lunedì 22 ottobre 2012

Corruzione, danni enormi per l'Italia. Il Paese ai livelli di Macedonia e Ghana.



Roma - (Adnkronos) - Presentato il 'libro bianco' del governo sul fenomeno, che riduce dal 25% al 40% il tasso di crescita delle imprese. La percezione dei cittadini colloca il nostro Paese al 69° posto della classifica mondiale. Monti: "Lotta è priorità dell'esecutivo". Ddl anticorruzione, sì del Senato. Severino: ''Noi governo di onesti''.

Roma, 22 ott. - (Adnkronos) - Non solo i costi, enormi, della corruzione, che fanno perdere competitività al Paese: 60miliardi di euro all'anno quelli diretti, calcolati dalla Corte dei Conti. Una riduzione dei tassi di crescita delle imprese, che va dal 25 al 40%. Ancora: le classifiche che, per la corruzione percepita, collocano l'Italia accanto a Ghana e Macedonia, e gli indici di percezione da parte dei cittadini, vicini al massimo per la politica. Numeri drammatici, solo in parte bilanciati dalle statistiche giudiziarie, che, riferite alla parte emersa del fenomeno, segnano invece un andamento discendente. E' il quadro tracciato, in 400 pagine, dal 'Rapporto della Commissione per lo studio e l'elaborazione di misure per la prevenzione della corruzione', redatto dal gruppo di lavoro, coordinato da Roberto Garofoli, che fa capo al ministero della Pubblica amministrazione, e presentato oggi a Palazzo Chigi.

Obiettivo, oltre a fornire una fotografia del fenomeno, indicare possibili soluzioni, attraverso un'idea di fondo: la ''diffusivita' e sistematicita''' della corruzione, rendono insufficiente il contrasto repressivo, e dunque necessaria ''l'elaborazione e l'implementazione di una politica di contrasto di tipo integrato e coordinato'' che si avvalga soprattutto di misure di prevenzione. Dunque il Rapporto elenca regole di trasparenza e integrita' della pubblica amministrazione, e una serie di interventi specifici nei settori della sanita', degli appalti pubblici, del governo del territorio, dei controlli.
Una sorta di 'fase due', che prende l'avvio dall'approvazione del ddl anticorruzione, che dovrebbe avere il via libera definitivo alla Camera nelle prossime settimane. Nel testo, infatti, sono confluite in gran parte le proposte contenute nel Rapporto. Si tratta pertanto dell'''approdo di una prima decisiva fase e una buona base per l'avvio di una seconda fase''.
Le statistiche giudiziarie riportate ''riguardano la sola parte emersa del fenomeno, presentando un carattere oggettivo, oltre che dettagliato e disaggregato per settori'', e consentono di ricostruire una ''dinamica discendente non solo per quel che attiene ai numeri dei delitti di corruzione e concussione consumati (dai 311 casi del 2009 ai 223 del 2010), ma anche a quelli riguardanti le persone denunciate (dalle 1821 del 2009 alle 1226 del 2010) e i soggetti condannati per i medesimi reati in via definitiva (dai 341 del 2007 ai 295 del 2008)''
Quanto alla percezione del fenomeno, il 'Corruption Perception Index' (Cpi), in base alle rilevazioni di 'Transparency International', collocano l'Italia al 69° posto (a pari merito con il Ghana e la Macedonia), con un progressivo aggravamento della corruzione percepita negli ultimi anni. ''Nell'ultima rilevazione dell'indice Cpi (che si sviluppa su una scala da 1 a 10, dove 10 individua l'assenza di corruzione), pubblicata il 1° dicembre 2011, all'esito della valutazione di 182 Paesi, l'Italia si e' attestata a 3.9 contro il 6.9 della media Ocse''.
C'e' poi il 'Global corruption barometer' che misura la percezione del fenomeno corruttivo da parte dei cittadini con riferimento a specifiche istituzioni. Per il biennio 2010/2011 in Italia il primato spetta alla corruzione politica, seguita da quella del settore privato e della pubblica amministrazione.
Le stime dei costi della corruzione, spiega il Rapporto, sono inferiori al reale ammontare: al costo annuo euro valutato dalla Corte dei conti vanno aggiunti i costi quelli ''indiretti''. Scrive il rapporto: ''si pensi ai costi connessi ai ritardi nella definizione delle pratiche amministrative, al cattivo funzionamento degli apparati pubblici e dei meccanismi previsti a presidio degli interessi collettivi ovvero, per citare taluni settori maggiormente esposti al rischio corruzione, alla inadeguatezza se non inutilita' delle opere pubbliche, dei servizi pubblici e delle forniture pubbliche realizzati, al mancato o insufficiente controllo pubblico sull'attivita' di trasformazione del territorio, alla non oculata allocazione delle gia' scarse risorse pubbliche''.
Dunque ''un aumento dei costi strisciante e un rialzo straordinario che colpisce i costi delle grandi opere, calcolato intorno al 40%''.
Secondo un recente studio della Banca Mondiale, inoltre, ''le imprese costrette a fronteggiare una pubblica amministrazione corrotta e che devono pagare tangenti crescono in media quasi del 25% di meno di imprese che non fronteggiano tale problema''. Aspetto ancora piu' preoccupante e' che ad essere piu' fortemente colpite sono le piccole e medie imprese e le imprese piu' giovani: ''tra le aziende costrette a subire fenomeni di corruzione, quelle piccole hanno un tasso di crescita delle vendite di piu' del 40% inferiore rispetto a quelle grandi''.

