sabato 12 gennaio 2013

Pechino soffocata dallo smog: il sole oscurato dalla nube tossica. Le autorità: restate a casa.

Il sole di Pechino oscurato dallo smog

PECHINO - L'aria irrespirabile, una cielo grigio e un sole irriconoscibile. Sembra una foto scattata per cogliere un'eclissi solare, ma in realtà la macchina fotografica usata monta un'ottica tradizionalee quella cappa grigia, quasi nera, che soffoca la città di Pechino è lo smog. La foto è stata scattata l'11 gennaio alle 8 di mattina, mentre la qualità dell'aria era classificata come pericolosa per quantità di 434 pm2,5 con picchi di 700, (le polveri sottili, un sottoinsieme del pm10, il cui limite medio giornaliero per l'Ue è di 50 microgrammi per metro cubo) e un livello di ozono di 456. I dati sono stati rilevati dall'ambasciata statunitense a Pechino. E' il prezzo del turbinoso sviluppo industriale cinese, che richiede sacrifici enormi in termini di diritti dei lavoratori, qualità della vita e inquinamento. 

Gli amministratori locali della capitale cinese hanno avvertito che i livelli non dovrebbero abbassarsi prima di martedì prossimo, invitando i cittadini a rimanere a casa il più possibile. La cappa di smog ha avvolto la Cina nord-orientale, creando difficoltà nei trasporti aerei e la chiusura di 20 tra strade e autostrade. 

Migliaia di persone sono morte in Cina quest'anno a causa dell'inquinamento. In particolare, oltre che a Pechino, a Shanghai, Guangzhou (la ex Canton) e Xìan sarebbero 8572 persone morte prematuramente quest'anno a causa di alti livelli nell'aria di particolato di diametro inferiore a 2,5 micron, secondo uno studio pubblicato dalla scuola di sanità pubblica dell'università di Pechino e da Greenpeace. Delle quattro città cinesi esaminate il maggior numero di decessi si è registrato a Shanghai.


http://www.ilmessaggero.it/primopiano/esteri/pechino_smog_sole_cina_inquinamento/notizie/243891.shtml

E' questo il futuro al quale vorrebbero condannarci?
Noi non dobbiamo permetterglielo!

Videosorveglianza casalinga.



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Travaglio querela Berlusconi per la lettera da Santoro: ecco le “12 balle blu”.

Berlusconi caccia Travaglio dalla sua sedia durante Servizio pubblico

ROMA - Marco Travaglio querelerà Silvio Berlusconi per le affermazioni contenute nella lettera letta da Silvio Berlusconi nell'ultima puntata di Servizio pubblico. Il giornalista in particolare contesta l'espressione «Travaglio è un diffamatore di professione: ha dieci condanne per diffamazione», in un articolo in cui enumera le «12 balle blu» del Cavaliere.

La replica. «Il sottoscritto - scrive Travaglio -, in 30 anni di attività, su 30 libri, 30 mila articoli, centinaia di trasmissioni televisive e online, è stato denunciato circa 300 volte in sede civile e penale. In sede civile ha perso alcune cause, pagando il risarcimento del danno, mai per avere scritto il falso, ma perlopiù per casi di omonimia o per critiche ritenute eccessive o per fatti veri mal compresi dal giudice o mal dimostrati dalla difesa. In sede penale, non ha mai riportato una sola condanna definitiva per il reato di diffamazione». 

