  una base della democrazia. Berlusconi ha avuto in questo campo altre disavventure pesanti, come raccontano le condanne per l'ex ministro e avvocato Cesare Previti, che ha comprato una sentenza pagando i giudici. Sono solo fatti. E se non fossero state approvate dalla sua maggioranza leggi dichiarate illegali e ingiuste, se non ci fosse stato un Parlamento così succube, il processo per Berlusconi sarebbe finito, come successo per Mills, nel 2010. Due anni fa. E anche questa contestazione non piace a chi rivuole il potere, e gli abusi del potere. La realtà è soltanto questa.

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