Grillo: “La mafia? E’ tutta all’Expo. Qui ci sta a guardare interessata”



“La mafia? io avevo paura di qualche chiamata, ma non c’è. Secondo me sta guardando, ha capito che qui c’è un cambiamento epocale e quindi sta a guardare”. Dopo aver attraversato a nuoto lo stretto di Messina, Beppe Grillo è approdato nella Sicilia occidentale. E’ un tour fuori dagli schemi quello del comico genovese, venuto in Sicilia per sostenere la candidatura di Giancarlo Cancelleri alle prossime elezioni regionali. Un tour che l’ha portato a visitare l’entroterra siciliano, quello dei piccoli centri ad alta densità mafiosa. Oggi però Cosa Nostra è diversa. “La mafia – ha detto Grillo in provincia di Trapani – è stata corrotta dalla politica e dalla finanza. La mafia aveva un codice etico: uccideva per il territorio. Ma adesso non c’è. Oggi si è spostata. Il commercialista della ‘ndrangeta si è spostato in Lombardia a spartirsi sette miliardi di Expo”. Il leader del Movimento Cinque Stelle ha fatto un bilancio del suo tour elettorale nella Sicilia orientale. ” Avete posti incredibili. Sono stato a Ragusa, è bellissima! Ma non ci sono strade, non c’è un centimetro di autostrada. Non ci sono ferrovie: ho preso un treno, Scordia – Vizzini, sono 25 chilometri, ci abbiamo messo un giorno mezzo con la littorina, l’ultima che ho visto era giocattolo, qui l’avete ancora vera”. Quindi Grillo ha lanciato qualche stilettata ai politici che hanno governato la Sicilia negli ultimi decenni. “Dicono che siamo tutti uguali: è la strategia di Totò Cuffaro, sono tutti uguali, così vincono loro. L’ho visto Cuffaro che usciva dal carcere: è un fighetto, magro, ci costa 300 euro al giorno. Questa gente qui non deve andare in carcere ma a riparare strade. Qui aveva Salvatore Quasimodo, premio nobel per la letteratura. Siete passati da Quasimodo a Miccichè: è questa la vostra evoluzione culturale”.  

di Giuseppe Pipitone e Silvia Bellotti.

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/10/22/grillo-mafia-tutta-allexpo-guardare/208193/

Terremoto dell’Aquila, processo “Grandi rischi”: 6 anni a tutti gli imputati.


Terremoto dell’Aquila, processo “Grandi rischi”: 6 anni a tutti gli imputati

Condannati i componenti della commissione che secondo i pm "rassicurò" gli abruzzesi 6 giorni prima del sisma del 2009. Continua l'inchiesta su Bertolaso che in un'intercettazione disse: "Quella riunione è un'operazione mediatica". Il pm: "Cercavamo i fatti, non i colpevoli". Boschi: "Sono disperato". De Bernardinis, vicecapo della Protezione Civile: "Innocente davanti a Dio e agli uomini".


