lunedì 13 aprile 2015

Una legge ingiusta camuffata da legge giusta. - Roberto Settembre



Tortura: il delitto piú infame che lo Stato possa commettere contro un cittadino alla sua mercè.
Tre sono le ragioni d’essere della legge penale: due primarie e una conseguente. 
La prima è dissuadere. 
La seconda è punire, o meglio retribuire la condotta con la sanzione adeguata. 
La terza è recuperare il reo alla vita consociata, che ha senso solo se le prime due funzionano. 
Ma la legge che non dissuade e che non punisce tradisce se stessa. Così è per la legge italiana che vorrebbe istituire il reato di tortura.
Il nostro legislatore l’ha redatta costituendo l’ipotesi di un reato COMUNE, che può essere commesso da chiunque, come il furto o l’omicidio. 

Ma l’Italia, che arriva 65 anni dopo la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo del 1950, 31 anni dopo la Convenzione di New York del 1984, che ha respinto al mittente le messe in mora dell’ONU e che nel 2006 ha risposto al Comitato Europeo contro la Tortura con le parole beffarde: tale reato è out of our mentality, finge di non sapere che la tortura è invece il delitto del potere dello Stato. Il delitto più infame che lo Stato possa commettere contro un cittadino inerme alla sua mercé. 
E’ l’abietto maltrattamento inumano e degradante di cui all’art. 3 della CEDU, portato alle più nefaste conseguenze. E può essere commesso, per sua stessa natura, solo dallo Stato nella persona del suo organo. Questa è la ragione, lo spirito che anima tutte le Convenzioni Internazionali che la vietano, fin dalla Convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra, passando per la CEDU , la Convenzione di NY, e fino ai Protocolli ONU del 2002.E tutte queste Convenzioni l’Italia ha ratificato. Ha solo omesso di istituire questo reato come reato PROPRIO.
Parte male: anzi non parte affatto, il legislatore italiano, perché tradisce lo spirito di tutte queste Convenzioni, fallendo nella sua deterrenza, perché l’efficacia di una legge che abbia per destinatario il potere dello Stato quando viene esercitato nel modo più aberrante e abbietto, non deve lasciare scampo a chi si macchia di tale onta. E dev’essere imprescrittibile. E invece la pena minima, che è quella da cui partono i giudici, di fatto, nel sanzionare la condotta del reo, è di 3 ANNI DI RECLUSIONE. TRE anni significano, nel nostro sistema, DUE anni con la concessione delle attenuanti generiche ( che difficilmente si negano) e, nel caso del patteggiamento o del rito abbreviato, ANNI UNO E MESI QUATTRO. A cui seguono i benefici di legge. Arma spuntata, dunque.
Tuttavia il legislatore ha previsto che se l’autore della tortura è un Pubblico Ufficiale, la pena è sensibilmente aumentata. Ma è un’aggravante: non si tratta di un reato autonomo. E le aggravanti entrano nel bilanciamento con le attenuanti, che, se sono giudicate equivalenti (e come non concederle al Pubblico Ufficiale incensurato e magari sedicente pentito?) fanno sparire l’aggravante, e questo significa tornare alla pena base del reato comune. Se poi ipotizziamo il risarcimento del danno, scendiamo ad anni 1 e mesi 4, e se ci aggiungiamo un bel patteggiamento scendiamo di un altro terzo, oppure se il tutto avviene con il rito abbreviato!
La pena prevista dal nostro legislatore è dunque scarsamente punitiva e non costituisce idoneo deterrente. Ma non è tutto. Per aversi tortura, il nostro solerte artefice delle leggi ha ipotizzato che sull’inerme alla mercé del torturatore, debbano essere commesse VIOLENZE. E non VIOLENZA. E la differenza tra l’uso accorto del singolare invece del plurale è palese (fatte salve sottili interpretazioni in malam partem), per cui, ipotizziamo, lo spegnimento di una sola sigaretta nell’occhio della vittima non sarebbe tortura! Ma il legislatore ha pure pensato che non basti una serie di violenze per integrare il reato, ma pure che la vittima debba trovarsi sotto la tutela, cioè sotto il potere del P.U. ( tipico il caso dell’arrestato). Così sorgono dubbi interpretativi: che succede in caso analogo alla “Macelleria messicana” commessa alla scuola DIAZ nella notte tra il 21 e il 22 luglio 2001 a Genova? Gli agenti entrarono e massacrarono le vittime, che però non erano ancora state arrestate. Non fu tortura quella? La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo ha delirato allora con la sentenza di condanna dell’Italia del 7 aprile 2015? Allora dov’è la deterrenza? Ma c’è di più: nella legge di parla di “Sofferenze” non di malattia o di danno. Indeterminate dunque.
Infine la legge specifica che c’è differenza tra la morte non voluta del torturato ( punita con 30 anni di reclusione) e la morte voluta, punita con l’ergastolo. La legge così istituisce il principio che, se alla commissione deliberata e cosciente di torturare un essere umano segue la morte di questi, il giudice debba entrare nel merito per verificare se il torturatore avesse in animo “solo” di  torturare e non di uccidere, come nell’omicidio preterintenzionale, dove la morte si verifica perché oltre l’intenzione dell’agente. Singolare inversione dell’onere della prova!
Si dice: meglio questa legge che nessuna legge. Obiettiamo: meglio nessuna legge che una legge ingiusta. E’ più difficile combattere contro una legge ingiusta camuffata da legge giusta, che lottare per ottenerla nella vacuità legislativa.
(*Roberto Settembre è nato a Savona nel 1950. Dopo alcuni anni di attività forense, è entrato in magistratura nel 1979 e ha lavorato quasi sempre nel settore penale. È stato l’estensore della sentenza d’appello sui fatti accaduti nella caserma di Bolzaneto, poi resa definitiva dalla Cassazione. Su questa drammatica vicenda ha scritto un libro, Gridavano e piangevano, pubblicato da Einaudi nel 2014. È uscito dall’ordine giudiziario nel 2012.)

