mercoledì 6 maggio 2015

Riforma del Senato, come funziona e cosa cambia: i prossimi passaggi. - Andrea Signorelli



Come funziona, cosa cambia e quali sono le competenze del nuovo Senato. 10 marzo: ok della Camera con 357 voti favorevoli. E adesso, quali sono i prossimi passaggi?

15.16 - Approvata in seconda lettura la riforma costituzionale con i soli voti della maggioranza (ma mancano all'appello una ventina di deputati del Pd), adesso qual è l'iter per la riforma del Senato? Tutte le leggi prevedono un minimo di due passaggi, in questo caso, poiché è una legge che riforma la Costituzione, i passaggi minimi sono quattro. Per considerare una legge approvata definitivamente, però, è decisivo che le camere la approvino senza apporvi modifiche, altrimenti continuerà il suo passaggio tra Camera e Senato. Se la legge non viene approvata con almeno due terzi dei voti favorevoli, può essere sottoposta a referendum confermativo (e di fatto la cosa avviene sempre, anche se in caso contrario la legge è da considerarsi approvata).
12.33 - La Camera ha approvato la Riforma Costituzionale: 357 i voti favorevoli, 125 quelli contrari. Il ddl Boschi ora va al Senato.

Riforma del Senato: cosa cambia e cosa prevede

Come funziona la riforma del Senato? Ecco i punti principali.
Quanti saranno i senatori? A Palazzo Madama siederanno in 100 in luogo dei 315 di oggi, così ripartiti: 74 consiglieri regionali, 21 sindaci, 5 personalità illustri nominate dal presidente della Repubblica. Saranno i Consigli regionali a scegliere i senatori, con metodo proporzionale, fra i propri componenti. Inoltre le regioni eleggeranno ciascuna un altro senatore scegliendolo tra i sindaci dei rispettivi territori, per un totale, quindi, di 21 primi cittadini che arriveranno a Palazzo Madama. La ripartizione dei seggi tra le varie Regioni avverrà "in proporzione alla loro popolazione" ma nessuna Regione potrà avere meno di due senatori. La durata del mandato di questi ultimi sarà di sette anni e non sarà ripetibile. Andranno quindi a sostituire i senatori a vita e saranno scelti con gli stessi criteri: "cittadini che hanno illustrato la patria per i loro altissimi meriti".
I senatori saranno eletti? Non saranno più eletti direttamente dai cittadini; si tratterà invece di una elezione di secondo grado che vedrà approdare in Senato sindaci e consiglieri regionali, il primo rinnovo del Senato li vedrà "eletti" tutti contemporaneamente, dopodiché la loro elezione sarà legata al rinnovo dei consigli regionali. Il sistema sarà proporzionale per evitare che chi ha la maggioranza nella regione si accaparri tutti i seggi a disposizione. Quale sarà lo stipendio dei senatori? I consiglieri regionali e i sindaci che verranno eletti al Senato non riceveranno nessuna indennità, il che dovrebbe portare allo Stato un risparmio di oltre 50 milioni di euro ogni anno. Con i risparmi che dovrebbero arrivare grazie all'unificazione degli uffici di Camera e Senato (e altro modifiche all'insegna dell'ottimizzazione, non meglio specificate) si dice che si potrebbe arrivare anche a mezzo miliardo di risparmi.
Quali sono i poteri del nuovo Senato? Palazzo Madama avrà molti meno poteri e verrà superato il bicameralismo: innanzitutto non potrà più votare la fiducia ai governi in carica, mentre la sua funzione principale sarà quella di "funzione di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica", che poi sarebbero regioni e comuni. Potere di voto vero e proprio invece il Senato lo conserverà solo riforme costituzionali, leggi costituzionali, leggi sui referendum popolari, leggi elettorali degli enti locali, diritto di famiglia, matrimonio e salute e ratifiche dei trattati internazionali.
Il ruolo consultivo del Senato. Il Senato avrà però la possibilità di esprimere proposte di modifica anche sulle leggi che esulano dalle sue competenze. Potrà esprimere, non dovrà, su richiesta di almeno un terzo dei suoi componenti e sarà costretto a farlo in tempi strettissimi: gli emendamenti vanno consegnati entro 30 giorni, la legge tornerà alla Camera che avrà 20 giorni di tempo per decidere se accogliere o meno i suggerimenti. Più complessa la situazione per quanto riguarda le leggi che riguardano i poteri delle regioni e degli enti locali, sui quali il Senato conserva maggiori poteri. In questo caso, per respingere le modifiche la Camera dovrà esprimersi con la maggioranza assoluta dei suoi componenti. Il Senato potrà votare anche la legge di bilancio, le proposte di modifica vanno consegnate entro 15 giorni e comunque l'ultima parola spetta alla Camera.
La corsia preferenziale governativa. Il potere del governo cambia radicalmente: le regole per emettere i decreti legge diventano più rigide, dovranno "recare misure di immediata applicazione e di contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo". I provvedimenti governativi ritenuti essenziali, in compenso, dovranno essere votati dalla Camera entro il termine tassativo di 60 giorni, passati i quali il provvedimento sarà posto in votazione senza modifiche, articolo per articolo e con votazione finale.
