mercoledì 25 giugno 2014

Ciro Esposito è morto, la famiglia: “Oggi non è gradita la presenza delle istituzioni”

Scontri Coppa Italia, è morto Ciro Esposito. L'appello dello zio: "No violenza in suo nome"

Era stato ferito a colpi di pistola il 3 maggio scorso a Roma prima della gara tra il Napoli e la Fiorentina. L'uomo è morto "per insufficienza multiorganica non rispondente alle terapie mediche e di supporto alle funzioni vitali", si legge in una nota del policlinico Gemelli di Roma, dove era ricoverato. Il sindaco De Magistris: "A Napoli lutto cittadino."
E’ morto questa mattina alle 6 Ciro Esposito, il tifoso del Napoli ferito il 3 maggio scorso a Roma prima della finale di Coppa Italia tra al squadra partenopea e la Fiorentina. Lo si apprende dal policlinico Gemelli dove il tifoso era ricoverato nel reparto di rianimazione. Le sue condizioni ieri si erano aggravate lasciando poche speranze di sopravvivenza. Esposito è morto “per insufficienza multiorganica non rispondente alle terapie mediche e di supporto alle funzioni vitali”, spiega in una nota Massimo Antonelli, direttore del Centro rianimazione del Gemelli, dove il tifoso era ricoverato da 54 giorni. I parenti e gli amici sono riuniti all’esterno del pronto soccorso del Policlinico, attiguo al reparto Rianimazione dove il giovane tifoso del Napoli è deceduto. Ci sono la madre, Antonella Leardi, il padre Giovanni, la fidanzata Simona e un’altra ventina di persone tra familiari e amici. La salma è stata trasferita al Policlinico Umberto I, dove verrà effettuata l’autopsia.
La famiglia: “Oggi non è gradita la presenza delle istituzioni, chi ha sbagliato paghi”
“Alle 6 di questa mattina dopo un calvario durato 50 giorni si è’ spento il nostro Ciro, un eroe civile. Quel maledetto 3 maggio il nostro Ciro é intervenuto in via Tor di Quinto a Roma per salvare i passeggeri del pullman delle famiglie dei tifosi del Napoli calcio. Il nostro Ciro ha sentito le urla di paura dei bambini che insieme alle loro famiglie volevano vedere una partita di calcio; é morto per salvare gli altri. Chiediamo alle istituzioni di fare la loro parte”. Comincia così l’appello della Famiglia Esposito per chiedere giustizia per Ciro.”Daniele De Santis (l’uomo che secondo l’accusa avrebbe aperto il fuoco contro il tifoso napoletano, ndr) non era solo. Vogliamo che vengano individuati e consegnati alla giustizia i suoi complici. Vogliamo che chi – ribadiscono – nella gestione dell’ordine pubblico, ha sbagliato paghi. Innanzitutto il prefetto di Roma che non ha tutelato l’incolumità dei tifosi napoletani. Chiediamo al presidente del Consiglio di accertare le eventualità responsabilità politiche di quanto accaduto – continua la nota diramata dalla famiglia – nessuno può restituirci Ciro ma in nome suo chiediamo giustizia e non vendetta. Oggi non è gradita la presenza delle istituzioni che si sono nascoste in questi 50 giorni di dolore”.
Lo zio: “Questore e prefetto di Roma devono dimettersi”
“Speriamo di riportarlo a casa presto – spiega Enzo, lo zio del giovane – stiamo lavorando per poter accelerare i tempi e ripartire per Napoli”. Bisogna avere però l’autorizzazione visto che c’è un’inchiesta in corso e potrebbe essere richiesta un’autopsia. “Mi aspettavo un po’ di vicinanza in queste settimane da parte delle istituzioni, ma non è mai arrivata salvo qualche eccezione come il sindaco di Napoli De Magistris” e ha ribadito: “Questore e prefetto di Roma devono dimettersi“. 
De Magistris: “Proclamiamo il lutto cittadino”
Il sindaco di Napoli Luigi de Magistris proclama il “lutto cittadino”. “Proclamiamo il lutto cittadino – spiega de Magistris – per Ciro, per i familiari, per il nostro popolo. Per dire no al binomio calcio-violenza”. “Esprimo ai genitori e a tutta la sua famiglia le mie più sentite condoglianze unitamente a tutto il Calcio Napoli”, scrive in una nota il presidente Aurelio De Laurentiis.