SOLDI GRATIS PER TUTTI ! A COSA STIAMO ARRIVANDO ? - Daniel Raventós e Julie Wark



L'idea di "reddito di cittadinanza" prende sempre più piede.

Dalla Liberia, a Tokyo, per la Nazione Cherokee fino alla vecchia Europa, sempre più persone stanno parlando di reddito di base o di cittadinanza in tutti i tipi di diversi forum. Se le crisi economiche e ambientali globali hanno avuto alcun effetto positivo allora è quello che le persone stanno reagendo in maniera combattiva. Come la storia ha spesso dimostrato, i più bisognosi sono quelli che meglio capiscono i diritti umani (che non ci sono).
Per più di tre millenni i tre principi fondamentali dei diritti umani, libertà, giustizia e dignità umana sono stati iscritti su argilla e pietra, pergamena, carta, di solito dopo grandi lotte, grida e scontri in tutto il mondo, in strade, piazze e una varietà di campi di battaglia, dal Vesuvio (Spartacus) alle navi negriere. Nessuno deve essere edotto su questi principi, perché tutti gli esseri umani li possono capire come loro diritti fondamentali. Nel concetto di "diritti umani universali", "universale" è parola superflua in quanto la qualifica di "umano" comprende tutti gli esseri umani.
Nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo (1948), si qualifica "Dichiarazione", suggerendo l'ambito geografico della proclamazione piuttosto che i diritti per tutti gli esseri umani. In ogni caso, i diritti "universali" sono stati rapidamente resi in "generazioni" separate da promesse non mantenute al di sopra e al di fuori delle istituzioni sociali e giuridiche, senza meccanismi di garanzia e concesse a pezzetti dai leader o nelle forme distorte di umanitarismo e di carità , anche se è evidente che la natura generalizzata di un diritto umano teoricamente distingue da qualsiasi privilegio limitato ad un gruppo, classe o casta.
Ora, con il crescente divario che aumenta oscenamente tra ricchi e poveri, quando si stima che entro il 2016 il più ricco 1% deterrà più del resto del mondo, il principio universale è più urgente che mai.


