lunedì 20 febbraio 2012

Bluff della RAI sul canone per i pc, migliaia di lavoratori a rischio truffa .



La televisione di Stato prova ad imbrogliare migliaia di lavoratori spedendo loro richieste di pagamento per un “Canone Speciale” dovuto per il solo possesso di un pc o di un qualsiasi apparecchio atto a riprodurre i programmi RAI. Il vuoto legislativo al momento però non obbliga alcun tipo di tassa al di fuori di quella tradizionale per la tv.


Il canone RAI da sempre rappresenta una delle tasse più odiate dal popolo italiano. Ogni anno le nostre famiglie sono costrette a sborsare un centinaio di euro per pagare lo stipendio ai vari Minzolini, Ferrara, Vespa e il resto della crema della programmazione televisiva dell’azienda di stato. Mentre le varie offerte a pagamento degli operatori privati come Mediaset o Sky possono essere acquistate o meno dai telespettatori, il solo fatto di possedere un apparecchio televisivo impone l’onere del canone RAI in ogni casa e in ogni esercizio commerciale. In un periodo di crisi come quello che stiamo attraversando e soprattutto a fronte di un’offerta televisiva di qualità insulsa, la tassa RAI risulta inevitabilmente ancora più fastidiosa.
Negli ultimi giorni, mentre sempre meno italiani si lobotomizzavano davanti a Sanremo, tra il nuovo che avanza del duetto Morandi-Celentano (rispettivamente classe ’44 e ’38) e la farfalla di Belen, 5 milioni di aziende e lavoratori autonomi si sono visti recapitare una richiesta da parte della RAI per il pagamento di un “Canone Speciale”, tra i 200 e i 6000 euro. Il motivo? Il possedere un pc, un tablet oppure uno smartphone, ovvero “uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni” per cui si è obbligati ”al pagamento del canone di abbonamento” (regio decreto legge del 21 febbraio 1938, n. 246). Ebbene sì, mentre l’Europa e l’Italia stessa discutono di Agenda Digitale, aiuto alle imprese e modernizzazione del paese la RAI decide di tassare la tecnologia tirando in ballo una legge firmata dal Re d’Italia.
Dura lex sed lex, direte voi, eppure non è proprio così, per fortuna a combattere l’atavica stupidità umana ci pensano i tempi biblici della burocrazia italiana. Se la legge infatti non si è accorta del secolo che è trascorso dai tempi di Marconi, i consumatori invece ne sono ben consapevoli e tramite l’Aduc hanno da tempo interrogato gli organi competenti perchè definiscano con maggiore precisione le tipologie di apparecchi sottoposti al canone RAI. La richiesta è stata inviata al servizio Rispondi Rai, alle sedi regionali della Rai, all’Agenzia delle Entrate, al ministro delle Finanze e in ben cinque interrogazioni parlamentari. La risposta? “Boh”, volendola riassumere in una sola parola.
Nessuno è in grado attualmente di stabilire se pc, smartphone e tablet siano davvero compresi tra quelli sottoposti al canone. L’unica via rimasta sembra essere quella di un interpello alla Direzione generale del Ministero delle Finanze; in caso di mancata risposta (molto probabile, visti i tempi infiniti), il contribuente può far valere la sua interpretazione della legge, senza incorrere in future sanzioni. In poche parole la legge non è ancora chiara riguardo alla faccenda, eppure la RAI continua nel suo piano di riscossione, come se chi utilizzasse un iPad per lavoro lo facesse per seguire gli onanismi mentali di Ferrara o i servizi orofaringei di Vespa.

L'ex Ministro Pdl La Russa: "Mio figlio l'esame da avvocato a Catanzaro? Non lo sapevo".



Dal Chiambretti Sunday Show del 19 febbraio 2012


Dopo il caso di Mariastella Gelmini, ecco quello della famiglia La Russa: nota per essere "di grandi avvocati", in quel di Milano. Il figlio Geronimo ha ben pensato di volare dall'altra parte dell'Italia e andare a sostenere in Calabria l'esame di abilitazione alla professione forense. E questo lo sapevamo. Ma ancora più interessanti sono le parole di papà La Russa, che spiattella a riguardo una dichiarazione di scajolana memoria: "non ne sapevo niente". Tra l'imbarazzato e l'imbarazzante, questa la reazione di un ex Ministro e Parlamentare della Repubblica.


http://nonleggerlo.blogspot.com/2012/02/allinsaputa-di-la-russa.html

E’ morto Renato Dulbecco, premio Nobel per la medicina nel 1975.



Lo scienziato ha dato un contributo fondamentale alla ricerca genetica sul cancro. Una vita tra Italia e Stati Uniti, l'impegno contro la "fuga dei cervelli". Fu partigiano e membro del Cln di Torino. E nel 1999 si prestò a presentare il Festival di Sanremo con Fabio Fazio.


