venerdì 31 maggio 2013

Piante che rivivono dopo 400 anni sotto i ghiacci.



Il ritiro dei ghiacciai nell'arcipelago artico canadese ha portato allo scoperto intere comunità vegetali che vi erano rimaste intrappolate durante la cosiddetta Piccola età glaciale, tra metà del XVI secolo e metà del XIX. Malgrado l'aspetto rinsecchito, ben il 30 per cento di queste piante si è rivelata in grado di tornare a germogliare.

Il rapido ritiro dei ghiacciai nelle regioni artiche sta esponendo comunità vegetali intatte che hanno la capacità di tornare a nuova vita. La scoperta è di un gruppo di ricercatori dell'Università dell'Alberta a Edmonton, in Canada, che firmano un articolo sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”
Piante che rivivono dopo 400 anni sotto i ghiacci
Il fronte del ghiacciaio di Tear Drop, sull'isola di Ellesmere. (Cortesia Catherine La Farge)
In seguito al riscaldamento globale, a partire dal 2004 sull'isola di Ellesmere, nell'arcipelago artico canadese, sono tornate alla luce ampie aree che erano rimaste sepolte sotto una coltre di ghiacci fin dall'inizio della cosiddetta Piccola età glaciale, il periodo dal 1550 al 1850 durante il quale l'emisfero settentrionale è andato incontro a un brusco abbassamento delle temperature.

Catherine La Farge e colleghi hanno scoperto che in queste aree appena liberate dai ghiacci sono presenti numerose comunità vegetali che, pur apparendo scolorite e annerite, sono ancora vitali. Dopo aver redatto un inventario delle piante, appartenenti a ben 60 specie di briofite (il gruppo di vegetali che comprende muschi ed epatiche), i ricercatori hanno prelevato svariati campioni per confermare con la datazione al radiocarbonio che si tratta effettivamente di organismi risalenti alla Piccola età glaciale. 

Successivamente, hanno utilizzato alcuni campioni per esperimenti di crescita in vitro che hanno avuto successo: il 30 per cento circa dei campioni ha infatti dato origine a nuove piante. 

Piante che rivivono dopo 400 anni sotto i ghiacci
Gruppi di briofite (macchie più scure) appena emersi dal ghiacciaio. (Cortesia Catherine La Farge)
Lo scorso anno, un gruppo di ricercatori russi era riuscito a far germogliare esemplari di Silene stenophylla - una pianta erbacea della famiglia delle Caryophyllaceae - i cui semi, risalenti a ben 32.000 anni fa, erano stati ritrovati fra i 20 e i 40 metri di profondità nel permafrost siberiano 

Per ottenere questo risultato, però, i ricercatori russi avevano dovuto estrarre il tessuto placentare dai semi, clonarlo e quindi coltivarlo in vitro su terreno nutritivo specializzato.

Al contrario, la rigenerazione delle piante emerse in Canada è avvenuta dopo la semplice macinatura dei tessuti di steli e foglie, poi seminati in un terreno di tipo commerciale. 

Piante che rivivono dopo 400 anni sotto i ghiacci
Coltura di briofite emerse dal ghiacciaio di Tear Drop.  (Cortesia Catherine La Farge)
La notevole capacità di sopravvivenza di queste piante, osservano i ricercatori, va attribuita da un lato alla capacità naturale delle cellule delle briofite di de-differenziarsi per tornare allo stato di cellule totipotenti e quindi riprogrammarsi, e dall'altro al fatto che sono piante “poichiloidriche”, ossia prive della capacità di controllare il proprio contenuto di acqua. 

Quindi, in caso di condizioni ambientali avverse, le cellule delle briofite possono seccarsi e arrestare completamente i propri processi metabolici, che riprendono quando - una volta tornate condizioni più favorevoli - le piante tornano a reidratarsi.


http://www.lescienze.it/news/2013/05/29/news/piante_ibernate_400_anni_ricrescita_briofite-1671098/

La natura colpisce ancora: Amaranto Inca divora OGM della Monsanto.



Le piante inca amaranto kiwicha invadono le piantagioni di soia transgenica della Monsanto negli Stati Uniti come in una crociata per fermare queste dannose imprese agricole e passare un messaggio al mondo. 