La precisazione. «Quella citata da Berlusconi nella letterina scrittagli dal suo staff - prosegue il giornalista - scopiazzando da Wikipedia non è né definitiva né caduta in prescrizione: si tratta di una condanna penale in appello a risarcire Previti con una multa di 1.000 euro (per un articolo pubblicato sull'Espresso e uscito monco a causa di un taglio redazionale), su cui pende il mio ricorso in Cassazione senza che nessuno abbia dichiarato la prescrizione del reato».


http://www.ilmessaggero.it/primopiano/politica/travaglio_querela_berlusconi_lettera_santoro_diffamatore_professione_condanne_penali_civili/notizie/243878.shtml

Intervista a Rodotà: Reddito di cittadinanza: diritto universale. - Roberto Ciccarelli



«In Europa - sostiene Stefano Rodotà, uno dei giuristi italiani che hanno partecipato alla scrittura della Carta di Nizza e autore del recentissimo Il diritto di avere diritti - siamo di fronte ad un mutamento strutturale che spinge qualcuno ad adoperarsi per azzerare completamente i diritti sociali, espellere progressivamente i cittadini dalla cittadinanza e far ritornare il lavoro addirittura a prima di Locke. Per accedere ai beni fondamentali della vita come l'istruzione o la salute, dobbiamo passare per il mercato e acquistare servizi o prestazioni. Il reddito universale di cittadinanza è il tentativo di reagire al ritorno a questa idea di cittadinanza censitaria».
Il reddito di cittadinanza, dunque, non il «salario minimo sociale e legale» chiesto dal presidente uscente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker. Come spiega questa dichiarazione? 
Juncker ha mostrato più volte un'attenzione rispetto ad una fase nella quale debbono essere ripensati una serie di strumenti anche partendo da una riflessione più profonda sulla dimensione dei diritti. A parte la sua citazione di Marx, credo che la sua dichiarazione dovrebbe essere valutata alla luce dell'articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali. In una delle sue carte fondative l'Ue si impegna a riconoscere il diritto all'assistenza sociale e abitativa e a garantire un'esistenza dignitosa ai cittadini. C'è un'assonanza molto forte con uno dei più belli articoli della nostra Costituzione, il 36. Considerati insieme, questi articoli offrono una chiave per considerare il reddito fuori dalla prospettiva riduzionistica con la quale di solito viene considerata. Diversamente dall'approccio del salario minimo, o di quello del «reddito di sopravvivenza» di cui parla Monti nella sua agenda, il reddito non può essere considerato solo come uno strumento di lotta contro la marginalità. In Europa non c'è solo la povertà crescente. Io credo che oggi la lotta all'esclusione sociale passi attraverso l'adozione del reddito di cittadinanza.

Riesce ancora a mantenere una fiducia ammirevole nelle istituzioni europee e a non considerarle solo come l'emanazione diretta della Bce o della volontà tedesca di imporre politiche anti-inflattive e di rigore nei bilanci pubblici. Come mai? 
Ma perché l'Europa non può essere ridotta solo alle politiche dell'economia che assorbe tutte le altre dimensioni. Non è possibile ricordarsi degli aspetti virtuosi dell'Europa solo quando interviene per sanzionare i licenziamenti di Pomigliano oppure la legge italiana sul testamento biologico e dimenticarli quando impone di considerare l'economia come il Vangelo, con questa idea di mercato naturalizzato. L'Europa è un campo di battaglia. Io stesso ricordo la fatica di introdurre nella Carta di Nizza i principi di solidarietà e uguaglianza che prima mancavano.

Susanna Camusso (Cgil) sembra avere tutt'altra idea sulla proposta di Juncker e ha escluso il «salario minimo» perché danneggerebbe la contrattazione nazionale. Come lo spiega? 
Capisco la sua volontà di salvaguardare la dimensione contrattuale, ma la trasformazione strutturale che viviamo ci obbliga ad andare oltre questo orizzonte. Il tema capitale e ineludibile è il reddito universale di cittadinanza. Martedì 15 a Roma presentiamo il libro Reddito minimo garantito del Basic Income Network dove discuteremo anche le proposte di Tito Boeri e Pietro Garibaldi, persone tutt'altro che ascrivibili ad un'orizzonte estremista. Il reddito è uno strumento fondamentale per razionalizzare un sistema altamente disfunzionale e sgangherato come quello italiano sulle protezioni sociali. Nei primi giorni di governo l'aveva citato anche Elsa Fornero, poi ha abbandonato questa prospettiva.