Il premio Nobel Renato Dulbecco
E’ morto Renato Dulbecco, premio Nobel per la medicina. Dulbecco, ha spiegato Paolo Vezzoni,uno dei suoi più stretti collaboratori al Cnr di Milano, è deceduto in California, dove viveva con sua moglie. Fino a qualche mese fa le sue condizioni di salute erano buone, ma nell’ultimo periodo aveva accusato alcuni problemi circolatori.

Dulbecco, medico, biologo e genetista, era nato a Catanzaro nel 1914 e avrebbe compiuto 98 anni il 22 febbraio. Furono le sue ricerche nel campo dei tumori, condotte negli Stati Uniti, a portarlo a vincere il Nobel nel 1975. Dulbecco, in particolare, fu un pioniere dello studio genetico del cancro e grazie al suo lavoro in pochi decenni la lotta ai tumori ha imboccato una svolta determinante.

Nonostante avesse la cittadinanza americana dal 1953, Dulbecco ha sempre mantenuto un forte legame con l’Italia, tanto da essere considerato il padre delle ricerche italiane sulla mappa del Dna, condotte presso l’Istituto di Tecnologie Biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) a Milano. Solo l’età avanzata e le condizioni di salute precarie hanno interrotto la spola tra Milano e La Jolla, in California, dove viveva e lavorava presso l’istituto Salk.

Nel 1999 accettò di condurre un’edizione del Festival di Sanremo insieme a Fabio Fazio, devolvendo il compenso a favore del rientro in Italia di cervelli fuggiti all’estero. Un’iniziativa simbolica che ancora oggi prosegue nel Progetto Carriere Dulbecco promosso da Telethon.

A 16 anni Renato Dulbecco si iscrive alla facoltà di Medicina dell’università di Torino e segue i corsi dell’anatomista Giuseppe Levi insieme a Rita Levi Montalcini e Salvador Luria. Si laurea con lode nel 1934. Durante la seconda guerra mondiale è ufficiale medico sul fronte francese e poi su quello russo dove, nel 1942, rischia di morire. Caduta la dittatura fascista, Dulbecco entra a far parte delle Resistenza e poi del Cln della città di Torino, diventando anche membro della giunta popolare guidata dal sindaco Giovanni Roveda.

Nel 1947 la grande decisione di trasferirsi negli Stati Uniti per raggiungere Luria, che lavorava lì già dal 1940. Un viaggio che cominciò con una sorpresa: “senza saperlo, ci ritrovammo sulla stessa nave”, raccontava mezzo secolo più tardi ancora divertito, ripensando all’incontro inatteso con Rita Levi Montalcini. “Facevamo lunghe passeggiate sul ponte parlando del futuro, delle cose che volevamo fare: lei alle sue idee sullo sviluppo embrionale e io alle cellule in vitro per fare un mucchio di cose in fisiologia e medicina”.

Sono le strade che entrambi seguono negli Usa e che portano Dulbecco nel California Institute of Technology (CalTech), dove ha una cattedra e comincia ad occuparsi di tumori. Nel 1960 fa la scoperta che nel 1975 lo porterà al Nobel: osserva che i tumori sono indotti da una famiglia di virus che in seguito chiamerà “oncogeni”. Nel 1972 lascia gli Usa per Londra, come vicedirettore dell’ Imperial Cancer Research Fund. Dopo il Nobel, condiviso con David Baltimore e Howard Temin, ritorna all’Istituto Salk per studiare i meccanismi genetici responsabili di alcuni tumori, in primo luogo quello del seno. Il suo rientro in Italia, nel 1987, coincide con l’avvio del Progetto internazionale Genoma Umano, del quale Dulbecco diventa coordinatore del ramo italiano. Un’esperienza che si arena nel 1995 per mancanza di fondi e che lo riporta negli Stati Uniti.

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Amministrative, Berlusconi nasconde il Pdl e pensa di presentare liste civiche. - di Davide Vecchi




Un vertice convocato domani a Lesmo con tutti gli amministratori locali e lo stato maggiore del partito per mettere le basi di quello che sarà il nuovo movimento che prenderà vita in autunno. Il Cavaliere sa che alle prossime elezioni di maggio c'è il rischio di una sonora sconfitta così sta valutando di non presentare il Popolo della Libertà. Ma non basta a risolvere i problemi: dallo scandalo delle tessere false alle difficoltà di individuare personalità forti da presentare a Genova, Palermo e Verona


