lunedì 29 giugno 2015

Villa Sofia, arrestato il primario Tutino Ecco chi sono gli altri indagati. - Riccardo Lo Verso



Matteo Tutino, primario del reparto di Chirurgia plastica dell'ospedale Villa Sofia di Palermo, si trova agli arresti domiciliari per truffa, peculato, abuso d'ufficio e falso
La nota di Villa Sofia.

PALERMO - I carabinieri del Nas sono andati stamani a notificargli un ordine di arresto. Matteo Tutino, primario del reparto di Chirurgia plastica dell'ospedale Villa Sofia di Palermo, si trova agli arresti domiciliari per truffa, peculato, abuso d'ufficio e falso.

L'inchiesta è la stessa che un anno fa portò alla notifica di un avviso di garanzia non solo per Tutino, ma anche per l'allora commissario straordinario dell'ospedale, Giacomo Sampieri, per il direttore sanitario Maria Concetta Martorana e per Damiano Mazzarese, primario della Rianimazione e per un periodo responsabile delle Chirurgie dell'ospedale palermitano.

Oggi per Tutino, vicino al presidente della Regione Rosario Crocetta di cui è medico personale, il giudice per le indagini preliminari Giovanni Francolini ha disposto gli arresti domiciliari su richiesta del procuratore Francesco Lo Voi, dell'aggiunto Leonardo Agueci e del sostituto Luca Battinieri. Nonostante l'inchiesta risalga alla fine del 2013 il provvedimento è giustificato dalla necessità di garantire le esigenze cautelari.

Tutto partì nel 2012 quando la direzione generale del Policlinico di Palermo raccolse i dati relativi a ventuno interventi chirurgici nell'ambito di un procedimento disciplinare a carico di Tutino. Dati che furono trasmessi alla Procura della Repubblica di Palermo, a quella regionale della Corte dei Conti, all'assessorato regionale alla Salute, ai carabinieri del Nas, alla Finanza e all'Azienda sanitaria di Caltanissetta. Gli interventi chirurgici in questione furono eseguiti fra il 21 aprile 2005 e il 24 agosto 2011 come risulta dai registri operatori e dalle copie delle ricevute fiscali. Secondo gli investigatori, Tutino non avrebbe potuto e dovuto entrare nella sala operatoria nissena perché risultava in servizio al Policlinico. Nell'ospedale universitario palermitano era arrivato nel novembre 1997. Successivamente, dal 10 settembre 2007 e fino al 9 settembre 2009, era stato comandato presso gli ospedali Galeazzi e San Raffaele di Milano. Ed ancora: dal 10 settembre 2009 risultava in aspettativa senza assegni per via di un impegno come consulente del Senato nella Dodicesima Commissione Igiene e Sanità presieduta dal senatore Antonio Tomassini. Infine, dal 4 ottobre 2012 era approdato all'ospedale Sant'Elia di Caltanissetta fino al giorno del trasferimento a Villa Sofia.

Ed è nell'ospedale palermitano che avrebbe commesso altre irregolarità. Il cardine della sanità italiana sono i "Livelli essenziali di assistenza (Lea)". E cioè l'insieme delle attività e delle prestazioni che il Servizio sanitario nazionale eroga a tutti i cittadini gratuitamente o con il pagamento di un ticket, indipendentemente dal reddito e dal luogo di residenza. Nessuno, insomma, può essere escluso dalle cure. L'ipotesi di chi indaga è che Tutino abbia fatto passare per essenziali interventi che, invece, nulla c'entrerebbero con i Lea. Gli investigatori ne avrebbero individuato una decina. Tra questi alcuni interventi di rinoplastica spacciati per settoplastica. La differenza è fondamentale. La rinoplastica è un intervento di chirurgia estetica e serve a rimodellare il naso. La settoplastica, invece, non si occupa di fattori estetici, ma interviene quando ci sono problemi funzionali e solo dopo il parere di un otorinolaringoiatra. Non è tutto. Tra gli interventi eseguiti da Tutino e spacciati per funzionali ce ne sarebbero alcuni di liposuzione e di ginecomastia, cioè di riduzione del seno dell'uomo. Si sarebbe, dunque, trattato di interventi estetici fatti rientrare fra le prestazioni previste dal Servizio sanitario nazionale. Insomma, lo Stato non poteva e doveva rimborsarli. Da qui l'ipotesi di truffa.

Il peculato sarebbe, invece, legato all'utilizzo da parte di Tutino di risorse e strumenti dell'ospedale pubblico. Sembrerebbe, infatti, che sotto i ferri sarebbero finiti pazienti che si erano rivolti al Tutino chirurgo plastico e libero professionista piuttosto che al Tutino medico ospedaliero. Il medico si sarebbe fatto pagare compensi non dovuto dai pazienti, camuffanfoli per prestazioni post operatorie, ad esempio le medicazioni. Gli stessi pazienti, inoltre, grazie alle cartelle compilate da Turino avrebbero ottenuto il rimborso delle prestazioni dal servizio sanitario. Non è ancora chiaro se ci siano sviluppi investigativi sul capitolo che riguarda i titoli presenti nel curriculum di Tutino. In particolare, le attenzioni del militari del Nas si era concentrata su una “sub specialità in Chirurgia cranio-facciale” conseguita fra aprile e settembre 1997 all'Ospedal General Gonzalez di Mexico City. Sulla nomina di Tutino si era aperto un contenzioso al Tar e alla fine il medico era rimasto al suo posto.