Di solito la sinistra e i sindacati considerano il reddito come un ammortizzatore sociale. Lei ritiene che sia un approccio corretto? 
Assolutamente no. Oggi non è più possibile considerarlo come uno tra i tanti ammortizzatori sociali perchè dobbiamo cominciare a lavorare sulla distribuzione delle risorse. L'idea degli ammortizzatori sociali riflette un modo di guardare al precariato come un problema sostanzialmente transitorio che l'intervento dei governanti farà rientrare in una situazione di normalità. Oggi non è più così e il reddito è una precondizione della cittadinanza, uno strumento per affermare la pienezza della vita di una persona. Riguarda anche i lavoratori che si trovano in difficoltà, ma è un diritto di tutti i cittadini.

Quali sono le prime tappe del processo di una radicale riforma del Welfare? 
Ripristinare l'agibilità democratica nelle fabbriche; difendere il diritto del lavoro dalla privatizzazione strisciante che non è una fissazione della Fiom o di Maurizio Landini; una nuova legge sulla rappresentanza sindacale ma soprattutto ripristinare il diritto all'esistenza che passa attraverso il reddito di cittadinanza. È una questione di cui non possiamo liberarci né con un'alzata di spalle come ha fatto Carlo Dell'Aringa, ma anche dicendo che il contratto funziona bene, il sindacato fa la sua parte, mentre invece nella società c'è più di qualcosa che non funziona. Dobbiamo pensare a una trasformazione radicale, proprio come accadde con lo Statuto dei lavoratori. Perché non dovrebbe accadere oggi?

Perchè forse allora c'era l'autunno caldo, la migliore cultura giuslavoristica con Giugni, Romagnoli, Mancini sostenne l'avanzata del movimento operaio. Oggi non è così... 
C'è una certa sordità del sindacato perché ritiene che gli strumenti acquisiti siano sufficienti per fronteggiare qualsiasi situazione. Ricordo che Romagnoli gli ha rivolto critiche molto severe quando abbiamo elaborato e firmato il referendum contro le modifiche all'articolo 18 e contro l'articolo 8. In generale trovo spaventoso constatare i guasti della progressiva emarginazione del dialogo con la cultura politica. E questo non accade solo nel mondo del lavoro.

Medusa di canna o Polmone di mare.



Rhizostoma pulmo, comunemente noto come la Medusa di canna. Si trova nel nord-est Atlantico e Mar Mediterraneo.

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Facci, la confessione: "La lettera di Berlusconi a Travaglio l'ho scritta io"


La lettera del Cav a Travaglio? Facci rivela: "E' mia"

A quanto pare l'autore della "letterina a Travglio" che Silvio Berlusconi ha letto durante la puntata diServizio Pubblico, elencando tutte le condanne per diffamazione a carico del giornalista de Il Fatto quotidiano,  l'avrebbe scritta il giornalista di Libero Filippo Facci. A raccontarlo è lo stesso Facci ai microfoni de La zanzara suRadio24. "Ho scritto io, in gran parte, la lettera di Berlusconi a Travaglio. Mi ha chiamato un collega, giornalista di centro destra, e mi ha chiesto un testo da utilizzare per Servizio Pubblico. E' una richiesta che mi era già venuta altre dieci o quindici volte per colleghi che dovevano incontrare Travaglio in tv - prosegue Facci - e l'ho fatto anche su Di Pietro. Di fatto l'80% della lettera è farina del mio sacco, composta da pezzi che ho firmato su Libero e dall'elencazione delle condanne di Travaglio che ho scritto su Wikipedia. L'introduzione invece è tutta di Berlusconi come la parte su Montanelli che è una palese cazzata. Berlusconi leggeva una cosa di cui non capiva neanche il significato. Per fortuna si è cucinato tutti gli altri che erano cotti, impreparati e molto molli". 

