domenica 26 ottobre 2014

Falange Armata, romanzo criminale dal delitto Mormile alla Uno bianca. - Giuseppe Pipitone

Falange Armata, romanzo criminale<br>dal delitto Mormile alla Uno bianca

La prima puntata dell’inchiesta sulla sigla oscura che per un lustro rivendica ogni singolo atto criminale della strategia stragista: dai delitti della Banda della Uno Bianca, fino agli eccidi di Cosa Nostra.

Questa è una storia di omicidi e stragi, di patti tra pezzi dello Stato e associazioni criminali, di boss di Cosa Nostra che imbucano lettere per rivendicare i loro delitti, di presidenti del consiglio che rivelano in Parlamento l’esistenza di organizzazioni militari clandestine. Una storia che lascia traccia di sé nei comunicati inviati ai giornali, nelle voci metalliche che telefonano alle agenzie di stampa, nelle rivendicazioni di delitti che partono dal profondo nord, si fermano in Emilia Romagna, dove imperversa la banda della Uno Bianca, e sbarcano in Sicilia seguendo la scia di sangue tracciata dagli eccidi targati Cosa Nostra. Una linea della palma al contrario, che semina terrore, panico e confusione, e che alla fine ha sempre la stessa sigla: Falange Armata. Due parole che suonano minacciose, che strizzano l’occhio all’estremismo della destra eversiva – la Falange era il partito fondato in Spagna negli anni ’30 dal militare José Primo de Rivera – e che presto rimangono impresse nella memoria di chi inizia a leggerle sui giornali. Perché quelle due parole, Falange Armata, sui quotidiani e sui tg ci finiscono sempre più spesso, ogni volta che su e giù per lo stivale mitra e tritolo vengono azionate seminando morte. Chi ci sia dietro quella firma di terrore che per un lustro rivendica ogni singolo atto criminale della strategia stragista è un mistero, come un mistero rimane ancora oggi cosa sia nel dettaglio la Falange Armata. Perché la sigla oscura torna alla ribalta nell’ottobre 2013: una lettera spedita nel carcere milanese di Opera al capomafia Totò Riina con l’invito a “chiudere la bocca” per il boss corleonese. Un messaggio inquietante dato che in quei mesi il capo dei capi viene intercettato dalla Dia di Palermo mentre si lascia andare a rivelazioni inedite con il compagno d’ora d’aria Alberto Lorusso. Stralci di quelle conversazioni finiranno sui giornali soltanto alcune settimane dopo: gli estensori di quella missiva come fanno quindi a sapere che Riina viene ascoltato in carcere dai pm palermitani? Un interrogativo ancora oggi al vaglio degli inquirenti, particolarmente colpiti dal fatto che la Falange sia tornata a farsi sentire dopo vent’anni esatti di silenzio.
Gli esordi del terrore: da Mormile, alla Uno Bianca 
Indicata all’inizio come un’organizzazione terroristica creata per destabilizzare il Paese, la Falange esordisce quando mette la firma sull’esecuzione di Umberto Mormile, educatore nel carcere milanese di Opera, ucciso a colpi di pistola l’11 ottobre del 1990, da un commando in motocicletta, mentre sta andando a lavoro con la sua automobile. Per quell’omicidio sarà poi condannato il boss della ‘Ndrangheta Domenico Papalia, all’epoca recluso a Opera, deluso dal fatto che Mormile, dopo aver intascato denaro, lo avesse abbandonato senza procurargli i benefici carcerari promessi. Un nome, quello di Papalia, che ricomparirà più volte tra i rivoli di mistero dei primi anni ’90: a citarlo è il boss mafioso Nino Gioè, nella lettera lasciata in carcere prima che i secondini lo trovassero morto nella sua cella cella; diranno poi che si trattò di suicidio, mentre ancora oggi sono molti i