Tutino reagì alla notizia dell'avviso di garanzia sostenendo che fosse una risposta alle sue denunce sul malaffare in ospedale. Denunce che nei mesi scorsi il giudice che ha archiviato l'inchiesta su un collega di Tutino ha definito "strampalate". E parlò di invidie per la sua bravura - "sono il numero uno" - spazzando via il sospetto di chi riteneva che il suo arrivo a Palermo fosse stato spinto dalla politica.

Gli altri indagati
Nell'inchiesta che ha portato all'arresto di Matteo Tutino, direttore dell'Unità Operativa Complessa di Chirurgia Plastica e Maxillo Facciale dell'ospedale Villa Sofia di Palermo sono coinvolti anche Damiano Mazzarese dirigente del Dipartimento di Anestesia e Rianimazione dell'Azienda Ospedaliera l'ex commissario dell'azienda sanitaria Giacomo Sampieri e il direttore sanitario Maria Concetta Martorana.

La nota di Villa Sofia
"La Direzione strategica dell’Azienda Ospedali Riuniti Villa Sofia Cervello ha appreso dagli organi di stampa la notizia del provvedimento emesso dalla Procura della Repubblica di Palermo nei confronti del Responsabile dell’Unità di Chirurgia Plastica e Maxillo facciale, dr. Matteo Tutino, e attende, con il dovuto rispetto che si deve nei confronti di un’indagine così delicata e complessa, gli ulteriori sviluppi della vicenda. La Direzione adotterà gli opportuni provvedimenti che il caso richiede, per assicurare la continuità dell’attività assistenziale e tutelare l’immagine dell’Azienda e dei tanti professionisti che ogni giorno con coscienza e impegno lavorano per offrire all’utenza i migliori servizi sanitari.


http://livesicilia.it/2015/06/29/villa-sofia-arrestato-il-primario-tutino_643318/

Roma, ecco il metrò più caro: 160 milioni al chilometro. - Giacomo Galeazzi


L’intoppo. Il primo viaggio (ieri alle 5,30) si è fermato dopo 4 fermate per un problema tecnico. Alle 10 l’inaugurazione ufficiale

Apre la terza linea: era attesa per il Giubileo. Ma il primo convoglio si ferma.

Si è guadagnato il titolo di incompiuta più costosa d’Europa. Ieri il metrò del Giubileo è partito con quattordici anni di ritardo e un imprevisto: il convoglio delle 5,30 si è bloccato quattro fermate prima del capolinea di Pantano-Montecompatri (zona Castelli romani). Uno stop di 11 minuti alla stazione Due Leoni-Fontana Candida. «Il treno si è fermato alcuni minuti per consentire la soluzione di un problema tecnico proprio per evitare limitazioni e completare la corsa», si è poi giustificata l’Atac.  

C’è sempre stato troppo ottimismo sulla linea C. Quando negli Anni 90 fu messo a punto il progetto in preparazione dell’Anno Santo, nelle periferie romane le case guadagnarono subito valore. Errore. C’era ancora da scavare quasi un quarto di secolo dribblando scandali e bocciature tecniche degli standard di qualità. Sarà forse per lo stupore che ieri centinaia di curiosi hanno immortalato con selfie l’esordio della metro C. Un’opera all’avanguardia gravata da due inchieste: una dei pm della Capitale, una della Corte dei Conti per un danno erariale di 364 milioni di euro. Tra polemiche e carte bollate, i suoi cantieri sono parte del paesaggio delle borgate romane. L’obiettivo è aprire la seconda tratta (Centocelle-Lodi) nei primi mesi del 2015 e poi fino a San Giovanni. Poi ancora Colosseo, piazza Venezia fino a San Pietro. L’opera, ultimata, potrebbe raggiungere i 4 miliardi di costi e i 25 km di percorso: 160 milioni a chilometro. Ma è comunque una svolta storica per la mobilità urbana: i pendolari non dovranno più districarsi tra coincidenze di autobus e tragitti alternativi.  

Una rivoluzione per i popolosissimi quartieri-dormitorio attorno all’Urbe. Per curiosa coincidenza Roma inaugura con 14 anni i di ritardo la sua terza linea metropolitana (la più lenta e costosa d’Europa), mentre Milano festeggia il mezzo secolo della «mm rossa».  

La linea doveva essere pronta per il Giubileo, ma tra ritardi, variazioni di percorso, inchieste della magistratura, costi schizzati (per ora) a due miliardi di euro, solo ora migliaia di passeggeri possono viaggiare sul tratto che collega Pantano sulla Casilina a Centocelle, periferia est. Ieri ha aperto i battenti la strada ferrata finora paralizzata da stop della commissione tecnica del ministero dei Trasporti e inchieste della procura. Un calvario burocratico: autorizzazioni del ministero, convocazioni della direzione generali per il trasporto pubblico locale, verifiche sul campo, passaggi alle commissioni sicurezza e agibilità, abilitazione dei dipendenti, sopralluoghi dell’ufficio Ustif delle Infrastrutture. Sono collegati quartieri finora confinati ai margini della capitale. 

Centocelle, Alessandrino, Torre Spaccata, Torre Maura, Borghesiana, Finocchio. L’intero tracciato si sviluppa parallelo alla via Casilina. I treni non hanno conducente e sono controllati da una postazione remota. Ma prima di essere inaugurata, la C si era allagata con il nubifragio che ha colpito Roma la scorsa settimana: l’acqua è arrivata negli atri delle stazioni Giardinetti e Grotte Celoni. Il procuratore della Corte dei Conti del Lazio ha contestato un danno per l’erario tra il 2006 e il 2010 a causa del rinvio dei lavori e di un aumento dei costi di 364 milioni. Negli snodi di San Giovanni e Colosseo, Italia Nostra certifica ritrovamenti archeologici nel sottosuolo e rischi per la stabilità del monumento più famoso di Roma.