domenica 5 agosto 2012

Sbarco su Marte, con sette minuti di terrore. - Paolo Mastrolilli




La sonda della NASA con a bordo il rover curiosity entra nell'orbita marziana: in questa fase tocca una velocità massima di 20 mila chilometri l'ora


Domani mattina il rover Curiosity si poserà sul Pianeta Rosso: sarà la manovra d’atterraggio più complessa mai sperimentata.


INVIATO A NEW YORK
Stavolta andiamo a cercare la vita. Non i marziani o gli omini verdi, e neppure le forme microbiche, perché non abbiamo ancora gli strumenti adatti per analizzarle. Però le condizioni di vità sì: la prova, in sostanza, che su Marte è potuta esistere qualche entità vivente. Dopo i «sette minuti di terrore», come la Nasa ha definito l’atterraggio del rover Curiosity sul Piantea Rosso, previsto lunedì mattina, questa sarà la missione. In attesa che gli uomini, secondo le previsioni del direttore dell’agenzia spaziale americana, Charles Bolden, riescano a metterci piede tra un paio di decenni.

Il viaggio del Mars Science Laboratory, costato 2,5 miliardi di dollari, era cominciato il 26 novembre 2011 da Cape Canaveral. Dopo aver percorso 567 milioni di chilometri, arriverà su Marte all’1,17 di lunedì mattina, minuto più, minuto meno. La Nasa ha definito l’atterraggio come i «sette minuti di terrore», perché sarà la manovra più ardita e difficile mai tentata sul Pianeta Rosso. La sonda entrerà nell’atmosfera ad una velocità di 13.200 miglia orarie, circa 5.900 metri al secondo, protetta da due scudi per evitare che si disintegri. A quel punto si aprirà un paracadute supersonico, che dovrà rallentarla. Se tutto funzionerà, gli scudi si separeranno, consentendo l’uscita della «Sky crane». Una gru stellare, in altre parole, che avrà il compito di poggiare sulla superficie Curiosity, e poi allontanarsi grazie ai suoi razzi. Una persona normale fatica anche ad immaginare un’operazione del genere, condotta a 500 milioni di km di distanza, figuriamoci a farla.

La Nasa, però, ha scelto questo azzardo, perché vuole informazioni più precise di quelle che in passato aveva ottenuto con missioni tipo il mitico Pathfinder o la coppia gemella Spirit e Opportunity. Tanto per cominciare, Curiosity è parecchio più grande dei suoi predecessori: tre metri di lunghezza, per 900 chili di peso. Un po’ come posare una Cinquecento su Marte. Poi la zona di atterraggio è molto più ambiziosa, e questo dovrebbe fare la differenza rispetto al passato. In precedenza, per non correre rischi, la Nasa aveva fatto scendere i suoi rover in luoghi del pianeta abbastanza piatti e lisci. Era la soluzione più logica e facile, ma anche meno interessante, perché queste sono aree che contengono meno informazioni scientifiche. Curiosity invece atterra nel mezzo del Gale Crater, in una zona lunga 20 km per sette, ad un passo dal Mount Sharp. Si tratta di una regione che ha vissuto fenomeni di erosione molto significativi, e le osservazioni fatte dalle missioni orbitanti hanno notato la presenza di minerali che si sono formati in presenza di acqua. Gli strati geologici di questa zona sono una specie di libro che racconta la storia di Marte, e Curiosity cercherà di leggerlo con i suoi strumenti, per dirci se sul pianeta c’erano le condizioni per la vita. La presenza potenziale di materia organica. «Trovarla - ha spiegato Matt Golombek del Mars Exploration Program - non è facile. E resterebbe comunque il dubbio se questa materia ha origine biologica o no. Così, però, si cerca di rispondere alle nostre domande fondamentali: siamo soli nell’universo? La vita si sviluppa ovunque sia presente acqua in forma liquida? Oppure è necessario un atto divino, un incidente che accade una volta su un trilione di casi? C’è stata una seconda Genesi, o noi siamo stati incredibilmente fortunati?». I primi segnali di Curiosity dovrebbero arrivare 14 minuti dopo l’atterraggio, e le prime immagini già lunedì. Poi, se tutto va bene, cominceranno due anni di studio.

L’atterraggio arriva qualche giorno dopo l’annuncio che la Cina vuole arrivare sulla Luna l’anno prossimo, a cui Bolden ha risposto rilanciando gli obiettivi della Nasa: mandare un uomo sopra un asteroide entro il 2025, e poi su Marte negli anni Trenta. «Sul piano tecnologico e militare - spiega Jim Lewis, direttore del Technology and Public Policy Program al Center for Strategic and International Studies di Washington - questa corsa allo spazio vuol dire poco. Tutto quello che ci serve per la difesa possiamo realizzarlo con altri mezzi. Questa è politica. Anzi, di più: è l’aspirazione della nostra natura a conoscere. Se l’avessimo persa, però, mi comincerei a preoccupare».

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