Sei anni di reclusione per tutti gli imputati. E’ questa la condanna inflitta dal giudice monocratico Marco Billi ai componenti della commissione grandi rischi, in carica nel 2009, che avrebbero rassicurato gli aquilani circa l’improbabilità di una forte scossa sismica che invece si verificò alle 3.32 del 6 aprile 2009. L’accusa aveva chiesto 4 anni per i sette imputati: Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi Rischi, Bernardo De Bernardinis, già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione Civile, Enzo Boschi, presidente dell’Ingv, Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto Case, Claudio Eva, ordinario di fisica all’Università di Genova e Mauro Dolce direttore dell’ufficio rischio sismico di Protezione civile. Sono stati ritenuti colpevoli di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. Il tribunale ha disposto anche le pene accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici ed dell’interdizione legale durante l’esecuzione della pena. 
Il giudice Billi ha disposto anche una provvisionale di 7,8 milioni di euro in favore di 56 parti civili. Gli imputati erano imputati per omicidio colposo e lesioni per la morte di 29 persone ed il ferimento di altre quattro. 
Boschi: “Sono avvilito e disperato”. L’avvocato di Barberi: “Sentenza sbalorditiva”Si definisce “avvilito e disperato” Enzo Boschi, ex presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. “Pensavo di essere assolto. Ancora non capisco di cosa sono accusato”. E’ “una sentenza sbalorditiva e incomprensibile, in diritto e nella valutazione dei fatti” secondo l’avvocato Marcello Petrelli, difensore di Barberi. “Una sentenza che non potrà che essere oggetto di profonda valutazione in appello”. Per Filippo Dinacci, avvocato di De Bernardinis, la pronuncia del tribunale “avrà grosse ripercussioni sull’apparato della pubblica amministrazione. Nessuno farà più niente”. 
“Mi ritengo innocente di fronte a Dio e agli uomini” dice lo stesso De Bernardinis, ex vicecapo della Protezione civile e attuale presidente dell’Ispra. “La mia vita da domani cambierà, ma se saranno dimostrate le mie responsabilità in tutti i gradi di giudizio le accetterò fino in fondo”.
“Non ci sono commenti da fare se non quelli del giudice che ha letto la sentenza – dice il pm Fabio Picuti – Tutto il filo conduttore del processo non era la ricerca di colpevoli, ma quella di capire i fatti, perché noi con il compianto procuratore capo, Alfredo Rossini, volevamo solo capire i fatti. L’Aquila ha consentito che si tenesse questo processo delicato e si arrivasse a sentenza”.
Resta aperta l’inchiesta su Bertolaso
Resta aperto, invece, il filone d’indagine su Guido Bertolaso, ex numero uno del Dipartimento della Protezione civile, accusato di omicidio colposo, sempre dalla Procura dell’Aquila. L’attività d’indagine era stata avviata dalla polizia giudiziaria dopo la denuncia presentata nei confronti di Bertolaso dall’avvocato aquilano Antonio Valentini (che nel processo appena concluso assisteva numerose parti civili) dopo la diffusione di una telefonata intercettata tra Bertolaso e l’ex assessore della Regione Abruzzo, Daniela Stati.
Nella conversazione del 30 marzo 2009, il giorno prima della riunione della Commissione, il capo della Protezione Civile definiva la convocazione degli esperti “una operazione mediatica” e che la riunione era stata convocata “perché vogliamo tranquillizzare la gente“. Dopo la diffusione su internet, il contenuto della telefonata è stato poi verbalizzato dagli investigatori e trasmesso negli uffici della Procura come notizia di reato. 
L’accusa dei pm: “Le notizie rassicuranti indussero la gente a stare a casa”
Il processo di primo grado è terminato dopo trenta udienze nella piccola aula del tribunale provvisorio dell’Aquila, al Nucleo industriale di Bazzano, nel quale hanno deposto 275 testimoni. Il fulcro del processo è stato il verbale redatto subito dopo la riunione del 31 marzo 2009, 6 giorni che si verificasse il sisma che ha portato distruzione e morte nel capoluogo abruzzese. In quel verbale si riteneva poco probabile un forte terremoto. In particolare i pm contestavano “una valutazione del rischio sismico approssimativa, generica e inefficace in relazione all’attività della commissione e ai doveri di prevenzione e previsione del rischio sismico”. ”Sono state fornite dopo la riunione – si legge nel capo di imputazione – informazioni imprecise, incomplete e contraddittorie sulla pericolosità dell’attività sismica vanificando le attività di tutela della popolazione”. Secondo i pm gli imputati “sono venuti meno ai doveri di valutazione del rischio connessi alla loro funzione” anche sotto il profilo dell’informazione. Queste notizie rassicuranti “hanno indotto le vittime a restare nelle case”. 
L’inchiesta iniziata dopo gli esposti dei parenti delle vittime
I primi dieci esposti presentati negli uffici della Procura della Repubblica dell’Aquila, risalgono al mese di ottobre del 2009 e a presentarli erano state persone che sono scampate alla morte la notte del 6 aprile o da parenti delle vittime che a seguito delle rassicurazioni provenienti da rappresentanti della politica e della Protezione civile, (tutti facenti parte della Commissione) erano rimasti nelle loro abitazioni che, invece, erano crollate a seguito della devastante scossa. Insieme agli esposti era stato allegato diverso materiale, soprattutto interviste audio-video in cui i rappresentanti della Commissione invitavano la popolazione a stare tranquilla.
Il pm: “Una negligenza monumentale”
“Se avessi letto prima di scrivere la requisitoria il rapporto della Commissione del Congresso Usa su l’inchiesta post Uragano Katrina - aveva ribadito nella sua requisitoria il pm Fabio Picuti - avrei probabilmente usato anche io le parole: ‘monumentale negligenza’”. Picuti ha citato espressamente i documenti americani per parlare di “fallimento della leadership”. Nelle fasi finali del processo alla Commissione Grandi rischi entrano quindi anche le vicende a stelle e strisce con l’evento catastrofico che nel 2004 provocò morti e distruzione in Louisiana. La pubblica accusa ha tirato fuori il documento della Commissione d’inchiesta del Parlamento americano per dimostrare come “ci possa essere un difetto di prevenzione e previsione di un rischio”, e quindi gli stessi americani – con una frase scritta che se avessi letto in precedenza avrei usato anche io – sembra far parte della stessa mia r
equisitoria. Il rapporto Usa dà piena cittadinanza quindi al concetto di difetto di analisi del rischio”.

