lunedì 6 aprile 2015

Scoperta in Sicilia la “superstrada” che oltre 2 mila anni fa collegava Siracusa a Selinunte

Sicilia - Scorcio della terrazza che sovrasta il Teatro Greco di Siracusa, V° sec. a.C. - Ph. Allie_Caulfield | CCBY2.0

In Sicilia,  nei pressi di Siracusa, durante le indagini sui resti di una necropoli di età preistorica a Cozzo del Pantano portata alla luce dall’archeologo Paolo Orsi nel 1893, ed ora oggetto di studio da parte degli archeologi Davide Tanasi e Giancarlo Germanà, è emerso il tracciato di un’antica ”superstrada” costruita dai Greci per collegare la città di Siracusa alle sue colonie Akrai e Kasmenai e inoltre a Gela e Akragas arrivando fino a Selinunte (vedi nella foto in basso la ricostruzione grafica del tragitto). La straordinarietà del ritrovamento sta nel fatto che si tratta della seconda arteria stradale più importante della Sicilia antica, dopo la via Elorina (che collegava Siracusa a Eloro, vicino all’attuale Noto). Sono addirittura ben visibili le tracce delle ruote dei carri che oltre due millenni or sono la percorsero.
Dalle prime ricerche sulla necropoli che la costeggia emerge che il sito funerario di Cozzo Pantano fu utilizzato fino all’età precoloniale, cioè prima dell’arrivo dei Greci che da Corinto giunsero in Sicilia a fondare la città di Siracusa nel 734 a. C. e poi ancora in epoca greca con un reimpiego delle tombe – spiegano gli archeologi – anche in epoca romana e in quella successiva. Ciò testimonia una continuità di frequentazione forse da rapportarsi proprio al passaggio dell’importante arteria di collegamento.
Mentre la succitata via Elorina si articolava verso est,  la via diretta a Selinunte, oggetto della recente scoperta, conduceva in direzione ovest.Erano queste della Sicilia sud-orientale vie lungo le quali gli abitanti delle antiche città di epoca greca conducevano i loro scambi commerciali o che all’occorrenza gli eserciti utilizzavano per manovre belliche. I viaggiatori le percorrevano a piedi oppure servendosi di carri trainati da buoi o cavalli e di quest’ultimo tipo di transito, come si accennava prima, rimangono tracce visibili nei solchi generati dall’attrito delle ruote sulla pietra.
Le tombe che costeggiano la via sono una cinquantina a grotticella artificiale (cioè scavate nella roccia) e sono a forma di tholos. Sono databili all’età del Bronzo medio ed hanno restituito ricchi corredi che comprendono, oltre a ceramiche indigene, altre di importazione micenea e maltese.
Le nuove indagini su questo sito permetteranno una nuova edizione dello scavo dell’Orsi muovendo dagli oltre 200 reperti raccolti dall’archeologo di Rovereto a fine Ottocento, custoditi nei depositi del Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi” e  solo in parte analizzati in una relazione scientifica. Infatti, dopo una pubblicazione preliminare a cura dello stesso Orsi, l’interesse verso il sito scemò e i pochi reperti dell’età del Bronzo medio esposti al museo non hanno permesso di avere un’idea precisa della reale portata del ritrovamento. Gli archeologi impegnati sul posto, al contrario, non considerano affatto Cozzo Pantano un sito minore identificando appunto la strada che lo fiancheggia con la Via Selinuntina, esistente in epoca greca e poi prolungata dai Romani, i quali la spinsero ancora più ad Ovest fino a Lilibeo, come del resto testimonia l’Itinerarium Antonini, una rara carta geografica d’epoca tardoantica, che descrive questa strada come la principale della Sicilia meridionale.
Ricostruzione grafica del tragitto seguito dalla Via Selinuntina fra Siracusa e Selinunte

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