domenica 27 gennaio 2013

Giovanni Palatucci.

Giovanni Palatucci

Giovanni Palatucci (Montella31 maggio 1909 – Dachau10 febbraio 1945) è stato un poliziotto italianocommissario di pubblica sicurezza. È ricordato per aver salvato dalla deportazione migliaia di ebrei durante la Seconda guerra mondiale; fu per questo deportato egli stesso in un campo di concentramento, dove morì, e per il suo sacrificio è Medaglia d'oro al merito civileGiusto tra le nazioniper lo Yad Vashem (12 settembre 1990) e Servo di Dio per la Chiesa cattolica.

Nato a Montella, nella provincia di Avellino, da Felice e Angelina Molinari, era nipote di Giuseppe Maria PalatucciVescovo di Campagna. Compì gli studi ginnasiali presso il "Ginnasio Pascucci" di Pietradefusi ed il Liceo nella non lontana Benevento. Dopo la maturità, svolge nel 1930 il servizio militare a Moncalieri come allievo ufficiale di complemento, iscritto al Partito Nazionale Fascista, nel1932 consegue la laurea in giurisprudenza a Torino. Nel 1936 giura come volontario vice commissario di pubblica sicurezza. Nel 1937 viene trasferito alla questura di Fiume come responsabile dell'ufficio stranieri e poi come commissario e questore reggente.
Nella sua posizione ha modo di conoscere l'impatto che le leggi razziali hanno avuto sulla popolazione ebraica. In quel contesto, cerca di fare quello che la sua posizione gli permette e in una lettera ai genitori scrive: «Ho la possibilità di fare un po' di bene, e i beneficiati da me sono assai riconoscenti. Nel complesso riscontro molte simpatie. Di me non ho altro di speciale da comunicare».
Potendo aiutare gli ebrei a salvarsi dalle persecuzioni, si rifiutò di lasciare il proprio posto anche di fronte a quella che sarebbe stata una promozione a Caserta. Nel marzo del 1939 un primo contingente di 800 ebrei, che sarebbe dovuto essere consegnato alla Gestapo, venne fatto rifugiare nel vescovado di Abbazia grazie alla tempestività con cui Palatucci avvisò il gruppo del pericolo che lo minacciava.
Un calcolo approssimativo ha stimato in circa 5.000 il numero di persone che Giovanni Palatucci aiutò a salvarsi durante tutta la sua permanenza a Fiume.
Nel novembre 1943 Fiume, pur facente parte della Repubblica Sociale Italiana, di fatto entrò a far parte della cosiddetta Adriatisches Küstenland, ossia il "Territorio d'operazioni del litorale Adriatico", controllato direttamente dai nazisti per ragioni d'importanza strategica ed il comando militare della città passò al capitano delle SS Hoepener. Pur avvisato del pericolo che correva personalmente, decise di rimanere al suo posto, far scomparire gli archivi contenenti informazioni sugli ebrei fiumani e salvare più persone possibili.
Il Console Svizzero di Trieste, un suo caro amico, gli offrì un passaggio sicuro verso la Svizzera, offerta che Palatucci accettò ma inviò al suo posto la sua giovane compagna ebrea.[1]
Contattati i partigiani italiani, cercò di coordinare una soluzione politica post-bellica per il territorio di confine fiumano, proponendo l'istituzione di uno "Stato Libero di Fiume", per far sì che questo territorio, che correva il rischio di dover venir ceduto dall'Italia alla Jugoslavia, mantenesse una sua indipendenza. Le spie tedesche però diedero informazioni sulla sua attività. Per contrastare ulteriormente l'azione dell'amministrazione nazista, vietò il rilascio di certificati alle autorità naziste se non su esplicita autorizzazione, così da poter aver notizia anticipata dei rastrellamenti e poterne dar avviso. Inoltre inviava relazioni ufficiali al governo della Repubblica Sociale Italiana, dalla quale formalmente Fiume dipendeva, pur essendo di fatto occupata e controllata direttamente dalle truppe naziste, per segnalare le continue vessazioni, le limitazioni nello svolgere le proprie attività ed il disarmo a cui i poliziotti italiani della questura di Fiume erano stati assoggettati dai tedeschi.
Il 13 settembre 1944 Palatucci viene arrestato da Herbert Kappler, tenente colonnello delle SS, e tradotto nel carcere di Trieste. Il 22 ottobre viene trasferito nel campo di lavoro forzato di Dachau dove morì pochi giorni prima della Liberazione, a soli 36 anni.


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