In quello che sembra essere un altro esempio di saggezza della natura, aprendo la strada, la specie  amaranto Inca nota come "kiwicha"  è diventata un incubo per la Monsanto. Curiosamente, questa azienda nota per il suo male ("Mondiablo") si riferisce a questa erba sacra per gli Inca e gli Aztechi, come pianta infestante o  erba maledettaIl fenomeno di espansione della amaranto nelle colture in oltre venti stati degli Stati Uniti non è nuovo, ma merita di essere salvato, forse anche per celebrare le capacità e l'intelligenza di questa pianta guerriera che si è opposta al gigante delle sementi transgeniche. Dal 2004 un agricoltore di Atlanta ha notato che i focolai di amaranto hanno resistito al potente erbicida "Roundup" a base di glifosato e divorato campi di soia GM. nel suo sito web la Monsanto raccomanda gli agricoltori di mischiare glifosato con erbicidi come 2,4-D, vietato in Scandinavia perché  correlato con il cancro. E 'curioso che il New York Times che oltre 20 anni fa ha scritto che Amaranto potrebbe essere il futuro del cibo nel mondo ora chiama questa pianta un "superweed" o "pigweed", termini dispregiativi che riflettono una concezione di amaranto come una piaga. Secondo un gruppo di scienziati britannici del Centro di Ecologia e Idrologia, si è prodotto un trasferimento di geni di piante geneticamente modificate e di alcuni "indesiderabili" erbe come amaranto. Questo fatto contraddice le affermazioni di esponenti di organismi geneticamente modificati (OGM), che affermano che l'ibridazione tra una pianta geneticamente modificata e un impianto non modificato è semplicemente "impossibile". Amaranto ha certamente più proteine della soia e contiene anche vitamine A e C. Nel frattempo negli Stati Uniti si preoccupano di come rimuovere questa pianta rustica che supera la tecnologia Monsanto: si riproduce in quasi tutte le condizioni climatiche, non si infetta da malattie o insetti che non hanno bisogno di prodotti chimici. Non sarebbe meglio ascoltare il messaggio della natura e provare la trasformazione dei prodotti alimentari amaranto?
Casi come la demonizzazione di amaranto ci fanno pensare che l'industria alimentare cerca semplicemente di mantenere la popolazione nella peggiore forma possibile per essere divorato da oscure corporazioni e interessi politici.

Tratto da Asociacion Civil Develar

Enel Green Power, la presidente Inarcassa nel cda. Voi lo sapevate? - Eleonora Carrano


Premessa veloce: Paola Muratorio, architetto e presidente da quasi 15 anni di Inarcassa, cassa previdenziale degli architetti e degli ingegneri, è colei che non si è opposta alla riforma Fornero (legge 214/2011) e che ha innalzato, in piena crisi economica e con il mercato dell’edilizia paralizzato, il contributo minimo da 1.600€ a 3.000€ che ingegneri e architetti dovranno versare anche in assenza di reddito.
Altrove non accade lo stesso: la Cassa Forense, per esempio, ritenendo di tutelare gli avvocati, si è fermamente opposta alla riforma, conservando il metodo retributivo nel rispetto del requisito imposto dalla legge. Muratorio invece, difende la portata “rivoluzionaria” della riforma; prevedere gli effetti di tale lungimirante indirizzo è presto detto: la mancata iscrizione di nuovi contribuenti e la cancellazione dalla cassa dei professionisti più giovani e con i redditi più bassi e la fuga dall’Italia, attraverso le società di ingegneria e architettura, dei migliori redditi. In sintesi, di quanti, in futuro, dovrebbero alimentare un sistema solidaristico consolidato.
Ora la notizia ultima che interessa architetti e ingegneri è che il Presidente Inarcassa da oggi può contare anche su una remunerazione pari a 50.000€ annui lordi (piu’ il rimborso spese) di consigliere del Gruppo Enel, che si sommano a 150.000€ di compenso da Presidente (al netto dei rimborsi spese e delle spese di rappresentanza). Infatti, Paola Muratorio, lo scorso aprile è entrata a far parte del consiglio di amministrazione della società del Gruppo Enel, dedicato allo sviluppo e alla gestione delle attività di generazione di energia da fonti rinnovabili. 
Il suo nome compariva già i primi di aprile nella lista presentata da parte degli azionisti Fondazione E.N.P.A.M. – Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Medici e degli Odontoiatri e Inarcassa – Cassa Nazionale Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti,  titolari complessivamente dell’1,50% circa del capitale sociale di Enel Green Power S.p.A.
La nomina a consigliere di Muratorio del Gruppo Enel Green Power , presuppone da parte di Inarcassa, indirizzi strategici e organizzativi operati nell’interesse degli iscritti, la cui portata, però, non ci è dato conoscere: non compare alcuna anticipazione nel Piano Strategico 2012-14 del bilancio di Previsione 2013 né, come ci si aspetterebbe, sul sito Inarcassa. Enel e diversi quotidiani e siti on-line di economia e finanza hanno dato ampio risalto alla nomina del nuovo Consiglio di Amministrazione che risale al 24 aprile, ma non Inarcassa.
Il motivo per cui Muratorio non abbia ritenuto di riferire sugli atti reputati opportuni per l’attuazione ed il raggiungimento dell’oggetto sociale che l’hanno portata all’interno del consiglio di amministrazione rimangono ancora avvolti nel mistero. E’ superfluo ricordare che gli iscritti hanno il diritto (e il dovere) di conoscere in quale modo viene investito il loro patrimonio. Diversamente, come potrebbero seguire e valutare l’operato del Consiglio e dei loro delegati, riconfermando o meno la fiducia accordatagli?
Da tempo immemorabile l'Enel è un calderone della politica. Uno dei tanti bacini di voto di scambio, come anche le banche e tutte quelle grandi industrie che foraggiano la politica sia pecuniariamente che assicurandole posti di lavoro. Politica e lobby sono i nostri padroni e noi siamo i loro schiavi. L'Italia non è un paese democratico, l'Italia è il paese dove comanda chi fa sempre più soldi a discapito di chi i soldi li produce con il proprio lavoro. Non c'è da meravigliarsi, quindi, se si verificano queste incongruenze. Bisognerebbe cambiare tutto, a cominciare dal modo di pensare, bisognerebbe ripristinare etica e dignità per far rifiorire il nostro paese, uno dei più belli e strategici dell'occidente. Abbiamo il tutto, ma ci viene vietato utilizzarlo. Dovremmo riappropriarci di ciò che è nostro.