venerdì 14 settembre 2012

Fiat, addio "Fabbrica Italia": «C'è crisi» Della Valle: «Colpa di Marchionne Lui e i vertici furbetti e inadeguati».


Della Valle e Marchionne 


Il nuovo piano su modelli e stabilimenti verrà il 30 ottobre. La Fiom: è grave, Marchionne vuole mani libere

ROMA - La Fiat archivia il piano "Fabbrica Italia" con cui due anni fa aveva promesso 20 miliardi di investimenti in cinque anni nellaPenisola e l'ad Sergio Marchionne, insieme al presidente John Elkann, finisce sotto attacco del patron di Tod's Diego della Valle: «Il vero problema della Fiat non sono i lavoratori, l'Italia o la crisi (che sicuramente esiste): il vero problema sono i suoi azionisti di riferimento e il suo amministratore delegato. Sono loro che stanno facendo le scelte sbagliate». 

L'attacco. 
In una nota il patron Della Tod's interviene sulla vicenda Fabbrica Italia, cogliendo l'occasione per togliersi qualche sassolino della scarpa, dopo lo scontro che lo aveva visto contrapposto, la scorsa primavera, al presidente di Fiat, John Elkann, nel rinnovo dei vertici di Rcs, il gruppo che controlla il Corriere della Sera. «Continua questo ridicolo e purtroppo tragico teatrino degli annunci ad effetto da parte della Fiat, del suo inadeguato Amministratore Delegato e in subordine del Presidente. Assistiamo infatti da alcuni anni a frequentissime conferenze stampa nelle quali, da parte di questi Signori, viene detto tutto e poi il contrario di tutto, purché sia garantito l'effetto mediatico, che sembra essere la cosa più importante da ottenere, al di là della qualità e della coerenza delle cose che si dicono», afferma Della Valle. 

«Parole pesanti». 
«Con il comunicato rilasciato ai giornalisti oggi, Marchionne e Company - prosegue - hanno superato ogni aspettativa riuscendo, con alcune righe, a cancellare importanti impegni che avevano preso nelle sedi opportune nei confronti dei loro dipendenti, del Governo e quindi del Paese». «Ma si rendono conto questi supponenti Signori dello stato d'animo che possono avere oggi le migliaia di lavoratori della Fiat e i loro familiari di fronte alle pesanti parole da loro pronunciate e alle prospettive che queste fanno presagire?» 

«Furbetti cosmopoliti». 
Fanno «le scelte più convenienti per loro e i loro obiettivi, senza minimamente curarsi degli interessi e delle necessità del Paese. Paese che alla Fiat ha dato tanto, tantissimo, sicuramente troppo. Pertanto - aggiunge - non cerchino nessun capro espiatorio, perché sarà solo loro la responsabilità di quello che faranno e di tutte le conseguenze che ne deriveranno». «E' bene comunque che questi «furbetti cosmopoliti» sappiano che gli imprenditori italiani seri, che vivono veramente di concorrenza e competitività, che rispettano i propri lavoratori e sono orgogliosi di essere italiani, non vogliono in nessun modo essere accomunati a persone come loro», conclude l'imprenditore marchigiano.

Il comunicato della Fiat. Il Lingotto, si legge in una nota diffusa oggi, ha sottolineato che è impossibile fare riferimento a un progetto nato due anni e mezzo fa». Il gruppo guidato da Sergio Marchionne ha poi aggiunto di aver deciso «di gestire le sue scelte in modo responsabile» e che «continuerà a farlo per non compromettere il proprio futuro, senza dimenticare l'importanza dell'Italia e dell'Europa». 

Fiat nella nota diffusa per rispondere ai timori sul futuro di Fabbrica Italia espressi da alcuni esponenti del mondo politico e sindacale ricorda che il 27 ottobre 2011 aveva annunciato in un comunicato che non avrebbe più utilizzato la dizione "Fabbrica Italia" perché «molti l'avevano interpretata come un impegno assoluto dell'azienda mentre invece si trattava di una iniziativa del tutto autonoma che non prevedeva tra l'altro alcun incentivo pubblico». «Da quando Fabbrica Italia è stata annunciata nell'aprile 2010 - spiega il Lingotto nella nota - le cose sono profondamente cambiate. Il mercato dell'auto in Europa è entrato in una grave crisi e quello italiano è crollato ai livelli degli anni settanta. È quindi impossibile fare riferimento ad un progetto nato due anni e mezzo fa. È necessario infatti che il piano prodotti e i relativi investimenti siano oggetto di costante revisione per adeguarli all'andamento dei mercati». 

L'azienda ricorda di avere ribadito ai sindacati nell'incontro del primo agosto a Torino che «la delicatezza di questo periodo, di cui è impossibile prevedere l'evoluzione, impone a tutti la massima cautela nella programmazione degli investimenti. Informazioni sul piano prodotti e stabilimenti saranno comunicate in occasione della presentazione dei risultati del terzo trimestre 2012», prevista per il 30 ottobre prossimo.

«Vale la pena di sottolineare - conclude il Lingotto - che la Fiat con la Chrysler è oggi una multinazionale e quindi, come ogni azienda in ogni parte del mondo, ha il diritto e il dovere di compiere scelte industriali in modo razionale e in piena autonomia, pensando in primo luogo a crescere e a diventare più competitiva. La Fiat ha scelto di gestire questa libertà in modo responsabile e continuerà a farlo per non compromettere il proprio futuro, senza dimenticare l'importanza dell'Italia e dell'Europa». 