Il reddito di base è un esempio molto concreto di diritto umano universale. Non è solo una misura economica per sradicare la povertà, ma un reddito versato dallo Stato a ogni membro o accreditati residenti di una società, indipendentemente dal fatto che lui o lei desideri impegnarsi in un lavoro retribuito, che sia ricco o povero, indipendentemente da qualsiasi altra fonti di reddito e indipendentemente dalle modalità di convivenza nella sfera domestica.
Il fatto che ognuno riceve un reddito di base non significa che ci guadagnano tutti: i ricchi ci devono perdere qualche cosa. Come finanziare ciò è importante quanto la somma coinvolta a favorire la riforma fiscale progressiva, che ridistribuisce ricchezza dai ricchi per il resto della popolazione.
Proprio l'opposto delle tendenze recenti nel garantire il diritto più fondamentale di tutti, quello di esistenza materiale, che avrebbe portato una serie di benefici collaterali, come molti studi dimostrano. Nel caso del lavoro, per esempio, potrebbe avere un notevole impatto positivo, non solo a questo proposito, ma anche in altri settori. Con il suo importante allarme sul cambiamento climatico “Questo cambia tutto” Naomi Klein mette insieme elementi di scienza, politica, geopolitica, economia, la "stupida crescita" e "profitti stupidi" del capitalismo, "estrattivismo", il patriarcato, la psicologia, l'etica e l'attivismo, tra l'altro, che forma il futuro del pianeta. Essa conclude che vi è un urgente bisogno di valorizzare il lavoro che al momento non apprezziamo e cita specificamente il reddito di base o cittadinanza, dicendo: "ci deve essere una forte rete di sicurezza sociale, perché quando la gente non ha opzioni, finirà per fare scelte sbagliate ". Per Klein, il senso "universale" di reddito di base è che potrebbe contribuire a trasformare il modo in cui trattiamo e pensiamo il nostro ambiente (sociale e fisico) tutto.


Dopo anni di avere relativamente pochi sostenitori, l'idea di reddito di base si sta ora diffondendo in tutto il mondo. In Spagna - probabilmente "il luogo sulla Terra in cui il dibattito intorno reddito di base è più avanzato" - dopo cinque anni di tagli alla spesa pubblica, la domanda depressa, disoccupazione record, fiorente povertà, e un debito pubblico in crescita ormai vicino al 100% del PIL, e dopo venti anni di discussione nelle università, movimenti di base e le reti sociali, il reddito di cittadinanza sta finalmente andando al primo posto. Anche se il nuovo partito politico di sinistra  Podemos ha temporaneamente ritirato dalla sua iniziale proposta di reddito di base a favore di "piena occupazione" (più adatta, forse, per il welfare del 1940, 1950, e 1960), molti nel partito sono sostenitori del reddito di cittadinanza. Altre organizzazioni politiche ora proponendolo includono Equo, Pirata e Bildu (una coalizione nei Paesi Baschi) e, in Galizia, Anova, mentre ancora più piccoli partiti hanno progetti che, pur non essendo strettamente un reddito di base, si avvicinano.


