lunedì 16 luglio 2012

Napolitano solleva il conflitto con la procura di Palermo.





Napolitano solleva conflitto di attribuzione con Palermo: 'Intercettazioni lesive per le prerogative del presidente della Repubblica'. Procuratore Messineo: 'Siamo sereni. Rispettate tutte le norme, già dati chiarimenti all'Avvocatura'. Ingroia: 'Intercet.

Napolitano ha affidato all'Avvocato Generale dello Stato l'incarico di rappresentare la Presidenza della Repubblica nel giudizio per conflitto di attribuzione da sollevare dinanzi alla Corte Costituzionale nei confronti della Procura della Repubblica di Palermo per le decisioni che questa ha assunto su intercettazioni di conversazioni telefoniche del Capo dello Stato; decisioni che il Presidente ha considerato, anche se riferite a intercettazioni indirette, ''lesive di prerogative attribuitegli dalla Costituzione".  Napolitano è giunto a prendere questa decisione ispirandosi all'insegnamento di Einaudi, per "evitare" precedenti "grazie ai quali accada o sembri accadere che egli non trasmetta al suo successore immuni da qualsiasi incrinatura le facoltà" previste dalla Costituzione.
I MAGISTRATI: NORME RISPETTATE - "Siamo sereni. Tutte le norme messe a tutela del Presidente della Repubblica riguardo a una attività diretta a limitare le sue prerogative sono state rispettate. I chiarimenti sono stati già dati all'Avvocatura dello Stato. Mai la Procura avrebbe avviato una procedura mirata a controllare o comprimere le prerogative attribuite dalla Costituzione al Capo dello Stato". Lo ha detto il procuratore di Palermo Francesco Messineo. Ho appreso dell'avvio di una procedura relativa al conflitto di attribuzione. Dalla motivazione si ricava che questa iniziativa è stata attivata perché le intercettazioni, anche se indirette, sono lesive delle prerogative del Capo dello Stato. Al momento non conosciamo altro", ha concluso il procuratore.
Nei giorni scorso l'Avvocatura dello Stato di Roma aveva chiesto a Messineo chiarimenti sulle intercettazioni di conversazioni tra l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino e il capo dello Stato Giorgio Napolitano che sarebbero state "captate" nell'ambito dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. Le conversazioni sarebbero state intercettate indirettamente visto che ad essere sotto controllo era il telefono dell'ex ministro Mancino, indagato nell'ambito del procedimento per falsa testimonianza. Sono state invece depositate le conversazioni tra l'ex capo del Viminale e il consigliere giuridico del Quirinale Loris D'Ambrosio.
LE REAZIONI -  Il guardasigilli Paola Severino, a Mosca per una visita ufficiale, ha difeso la decisione del Quirinale di sollevare un conflitto di attribuzioni sulla vicenda delle intercettazioni telefoniche dell'inchiesta di Palermo: "Il capo dello Stato ha utilizzato il mezzo più corretto".
"Se l'intercettazione non è rilevante per la persona che è sottoposta a immunità e lo è per un indagato qualsiasi, può essere utilizzata". Lo dice il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, a proposito del conflitto di attribuzione sollevato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. "Secondo la nostra posizione - ha aggiunto Ingroia - per altro confortata da illustri studiosi, se l'intercettazione è rilevante nei confronti della persona intercettata, allora è legittima. Non esistono intercettazioni rilevanti nei confronti di persone coperte da immunità. E per quelle non coperte da immunità non c'e bisogno di alcuna autorizzazione a procedere".
"Ha ragione il Presidente della Repubblica quando sostiene che non devono esserci interferenze tra i vari organi costituzionali dello Stato e, proprio per questa ragione, ci auguriamo che nessuno, qualunque carica rivesta, interferisca con l'Autorità Giudiziaria nell'accertamento della verità", afferma Antonio Di Pietro. L'Idv, aggiunge, si schiera "senza se e senza ma al fianco dei magistrati palermitani". Per Di Pietro, i magistrati palermitani "stanno facendo ogni sforzo possibile per accertare la verità in ordine alla pagina buia rappresentata dalla trattativa tra Stato e mafia, che ha umiliato le istituzioni ed ha visto magistrati del calibro di Falcone e Borsellino perdere la vita, mentre altri trattavano per farla franca". "In uno Stato democratico, credo che tutti i cittadini abbiano il diritto di sapere se qualcuno abbia interferito nella ricerca della verità. E, nel caso specifico, è dovere dello Stato accertare le ragioni per cui un ex presidente del Senato, ex presidente del Csm ed ex ministro dell'Interno abbia cercato di interferire con le indagini, ricorrendo ai buoni uffici delle più alte cariche dello Stato per non dover rispondere delle proprie azioni davanti alla magistratura", conclude.
DECRETO NAPOLITANO, GIA' LESE PREROGATIVE CAPO STATO - Le prerogative del Capo dello Stato sono state già lese dai pm di Palermo con la valutazione dell'irrilevanza delle intercettazioni e la loro permanenza agli atti dell'inchiesta; sarebbero ulteriormente lese da una camera di consiglio per deciderne in contraddittorio la distruzione. lo si legge nel decreto del presidente Napolitano.
"Comportano lesione delle prerogative costituzionali del Presidente della Repubblica, quantomeno sotto il profilo della loro menomazione - è scritto nel decreto del Capo dello Stato - l'avvenuta valutazione sulla rilevanza delle intercettazioni ai fini della loro eventuale utilizzazione (investigativa o processuale), la permanenza delle intercettazioni agli atti del procedimento e l'intento di attivare una procedura camerale che - anche a ragione della instaurazione di un contraddittorio sul punto - aggrava gli effetti lesivi delle precedenti condotte".

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