La Fiom: problema serio. «Se dalla nota della Fiat emerge che il famoso piano Fabbrica Italia rischia di non esserci più siamo di fronte ad un problema molto serio», ha detto il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini. «Non aver fatto gli investimenti - ha aggiunto - ha determinato che la Fiat venda meno di altri perché non ha i modelli e in più c'è il rischio che in Italia un sistema industriale dell'auto, non solo Fiat e componentistica, salti. Quindi - conclude - la discussione nel governo e nella politica di questo Paese dovrebbe essere di come si fa ad evitare che il sistema imploda, salti e si perdano altri posti di lavoro».

«Mi sembra che la Fiat voglia le mani libere in Italia, non vuole vincoli. Con questa dichiarazione si straccia l'ultimo velo di ipocrisia di un piano Fabbrica Italia che non è mai decollato lasciando i lavoratori nella cassa integrazione e nell'incertezza», ha sottolineato Giorgio Airaudo, responsabile Auto della Fiom. «Anche a Pomigliano - ha proseguito Airaudo - metà dei lavoratori non sono rientrati. Cadono le illusioni di chi pensava che lasciando dieci minuti di pausa o dando disponibilità agli straordinari comandati arrivassero gli investimenti. Dovrebbero riflettere tutti quelli che hanno firmato le intese. Tutto ciò accade con la complicità irresponsabile di una classe dirigente che ha lasciato da soli i lavoratori e in qualche misura la stessa Fiat».

«È davvero triste veder riconosciuta la fondatezza degli allarmi inascoltati degli ultimi anni sull'inaffidabilità del vertice della Fiat nell'assumere gli impegni per le realtà produttive nel nostro Paese. La Fiat ha utilizzato propagandisticamente il mito di Fabbrica Italia mentre concretamente cancellava i diritti dei propri lavoratori, isolava e tentava di annichilire il movimento sindacale», afferma Nichi Vendola, presidente di Sinistra Ecologia Libertà. Forse in queste ore è arrivato il tempo anche per il governo di cominciare a fare qualcosa: ad esempio convochi immediatamente i vertici della Fiat».

«Ieri la Fiat era una realtà imprenditoriale, oggi è una realtà finanziaria. Ieri la Fiat produceva lavoro, occupazione e reddito, oggi fa interventi in borsa, oggi opera in un sistema finanziario lobbistico internazionale. Non so neanche se l'ad va chiamato ancora Marchionne o Marchion, perché ormai di italiano ha solo il nome, non certo gli interessi», ha dichiarato Antonio Di Pietro, leader dell'Idv.

Vittorio Sgarbi

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Vittorio Sgarbi (al secolo Vittorio Sgarbo) è un imprecatore professionale italiano, noto per la creatività con cui manda a cagare la gente. Sgarbi è un famoso "invettivologo", e cioè uno studioso alla continua ricerca di nuovi insulti (come capra o merda secca, dei quali detiene il copyright).
Acquista anche tu una Sgarbie! Se tiri la cordicella sul retro, ripeterà "CAPRA!" all'infinito.


http://nonciclopedia.wikia.com/wiki/Vittorio_Sgarbi

Ha, ha, ha...


 

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Reggio, soldi alla prediletta di B. - Gianfrancesco Turano

Mariarosaria Rossi

Il comune calabrese, che è al crac finanziario e rischia lo scioglimento, ha dato quasi cinque milioni di euro alla società di Mariarosaria Rossi, l'onorevole del Pdl vicinissima al Cavaliere.

Dal punto di vista della finanza pubblica, il "modello Reggio" è tutto nell'appalto per servizi di contact center affidato a Euro Service Group (Esg), società romana controllata da Antonio Persici e dalla moglie Mariarosaria Rossi, onorevole del Pdl con l'incarico molto speciale di gestire l'agenda di Silvio Berlusconi in persona. L'imprenditrice non era ancora entrata in Parlamento quando nel 2006 la giunta reggina guidata da Giuseppe Scopelliti bandiva una gara per esternalizzare l'appalto di contact center "Chiamareggio", prima gestito da due partecipate del Comune. L'importo iniziale veniva determinato in 2,3 milioni di euro per due anni (2007 e 2008) con una dotazione di 60 operatori. 

Durante l'assegnazione, emergeva che il disciplinare tecnico della gara era stato elaborato non dagli uffici comunali ma dal computer di Pierpaolo Persici, figlio di Antonio e consigliere di Esg. La società romana si aggiudicava l'appalto a gennaio 2007 ma le proteste dell'opposizione portavano alla sospensione della gara.

Nonostante questo, a maggio, l'appalto veniva assegnato a Esg e poi prorogato di due anni (2009 e 2010). Nello stesso periodo, un appalto per un servizio analogo veniva aggiudicato a un'altra società esterna per soli 20 mila euro. L'ultima proroga a favore della società dell'onorevole Rossi porta la data del 10 dicembre 2010 e prevede un termine di altri tre mesi per un compenso di 277 mila euro. Il totale sfiora i 5 milioni.


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/reggio-soldi-alla-prediletta-di-b/2191087/25

Trattativa Stato-mafia.



Non mollate! Il popolo è con voi!

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"Stellology" ... Il Grillista



In tutte le sale dalla prossima legislatura.

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Prima dello Statuto dei lavoratori non c'era disoccupazione...