Un numero recente della newsletter Basic Income Earth Network newsletter dà un'idea della diffusione a livello mondiale di diverse versioni di reddito proposte.
In Grecia, il nuovo partito di governo Syriza ha dichiarato la sua intenzione di stabilire "un legame più stretto tra contributi pensionistici e il reddito ... e fornire assistenza mirata ai dipendenti tra i 50 ei 65 anni, anche attraverso un sistema di reddito di base garantito in modo da eliminare la pressione sociale e politica di prepensionamento che over-grava fondi pensione ". In Finlandia, il 65,5% dei 1.642 (su circa 2.000) candidati alle elezioni parlamentari del 19 aprile sostenere pubblicamente la politica. Cipro ha approvato una nuova legge che dà le famiglie a basso reddito un reddito minimo garantito e di 480 € al mese. Nel 2013, un movimento di base in Svizzera ha chiesto un reddito di base di 2.500 franchi al mese e ha ricevuto oltre 100.000 firme necessarie per un referendum sulla proposta.
Il novanta per cento dei membri del partito d’Ungheria Verdi di Sinistra  Párbeszéd Magyarországért ("Dialogo per l'Ungheria") hanno votato per un reddito di base a cui tutti i cittadini avrebbero diritto, € 80 al mese per i bambini, € 160 per gli adulti e di € 240 per giovani madri. La soglia di povertà in Ungheria è stimata a circa € 200 per un adulto. In Portogallo, dove reddito di base è relativamente sconosciuto e incompreso, il partito politico LIVRE ha incluso il reddito di base nel suo progetto di programma politico per le elezioni in autunno di quest'anno. Ora riconoscendo che la disuguaglianza e la giustizia sociale sono questioni "verdi", la rapida crescita Partito verde di Inghilterra e Galles ha annunciato che un reddito di base sarà incluso nel suo manifesto.

Al di fuori dell'Europa, Basic Income sta guadagnando sostegno in altri paesi industrializzati, tra cui gli Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda e Giappone. L’Alaska è un esempio eccezionale perché dal 1982 ha avuto la sua particolare forma di reddito di base, un dividendo annuale incondizionato pagato su base individuale per tutte le persone che hanno vissuto lì per almeno dodici mesi (ad eccezione di quelli condannati per reati entro lo scorso anno ).
Il Fondo permanente Alaska (APF), composto da 25% dei proventi di minerali dello stato (petrolio e gas) vendite o royalties, paga il conto. Il premio annuale si basa su una media quinquennale degli utili APF e varia da 331,29 dollari nel 1984 a $ 3269 nel 2008. Anche se questo "reddito di base" non comporta la riforma fiscale, i suoi benefici sono innegabili. Alaska vanta di essere uno tra gli Stati con i tassi di povertà più bassi negli Stati Uniti ed è uno dei meno diseguali. Nel 2009, il dividendo US ha aggiunto 900 milioni dollari di potere d'acquisto dell'Alaska ', l'equivalente di 10.000 nuovi posti di lavoro.


L'idea di un salario di base ha messo radici nei paesi del Sud del mondo come misura contro la povertà, per esempio in Brasile, Namibia e Sud Africa. Il Brasile è il primo paese al mondo ad aver adottato una legge (2003) che chiede graduale introduzione di un reddito di base. In Sud Africa, i sindacati, le chiese e molte ONG chiedono e, in Namibia, il reddito di base di Grant Coalition (guidato dal Consiglio delle Chiese, Sindacato Nazionale dei Lavoratori della Namibia, Namibia Forum delle ONG, Consiglio Nazionale dei Giovani e la Rete della Namibia delle organizzazioni AIDS Service) ha condotto un progetto pilota di 2 anni(2007-2009) in Otjivero-Omitara, una zona rurale a basso reddito, dove 930 abitanti hanno ricevuto un pagamento mensile di 100 dollari namibiani ciascuno (US $ 12,4). Il pagamento era piccolo ma i risultati sono stati sorprendenti: il numero di bambini sottopeso è passata da 42% al 10%; il tasso di abbandono scolastico è sceso dal 40% a quasi 0%; il numero di piccole imprese è aumentato, così come il potere d'acquisto degli abitanti, creando così un mercato per i nuovi prodotti.
Tuttavia, il governo della Namibia ha finora esitato ad introdurre un reddito nazionale di base. A Città del Messico una pensione versata come un diritto di tutti gli uomini (circa 410.000) di 68 anni e più ha anche pagato dividendi sociali: maggiore autonomia e libertà degli anziani, più rispetto nell'ambiente familiare, una maggiore visibilità pubblica, miglioramento della stima di sé, una migliore nutrizione e salute, e una diminuzione della disuguaglianza sociale. Nel 2010, un parziale reddito di base è stato introdotto in India in un progetto pilota sostenuto dall'UNICEF condotto dal sindacato lavoratori autonomi Women Association (SEWA).
Per un anno, 6.000 persone nelle zone rurali del Madhya Pradesh hanno ricevuto un pagamento incondizionato, lavorando a circa US $ 24 al mese per la famiglia media. Il progetto si è concluso con una migliore nutrizione, salute, istruzione, alloggi e infrastrutture, attività economiche e, in particolare, il livello di istruzione.


