venerdì 14 marzo 2014

Fenomenologia del renzismo: il rischio del nulla e la finanza amica. - Giovanni F. Accolla



Come nella Storia infinita per il Pd si profila la dissoluzione per annichilimento. Fini lo ha fatto con An.

Renzi - a mio avviso - per il Pd è pericoloso almeno quanto lo è stato Fini per An. Semmai riuscisse a diventare segretario del suo partito (il beneficio del dubbio, lasciatemelo ancora), probabilmente - proprio come l’ex-presidente della Camera - ne sarà il definitivo liquidatore.
Già me lo vedo, per esempio, alla foiba di Basovìzza (dove furono gettati numerosi italiani trucidati dai partigiani jugoslavi) proclamare che il comunismo è il male assoluto. Già me lo immagino ai Jamboree (raduni dei Boy scouts) a schitarrare intorno ad un fuoco, dopo l’abolizione della Feste dell’Unità.
La luce del potere è un lampo che ottenebra. Al pari della droga, dell’alcool e del sentimento amoroso, la folla strega anche lo spirito più lucido. Un leader politico (o peggio un aspirante tale) che fregandosene bellamente della tradizione alle proprie spalle, dichiara che non gli interessano le bandiere, ma le croci sulle schede elettorali, è una minaccia per i suoi e un pericolo per gli avversari.
Il vuoto continua a guadagnar terreno. Per gli anti-berlusconiani, per coloro che per un ventennio hanno trattato il leader di centro-destra come un corruttore di valori, Renzi è una nemesi assurda e paradossale. Berlusconi non è mai stato la causa dei suoi tempi, ma l’effetto (questo a sinistra non l’hanno mai capito). Renzi è effetto di causa che fu effetto. Il chiodo buono per scacciare il chiodo. L’alternativa per analogia e non per differenza .
Ma il sindaco di Firenze di Berlusconi porta soprattutto la retorica del nuovo, senza appartenere né socialmente, né culturalmente a qualcosa di alternativo a ciò che contesta. I programmi di Renzi, del resto, sono nutriti di suggestioni non di risposte. Altro che populismo, quella di Renzi è tolleranza repressiva, è parola vuota che non indica e non redime.
Il vecchio ordine delle cose spesso crolla sulla testa del suo demolitore. Così, qualora  il berlusconismo lo avessimo alle spalle, di fronte abbiamo il nulla.  
Il niente riempito da un crogiolo di miti estetici post-modeni, già fossilizzati ai tempi di Veltroni.  
Eppure li abbiamo visti in tanti alla “Leopolda” - nel rito sterile del giovanilismo democratico, simile ad un torneo di “Subbuteo” degli anni Ottanta - gli ex-comunisti accorrere a certificare la nascita del renzismo. Il morbo che, annacquandola, annienterà la loro storia. La parola "magica" è vincere, assumere il potere - che Gramsci li perdoni - e già nella sola speranza annegano.
Anche se, in tutta evidenza, la segreteria del partito è nei piani di Renzi solo un passaggio di una strategia che ha come obiettivo palazzo Chigi, tecnicamente il voto del popolo di sinistra - spostando definitivamente il Pd al centro - si posizionerà a sinistra del Pd. In zone di mero riempimento politico, private di autentica forza decisionale.
Detto da uno che con la sinistra non ha mai avuto nulla a che fare, ciò che sto scrivendo sembra strano. Ma credo che la questione sia più ampia, più complessa. Rischia di riguardare tutto il quadro politico. Forse Renzi è uno strumento di una strategia più generale. La strategia che - affossate sul nascere le spinte “rivoluzionarie” di Berlusconi - punta ad un ventennio (dico vent’anni, per dire) renziano, affinché ancora una volta, in barba agli italiani, nulla cambi.
Per capire se questa ipotesi ha qualche valore, bisognerebbe capire quali siano i gruppi d’interesse che muovono e foraggiano Renzi, quali siano nomi dei finanziatori, anzi dei finanzieri che da una sua vittoria trarrebbero vantaggio. Magari sono sempre i soliti, magari no. Chissà? 
Chercher l'argent!