Paolopietro Rossi

La Classe operaia, SCALPELLINI inclusi, invia una CARTOLINA dal SOGGIORNO OBBLIGATO, e ringrazia i Compagni Falce, Martello ed Inciuci VENTENNALI per l'enorme lavoro ad altissimo CONTENUTO MORALE, per detta Classe che ha iniziato il percorso per andare in PARADISO, ma non come Gianmaria Volonte' narrava nel suo film di anni addietro...!!!!

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Film Maometto, islamici in rivolta. Assalto alle ambasciate in Sudan e Tunisia: 6 morti.


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Una vittima anche in Libano dove il Papa è in visita ufficiale. Scontri e spari in Tunisia, anche contro la scuola americana. A Khartoum assaltate le sedi diplomatiche di Usa, Gran Bretagna Germania. Proteste e scontri anche in Egitto. Manifestazioni in Bangladesh, con 10mila persone in piazza a Dacca, in Malaysia e in Indonesia.

Proteste e manifestazioni in tutti paesi islamici contro la pellicola sulla vita di Maometto considerata blasfema. Il venerdì, giorno santo per i musulmani, si è trasformato in una nuova giornata di violenza e rabbia dopo le manifestazioni e gli scontri di ieri
SUDAN - Migliaia di manifestanti hanno raggiunto l’ambasciata Usa a Khartoum e sono riusciti a entrare all’interno da dove si sono uditi spari. La polizia ha fatto uso di gas lacrimogeni per tenerli a distanza e secondo l’agenzia Adnkronos i morti sono quattro. Lo staff dell’ambasciata sarebbe al sicuro, secondo l’agenzia Bloomberg che cita il portavoce dell’ambasciata americana a Khartoum, Ron Hawkins. In precedenza, oltre 5 mila persone si erano riunite davanti alle ambasciate di Germania e Gran Bretagna e gruppi di violenti avevano dato l’assalto alla sede diplomatica tedesca. La polizia sudanese è stata costretta a intervenire con la forza per tentare di disperdere la folla, sono stati sparati candelotti lacrimogeni contro i manifestanti che hanno risposto lanciando pietre contro gli agenti e verso le due sedi diplomatiche che si trovano una accanto all’altra. I manifestanti sono riusciti a fare irruzione nel compound sfondando il cordone di polizia. Da quella tedesca si sono sollevate fiamme, ma il personale della sede diplomatica è stato messo al sicuro. I manifestanti hanno poi rimosso la bandiera tedesca e issato al suo posto quella di al-Qaeda
TUNISIA - Un gruppo di manifestanti è riuscito a scavalcare il muro di cinta dell’ambasciata Usa a Tunisi e ad ammainare la bandiera americana per sostituirla con una bandiera islamica. La polizia tunisina ha cercato di fronteggiare i manifestanti e di evitare l’assalto agli uffici sparando colpi di arma da fuoco in aria. Inutile il fitto lancio di granate lacrimogene verso la folla di manifestanti. Le forze di sicurezza, schierate a protezione, hanno quindi cominciato a esplodere molti colpi d’arma da fuoco a scopo intimidatorio per disperdere i manifestanti. L’agenzia Ansa ha scritto di spari ad altezza uomo. Alcuni feriti sono stati già portati via, secondo le prime informazioni sarebbero cinque e almeno due sono stati colpiti da armi da fuoco. Nel parcheggio della sede diplomatica sono state lanciate bombe incendiarie che hanno bruciato almeno quindici auto. Il personale dell’ambasciata, presidiato dai marines posizionati sul tetto, è stato evacuato anche se “con grande difficoltà”. Secondo alcuni testimoni l’American Cooperative School of Tunis, che si trova nella municipalità di L’Aouina (nell’area della Grand Tunis) è stata presa d’assalto e data alle fiamme da manifestanti. L’istituto era però stato chiuso. Secondo quanto riferisce il sito Tunisie Numerique, elementi della brigata anti-terrorismo hanno fermato un uomo che stava collocando un ordigno esplosivo, confezionato con una bombola di gas, dentro il compound dell’ambasciata americana di Tunisi. 
LIBANO - Nel giorno in cui il Papa inizia la visita ufficiale, a Tripoli si registra un morto e si contano almeno 25 feriti. Alcune centinaia di persone hanno dato fuoco a un locale della catena di ristorazione americana Kentucky Fried Chicken (Kfc) di Tripoli, principale porto nel nord del Libano. Secondo fonti della sicurezza libanese citate da al-Arabiya, il manifestante deceduto è stato raggiunto da una pallottola sparata dagli agenti mentre la folla cercava di prendere d’assalto un edificio governativo. Tra i feriti si contano almeno 18 agenti, colpiti dalle pietre lanciate dai manifestanti.
NIGERIA - La polizia, secondo Al Jazeera, ha sparato per disperdere una folla di manifestanti vicino a una moschea a Jos, nel centro del paese africano. 
KENYA - Manifestazioni anti americane si sono tenute questo pomeriggio, dopo la preghiera del venerdì, all’esterno della più importante moschea di Mombasa. Centinaia di musulmani si sono radunati fuori il luogo di culto  e hanno incendiato bandiere americane al grido di ‘Allah è grande’. “Condanniamo questo film americano che ha insultato il profeta Maometto”, ha detto il segretario generale del Consiglio degli Imam e Predicatori del Kenya (Cipk), Mohammed Khalifa. “Si tratta di una strategia del presidente Usa Barack Obama e di altri presidenti europei per ridicolizzare l’Islam”. Manifestazioni sono state segnalate da fonti locali anche in Somalia, nella città costiera di Chisimaio, ultima grande roccaforte dei miliziani somali di al Shabaab.
SPARI CONTRO DRONI USA IN LIBIA -  Intanto droni americani stanno sorvolando Bengasi, in Libia, mentre le milizie islamiste hanno iniziato a sparare pesantemente contro i velivoli. L’aeroporto di Bengasi è stato chiuso, riaperto e nuovamente richiuso in giornata. Lo rendono noto fonti del governo libico spiegando che la sorveglianza statunitense è iniziata da ieri in seguito all’ondata di proteste. 
Egitto. Migliaia di manifestanti si sono riversati in Piazza Tahrir dopo la preghiera. Un’auto è stata ribaltata e data alle fiamme lungo la via che dallaa piazza diventata simbolo della primavera araba conduce alla rappresentanza diplomatica. Centinaia di persone hanno protestato lanciando sassi e la polizia ha risposto con il lancio di lacrimogeni.  Tutte le strade di accesso all’ambasciata Usa sono bloccate da filo spinato e da uno schieramento imponente delle forze della sicurezza centrale a presidio. Agenti e manifestanti si sono allontanati dalla scena degli scontri con ferite, soprattutto alla testa, provocate dalla sassaiola, mentre si sono radunate in standby una decina di ambulanze pronte per assistere i feriti. La bandiera americana issata sul pennone all’interno del compound diplomatico è stata stracciata. Secondo fonti locali ci sarebbero almeno 11 feriti. 
