sabato 27 ottobre 2012

Ergastolo per Salvatore Parolisi "Ha ucciso la moglie Melania.



Il caporale maggiore era l'unico imputato per l'omicidio e il vilipendio di cadavere della donna, uccisa con 35 coltellate il 18 aprile 2011. "Sono innocente". Tolta la potestà genitoriale. Risarcimento di un milione di euro alla figlia.


TERAMO - Salvatore Parolisi è stato condannato all'ergastolo per l'omicidio della moglie Melania Rea,uccisa con 35 coltellate, il 18 aprile 2011 1, a Ripe di Civitella, in provincia di Teramo. Una decisione arrivata in serata, poco prima delle 20, dopo una giornata carica di tensione. A Parolisi sono state inflitte tutte le sanzioni accessorie, dall'interdizione perpetua dai pubblici uffici alla perdita della potestà genitoriale. Inoltre dovrà pagare "la provvisionale di un milione di euro per la figlia Vittoria, 500mila per i genitori di Melania. La sentenza, con il rito abbreviato, è stata emessa dal gup Marina Tommolini dopo circa quattro ore di camera di consiglio. Il caporale non ha assistito alla lettura della sentenza. 

"Innocente, sono innocente", lo ha ribadito ai suoi avvocati Parolisi dopo la condanna. Al rientro nel carcere di Castrogno, alla periferia di Teramo, l'uomo è scoppiato in un pianto dirotto. 

Gli avvocati dell'imputato avevano chiesto l'assoluzione con formula piena. Per l'accusa il caporale degli Alpini meritava l'ergastolo 2: unico imputato dell'omicidio di Melania e del vilipendio del corpo della donna, la difesa ha replicato chiedendo l'assoluzione per non aver commesso il fatto. Nel corso dell'udienza la difesa ha parlato di insussistenza del reato di vilipendio del cadavere, prove scientifiche favorevoli, ora della morte non certa, testimoni a scoppio ritardato dopo aver letto sui giornali i fatti. I legali hanno ammesso alcune bugie di Parolisi "ma come uomo e marito, e non certo come assassino della moglie", ha detto Nicodemo. E ancora: "E' il classico processo da insufficienza di prove, se questo delitto fosse accaduto tra il 1930 e il 1989 Salvatore sarebbe stato prosciolto". Dopo la condanna i legali hanno detto: "Le sentenze non si discutono, si impugnano".

Il dolore dei familiari.  "Non ha vinto nessuno, non ha vinto nessuno", ha detto, con le lacrime agli occhi, il papà di Melania, Gennaro Rea. "E' la fine di un incubo, perché è stato trovato e riconosciuto l'assassino di Melania", ha detto Michele Rea, il fratello di Melania.

Parolisi era stato arrestato una prima volta a seguito di un provvedimento di custodia cautelare emesso il 18 luglio 2011, quando la competenza sulle indagini era ancora della Procura di Ascoli Piceno. Successivamente fu raggiunto, il 2 agosto dello stesso anno, da analoga misura restrittiva emessa dal gip di Teramo Giovanni Cirillo. Da allora è detenuto nel carcere 'Castrogno' del capoluogo.

Applausi per la sentenza. 
In casa Rea, a Somma Vesuviana, stanno arrivando altri parenti. Una delle zie di Melania Rea si è affacciata dal portone della casa dei genitori della donna uccisa dal marito ed ha urlato ai giornalisti: "Avete sentito". Ed ha fatto un breve applauso. La donna ha anche riferito che Vittoria, la mamma di Melania, non se la sente, al momento di rilasciare dichiarazioni.



http://www.repubblica.it/cronaca/2012/10/26/news/melania_il_giudice_in_camera_di_consiglio_la_sentenza_arriver_in_serata-45381272/?ref=HRER3-1

Raid dell'Fbi dal "socio occulto" di Berlusconi. - Paolo Biondani e Luigi Ferrarella



Perquisito da 50 agenti della polizia federale. Trovati a Los Angeles i timbri per simulare le firme dei contratti ad Hong Kong.

