lunedì 6 luglio 2015

KRUGMAN: LA GRECIA AL PUNTO DI NON RITORNO. - HENRY TOUGHA


Paul Krugman sul New York Times incoraggia i greci a votare “No” alle condizioni della Troika nel referendum di domenica — e a prepararsi ad uscire dall’euro. Se era evidente da subito che l’euro era un errore, l’uscita è stata forse frenata dal timore del caos finanziario. Ma questo caos, sottolinea il premio Nobel, ormai si è comunque concretizzato. E finalmente Krugman aggiunge un punto politico cruciale: non si tratta solo di economia, si tratta di democrazia: se i greci perdono questa occasione, consegnano definitivamente la propria indipendenza e le leve del potere ai funzionari (non eletti) della Troika. 
di Paul Krugman, 29 giugno 2015
È diventato ovvio da tempo che la creazione dell’euro è stato un errore tremendo. L’Europa non ha mai avuto le precondizioni necessarie perché una moneta unica funzionasse con successo — su tutto, quel genere di unione fiscale e bancaria che, per esempio, garantisce che quando in Florida scoppia una bolla immobiliare, Washington protegge automaticamente gli anziani contro ogni rischio per le loro cure mediche o i loro depositi bancari.
Abbandonare un’unione monetaria, tuttavia, è una decisione molto più difficile e spaventosa che quella di non entrarvi fin dall’inizio, e ancora oggi perfino le economie più in difficoltà del continente europeo hanno fatto ogni volta un passo indietro da quel confine. Di volta in volta i governi si sono sottomessi alle pretese dei creditori di imporre un’austerità sempre più dura, mentre la Banca Centrale Europea è riuscita a contenere il panico sui mercati.
Ma la situazione della Grecia è arrivata ad un punto che sembra di non ritorno. Le banche sono state momentaneamente chiuse e il governo ha imposto controlli sui capitali — cioè ha imposto dei limiti sugli spostamenti di denaro verso l’estero. Sembra molto probabile che il governo dovrà presto iniziare a pagare pensioni e salari con dei certificati di credito fiscale, creando di fatto una moneta parallela. La prossima settimana il paese terrà un referendum per decidere se accettare le richieste della “troika” — le istituzioni che rappresentano gli interessi dei creditori — di una ancora maggiore austerità.
La Grecia dovrebbe votare “No”, e il governo greco dovrebbe essere pronto, se necessario, ad abbandonare l’euro.
Per capire perché dico così dovete rendervi conto che la maggior parte — non tutto, ma la maggior parte — di ciò che avete sentito dire sulla dissolutezza e l’irresponsabilità fiscale dei greci è falso. Sì, il governo greco ha speso al di sopra dei propri mezzi alla fine degli anni 2000. Ma fino ad allora aveva ripetutamente tagliato le spese e alzato le tasse. L’occupazione pubblica è stata ridotta di oltre il 25 percento, e le pensioni (che in effetti erano troppo generose) sono state tagliate fortemente. Se ci aggiungete tutte le misure di austerità, ciò sarebbe dovuto essere più che sufficiente per annullare l’iniziale deficit e trasformarlo in un grosso surplus.
Dunque perché questo non è accaduto? Perché l’economia greca è crollata, in larga parte a causa di quelle stesse misure di austerità, trascinandosi dietro il gettito fiscale.
E questo crollo, a sua volta, ha avuto molto a che fare con l’euro, che ha intrappolato la Grecia in una camicia di forza economica. Le storie sull’austerità che funziona, nelle quali i paesi limitano il deficit senza portare a una depressione, di solito implicano forti svalutazioni della moneta per rendere le esportazioni più competitive. Ciò è quanto è accaduto, per esempio, al Canada negli anni ’90, e in misura importante anche all’Islanda più recentemente. Ma la Grecia, non avendo la propria moneta, non ha avuto questa opzione.
Quindi sto sostenendo che ci debba essere il “Grexit” — l’uscita della Grecia dall’euro? Non per forza. Il problema del Grexit è sempre stato quello del rischio del caos finanziario, di un sistema bancario sconvolto da prelievi dettati dal panico, e di imprese in difficoltà a causa dei problemi bancari e dell’incertezza sullo stato legale dei debiti. Questo è il motivo per il quale un governo greco dopo l’altro ha ceduto alle richieste di austerità, e perché perfino Syriza, la coalizione di governo di sinistra, è stata disposta ad accettare l’austerità che era già stata precedentemente imposta. Tutto ciò che Syriza ha chiesto finora è stato, di fatto, di evitare ulteriori misure di austerità.
Ma la Troika non se l’è data per intesa. È facile perdersi nei dettagli, ma il punto essenziale adesso è che alla Grecia è stata fatta un’offerta “prendere o lasciare” che tutto sommato non è distinguibile dalle politiche condotte nei cinque anni precedenti.
Si trattava di — e forse è stata decisa proprio per essere — un’offerta che il premier greco Alexis Tsipras non poteva accettare, perché avrebbe distrutto la sua ragion d’essere politica. Lo scopo quindi deve essere stato quello di scacciarlo dalla sua carica, e questo è probabilmente ciò che avverrà se gli elettori greci dovessero avere tanta paura di un confronto con la Troika da votare “Sì” nell’imminente referendum.
Eppure non dovrebbero, per tre ragioni. Primo, adesso sappiamo che un’austerità sempre più dura è un vicolo cieco: dopo cinque anni la Grecia è in una condizione peggiore che mai. Secondo, molto e probabilmente la maggior parte del caos temuto nel caso di Grexit è già avvenuto. Con le banche chiuse e l’imposizione dei controlli di capitale, ora non restano molti altri danni da fare.
Infine, accettare l’ultimato della Troika rappresenterebbe l’abbandono definitivo di qualsiasi pretesa di indipendenza da parte della Grecia. Non fatevi ingannare da chi dice che i funzionari della Troika sono solamente dei tecnici che spiegano agli ignoranti greci cosa deve essere fatto. Questi supposti “tecnici” sono in realtà dei visionari che trascurano tutto ciò che sappiamo di macroeconomia, e che si sono dimostrati in errore ad ogni pie’ sospinto. Non si tratta di fare analisi, si tratta del potere — il potere che i creditori hanno di staccare la spina all’economia greca, potere che persiste fino a che si continua a ritenere che l’uscita dall’euro sia un’eventualità impensabile.
È venuto il tempo di mettere fine a questa impensabilità. In caso contrario la Grecia si troverà di fronte a un’infinita austerità, e a una depressione senza l’ombra di una conclusione.