Yemen. Le forze di sicurezza yemenite hanno sparato alcuni colpi in aria e usato gli idranti per disperdere una manifestazione di alcune centinaia di persone che cercavano di raggiungere l’ambasciata americana a Sanàa. Secondo la tv satellitare al-Jazeera i manifestanti si sono radunati a breve distanza dalla sede diplomatica. Chiedono a gran voce l’espulsione dell’ambasciatore americano, i presenti hanno dato alle fiamme una bandiera a stelle e strisce. Una protesta analoga si era svolta ieri, sempre a Sanàa. Secondo l’Agenzia Ap un battaglione di marines sono già arrivati nel paese per proteggere l’ambasciata e il personale diplomatico che, secondo fonti ufficiali, è già al sicuro. 
Israele. La polizia di Gerusalemme ha fatto ricorso a gas lacrimogeni per disperdere alcune centinaia di dimostranti palestinesi radunatisi alla porta di Damasco, presso la Città Vecchia, che protestavano contro il film ‘L’Innocenza dei Musulmani”. Slogan di esecrazione contro la pellicola sono stati lanciati a Gaza da migliaia di fedeli islamici al termine delle preghiere del venerdì nelle principali moschee cittadine. E lo stesso premier Ismail Haniya non si era fatto scrupolo di chiedere le scuse di Washington nel corso di un sermone: “L’amministrazione americana – aveva detto – dovrebbe scusarsi con la nazione araba e islamica per questo film offensivo e portare quei criminali alla sbarra”. Il film, aveva aggiunto, “è il frutto del lavoro di un’alleanza di crociati , ebrei e americani per infiammare l’Islam e gli scontri settari, soprattutto in Egitto”. 
Giordania. Ad Amman un centinaio di dimostranti hanno chiesto la “fine dell’occupazione americana” della regione e l’espulsione dell’ambasciatore Usa. “Ascolta Obama, noi siamo tutti Osama”, hanno gridato inneggiando alla jihad contro chi insulta il profeta Maometto. “E’ un dovere di tutti i musulmani proteggere la propria religione e noi siamo qui per chiedere ai governanti di difendere la santità dell’Islam e mettere fine all’influenza americana nel paese”, ha detto Abu Mohammed Tarhawi, un leader del movimento jihaddista in Giordania. E sono state migliaia le persone che hanno partecipato ad una manifestazione ad Amman, guidata dai Fratelli musulmani, per chiedere la sospensione delle relazioni con Washington. “America, riprenditi i tuoi soldi, il mondo islamico non ha bisogno di te”, hanno scandito i manifestanti che hanno bruciato le bandiere a stelle e strisce.
Afghanistan. Membri delle tribù Shinwar e Momand della provincia afghana di Nangarhar hanno annunciato che sulla testa del produttore del film considerato anti-islamico è stata messa una taglia di cinque milioni di afghani (72.000 euro). Sono centinaia le persone scese in strada nella provincia orientale afghana di Nangarhar gridando slogan anti-americani e bruciando bandiere a stelle e strisce e foto del presidente Barack Obama, in una manifestazione dai toni forti che però non è degenerata in violenza. Una manifestazione di protesta è in corso anche a Doha, in Qatar. Un gruppo di un migliaio di persone si è radunato vicino all’ambasciata Usa e manifesta pacificamente, scandendo slogan e sventolando bandiere e striscioni. Proteste anche in Bangladesh, con 10mila persone in piazza a Dacca, in Malaysia e in Indonesia.
Pakistan.  Alcune centinaia di manifestanti hanno cercato di marciare verso l’ambasciata americana a Islamabad. A Lahore e a Peshawar ci sono stati massicci cortei di protesta con slogan e striscioni anti americani dopo la tradizionale preghiera del venerdì. Nella capitale, decine di manifestanti si sono scontrati con la polizia mentre cercavano di raggiungere la sede diplomatica. Diversi sono stati arrestati dalle forze dell’ordine. Ma non ci sono stati incidenti di rilievo. Analoghe proteste si sono tenute nel pomeriggio anche nel Kashmir indiano.
IndiaDiverse centinaia di manifestanti musulmani hanno attaccato il consolato Usa a Madras, nel sud-est del paese, precisando che 86 persone sono state arrestate. I manifestanti hanno “lanciato delle pietre e alcuni vetri delle finestre del consolato sono andati in frantumi, poi hanno attaccato le telecamere della sorveglianza e successivamente hanno tentato di scavalcare il muro di cinta dell’edificio ma sono stati allontanati”, ha detto un ufficiale. Il governo aveva chiesto a Youtube di bloccare la visione del filmato su Maometto.
IranMigliaia di manifestanti sono scesi in piazza a Teheran per condannare i responsabili del film. L’agenzia Fars  spiega che i dimostranti hanno chiesto agli Stati Uniti di “presentare ufficialmente le scuse a tutti i musulmani nel mondo e di punire gli autori del film”. Nel manifesto i dimostranti hanno condannato, oltre a Washington, anche Israele e Gran Bretagna, ritenendoli “responsabili di questo clima di odio creatosi contro l’Islam”. Il documento definisce infatti il trio Stati Uniti, Gran Bretagna e Israele come il “triangolo del male” che sta “perseguendo le proprie politiche anti-islamiche nel mondo”.  Secondo quanto riferisce ‘Fars’, i dimostranti hanno bruciato la bandiera americana di fronte alla sede centrale dell’Università di Teheran gridando lo slogan ‘Marg bar Amricà (Morte all’America). Ieri la Guida Suprema iraniana l’ayatollah Ali Khamenei, che parla di “azione maligna”, aveva rilasciato dure dichiarazioni nei confronti degli Stati Uniti e d’Israele ritenendo i “sionisti e il governo Usa” i responsabili della produzione del film e delle violenze che ne sono conseguite. Come per ”Salman Rushdie, il vignettista danese, il pastore Usa che bruciò il Corano”, e ribadisce che “i primi sospettati per questo crimine sono i sionisti e il governo Usa”. Se i politici Usa “sono sinceri” nel condannare questo gesto, devono far sì che chi ha prodotto e finanziato il film blasfemo “abbia una punizione proporzionata al suo grande crimine“. 
Siria. Centinaia di cittadini siriani sono in sit-in davanti all’ambasciata americana a Damasco. Washington ha chiuso la sua sede diplomatica nella capitale siriana e richiamato a febbraio il proprio ambasciatore per le violenze in corso nel Paese dal marzo 2011. “Obama, hai capito che ti odiamo”, si legge su un cartellone, mentre un manifestanti che si è identificato come Fatina ha detto alla Xinhua che “se avevano una religione e conoscevano Dio, non avrebbero pubblicato quel film”. Un altro manifestante, Nabil Taha, ha detto all’agenzia che “siamo qui per esprimere la nostra rabbia verso coloro che prendono di mira tutte le religioni, non solo l’Islam”. “Vogliono controllare la gente per i loro interessi”, ha aggiunto.
Marocco. Circa duecento salafiti hanno manifestato oggi a Salè, vicino alla capitale del Marocco Rabat, per protestare contro la diffusione negli Usa di alcuni estratti di un film che denigra la figura di Maometto. Nel corso della manifestazione, organizzata dopo la preghiera del venerdì, sono state date alle fiamme bandiere americane e scanditi slogan contro gli Stati Uniti. Modesto il dispiegamento delle forze dell’ordine, secondo testimoni.