Primarie, Renzi: “Bersani parla di Cayman? Pensi anche a Monte Paschi e Telecom”.


Renzi: "Bersani polemizza sulle Cayman? Allora spieghi pure i casi Telecom e Mps"


Il sindaco di Firenze: "Ci sono meccanismi della politica che non hanno funzionato, da Mps a Banca 121 e Antonveneta. E poi l'operazione della compagnia telefonica: il segretario era ministro". Passera: "Serra? Persona di grande qualità". Boccia: "Ha deciso di votare alle primarie?". Bazoli: "Rottamare è un termine indegno".

Bersani parla delle Cayman? Pensi piuttosto all’affare Monte dei Paschi e ai “capitani coraggiosi” di Telecom. Alla fine Matteo Renzi ci arriva. Agli attacchi dei giorni scorsi dopo la cena milanese di finanziamento alla campagna elettorale per le primarie il sindaco di Firenze risponde attraverso ilSecolo XIX: “Ho semplicemente degli esempi di meccanismi della politica che… diciamo che non hanno funzionato: dal Monte dei Paschi e Banca 121 ad Antonveneta. E poi ricordo la vicenda dei ‘capitani coraggiosi’ (Colaninno, ndr) che acquisirono Telecom: un’operazione molto discutibile fatta ai tempi in cui D’Alema era al governo e Bersani ministro“.
Ne aveva già parlato ieri pomeriggio senza approfondire. E anche a questo giro la lista sembra buttata giù en passant, ma quei nomi assomigliano molto a palle di cannone. Sul legame tra Pd e Monte dei Paschi non serve soffermarsi molto. La politica a Siena si basa su questo asse. Tanto che anche su queste dinamiche è caduta una giunta comunale . E intanto Mps è sull’orlo del fallimento, al punto che i corposi aiuti di Stato che sfiorano i 4 miliardi di euro la magistratura è al lavoro da tempo per indagare le dinamiche che hanno portato l’istituto senese all’epoca guidato da Giuseppe Mussari a rilevare banca Antonveneta per una cifra stratosferica. Sull’affare Banca 121 si può sentire il parere dei risparmiatori traditi dalle polizze vendute dalla  ex Banca del Salento,  guidata dal direttore generale Vincenzo De Bustis, legato in particolare a Massimo D’Alema, che fu acquisita da Monte Paschi. Il solo nome di Antonveneta, poi, evoca anche il caso Unipol-Bnl (l’unico nome che Renzi non ha pronunciato) con l’ “Abbiamo una banca” di Piero Fassino.
Infine i capitani coraggiosi della Telecom. La definizione fu dell’allora capo del governo D’Alema che applaudì alla cordata guidata da Roberto Colaninno e Emilio Gnutti. Quella che riuscì ad unire Unipol, Mps, Fininvest e altre centinaia di imprenditori in Hopa, la società che acquisterà Olivetti e poi lancerà la cosiddetta “madre di tutte le scalate”, cioè l’offerta pubblica d’acquisto su Telecom. A debito. 
Bersani doveva aspettarselo. “L’esperienza americana – aveva avvertito Arturo Parisi – ci insegna che neppure là le primarie sono un pranzo di gala. La speranza di non farle e la paura di farle da noi le ha rinviate oltre ogni prudenza. E’ così che siamo finiti nelle Isole Cayman. Vedrà le altre isole che verranno ora fuori, con contorno di Unipol, merchant bank e a chi più ne ha più ne metta. Sarebbe meglio per tutti trovare temi più seri”.