Altre iniziative, legate al sussidio minimo nella misura in cui essi sono "programmi di denaro gratuito" hanno dato i pagamenti una tantum per le persone senza fissa dimora a Londra, per i poveri abitanti di un villaggio nella parte occidentale del Kenya, e alle ragazze e alle donne in Malawi . Tutti loro mostrano chiare correlazioni tra denaro gratuito e tassi di criminalità più bassi, riduzione di disuguaglianza, meno malnutrizione, mortalità infantile più bassa e minori tassi di gravidanze adolescenti, meno assenze ingiustificate, migliori tassi di completamento della scuola, una maggiore crescita economica e tassi più alti di emancipazione.
Poi c'è il caso interessante di Cherokee, North Carolina (8000 abitanti), dove la tribù orientale della nazione cherokee possiede il locale casino. Nel 1996, il consiglio tribale ha deliberato di distribuire la metà dei profitti del casino in modo uniforme tra i suoi circa 15.000 membri, in modo da dare alla comunità una parte della ricchezza del gioco d'azzardo. I versamenti sono aumentati da $ 500 a circa $ 10.000 per persona all'anno. Jane Costello, un ricercatore della Duke University che ha studiato gli effetti di questi pagamenti su 1.420 Cherokee bambini negli ultimi 20 anni, confrontando la vita dei bambini poveri che hanno ottenuto i pagamenti con coloro che non hanno fatto, ha scoperto che quelli che ottengono i pagamenti sono stati in grado di andare avanti a scuola rispetto a chi non ne ha, la salute mentale generale è migliorata, e problemi comportamentali in questo gruppo sono diminuiti del 40% e tassi di criminalità del 22%.


I programmi di reddito di base "parziali" e una tantum di "denaro gratis" sono iniziative istruttive perché dimostrano che i piccoli pagamenti incondizionati possono fare grandi differenze nella salute sociale e mentale. Se un pagamento non universale una tantum può avere effetti positivi, che potrebbe produrre uno "vero" ? Ma che cosa è un reddito di base? C'è una certa confusione qui perché ciò che spesso pensato per essere "reddito di base" assume molte forme e nomi diversi. La Spagna, per esempio, ha un "renda garantida de ciutadania" nello statuto della Catalogna, mentre in altre Regioni autonome appare come un "salario sociale" o "renta mínima de Inserción".
Tuttavia, questi sono tutti i sussidi condizionati per le persone al di sotto di una certa soglia di reddito. Podemos si avvicinò con un reddito di base impeccabile definito nei giorni inebrianti della sua vittoria alle elezioni europee, ma poi ha rinunciato, mentre i partiti più piccoli, Bildu, Anova e Equo, hanno programmato un reddito di base in prossimità della definizione utilizzata dalla Rossa spagnola Renta Básica (Basic Income Network).
Ciò coincide con quella adottata nel novembre 2007 dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, emergenti, approvato in occasione del Forum Universale delle Culture di Monterrey. 

Reddito di base è sancito come diritto umano di cui all'articolo 1 (3):


“Il diritto a un reddito di base o reddito di cittadinanza universale che garantisce ad ogni essere umano, indipendentemente da età, sesso, orientamento sessuale, stato civile o di lavoro, il diritto di vivere in condizioni materiali di dignità. 