Ecco Cosa Vedo.



Ogni anno vengono sprecate 1.300.000.000 di tonnellate di cibo, circa un terzo della produzione globale, solo perché una gestione migliore delle risorse non "conviene economicamente".
Intanto nel mondo si muore di fame...




Il Denaro non è una Risorsa - MARCO CANESTRARI 


La qualità della nostra vita dipende dall’ambiente, dalla casa in cui viviamo, dalla nostra alimentazione, dai nostri sistemi di trasporto, dai nostri vestiti, da alcuni beni materiali e soprattutto affettivi. E’ data dalla serenità e libertà con cui godiamo di tutto ciò. Anche le conoscenze e le competenze degli uomini della terra possono essere considerate una risorsa utile allo sviluppo di una vita felice, sana ed equilibrata. Il denaro invece non è una risorsa, non crea energia di per sé, fa solo da misura di scambio fra due risorse reali esistenti in precedenza. La banconota ha convenzionalmente quel valore di scambio fintanto che noi abbiamo fiducia che venga accettata da chi ci vende un servizio. Non ha un valore determinato da Dio o dalle leggi fisiche. Il Sole è un esempio di risorsa suprema dall’inizio dei secoli, la banconota invece non è simile alla Natura. Non possiamo mangiare una banconota e difficilmente con essa ci possiamo proteggere dal freddo, al massimo può essere utile per accendere il camino…
Zappiamo la terra, innaffiamo, seminiamo e poi raccogliamo i frutti. Abbiamo organizzato le risorse per creare energia. Studiamo, acquisiamo conoscenze e competenze, ci scambiamo informazioni, facciamo esperimenti e scopriamo un farmaco che guarisce da una malattia prima incurabile, questa conoscenza la diffondiamo all’umanità: Stiamo organizzando energia nel migliore dei modi.
Ma cosa accade se invece di vedere il denaro come una meccanica misura di scambio lo consideriamo un valore a sé? Cosa accade se chi trae profitto da questi modi di vedere il mondo utilizza il suo potere e i Media per influenzare intere generazioni? Cosa accade a tutti quegli aspetti della vita che non portano un guadagno economico ma sono fondamentali per il nostro benessere, come ad esempio la scuola o la sanità? Se ad esempio l’industria che investe per la ricerca dei farmaci lo fa solo per un guadagno economico e poi limita l’accesso a quei farmaci solo a chi può permetterselo economicamente? Accade che ogni persona è costretta ad avere sempre più denaro per avere accesso alle risorse, e quindi è costretto a impegnare la sua unica vita per produrre e guadagnare sempre di più. Infine, l’unica spinta per le attività umane diventa la massimizzazione del guadagno. Con queste enorme pressioni economiche inizia la paura di rimanere senza risorse sicure e il conseguente sfruttamento da parte di chi  ha più denaro verso chi ne ha di meno. Si perde di vista il senso reale dell’esistenza: vivere con felicità.
Impariamo a conoscere l’intera struttura sociale: la terra ha sempre dato frutti indipendentemente dal denaro e i motivi per esprimere le nostre potenzialità sono sempre esistiti in noi da prima dell’invenzione del denaro. La voglia di conoscenza, l’amore, la sensibilità e l’intelligenza sono una fonte inesauribile di energia. La vera sicurezza verrà trovata solamente quando si ragionerà in termini di umanità e non più guardando solo fino al recinto del proprio orticello. Cerchiamo di organizzare le risorse nella maniera più efficiente per il mondo intero tenendo bene presente l’unico vero senso dell’uomo: massimizzare la propria qualità della vita, la propria serenità fisica e mentale. Tutto il resto è un accessorio.
Iniziamo occuparci di quello che ci fa stare bene e che sentiamo sia giusto, anche senza avere un ritorno economico. Oltre a vivere la nostra esistenza con più pienezza, contribuiremo a fare girare energie e risorse che non costringono nemmeno i più deboli a limitare la propria vita al “guadagnare per sopravvivere”.