Energia: arriva l'energia pulita ricavata dalle onde del mare.


Energia: arriva «Anaconda», il serpente che sfrutta le onde. - Luca Salvioli



Il segreto per catturare più energia dalle onde del mare è un serpente di gomma lungo 200 metri e largo 7 chiamato «Anaconda». Il sistema è stato ideato e realizzato in fase prototipale in Inghilterra. L'innovazione sta nel design (semplicissimo) e il materiale plastico, che rendono molto più economica rispetto a oggi la realizzazione e il mantenimento della struttura. La potenza teorica è di 1Mw, ovvero il consumo di energia elettrica di 2000 case.

Come funziona? «Anaconda» è chiuso su entrambe le estremità e riempito d'acqua. Viene situato tra i 40 e i 100 metri sott'acqua, parallelo all'arrivo delle onde. Il loro arrivo crea un rigonfiamento all'interno del tubo. Questo percorre tutta la sua lunghezza, spinto dall'incedere dell'onda sull'esterno. Alla fine del suo percorso, il rigonfiamento trova una turbina in grado di produrre energia eletttrica. Il vantaggio sta nel materiale: i dispositivi attualmente utilizzati sono fatti soprattutto di metallo. Nel caso dell'Anaconda, invece, fatta di gomma, il capitale iniziale e i costi di manutenzione scendono. Il progetto è stato testato su piccola scala in laboratorio. L'Engineering and physical sciences research council (Epsrc), in collaborazione con gli inventori di «Anaconda» e lo sviluppatore(Checkmate SeaEnergy), finanzia l'università di Southampton, che ora sta programmando una sperimentazione su larga scala. 