punti di domanda che si annidano sulla fine del boss di Altofonte. Oltre alla lettera di Gioè, Papalia compare anche in un’informativa della Dia nel 1994, dove è indicato tra gli ‘ndranghetisti che a Milano erano in contatto con ambienti legati alla Massoneria, forse con Licio Gelli in persona. Papalia, però, non è l’unico personaggio interessante coinvolto nell’esecuzione di Mormile. Secondo le prime piste investigative imboccate all’epoca, un ruolo nell’esecuzione dell’educatore carcerario lo gioca Angelo Antonio Pelle, lo ‘ndranghetista che nel 2004 finirà nella lista allegata al Protocollo Farfalla: d’accordo con il Dipartimento d’amministrazione penitenziaria, il Sisde allora guidato daMario Mori metterà a libro paga a otto boss detenuti, che diventeranno confidenti dei servizi in cambio di denaro. Corsi e ricorsi di una storia che nell’aprile del 1990 deve ancora cominciare.
L’atto primo va in scena precisamente il 27 ottobre 1990 quando al centralino dell’Ansa di Bologna arriva una strana telefonata che rivendica l’assassinio di Mormile, ammazzato ormai sei mesi prima: “Il terrorismo non è morto, ci conoscerete in seguito” dice al telefono una voce, che sembra voler tradire appositamente un accento tedesco. In coda alla comunicazione c’è la firma letta al telefonista: Falange Armata Carceraria. Quella prima rivendicazione è importante per due motivi: l’estensione nella sigla, quel “Carceraria”, utilizzata per prendersi la responsabilità dell’assassinio proprio di un educatore di detenuti, che poi sparirà presto dalle rivendicazioni di morte dei falangisti; il dato più rilevante però è il tempo: tra l’omicidio Mormile e la telefonata all’Ansa, passano ben sei mesi. In quei giorni, l’opinione pubblica italiana è in fibrillazione perché il 24 ottobre l’allora presidente del Consiglio Giulio Andreotti interviene alla Camera dei Deputati, rivelando l’esistenza di Gladio, l’evoluzione di Stay Behind, l’organizzazione militare segreta costituita in ottemperanza al Patto Atlantico. Andreotti alla Camera definirà Gladio come “un’organizzazione di informazione, risposta e salvaguardia”. Passano 72 ore e sulla scena italiana compare la Falange, rivendicando un fatto di sangue accaduto parecchi mesi prima. Complice il caos mediatico suscitato dalle ammissioni di Andreotti, però, quella prima telefonata dei falangisti. non lascia particolare segno.
Risonanza maggiore avranno le rivendicazioni successive dei falangisti, che dopo qualche mese si spostano un po’ più a sud, sulla via Emilia, dove dalla fine degli anni ’80 la Banda della Uno Bianca semina terrore e morte a buon mercato. Il 4 gennaio del 1991, la banda guidata dai fratelli Savi massacra tre carabinieri di pattuglia al quartiere Pilastro a Bologna; 24 ore dopo, questa volta puntualissima come se il sistema fosse ormai rodato, arriva la rivendicazione della Falange, che come sempre conclude i suoi comunicati con quel leit motiv inquietante :“Il terrorismo non è morto, ci conoscerete in seguito”. In seguito, però, arriverà solo una perizia della balistica che indicherà come una delle pistole utilizzate dalla Banda della Uno Bianca nella strage del Pilastro sia la stessa che ha messo fine alla vita di Mormile un anno prima: una connessione che rimarrà soltanto agli atti, dato i due omicidi non sono mai stati messi in relazione. E in comune hanno soltanto quella voce metallica, che tenta di depistare le indagini, di confondere i mass media e seminare terrore. Poi, dopo il Pilastro la Falange scompare: o meglio, scende ancora più a sud, in Sicilia.