La Corte cortigiana. - Marco Travaglio

 

Chi l’avrebbe mai detto: la Corte costituzionale – informa l’Ansa con sei giorni di anticipo sul verdetto – dichiarerà ammissibile il conflitto di attribuzioni del presidente della Repubblica contro la Procura di Palermo. 
Ma va? 
Che sorpresona. 
Franco Cordero ha più volte spiegato che il conflitto è inammissibile prim’ancora che infondato: non foss ’altro che perché pretende dai pm un atto (la distruzione di intercettazioni) che spetta solo al giudice. 

Ma Gustavo Zagrebelsky, che presiedeva la Corte quand’era ancora un organo di garanzia, aveva scritto su Repubblica che questo non è “un normale giudizio” perché “una parte (Napolitano, ndr) getta tutto il suo peso, istituzionale e personale, che è tanto, sull’altra, l’autorità giudiziaria, il cui peso, al confronto, è poco. Quali che siano gli argomenti giuridici, realisticamente l’esito è scontato. Presidente e Corte… sono ‘custodi della Costituzione’. 
Sarebbe un fatto devastante, al limite della crisi costituzionale, che la seconda desse torto al primo… Così, nel momento stesso in cui il ricorso è stato proposto, è stato anche già vinto. Non è una contesa ad armi pari, ma, di fatto, la richiesta d’una alleanza in vista d’una sentenza schiacciante. 
A perdere sarà anche la Corte: se, per improbabile ipotesi, desse torto al Presidente, sarà accusata d’irresponsabilità; dandogli ragione, sarà accusata di cortigianeria”. 

Si sperava che, se non la sostanza, la Consulta salvasse almeno le forme: invece anche quelle vanno a farsi benedire. Tale è la fretta, l’ansia, la cupidigia di sostenere le ragioni (anzi i torti) del più forte, che anche questa volta il verdetto viene anticipato a mezzo stampa. Come già era accaduto a gennaio, con la fuga di notizie su Repubblica a proposito del referendum elettorale, inviso ai grandi partiti e al Quirinale, dunque bocciato. 
Ieri, il bis: i giudici si riuniranno per decidere solo il 19 settembre, ma l’Ansa già sa come. Così l’opinione pubblica inizia a prepararsi al verdetto della Corte “cortigiana” che , quando uscirà, non farà più notizia. Dopodiché bisognerà sbrigarsi a decidere anche sul merito: sempre dalla parte del più forte. A prescindere da ragioni e torti. E alla svelta (non a caso sono stati eccezionalmente nominati due relatori e accorciati i tempi, che in media richiedono almeno un anno di attesa), in tempo per influenzare il gup che dovrà decidere sul rinvio a giudizio dei 12 imputati per la trattativa Stato-mafia (soprattutto quelli dello Stato). Conoscendo la serietà dell’Ansa, è da escludere che abbia dato la notizia senza consultare fonti qualificate, interne alla Consulta che in teoria sarebbe tenuta al segreto della camera di consiglio: invece da un po’ di tempo pure questo è un segreto di Pulcinella. 
Come emerge dall’inchiesta sulla loggia P3, nell’autunno 2009 almeno 5 o 6 giudici costituzionali anticiparono al faccendiere irpino Pasqualino Lombardi il loro Sì al “lodo” Alfano. Negli stessi giorni i giudici costituzionali Mazzella e Napolitano (solo omonimo del più noto Giorgio) cenavano in gran segreto con B., Letta e Alfano e, beccati dall’Espresso, si guardavano bene dal dimettersi o almeno dall’astenersi dal voto. 
Il fatto poi che il conflitto del Colle contro i pm di Palermo si fondi proprio sul preteso diritto del Presidente alla segretezza delle sue conversazioni aggiunge al tutto un tocco di surrealismo: le telefonate Mancino-Napolitano, grazie al rigore della Procura di Palermo, sono rimaste top secret (nemmeno Panorama , che dice di conoscerle, ha potuto virgolettare neanche un “ciao come stai?”). In compenso il ricorso dell’Avvocatura dello Stato alla Consulta, sconosciuto financo alla Procura chiamata in causa, è stato anticipato da Repubblica
Ora il verdetto della Consulta viene preannunciato all’Ansa (all’indomani di quello della Corte tedesca, che ha tenuto sul filo l’intera Europa senza mai uno spiffero: un altro spread che ci divide dalla Germania). E gli italiani dovrebbero fidarsi dell’imparzialità di questi signori? Ma per favore.