L'energia delle onde. L'energia del mare per il momento ha cifre decisamente inferiori rispetto alle fonti rinnovabili più note, come il vento. Ma alcuni Paesi, prevalentemente quelli affacciati sull'oceano, iniziano ad investire. E' il caso del Portogallo, dove da qualche mese, vicino a Porto, galleggiano tre serpenti marini rossi. Pesano 700 tonnellate ciascuno, per 142 metri di lunghezza e 3,5 metri di diametro. Il meccanismo è quindi simile a quello di «Anaconda», ma fatto di metallo: ci sono voluti mesi di lavoro e due anni per assemblarlo. La tecnologia è scozzese, del gruppo Ocean Power Delivery. L'investimento iniziale è stato di 8,2 milioni di euro, finanziato da Enersis, società portoghese controllata dalla spagnola Endesa, che a sua volta fa capo all'italiana Enel. Enersis investirà oltre un miliardo di euro in una serie di impianti, capaci di fornire elettricità a 450mila abitazioni. 

E l'Italia? Il nostro Paese ha mari meno mossi. Eppure nello specchio d'acqua tra Scilla e Cariddi dal 2001 lavora Kobold, la turbina che produce energia sfruttando le correnti marine dello Stretto nata da un'idea dell'armatore Elio Matacena. Kobold ha l'aspetto di una piattaforma galleggiante di circa 10 metri di diametro ed è dotata di una turbina ad asse verticale con tre grandi pale immerse in acqua, che ruotano grazie alla forza generata dalle correnti e che producono energia da trasferire sulla terraferma. La stessa tecnologia italiana verrà installata anche in Indonesia entro fine luglio, nell'isola di Lombok.


http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Economia%20e%20Lavoro/2008/07/anaconda-energia-onde.shtml?uuid=bdee2cd2-4c29-11dd-9dcf-303698a95a0e&DocRulesView=Libero&refresh_ce=1




In Australia la prima centrale elettrica sott'acqua che sfrutta il moto ondoso. - Antonio Polizzi
L’idea è piuttosto semplice: possiamo ottenere elettricità dalla forza cinetica delle onde marine; in altre parole il moto ondoso del mare è in grado di produrre energia pulita e inesauribile. Nel mondo esistono già dei progetti che realizzano questo principio, pensiamo alle centrali posizionate lungo le coste della Norvegia, della Gran Bretagna e del Brasile solo per citarne alcune. Certamente, ognuna di queste realtà ha una propria maniera di sfruttare le onde, con delle turbine ad asse orizzontale in mare aperto come in Norvegia e in Gran Bretagna, oppure con dei bracci meccanici sui quali è installata una turbina a forma di coppa come nel caso del Brasile.
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Adesso però, dopo dieci anni di lavoro e un costo complessivo di 70 milioni di euro, dall’Australia arriva la notizia di un impianto che sembra ancor più rivoluzionario: la prima centrale elettrica che produce energia dal moto ondoso e che contemporaneamente genera acqua potabile desalinizzando quella del mare. Il tutto in una struttura che è interamente sommersa. L’idea di ancorare tutto sott’acqua nasce ovviamente sia per la tutela del paesaggio, rendendola invisibile dalla riva, sfruttando oltretutto al meglio l’energia delle onde sotto la superficie, e sia per preservare tutte le parti che compongono la centrale da ogni eventuale corrosione, mareggiate o da qualsiasi altro fenomeno marino ritenuto pericoloso.
A finanziare la sua realizzazione ci ha pensato la ARENA – l’Agenzia australiana per le energie rinnovabili, insieme al Governo Federale e ad alcuni investitori privati. Il progetto invece è frutto degli ingegneri della Carnegie Wave Energy, l’azienda australiana con sede a Perth che per prima ha brevettato questo sistema davvero unico nel suo genere, e che lo ha ribattezzato “Sistema CETO”, in riferimento alla divinità marina della mitologia greca, raffigurata spesso come una creatura metà balena e metà serpente.
Le caratteristiche principali che lo rendono un progetto unico al mondo non riguardano solamente il fatto che al momento questa è la più grande centrale “a moto ondoso” di tutto il pianeta (anche se la Carnegie si dice in grado di realizzarne ancora più grandi), ma piuttosto è rivoluzionario il sistema con il quale viene prodotta energia elettrica e insieme acqua potabile.
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Si tratta infatti di boe sottomarine in grado di alimentare delle pompe, fissate sui fondali a circa 50 metri di profondità, che consentono di azionare a loro volta delle turbine elettriche poste sulla terraferma, e così mentre da una parte viene generata energia elettrica a emissione zero, dall’altra l’acqua pompata viene impiegata per alimentare una centrale a osmosi inversa, per la desalinizzazione dell’acqua marina insomma.
Superate con successo le prime fasi di collaudo all’inizio dell’anno, la centrale è stata finalmente inaugurata a Febbraio, anche se ancora non sta lavorando al massimo delle sue possibilità. Solo due delle tre boe al momento sono state attivate, nell’attesa di mettere in funzione l’ultima boa con i dispositivi di desalinizzazione dell’acqua, che aumenteranno sensibilmente la sua produzione energetica nei prossimi mesi e che ovviamente forniranno acqua potabile come promesso dalla Carnegie e dalla ARENA.
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Nonostante ciò, con solamente due terzi della proprie capacità in azione, l’impianto è già in grado di fornire elettricità all’intera base navale di HMAS Stirling a Garden Island, che con i suoi 3500 uomini e 26 unità navali rappresenta di fatto la più grande base della Marina Militare dislocata sul territorio australiano. I servizi di questa centrale infatti sono stati presi in affitto da subito dal Dipartimento della Difesa australiano e questo, in un certo senso, può dirsi il banco di prova definitivo per la completa riuscita del progetto.
Non appena anche l’ultima boa e l’impianto di desalinizzazione saranno a pieno regime infatti, il governo potrà avere quella prova tangibile del funzionamento di questo progetto su larga scala, e sarà in grado di attivare la realizzazione di altre centrali simili. Se tutto questo andrà secondo le stime della Carnegie perciò, l’Australia potrebbe diventare la prima nazione al mondo ad alimentare persino delle piccole città lungo la costa con la tecnologia del Wave Power, un sistema che fino ad ora purtroppo è stato ingiustamente sottovalutato.