Prima puntata – Continua 

Ecco chi c'è dietro la Leopolda: raccolti quasi 2 milioni di euro.



Manca una settimana alla prossima Leopolda, la convention dei renziani organizzata dalla Fondazione Open e che vede in prima linea Maria Elena Boschi, Luca Lotti e Marco Carrai.
Ma da dove arrivano i 300mila euro necessari a mettere in piedi la manifestazione? Come spiega La Stampa, la fondazione ha già raccolto 2 milioni di euro che provengono soprattutto da alcuni personaggi che gravitano attorno al premier. Primo finanziatore è Davide Serra, che avrebbe tirato fuori 175 mila euro, seguito da Guido Ghisolfi - proprietario dell’azienda chimica Mossi e Ghisolfi -  che avrebbero già sborsato 120 mila euro. Ci sono poi una serie di aziende, come quella alimentare Gf Group (50 mila euro), quella immobiliare Blau Meer srl o Simon Fiduciaria nel cui consiglio c'è Giorgio Gori (20mila euro a testa). 60mila euro arrivano poi dall'imprenditore di Isvafim Alfredo Romeo, mentre il banchiere d'affari Guido Roberto Vitale ha donato 5 mila euro.
E poi ci sono i grandi nomi. Come quello di Fabrizio Landi (10mila euro), fresco di nomina in Finmeccanica e considerato tra i pionieri del business biomedico in Italia, oltre a uno dei nomi forti che avrebbero aiutato l'ascesa di Renzi. O come il finanziere Carlo Micheli o l'azienda di telefonia Telit, Paolo Fresco e la signora Marie Edmée Jacquelin, Renato Giallombardo (uno degli esperti italiani in fusioni, acquisizioni, operazioni di private equity), Jacopo Mazzei fino al manager tv Antonio Campo dall’Orto. 

Davide Serra supera a destra Renzi: "Limitare il diritto di sciopero"

Davide Serra supera a destra Renzi: "Limitare il diritto di sciopero"

Le "Cayman" (come avrebbe detto Pier Luigi Bersani) entrano nel Pd di Renzi. Il finanziere Davide Serra, numero uno di Algebris Investments e noto sostenitore del premier annuncia di aver fatto domanda per iscriversi al Pd. "Sì ho fatto richiesta della tessera” dice ai giornalisti che lo seguono ovunque nel salone della Leopolda.
Gli chiedono della manifestazione dei sindacati a San Giovanni e lui parte all'attacco: “Dipende dall'obiettivo, se vogliono creare posti di lavoro o disoccupati: se vogliono aumentare i disoccupati facciano lo sciopero generale. Se avessero voluto aiutare i propri figli a creare un'azienda o trovare un posto di lavoro probabilmente avrebbero fatto meglio a dare una mano, fare qualcosa, venire qui a trovare un po' di idee, piuttosto che andare sempre a recriminare”.
Dice che il Jobs Act gli piace, ma che il governo dovrebbe avere il pugno più duro coi sindacati: “Il Jobs act mi piace tutto perché mette flessibilità all'entrata e all'uscita. Se tu non hai flessibilità all'uscita, non ce l'avrai mai all'entrata, dovessi firmarlo lo firmerei, potrebbe essere fatto un pelo più aggressivo". Cioè?: “Il diritto di sciopero dovrebbe essere molto regolato, prima che tutti lo facciano random. Se volete scioperare, scioperate tutti in un giorno. In caso contrario chi deve venire domani a investire non ci viene”. 

http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/11712502/Davide-Serra-supera-a-destra-Renzi.html


I "FAVOLOSI" GUADAGNI DI DAVID SERRA NON SONO POI COSÌ FAVOLOSI. ANZI - NON È CASUALE IL COMIZIO FINALE DI RENZI A SIENA. (art. 20 nov. 2010)