Da il fatto Quotidiano del 14/9/2012

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USA ed Europa, banche centrali a confronto. - PierGiorgio Gawronski


Ieri la Federal Reserve ha annunciato un nuovo programma di rilancio dell’economia. L’obiettivo è ridurre la disoccupazione, che è all’8% ed è “una grave preoccupazione”. Non solo perché il livello è “abnorme”, ma anche perché “da sei mesi ha smesso di scendere”. Dice  Bernanke: “L’alto livello della disoccupazione dovrebbe preoccupare ogni cittadino americano. Non solo crea enormi sofferenze e difficoltà, ma causa anche un enorme spreco di capacità e talenti”, e una “progressiva distruzione di queste capacità, a danno non solo dei disoccupati e delle loro famiglie, ma anche del benessere di tutta la nazione”.
Per raggiungere il suo scopo la Fed cerca di accelerare la crescita stimolando la domanda (= la spesa totale nell’economia). Tramite due target intermedi. In primo luogo, (oltre a tenere i tassi di policy a zero) cerca di comprimere una serie di tassi d’interesse a lungo termine (mutui, ecc.) in diversi settori, già molto bassi. A tal fine lo strumento utilizzato è l’aumento della liquidità. In secondo luogo, la FED indirizza le aspettative sulla crescita futura. Lo strumento che utilizza – “il più potente” – è la ‘comunicazione’. Bernanke ha annunciato che la ‘spinta’ della FED continuerà “almeno fino a metà del 2015”, e comunque “per molto tempo dopo che l’economia avrà ricominciato ad accelerare”. Così le imprese possono avere fiducia: sanno che se investono oggi troveranno nuovi clienti domani.
Bernanke ha spiegato che gli acquisti di titoli pubblici non sono affatto una monetizzazione del debito: “Noi non finanziamo spesa pubblica: acquistiamo attività finanziarie che rivenderemo al momento giusto… La nostra azione non aumenterà, bensì ridurrà il deficit pubblico”, grazie ai profitti della Fed e alla ripresa economica. Quanto all’inflazione, un giornalista tedesco ha chiesto se non ci sono rischi. Ma Bernanke ha spiegato che quando (a) c’è disoccupazione e (b) le aspettative di inflazione sono basse, i rischi non ci sono.
La BCE deve fronteggiare una situazione assai più grave. La disoccupazione in Europa è all’11%, e continua a salire. Al punto che la stabilità della stessa moneta è in dubbio. Eppure la BCE si disinteressa totalmente della disoccupazione, della crescita, della domanda. Tiene alti i tassi di policy. Ha varato un tardivo piano anti-spread, ma sterilizzerà eventuali aumenti della liquidità. Con la ‘comunicazione’ mira anch’essa ad aumentare la fiducia sul futuro, ma solo relativamente all’inflazione: perciò le imprese Europee sanno che se oggi investono, domani i prezzi dei loro prodotti saranno bassi, ammesso che trovino clienti.
Il 6 Settembre scorso la BCE ha fatto un passo avanti importante, accettando (tardivamente) il ruolo di prestatore di ultima istanza (negli USA è talmente ovvio che nemmeno si discute). Ma è rimasta in mezzo al guado: cura la finanza, ma non l’economia; e la finanza, senza l’economia, ignora la forza della gravità: a nostro rischio e pericolo!
La depressione della domanda rende inutilizzata tanta capacità produttiva: impossibile per i governi rispettare gli obiettivi di deficit. Perciò l’idea che ‘se un paese non rispetta gli accordi, la BCE rinuncerà a difenderlo sui mercati’ diventa pericolosa per la stessa stabilità finanziaria. Ma la BCE si muove in linea con il suo Statuto, sulla modifica del quale Draghi dice: “è già impegnativo stabilizzare i prezzi … non aggiungerei un secondo obiettivo”. Invece la Fed ha due obiettivi: stabilità dei prezzi e occupazione. E ieri Bernanke ha detto: “Abbiamo strumenti che riteniamo possano influenzare il livello dell’occupazione: pensiamo sia nostro dovere utilizzarli”.
All’origine di tutto c’è una ideologia. In Germania sono diventati tutti esperti di politica monetaria. Reagiscono istericamente alle manovre minimaliste della BCE, influenzando i politici e i rappresentanti tedeschi alla BCE: che non sono bravi economisti bensì funzionari del partito della Merkel. Molti lettori hanno difficoltà a capire cosa sia il liberismo in macroeconomia, e perché è importante. Hanno la sensazione di trovarsi di fronte a un linguaggio ideologico. Invece, sto parlando dell’origine dei nostri mali, e dei blocchi sulla via d’uscita. Il laissez faire nei confronti della disoccupazione (della domanda) è l’idea centrale del liberismo in macroeconomia. È l’idea di Monti, e della BCE. È un’idea sbagliata secondo Bernanke. Che non è particolarmente keynesiano o di sinistra: tanto è vero che è stato nominato da George W. Bush.
Ecco perché quel che succede da noi ha poco a che vedere con la democrazia: non occorre fare dietrologia. La gente non vuole disoccupazione. La FED ‘risponde’ ai bisogni della gente. La BCE, no; perché non è un problema dell’élite europea. E Monti può tranquillamente dirci: i miei provvedimenti? Certo che hanno aggravato la disoccupazione. Solo uno stolto poteva credere il contrario!