http://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/1159043/Facci--la-confessione---La-lettera-di-Berlusconi-a-Travaglio-l-ho-scritta-io-.html

Ecco chi ha "fregato" Grillo. - Luca Ciliberti



Il catanese Massimiliano Foti ha depositato il simbolo del M5S al Viminale prima del leader genovese e ne rivendica tutti i diritti: "Ma quale mafioso. Nel 2007 ho registrato gli atti e al ministero dell'Interno ho consegnato lo statuto e l'atto costitutivo". ALL'INTERNO LA FOTO
CATANIA - Lo "scherzetto" che ha fatto tanto arrabbiare Beppe Grillo viene da un Pirata. E sembrerebbe proprio che leader del Movimento 5 stelle sapeva già ieri a Roma chi e come avrebbe dovuto anticipare sul tempo, perchè conosceva bene Andrea Massimiliano Danilo Foti, catanese e grillino ante litteram residente nella Bergamasca, tra i fondatori del Movimento agli albori. Ieri, invece, gli attivisti grillini hanno formulato le congetture più disparate, immaginando anche la longa manus dei "poteri forti" e della mafia dietro all'operazione che ha bruciato sul tempo Grillo nella consegna del simbolo di M5S: adesso, prima di lui, in 2° posizione, c'è un clone senza la scritta Beppegrillo.it che costringerà Grillo e Casaleggio alla guerra di carte bollate per non essere esclusi dalle elezioni visto che il loro logo è solamente 6° e a rischio bocciatura. 

"Solo perchè sono nato a Catania, sarei un mafioso? Questa associazione con la mafia è offensiva per tutti i siciliani" spiega Max Foti in un'intervista telefonica a Lasiciliaweb. "In rete è stato detto di tutto contro di me ma Beppe sa bene chi sono e questo tentativo di gettare discredito sulla mia attività politica, iniziata con i meetup nel 2005, è vergognoso. Comunque, al Viminale abbiamo depositato anche lo statuto e l'atto costitutivo del nostro movimento, che ho fondato, insieme ad altri amici, nel 2007, con atti registrati all'Agenzia dellel Entrate" specifica l'ex seguace del comico genovese. Nessuna guerrilla di marketing nemico, nessuna teoria del complotto. Adesso per Grillo non sarà facile convincere prima il ministero e poi la Cassazione che il suo Movimento 5 Stelle sia migliore di quello di Foti.

Quella del grillino catanese Andrea Massimiliano Danilo Foti, nato a Catania il 31 luglio 1976, è una battaglia cominciata nel 2005 e nata dalla spaccatura interna al Movimento sulla partecipazione alle competizioni elettorali. "Nel 2005 iniziai a partecipare alle riunione meetup e la partecipazione alle elezioni, già allora, mi sembrava uno sbocco naturale" racconta Foti, "ma Beppe non voleva sentirne. Nel 2007 insieme ad altri amici dei meetup, decidemmo di dar vita al "Movimento 5 stelle" con tanto di statuto, atto costitutivo, programma, e simbolo molto simile a quello successivamente adottato da Grillo".

La storia sarebbe confermata anche dal dissidente Giovanni Favia, il consigliere regionale dell'Emilia Romagna, recentemente esplulso da Grillo e approdato alla lista di Ingroia, che ha sostenuto che il comico non aveva il diritto di registrare il simbolo come "proprietà personale". "Le 5 stelle sono un simbolo utilizzato da tutti, dagli hotel ai ristoranti - spiega - il fatto di non aver registrato il simbolo nel 2005 testimonia ancora una volta che Grillo non voleva scendere nell'agone della politica. Adesso aspetteremo tutti i gradi di giudizio e poi cercheremo di trovare un accordo sull'utilizzo del marchio del Movimento".                                                                                                                                                                    
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