La riforma del Titolo V. Con la modifica del Titolo V della Costituzione viene rovesciato il sistema per distinguere le competenze dello Stato da quelle delle regioni. Sarà lo Stato a delimitare la sua competenza esclusiva (politica estera, immigrazione, rapporti con la chiesa, difesa, moneta, burocrazia, ordine pubblico, ecc.).
Esame preventivo di costituzionalità. Aumentano anche i poteri della Corte Costituzionale, che potrà intervenire, sempre su richiesta, con un giudizio preventivo sulle leggi che regolano elezioni di Camera e Senato. La Consulta dovrà pronunciarsi entro un mese, mentre la richiesta va fatta da almeno un terzo dei componenti della Camera. In questo modo si eviterà di avere una legge elettorale per anni e anni salvo poi scoprire che si tratta di una legge incostituzionale.
L'elezione del presidente della Repubblica. Non sono più previsti i delegati regionali e si modifica il quorum. Nei primi quattro scrutini è necessario il quorum dei due terzi, dal quinti all'ottavo dei tre quinti, mentre dopo l'ottavo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.
Referendum: cambiano le regole per la raccolta firme e il raggiungimento del quorum, e viene introdotto il referendum propositivo o di indirizzo.
10 marzo - Nella giornata del voto per la riforma del Senato, Matteo Renzi potrebbe trovare un appoggio ormai insperato da parte di alcuni parlamentari di Forza Italia. Ad annunciare la cosa è Gianfranco Rotondi, che ha annunciato il suo voto positivo e che ha fatto sapere che potrebbe arrivare un'altra ventina di "sì" da parte dei ribelli del partito di Berlusconi. Renzi spera in un voto privo di modifiche, in modo da mandare rapidamente il testo al Senato e far proseguire l'iter nei tempi previsti.
9 marzo - Silvio Berlusconi ha annunciato il voto contrario, prendendosi l'applauso di Salvini, di Forza Italia alle riforme costituzionale (il ddl Boschi), certificando così il definitivo allontanamento da Matteo Renzi. Ma il premier deve fare i conti anche con una minoranza interna al partito che domani potrebbe esprimere voto negativo o astenersi, è il caso di deputati Pd come Civati e Fassina. Nel frattempo il Movimento 5 stelle ha annunciato che in occasione del voto lascerà l'aula. Carlo Sibilia, membro del direttorio Cinque Stelle ha spiegato: "Le altre opposizioni? Noi andiamo avanti. Non ci fidiamo di Fi e Sel. Il partito di Berlusconi ha problemi al suo interno. Vedremo cosa fanno". Che Forza Italia si sia ricompattata intorno al proprio leader lo certifica anche il capogruppo a Montecitorio, Renato Brunetta, che con un tweet sottolinea le difficoltà di Renzi che sta cercando di trovare qualche voto tra gli uomini di Verdini.
Graziano Derlrio, Pd, dice che il governo deve andare avanti per la sua strada, mentre è sorpreso dal 'no' di Berlusconi: "Abbiamo la maggioranza. Che poi Berlusconi si sottragga al voto dopo aver approvato la riforma risulta difficile da capire, ma ce ne faremo una ragione". Chi non voterà sicuramente la riforma, come già anticipato, è Pippo Civati che spiega: "Come hanno fatto Chiti e Tocci al Senato. Così voterò anche io alla Camera. Non darò il mio voto alla riforma costituzionale. Lo faccio in ragione di una posizione 'di merito' che accompagna le mie azioni dal gennaio del 2013. Lo faccio senza pensare alla questione delle correnti del Pd e ai rapporti con la segreteria, perché questa è la costituzione".
Miguel Gotor, altro esponente di quella corrente di minoranza, invita il Pd all'unione del partito, a prescindere se questo poi coincida con il votare o meno insieme a Berlusconi: "Il punto non è votare insieme a Berlusconi, a favore o contro la riforma. Il punto è che il Pd deve essere unito e deve essere all'altezza delle sue responsabilità. Renzi ci ha sempre detto: sono d'accordo con voi, ma l'accordo con Berlusconi mi impedisce di intervenire sulle riforme. Ora decida: o recupera il patto oppure, se è finito, non può pensare di riformare la Costituzione facendo a meno di noi e raccattando i voti sparsi dei verdiniani".
Renzi non sembra essere spaventato e punta al referendum: "Sarà il popolo a decidere se la nostra riforma del Senato va bene o no". Certo è che con questi numeri qualche problema potrebbe emergere a Palazzo Madama.
4 marzo - Si avvicina la scadenza per il passaggio alla Camera della riforma del Senato; il ministro Boschi ha più volte auspicato che l'approdo in aula si verifichi entro il 10 marzo. La notizia di oggi è però che Forza Italia ha annunciato la fine dell'"Aventino", cioè del rifiuto a entrare in aula nel momento in cui si discute della riforma che riordina i poteri di Palazzo Madama. Il che non significa che si ridarà vita al patto del Nazareno, anzi: il gruppo di Montecitorio del partito di Berlusconi ha annunciato che voterà contro (ma visti i numeri del Pd, la cosa non desta particolari preoccupazioni).

Riforma del Senato: i primi di marzo il via libera alla Camera

14 febbraio 2015 - L’assenza delle opposizioni non ha impedito ai lavori di proseguire. Movimento Cinque Stelle, Forza Italia, Lega Nord, Sel, Fratelli d’Italia e gli ex M5s di Alternativa Libera hanno lasciato l’aula della Camera - fatta eccezione per alcuni deputati di M5S e di FI rimasti a presidio - ma Renzi è andato avanti comunque e gli ultimi voti del disegno di legge costituzionale sono avvenuti lo stesso.

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