Cancellare il Pdl e presentarsi alle prossime amministrative con delle liste civiche, tentando così di avvicinare anche l’Udc e l’elettorato moderato. Ed evitare soprattutto il paragone con i risultati delle ultime elezioni: i sondaggi più recenti, infatti, danno il partito di Arcore intorno al 20%. Silvio Berlusconi sa che al voto di primavera ci sarà un bagno di sangue ovunque, da Palermo a Verona. Così ha intenzione di far sparire il Pdl e archiviarlo. Poi, al congresso nazionale che si svolgerà presumibilmente in autunno, prenderà vita un nuovo partito come il Cavaliere vuole da tempo. Anche per questo il Cavaliere ha convocato tutti gli amministratori locali e vertici del Pdl domani sera a Lesmo, nella villa Gernetto sede dell’università del pensiero liberale. Appuntamento ore 20.30 per una cena tutti insieme, poi una riunione ristretta con Angelino Alfano, i coordinatori Denis Verdini e Ignazio La Russa, alcuni amministratori tra cui Roberto Formigoni, i capigruppo e pochi altri per stabilire come muoversi per non rischiare di sparire dalle amministrazioni. I nodi da sciogliere sono molti. Primo fra tutti l’alleanza con la Lega ormai “morta e sepolta”, come ha ribadito ieri Roberto Calderoli. Il Cavaliere si è infatti definitivamente rassegnato: l’asse con il caro amico Umberto Bossi non esiste più. Berlusconi ha temporeggiato fin quando ha potuto, ma Alfano e in particolare Verdini sono riusciti a convincerlo che è arrivato il momento di muoversi per limitare i danni.

C’è il nodo dei candidati sindaci che il Pdl non riesce a individuare, in particolare nei comuni strategici come Palermo, Genova e Verona. Inoltre il caos più totale delle tessere false non aiuta a migliorare il clima di confusione che regna nel partito in vista delle amministrative. Alfano tenta di tenere insieme i pezzi e ripete che con oltre un milioni di iscritti, è possibile che ci siano casi isolati di irregolarità, ma “i furbetti non passeranno”, ripete il segretario nazionale. Ma c’è il rischio che possano essere invalidati anche i congressi già celebrati. L’ordine di scuderia è ritrovare l’unità e agire compatti. “E’ il momento di rimboccarsi le maniche e di lavorare ventre a terra per evitare una debacle elettorale, che in tanti prevedono al voto di maggio”, riferisce un ex ministro azzurrro. Si voterà in molti centri di piccola e media dimensione, ma gli occhi sono puntati su 5 città considerate strategiche per i futuri assetti politici, tutti comuni dove il Terzo Polo ha stabilito di correre in modo unitario: Palermo, Genova, Verona, L’Aquila e Lecce. E se nel capoluogo ligure c’è ancora un margine d’azione, mentre a Verona si attende che la Lega risolva lo scontro con Flavio Tosi per una lista civica che il Carroccio invece vuole vietargli, le attenzioni si concentrano sulla Sicilia, la terra dove il delfino del Cavaliere rischia di cadere in mano nemica.

Allo stato, la discesa in campo del 34enne Massimo Costa per Palazzo delle Aquile (sostenuta da Api, Fli, Udc e l’Mpa di Raffaele Lombardo), fa ancora sbandare i vertici azzurri locali. E imbarazza Alfano, che non può fare a meno dell’appoggio di Gianfranco Miccichè. Ma il leader del Grande Sud non intende apparentarsi con il Pdl e minaccia di correre da solo o di dare il suo appoggio al candidato terzopolista. Alla fine, il Pdl potrebbe puntare su Francesco Cascio, presidente dell’Ars, che avrebbe il gradimento dei big del partito. Raccontano che in questi giorni il Terzo Polo stia cercando un accordo con Miccichè per incassare il suo sostegno a Costa, in modo da replicare poi l’intesa alle Regionali proprio su un candidato del Grande Sud, magari lo stesso Miccichè. La trattativa ha messo in allerta Alfano, cui spetterà trovare presto un’alternativa, magari attraverso le primarie. Ci sono poi altri comuni dell’isola che preoccupano il Pdl: Trapani, dove l’Udc e Fli si alleeranno con il Pd, e Agrigento, la terra natia di Alfano. Qui il sindaco uscente è targato Udc e probabilmente sarà sostenuto dall’ex Guardasigilli, non dal resto del Terzo Polo che stringerà un’intesa con i democratici.