A tal fine, un pagamento in contanti regolare, finanziato da riforme fiscali e coperti dal bilancio dello Stato, e sufficiente a coprire i suoi bisogni di base, è riconosciuto come un diritto di cittadinanza di ogni membro residente della società, qualunque sia la sua altre fonti di reddito possono essere.

Piuttosto che mantenere un diritto di avere alcuni bisogni vitali minimi coperti in caso di povertà o di una catastrofe, l'articolo 1 (3) sancisce il  reddito di base come un diritto, una garanzia in corso per ogni singolo individuo di poter "vivere in condizioni materiali di dignità ".
Nessuno sarebbe escluso a causa della povertà dall’impegnarsi nella vita sociale e di esercitare il suo o i suoi diritti e doveri di cittadino.
Si concepisce tale diritto su scala universale, per ricchi e poveri, sviluppati o in via di sviluppo.

Un reddito di base garantito, al di sopra della soglia di povertà, per tutti, offrirebbe una base autonoma molto più solida di esistenza (teoricamente) tutti i cittadini del mondo. L'indipendenza economica fornita da un reddito di base, non pagato alle famiglie ma agli individui, avrebbe stabilito una sorta di nazionale "contro-potere" che potrebbe rafforzare la posizione negoziale delle donne, in particolare quelle che dipendono dal marito o il capofamiglia maschio, o aiutare quelli a basso reddito per sfruttamento,  part-time o quelli dal lavoro discontinuo. Molti agricoltori dei paesi poveri e pure dei lavoratori nei paesi sviluppati stanno lottando per sopravvivere.
Nelle economie capitaliste, la disoccupazione è paragonabile con la mancanza di terra dei piccoli agricoltori in società agricole perché entrambe le economie sono caratterizzate da esproprio di terreni e di altri mezzi di produzione. I diseredati devon poi vendere il proprio lavoro, di solito in condizioni di schiacciante sub-sopravvivenza, al fine di sopravvivere. 

Una delle caratteristiche fondamentali del funzionamento economico di oggi è il grande potere del capitale per portare la popolazione attiva sotto il proprio tallone. 

Alla base di questa capacità disciplinare è l'esistenza di una grande parte della popolazione senza lavoro.

Quando la possibilità di licenziamento si profila sempre più grande, la popolazione attiva deve accettare condizioni sempre peggiori dai boss che hanno in mano la frusta. 

In una situazione prossima alla piena occupazione, quando esisteva, il potere dei datori di lavoro era ridotto. 

Un reddito di base rappresenterebbe uno strumento efficace per contrastare il potere disciplinare del capitale e renderebbe il lasciare il mercato del lavoro una valida opzione. Anche se può sembrare paradossale, a prima vista, molti sindacati (con poche lodevoli eccezioni) non sono riusciti a capire l'enorme capacità di reddito di base per minare la disciplina che il capitale può  esigere in una situazione di disoccupazione diffusa.


Nei paesi poveri questa possibilità di organizzazione non-dominata della forza lavoro potrebbe portare in essere delle reti alternative di produzione ma anche proteggere modi di vita tradizionali. Ad esempio, un gruppo di piccoli agricoltori potrebbe comprare un trattore per aumentare la produzione di cibo, e un camion per conferire i loro prodotti al mercato.
Ciò dovrebbe espandere le reti produttive e favorire lo sviluppo sostenibile della comunità, che finirebbe poi per dare ai cittadini una leva più efficace nel sostenere infrastrutture essenziali o migliorarle, per esempio scuole, cliniche, strade e ponti. In una situazione di post-conflitto, un reddito di base avrebbe anche effetti positivi, consentendo un ritorno alle forme tradizionali di produzione basato sulla comunità e, quindi reintegrare le persone, potrebbe contribuire a disinnescare il potenziale di violenza che divampa periodicamente e drammaticamente soprattutto tra i giovani sradicati che non hanno la possibilità di lavorare, o per evidenti segni di crescente disuguaglianza sociale in una società traumatizzata, cose che sono un punto di infiammabilità permanente a causa della sensazione generalizzata di ingiustizia.
La sicurezza alimentare è di vitale importanza. Tale questione di base come una dieta equilibrata potrebbe essere notevolmente favorita, per esempio, se la gente potesse trasportare verdure alla costa e pesce nei villaggi dell'entroterra. Questo da solo potrebbe fare una notevole differenza nella salute generale della popolazione.
Lo sviluppo economico è meglio realizzato rompendo i legami di dipendenza e di promozione di iniziative produttive solide a livello di progetti concepiti e programmati all'interno della società in contrasto con i sistemi spesso vistosamente inappropriati che sono imposti dalle agenzie di aiuto esterne individuali e di gruppo. 