Il legale: “Chiediamo il lutto nazionale, lo Stato ha fallito”
“Chiediamo che sia proclamato il lutto nazionale”, scrive Angelo Pisani, difensore della famiglia Esposito e presidente dell’Ottava Municipalità di Napoli, comprendente il quartiere in cui Ciro lavorava all’autolavaggio, a Scampia. “La morte di Ciro -spiega il legale- rappresenta il fallimento di uno Stato che aveva il dovere di tutelare i cittadini e le manifestazioni sportive in generale. Tutto questo non è avvenuto e a rimetterci la vita è stato un ragazzo innocente, che da oggi in poi sarà il nostro eroe”. “Aspettiamo – conclude Pisani- di poterlo onorare per l’ultima volta con una cerimonia che convocheremo presso l’Auditorium di Scampia, perché tutto il quartiere possa stringersi intorno a Ciro e alla sua famiglia, che rappresentano dinanzi a tutta l’Italia i valori positivi di Napoli“. 
Ora per De Santis l’accusa è di omicidio volontario
Con la morte di Esposito cambia, aggravandosi, la posizione di Daniele de Santis, l’uomo detenuto a Regina Coeli in quanto ritenuto colui che sparò al gruppo di supporters napoletani. Non più tentato omicidio, ma omicidio volontario: questa la nuova ipotesi di reato contestata all’ex ultrà romanista. Il pm, Eugenio Albamonte, titolare dell’inchiesta giudiziaria, dovrà oggi, tra l’altro, nominare il medico legale al quale sarà affidato l’incarico di eseguire l’autopsia su Esposito. 
Scontri a Roma, Esposito raggiunto da diversi colpi di pistola
Esposito era stato ferito il 3 maggio a Roma. Durante scontri scoppiati con ultrà romanisti nella zona di Tor di Quinto prima della gara tra il Napoli e la Fiorentina, l’uomo era stato raggiunto da diversi colpi di pistola un dei quali, entrato dal torace, è arrivato alla colonna vertebrale. Per l’accaduto era finito in manette Daniele De Santis, detto “Danielino” o “Gastone”, ex ultrà giallorosso proveniente dall’estrema destra, titolare di un chiosco nelle vicinanze del luogo in cui si sono verificati i tafferugli. Secondo gli inquirenti, l’ultrà romanista ha fatto fuoco in direzione di alcuni tifosi del Napoli, tra cui Esposito, nel corso di una rissa scoppiata dopo che De Santis, assieme ad altre tre persone ancora da identificare, aveva provocato alcuni tifosi del Napoli a bordo di un bus con lanci di oggetti e fumogeni.
Chi era Ciro Esposito
Un ragazzo di 31 anni, Ciro, con la passione per il calcio e il suo Napoli. Era aiuto infermiere, aveva due fratelli e una fidanzata, Simona. Lavorava nell’azienda familiare, un autolavaggio, insieme ai suoi fratelli, sulla cui cancellata oggi è stato apposto un drappo nero, in segno di lutto. Viveva a casa, con mamma e papà. Per seguire una delle trasferte del Napoli, il 3 maggio era partito da Scampia, come aveva fatto altre volte, insieme agli amici, per quella che doveva essere una festa del calcio. Arrivato a Roma sperando in una vittoria in finale di Coppa Italia, all’Olimpico non è riuscito neanche a mettere piede. 
Benitez: “Una morte che non ha senso”
“La morte di Ciro Esposito è qualcosa di drammatico, ingiustificabile, terribile… Un giovane non può perdere la vita mentre s’incammina allo stadio per vedere la sua squadra. Non ha senso”. E’ il messaggio di cordoglio che Rafa Benitez, allenatore del Napoli, affida al suo sito web. “Dove sta andando il calcio e ciò che lo circonda? A quale limite lo stiamo portando? Questo – prosegue Benitez – non dovrà succedere mai più, mai. Bisogna trovare i mezzi per sradicare assolutamente fatti come questi dal panorama del calcio e dal mondo dello sport”. 
Qui i precedenti: 
http://iglicinidicetta.blogspot.it/2014/05/spari-fuori-dallo-stadio-petardi-e-caos.html

Yara Gambirasio, il furgone di Bossetti filmato vicino a casa della vittima. - Davide Milosa