A Lecce il rebus è molto difficile da risolvere. Adriana Poli Bortone di Grande Sud sarà l’ago della bilancia: da lei (che ha ricevuto un’apertura da Gianfranco Fini) dipenderanno le mosse di Pdl e Terzo Polo. A Genova, la lista civica di Enrico Musso, sostenuta dal Terzo Polo con l’apporto determinante dell’Udc, ha sparigliato le carte e messo nell’angolo i vertici azzurri, visto che la Lega correrà per conto proprio. Claudio Scajola ha proposto primarie aperte alla società civile per individuare un unico candidato dell’area moderata, ma difficilmente si eviterà una sfida Terzo Polo-Pdl. Circolano vari nomi, da Roberta Ogliaro, presidente di Spediporto Genova, a Beppe Costa imprenditore e amministratore dell’Acquario della città, e Pierluigi Vinai. Ma la caccia al candidato è ancora tutta aperta.

L’unica certezza è dunque che il partito di Berlusconi correrà da solo ovunque. Così domani a villa Gernetto si metteranno le basi per quello che sarà il nuovo movimento di Arcore che si presenterà in campo alle prossime amministrative. E partirà proprio dai nuovi candidati. Lo conferma Roberto Formigoni, parlando in merito alla situazione lombarda. “La Lega ha detto” che andrà da sola “quindi si tratta di presentare dei candidati, nelle diverse situazioni, che possano essere vincenti. E il Pdl sta lavorando per questo. Domani sera ne parleremo in dettaglio”, ha spiegato. L’obiettivo, al dì la della possibilità di liste civile, “è di dare buoni governi alle città scegliendo le persone giuste. Poi la formula una o più liste può essere decisa caso per caso”, aggiunge Formigoni. E a Lesmo si parlerà anche della “sua” Regione. Il governatore, infatti, guarda con crescente interesse a Roma e si è detto disponibile a lasciare il Pirellone prima della scadenza naturale del suo mandato prevista per il 2015. La poltrona lombarda è da sempre nel mirino della Lega e Berlusconi sta ancora tentando di usarla come merce di scambio con Bossi in cambio di una rinnovata alleanza. Il Senatùr vorrebbe insediare qui il “barbaro sognante” Roberto Maroni, risolvendo così in parte anche la lite interna che si sta consumando tra Cerchio Magico e maroniani. Ma i militanti vogliono l’ex titolare del Viminale candidato premier alle prossime politiche. Inoltre lo stesso Bobo è stato chiaro sul tema alleanze: mai più insieme al Pdl fino a quando Berlusconi sosterrà il governo guidato da Mario Monti. Per il momento, dunque, è tutto rimandato a dopo le amministrative. Poi si vedrà. Del resto, dice Formigoni, “la stagione di Monti si conclude con le prossime elezioni amministrative, dopo di che i partiti dovranno essere in grado di presentare dei programmi e delle persone credibili”. E soprattutto si comincerà a lavorare alle politiche del 2013: il congresso nazionale dell’attuale Pdl si terrà il prossimo autunno e lì, conferma Formigoni, prenderà vita il nuovo partito di Arcore. Quello attuale, spiega, “non è che sia un brutto nome, ma certamente non è evocativo come Forza Italia e ci sono stati dei problemi perché quando si dice Pdl la gente fa fatica a ricordare. Probabilmente nel congresso che terremo in autunno cambieremo anche il nome”. In quel “anche” c’è tutto. E le basi del futuro partito saranno gettate domani a Lesmo, sotto la guida di Berlusconi.

Esperienze estenuanti all'INPS.





Di buona mattina mi reco all'INPS per motivi personali, prendo il mio bel numerino e siedo in attesa del mio turno.
Dopo un'ora circa, chiamano il mio numerino, entro e mi siedo di fronte alla mia interlocutrice.
Mezza età, capelli stopposi tinti biondi con una abbondante ricrescita bianca. 
Espressione arcigna: la premessa non è buona. 
Le spiego che voglio trasferire l'accredito della mia pensione dal c/c bancario in atto al libretto che ho appena aperto presso "poste italiane", e le porgo la documentazione cartacea.
Lei mi risponde che la documentazione è incompleta e, quindi, non può neanche protocollarmi la domanda perchè mancano i codice ABI e CAB.
Le spiego che un libretto non è un c/c e non prevede tali codici, ma lei insiste e si rifiuta categoricamente di prendere in esame e, quindi, di protocollare la mia richiesta.
Con molta pazienza, e trattenendo a stento la rabbia, mi alzo ed esco per ri-recarmi all'ufficio postale che si trova fuori città nella località montana dove abito.
Alle poste, naturalmente, il direttore mi dice che l'impiegata dell'INPS è una incompetente e mi da il suo numero di telefono consigliandomi, qualora la suddetta avesse insistito nella sua posizione, di chiamarlo perchè avrebbe provveduto lui personalmente a spiegarle che si sbagliava. 
Pazienza! Nel frattempo si è fatto mezzogiorno, giornata persa per colpa di una stupida ed ignorante impiegata che meriterebbe solo il licenziamento in tronco!