Un reddito di base non è difficile da finanziare, come un recente studio esaustivoper la Catalogna ha dimostrato.
Un altro recente studio condotto per il Regno di Spagna nel suo complesso, sulla base di un campione di quasi due milioni di dichiarazioni dei redditi, ha dimostrato che un reddito di base alla soglia di povertà di € 7.500 per l'anno (e un quinto di quello al di sotto dei diciotto anni ) potrebbero essere finanziati senza toccare alcun servizio sociale e, inoltre, un notevole risparmio nei costi amministrativi e pagamenti per il benessere di somme minori, che verrebbero abolite. Una persona per ottenere una pensione di € 1.500 al mese avrebbe ricevuto la stessa cifra (650 € come reddito di base e di € 850 come una pensione), ma la persona che ora riceve benefici o una pensione di 400 € riceverà € 650, oltre il 60% in più.
Questi due studi si basano su un sistema di redistribuzione progressiva sul reddito in cui il 20% più ricco avrebbe finanziato il reddito di base, che può anche ricevere. Il reddito inferiore al 70% della popolazione sarebbe un  guadagno, ovvero una inversione ordinata della situazione attuale. L'introduzione di un reddito di base non è un problema economico ma politico.


Ogni zona e paese è diverso, ma il finanziamento deve fondamentalmente comportare la modifica delle priorità di bilancio, la riforma dei sistemi di imposizione o di aumentare l'IVA e le accise sui beni di lusso, automobili, alcol o tabacco, e tassazione delle operazioni finanziarie, per esempio. Si ottiene una sostanziale riduzione delle disuguaglianze nella distribuzione del reddito e di una maggiore semplicità e coerenza interna dei sistemi fiscali e assistenziali. Il Reddito di base non è una panacea che avrebbe risolto tutti i problemi sociali ed economici del mondo, ma sarà di opportunità più ampia diffusione per le persone a partecipare alle attività produttive, una maggiore inclusione sociale nelle comunità più forti, una maggiore partecipazione politica e sociale, e una grande riduzione della povertà e dei problemi legati alla povertà.
Non è una politica economica isolata, ma parte di un progetto globale nel campo dell'economia politica, al fine di garantire e rafforzare l'esistenza materiale di tutta la popolazione. Si tratta di una forma garantita istituzionalmente ed inclusiva di proprietà che potrebbe anche essere vista come una sorta di risarcimento dei torti passati e presenti, perché invita i cittadini più privilegiati a contribuire alla realizzazione del diritto di esistenza per tutti. Risiede qui l'ostacolo politico alla base del reddito.



Daniel Raventós è docente di Economia presso l'Università di Barcellona e autore tra l'altro di “Reddito di base:  condizione di libertà materiale” (Pluto Press, 2007). Fa parte del comitato editoriale della rivista politica internazionale Sin Permiso.



Julie Wark è un membro del consiglio consultivo della rivista politica internazionale Sin Permiso. Il suo ultimo libro è “The Human Rights Manifesto” (Zero Books, 2013).

Fonte: www.counterpunch.org
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura  di FENGTOFU