Dunque: scontro frontale. Renzi, peraltro, è forte anche di un intervento (significativo?) del ministro dello Sviluppo Corrado Passera che ha definito Davide Serra, il giovane manager che ha organizzato la serata di Milano per Renzi ed era stato additato come legato a una società fondata appunto nell’arcipelago-paradiso fiscale, ”una persona di grandissima qualità, non soltanto professionale, ma anche personale”. E comunque, ha aggiunto il ministro, così “come non si può generalizzare in politica non si può generalizzare neanche in finanza. C’è un sacco di gente che fa bene il proprio mestiere”. Un intervento che non è stato commentato da Bersani, ma che ha suscitato comunque la reazione di Francesco Boccia: “L’intervento di Passera è sorprendente: per caso ha deciso di iscriversi alle primarie e di votare Renzi?”.
Anche Algebris, la società al centro dei “sospetti”, è uscita allo scoperto con una puntigliosa nota nella quale si annuncia una querela al Corriere della Sera per l’articolo dal quale si è scatenata l’intera polemica. Al centro dello scontro col quotidiano il tema della trasparenza del fondo. Algebris peraltro ha ribadito di pagare regolarmente tutte le tasse nel Regno Unito e di essere stata fondata a Londra nel 2006 e non alle Cayman Islands, come riportato dalla stampa. Ancora, sottolinea il fondo, l’ufficio delle entrate inglese, l’Inland Revenue, ha stabilito che i proventi generati dall’attività di gestione di Algebris sono da considerarsi tassabili in Inghilterra, luogo di residenza dei suoi gestori e partner. 
Così Renzi prende coraggio e insiste: “Stiamo parlando di un fondo che ha sede in Inghilterra e che utilizza il diritto delle Cayman allo scopo di pagare le tasse solo in Inghilterra. Una procedura che chi conosce le regole del gioco della finanza sa che è normale, non parliamo dei paradisi fiscali di chi evade. Anche il ministro Passera ha definito Serra una persona di grande qualità”. “Alle Cayman – prosegue parlando al Secolo XIX – hanno sede l’80% dei fondi internazionali che devono comprare il nostro debito pubblico e non credo che Bersani abbia fatto una bella figura: sono gli stessi a cui magari tra qualche mese dovrà andare a chiedere di comprare i titoli pubblici italiani. Io mi fermerei qui con questa polemica, se poi lui vuole continuare noi ci siamo. Ma per ora mi fermo”.
Il rottamatore di Rignano quindi accenna agli “esempi di meccanismi della politica” che “non hanno funzionato: dal Monte dei Paschi e Banca 121 ad Antonveneta. E poi ricordo la vicenda dei ‘capitani coraggiosi’ che acquisirono Telecom: un’operazione molto discutibile fatta ai tempi in cui D’Alema era al governo e Bersani ministro”. Sostenuto da reazioni così che hanno dato il destro a Renzi per andare in surplace: “Credo che il segretario del mio partito abbia detto delle parole di troppo su Serra e farebbe bene a scusarsi”. 
Intanto stasera in provincia di Brescia Bersani sarà presente alla presentazione di un libro dedicato a Mino Martinazzoli e al suo fianco ci sarà un altro big della finanza: Giovanni Bazoli, numero uno del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo e per anni presidente di Passera. Anche Bazoli aveva parlato indirettamente di primarie nel fine settimana: ”In questi giorni si è utilizzato un termine indegno: si parla di rottamazione dei vecchi. Qualcuno pensa che la terza età sia un ostacolo allo sviluppo economico”, ha proseguito il banchiere, e “lo sguardo della società nei confronti dell’anziano segue una logica utilitaristica”.