I contradaioli di Siena che ogni giorno leggono i "Financial Times" nei bar della piazza del Palio non vedono l'ora di assistere al comizio con il quale Matteuccio Renzi metterà fine al suo tour per le primarie.
MPS LINGRESSO DI ROCCA SALIMBENI SEDE DEL MONTE DEI PASCHI DI SIENAMPS LINGRESSO DI ROCCA SALIMBENI SEDE DEL MONTE DEI PASCHI DI SIENA
La scelta della città da parte del giovane rottamatore non è casuale e lui stesso ha ammesso il desiderio di dire qualcosa su MontePaschi, la roccaforte della finanza vicina al Pd nazionale e locale.
Da parte loro i contradaioli si aspettano battute al vetriolo nei confronti di Alessandro Profumo, l'ex-boyscout genovese che adesso ha le redini della banca più antica d'Italia, e, tra una bestemmia in dialetto toscano e un'occhiata al quotidiano inglese, si interrogano per capire fino a che punto l'avversario di Bersani vorrà dare un'impronta finanziaria al suo comizio.
MATTEO RENZI E MOGLIE AGNESEMATTEO RENZI E MOGLIE AGNESE
I rappresentanti del Bruco, della Civetta, dell'Oca e delle altre 14 contrade sperano che Renzi non si porti dietro lo scrittore Baricco e nemmeno Pietro Ichino, quel giurista milanese 63enne e terribilmente ondivago che muore dalla voglia di fare il ministro del Welfare.
Sperano invece che sul palco ci sia Davide Serra, il piccolo Gordon Gekko che dopo aver lavorato in Morgan Stanley nel 2007 ha messo in piedi il fondo Algebris. Di quest'uomo i contradaioli sanno tutto. Sanno che ha tre figli, vive a Londra e ai rolex d'oro massiccio preferisce un Polar di plastica che gli serve anche per misurare le frequenze cardiache quando corre ad Hyde Park insieme ai barboni della City.
DAVIDE SERRADAVIDE SERRA
Lo seguono fin da quando Serra aveva 36 anni e si permise di sparare cannonate nella cattedrale delle Generali nei confronti del vecchio presidente Antoine Bernheim. Agli occhi dei contradaioli la polemica scoppiata nei giorni scorsi sui 10 milioni di CoCo bond di Algebris acquistati dalla Cassa di Risparmio di Firenze è semplicemente miserabile ,e quando ieri sera nel salottino della Gruber Renzi ha detto che si tratta di "solo fango per colpirmi", hanno battuto le mani e alzato i calici con la stessa intensità con cui durante la convention di tre giorni alla Leopolda il giovinotto ha ironizzato sul "lupo cattivo" del fondo Algebris. Adesso sperano che il sindaco fiorentino renda il giusto omaggio all'amico finanziere che sicuramente qualche sterlina deve averla messa nella costosa campagna elettorale per le primarie.
alessandro profumoALESSANDRO PROFUMO
Nei bar di piazza del Palio preferiscono ignorare che molti milioni gestiti da Serra provengono dall'Enasarco, un ente nel mirino della Corte dei Conti, che non è proprio una casa di vetro come ha dimostrato lo scandalo che travolse l'ex-presidente di Confcommercio Billè. Ben più eloquente e ammirevole è stato il "Financial Times" quando nei giorni scorsi ha scritto un articolo meraviglioso sui prodigiosi profitti che Serra ha ottenuto grazie ai CoCo bond, strumenti così sofisticati e complessi da somigliare ai sub-prime.
In quell'articolo si leggeva che Serra aveva battuto tutti i concorrenti che gestiscono hedge fund con queste obbligazioni convertibili che quest'anno hanno portato a un guadagno "favoloso" del 45%, cioè circa dieci volte di più della media degli altri gestori.
Come sempre accade anche tra i contradaioli c'è il classico rompicoglioni che non si accontenta dell'elogio sperticato pronunciato dalla Bibbia del giornalismo finanziario.
PRESENTAZIONE DAVIDE SERRA ALGEBRISPRESENTAZIONE DAVIDE SERRA ALGEBRIS
Ed ecco allora che il rompicoglioni tira fuori dalle tasche un articolo pubblicato il 10 febbraio sul "Wall Street Journal" in cui si legge testualmente che nel 2011 il fondo Algebris di Serra ha perso il 30% soprattutto a causa delle scommesse europee. A questo punto i contradaioli chiamano un cameriere e su un tovagliolino di carta si fanno due conti: se è vero che il fondo dei CoCo bond lanciato nel 2011 ha perso l'anno scorso il 30% allora occorre fare la media con il guadagno del 45% di quest'anno e si arriva a un rendimento di 1,5% in due anni.
Anche questo - come la vicenda dei 10 milioni dell'ente Cassa di Risparmio di Firenze - può sembrare un argomento miserabile, ma a Siena si aspettano che Renzi dica una parola chiara sull'algebra di Algebris.

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/favolosi-guadagni-david-serra-non-sono-poi-cosi-favolosi-46973.htm