Ora agli atti dell’inchiesta sull'uomo accusato dalla procura di Bergamo di essere l’assassino della tredicenne spunta una ripresa in cui si vede il furgone del 44enne muratore di Mapello nelle strade attorno a via Rampinelli, dove abita la famiglia della ginnasta. Ora non c'è solo la prova del Dna.
Non c’è più solo la prova del Dna. Ora agli atti dell’inchiesta su Massimo Giuseppe Bossettiaccusato dalla procura di Bergamo di essere l’assassino di Yara, spunta un filmato che riprende il furgone del 44enne muratore di Mapello nelle strade attorno a via Rampinelli, proprio dove abita la famiglia Gambirasio. Di più: il filmato porta la data del 26 novembre 2010, esattamente il giorno in cui la 13enne scompare dopo essere uscita dalla palestra di Brembate Sopra. La conferma dell’esistenza di questo documento arriva direttamente dai militari del Ros, i quali, dopo il fermo di Bossetti, hanno iniziato ad analizzare tutti i dati sensibili che ruotano attorno al 26 novembre. Tra i tanti sono stati rivisti, fotogramma per fotogramma, i filmati delle telecamere. Un lavoro fatto già nelle settimane successive alla scomparsa della 13enne.
Ma se all’epoca lo screening fu condotto al buio e senza il minimo elemento, oggi tutti questi dati vengono riletti con davanti l’identità di Ignoto 1, il cui Dna è stato individuato su slip e leggings del cadavere di Yara ritrovato il 26 febbraio 2011 in un campo di Chignolo d’Isola. Il lavoro a ritroso degli investigatori è a una svolta. Il dato oggettivo di questo filmato sembra poter confutare la versione data da Giuseppe Bossetti durante l’interrogatorio di garanzia davanti al giudice Ezia Maccora che, il 19 giugno scorso, ha emesso nei suoi confronti un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. In quel verbale il muratore di Mapello ha raccontato che, nel novembre 2010, lavorava in un cantiere di Palazzago e per tornare nella sua villetta di Mapello passava nella zona della palestra.
Non a caso il 26 novembre il suo cellulare aggancia la cella di Brembate alle 17,45. In quell’orario Bossetti fa una chiamata, dopodiché il telefono non produce traffico fino alle 7,35 del 27 novembre. A questo punto, l’indagato oltre a spiegare perché il suo Dna è finito sul corpo di Yara, dovrà motivare quel passaggio in via Rampinelli in orario compatibile con la scomparsa della 13enne. I dubbi si riducono. Le domande anche. Certo ancora bisogna capire se Yara salì volontariamente sul mezzo del suo assassinoEsclusa l’ipotesi di un sequestro davanti alla palestra che a quell’ora (erano le 18,40) è affollata di gente, lo scenario potrebbe spostarsi qualche centinaio di metri più in là, proprio nella zona di via Rampinelli. Sul punto va ricordata la rivelazione fatta da Enrico Tironi, il vicino di casa di Yara, a poche ore dalla scomparsa della ragazza. Il testimone raccontò che quella sera la vide in compagnia di due uomini. Per quelle parole Tironi fu incriminato per procurato allarme. Ma il racconto coincide, in parte, anche con quello fatto da una colf che si trovava in zona.
L’inchiesta è ora in una fase decisiva. In mano gli investigatori, oltre al Dna e al filmato, hanno un’altra certezza: Bossetti conosceva bene la zona di Chignolo d’Isola. Una conferma arrivata dalla ditta Bonacina dove il muratore andava a rifornirsi di materiale edile. I titolari, sentiti nei giorni scorsi dai carabinieri, confermano che Bossetti dal 2008 al 2013 si è servito da loro e andava sempre con il furgone Iveco Daily, lo stesso ripreso dalle telecamere della banca nella zona di via Rampinelli. La ditta Bonacina, poi, si trova a 500 metri dal bar pizzeria di via Donizetti dove l’indagato comprava la birra. A un chilometro in linea d’aria c’è il campo dove è stato individuato il corpo di Yara. Da ieri, intanto, alla difesa di Bossetti si è aggiunto un altro legale. E mentre la procura sta ragionando se chiedere o meno il giudizio immediato, il pm Letizia Ruggeri nei prossimi giorni sentirà Ester Arzuffi, la mamma di Ignoto 1, identificata il 13 giugno scorso e subito messa sotto intercettazione.
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