Cancelleri “Il Movimento 5 stelle non è solo voto di protesta”. - Martino Grasso



Continuiamo a conoscere i candidati alla presidenza della Regione Sicilia. Dopo Crocetta e Miccichè, è la volta di Giancarlo Cancelleri, candidato del Movmento 5 stelle.
Per Cancelleri “dobbiamo fare ritornare i nostri giovani che sono andati via. Bisogna promuovere il microcredito. Noi non catturiamo più il voto di protesta, adesso la gente apprezza le nostre idee”.


http://www.lavocedibagheria.it/2012/09/verso-le-elezioni-cancelleri-il-movimento-5-stelle-non-cattura-solo-il-voto-di-protesta-video/

Trattativa, Violante ascoltato per 2 ore. Mancino spedì a lui una relazione Dia. - Giuseppe Pipitone


luciano violante interna nuova

Il parlamentare del Pd sentito dai pm di Palermo: nel 1993 era presidente della commissione antimafia. Quel rapporto ricevuto dall'ex ministro dell'Interno era "Riservato". Tra l'altro rivelava l'obiettivo della stagione stragista di Cosa Nostra: l'allenamento del carcere duro.

Era arrivato abbozzando un sorriso, ma dopo due ore d’interrogatorio davanti ai magistrati palermitani Luciano Violante era scuro in volto e ha preferito non rilasciare alcuna dichiarazione, defilandosi invece in mezzo alla pioggia. Il deputato del Partito Democratico era entrato nell’ala nuova del palazzo di giustizia di Palermo qualche minuto prima delle 16, atteso dal procuratore aggiunto Antonio Ingroiae dai sostituti Lia Sava e Antonino Di Matteo. I pm che indagano sulla trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa Nostra hanno voluto richiamare a Palermo l’ex presidente della Camera per capire meglio quanto fosse a conoscenza degli indirizzi tenuti dal Governo alla fine del 1993.
All’epoca Violante era presidente della commissione antimafia, e in questa veste aveva richiesto all’allora ministro dell’Interno Nicola Mancino (oggi indagato per falsa testimonianza nell’ambito dell’indagine sulla trattativa) la trasmissione della relazione elaborata dagli analisti della Dia il 10 agosto del 1993 sulle stragi di via Palestro a Milano e di San Giovanni a Velabro a Roma. Relazione che Mancino gli trasmise prontamente il 14 settembre, accompagnandola con una nota in cui specificava come si trattasse di materiale “Riservato” su cui vigeva il regime della “vietata divulgazione”.
Quella relazione è una lucidissima analisi, elaborata quasi in presa diretta, sul reale obbiettivo perseguito da Cosa Nostra con le stragi del 1993: l’allentamento del carcere duro, il 41 bis introdotto nel giugno del 1992, che divenne quindi uno degli oggetti principali della trattativa. Gli analisti di Gianni De Gennaro (all’epoca ai vertici della Dia) scrivono infatti che “la perdurante volontà del Governo di mantenere per i boss un regime penitenziario di assoluta durezza ha concorso alla ripresa della stagione degli attentati. Da ciò è derivata per i capi l’esigenza di riaffermare il proprio ruolo e la propria capacità di direzione anche attraverso la progettazione e l’esecuzione di attentati in grado d’indurre le Istituzioni a una tacita trattativa”.
Gli estensori della nota vanno oltre: avvertono infatti che “l’eventuale revoca anche solo parziale dei decreti che dispongono l’applicazione dell’articolo 41 bis, potrebbe rappresentare il primo concreto cedimento dello Stato, intimidito dalla stagione delle bombe”. Fatto che si verificherà fatidicamente meno di due mesi dopo, nel novembre del ’93, quando l’allora guardasigilli Giovanni Conso lasciò scadere più di trecento provvedimenti di carcere duro per detenuti mafiosi. Conso, che è indagato per false informazioni al pm, ha detto che compì quella scelta in “perfetta solitudine”. Il fatto che sia Violante che Mancino fossero a conoscenza di quella relazione ha però insospettito i pm che adesso vogliono capire quale fosse all’epoca il “clima politico” in relazione alle stragi e alla scelta di Conso di non rinnovare il 41 bis. Chi sapeva cosa?
È per questo che Violante è stato richiamato a Palermo, dopo che in passato era stato sentito soltanto in merito ai suoi contatti con il generale Mario Mori nel 1992. Il parlamentare del Pd, in quei mesi del 1993, appariva molto attento alle attività d’indagine sulle stragi. Un’attenzione particolare testimoniata anche da alcune lucide interviste televisive rilasciate all’epoca dall’ex presidente della Camera, che i pm hanno acquisito recentemente agli atti delle indagini. In seguito, però, Violante non denunciò mai pubblicamente il primo concreto cedimento dello Stato, rappresentato dalla mancata proroga dei 41 bis da parte di Conso. E in effetti fino ad oggi non aveva neanche mai fatto cenno a quella relazione della Dia, che rappresenta sicuramente un pezzo importante dell’intricato puzzle delle stragi.