Norma “anti Gabanelli”, appello di Articolo 21: oltre 5mila firme in 24 ore.


Norma “anti Gabanelli”, appello di Articolo 21: oltre 5mila firme in 24 ore

L'associazione per la libertà di stampa: "Se dovesse passare toglierebbe ogni paracadute ai giornalisti, rischiando di colpire chi tenta di fare il mestiere del cronista e stroncando il giornalismo d'inchiesta. Il nostro è un no a nuovi bavagli contro chi, come Report, non esita a contrastare mafie, logge e intrecci.

Oltre 5mila firme in meno di 24 ore per dire no all’emendamento “ammazza Gabanelli“. Le ha raccolte finora l’associazione Articolo 21. L’emendamento, presentato dal senatore del Pdl Giacomo Caliendo (ex sottosegretario alla Giustizia) nel quadro della legge sulla responsabilità civile dei magistrati, porta il nome della conduttrice di Report perché, come spiegano il direttore e il portavoce di Articolo 21 Stefano Corradino e Giuseppe Giulietti “se dovesse passare renderebbe ‘nulle’ tutte le clausole contrattuali che prevedono che l’editore tuteli il giornalista accollandosi le conseguenze economiche delle sanzioni in seguito al lavoro giornalistico”. Un appello (“Nessuno tocchi la Gabanelli e l’articolo21 della Costituzione”) che è possibile sostenere firmando su www.articolo21.it.
Si tratta, aggiungono Corradino e Giulietti, di una “grande manifestazione di solidarietà in rete e profondo dissenso nei confronti di una norma sulla responsabilità civile che toglierebbe, in pratica, ogni paracadute ai giornalisti, dipendenti o collaboratori esterni, rischierebbe di colpire chiunque tenti di fare davvero il mestiere del cronista e di stroncare il giornalismo d’inchiesta azzerando addirittura i free lance, colpendo non solo nomi famosi ma anche chi indaga contro criminalità e corruzione”. “Il nostro – concludono – è un netto no a nuovi bavagli contro quelli che, come Report, non hanno mai esitato a contrastare mafie e logge di ogni sorta e i loro intrecci perversi. Ad Acquasparta il 9, 10 e 11 novembre metteremo a punto una specifica proposta su questo tema che presenteremo a tutte le forze politiche”.

FIRMA L’APPELLO “Nessuno tocchi la Gabanelli e l’articolo21 della Costituzione”.


GIUMANIREPORT

In commissione Giustizia al Senato arriva l’emendamento al ddl sulla diffamazione, che più di uno ha definito ‘anti-Gabanelli’ (perché sembrerebbe tagliato su misura contro la conduttrice ‘Report’). E’ un emendamento sulla responsabilità civile che toglierebbe, in pratica, ogni paracadute ai giornalisti, dipendenti o collaboratori esterni, che rischia di colpire chiunque tenti di fare davvero il mestiere del cronista e di stroncare il giornalismo d’inchiesta azzerando addirittura i free lance, colpendo non solo nomi famosi ma anche chi indaga contro camorra, mafia, corruzione. In realtà si tratta di una delle tanti varianti delle liste di proscrizione che hanno vergognosamente segnato l’ultimo ventennio. Siamo sicuri che la proposta non passerà, ma sarà bene non abbassare la guardia e rilanciare la campagna “No bavaglio, sempre e comunque”.
Per queste ragioni vi invitiamo a firmare l’appello “Nessuno tocchi la Gabanelli e l’articolo21 della Costituzione”.