MILANO — Dall'Italia, la Procura di Milano chiede aiuto. E gli Stati Uniti lo danno, schierando in forze l'Fbi. Perché la risposta, alla richiesta di collaborazione giudiziaria formulata dai pm milanesi che indagano sulla compravendita all'estero dei diritti cine- tv del gruppo Fininvest- Mediaset, è una perquisizione molto «americana»: il procuratore distrettuale di Los Angeles, Jason Gonzales, ha infatti spedito in Sunset Boulevard 7655, dove lavora il produttore di Hollywood Frank Agrama, più di 50 agenti della divisione «reati dei colletti bianchi» della polizia federale. A sequestrare 10 computer, a svuotare ogni cassetto dei tre piani di uffici e a rovistare in tutti gli angoli della sua villa californiana in Canyon Back Road. L'«attorney» Gonzales ha ordinato il raid dopo essere stato convinto dagli elementi di prova fornitigli dai magistrati italiani e riassunti in un «affidavit» americano (che equivale a un mandato di perquisizione) che definisce Agrama «socio occulto di Silvio Berlusconi». È la stessa accusa ipotizzata dai pm De Pasquale e Robledo nel processo, aperto ieri a Milano, dove Berlusconi e Agrama sono imputati di frode fiscale, falso in bilancio e appropriazione indebita per i contratti cine-tv intermediati appunto dallo stesso Agrama.
DALLA SVIZZERA AGLI USA — Il 75enne produttore cinematografico di origine egiziana già un anno fa era stato al centro del più grande sequestro di denaro mai eseguito all'estero per un'indagine italiana. Da allora infatti la Svizzera gli ha «congelato», sempre su richiesta dei pm di Milano, oltre 140 milioni di franchi su conti intestati a società offshore, come la «Wiltshire Trading», in apparenza gestita da amministratrici di Hong Kong, come Paddy Yiu Mei Chan e Katherine Chun May Hsu. Fino a un anno fa, i magistrati americani e italiani si scambiavano lettere di fuoco. I primi polemizzavano: «Ci dispiace che il nostro carico di lavoro non ci permetta di spiegarvi nei dettagli i vostri numerosi errori e omissioni». E i milanesi reagivano: «Ci dispiace che il vostro "carico di lavoro" vi impedisca di adempiere pienamente al vostro dovere di collaborazione internazionale». Ora, con Berlusconi non più premier in Italia e Bush indebolito dal voto di metà mandato, i due apparati giudiziari hanno ritrovato sintonia.
I TIMBRI SEQUESTRATI — Forse proprio di quel gelo ora dissolto si era fidato troppo Agrama, se è vero che nella sede della sua società, la Harmony Gold, l'Fbi ha sequestrato uno scatolone che rischia di costargli molto caro, benché contenga soltanto un pugno di timbri. Timbri con firme proprio di Paddy Chan, cioè della manager che in apparenza risultava firmare a Hong Kong i contratti sui diritti cine-tv, mentre Agrama se ne poteva così dichiarare semplice intermediario esterno. Adesso questi timbri, oltre a confermare i dubbi della Procura sulla genuinità grafica delle firme della Chan, accreditano un altro sospetto, grave soprattutto negli Stati Uniti: se i contratti venivano in realtà «fabbricati» a Los Angeles, allora anche i relativi redditi non erano prodotti a Hong Kong, come Agrama ha sempre sostenuto per sfuggire al fisco americano, ma negli Usa. Le stesse autorità giudiziarie e fiscali americane a questo punto potrebbero aprire un procedimento autonomo per evasione contro Agrama, anziché limitarsi ad «assistere» l'inchiesta italiana. Secondo rischio: siccome le identiche firme di quei timbri compaiono sui conti elvetici congelati, ora per Agrama potrebbe aggravarsi anche l'accusa in Svizzera e di certo si allontana la speranza di far dissequestrare i cento quaranta milioni di franchi.
LA DIFESA — All'epoca il difensore di Berlusconi, Niccolò Ghedini, aveva ribadito: «Agrama non è mai stato socio di Berlusconi». Oggi il legale italiano di Agrama, Astolfo Di Amato, commenta: «La perquisizione è sproporzionata, anche perché in Italia è già stata dichiarata la prescrizione di gran parte delle accuse. Comunque non abbiamo paura: l'Fbi non può aver sequestrato ad Agrama documenti compromettenti, perché non ne esistono».