Energia dal mare: moto ondoso, correnti e maree per un futuro sostenibile.

Molte tecnologie e impianti sono ancora a livello sperimentale ma dal mare si possono ricavare quantità enormi di elettricità. I migliori esempi in Europa.

L’idea di produrre energia dal movimento dell’acqua del mare non è recente. Diverse civiltà, in tempi antichi, cercarono di sfruttare il grande potenziale energetico del mare. I risultati erano modesti ma tecnologie come i cosiddetti "mulini a marea" permettevano di raccogliere l’acqua marina, durante il flusso delle maree, in un piccolo bacino che veniva poi chiuso con una paratia. Quando l’acqua poi defluiva, passava attraverso un canale che la conduceva forzatamente verso una ruota che muoveva una macina. Lo stesso principio, insomma, utilizzato per far funzionare i mulini con l’acqua dei torrenti.
In tempi molto più recenti l’obiettivo è stato quello di sfruttare il moto generato dalle maree per produrre energia elettrica pulita. Come è noto, le maree derivano dal moto periodico di salita e discesa di grandi masse di acqua che sono attratte dall’azione gravitazionale della luna e del sole. In condizioni particolarmente favorevoli, presenti però in pochi luoghi del pianeta, l'alta marea sulla costa può superare i 5 metri e anche più. L'energia cinetica delle masse d'acqua soggette alla marea si trasforma per attrito in energia interna all'acqua.
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In Francia una barriera per sfruttare la marea

Il primo e storico esempio di impianto per sfruttare l’energia delle maree è quello costruito a La Rance, nei pressi di Saint Malò, sulla costa atlantica francese, già negli anni ’60. La portata dell’impianto raggiunge 18.000 metri cubi di acqua al secondo e la potenza erogabile raggiunge i 240 MW. La produzione di energia è abbastanza notevole, pari al 3% del fabbisogno elettrico della Bretagna. Si tratta però di una centrale a barriera, cioè composta da una diga in pietrame, 6 chiuse di entrata e uscita per vuotare e riempire rapidamente la foce del fiume e 24 turbine a bulbo. Le turbine idrauliche funzionano in entrambe le direzioni, sia con l’acqua in ingresso che con l’acqua in uscita.
La presenza di una barriera che deve essere scavalcata dalle acque, quando si verifica l’alta marea, è però piuttosto impattante per l’ambiente, poiché provoca considerevoli modifiche all’ecosistema e modifiche al fondale marino.  Tuttavia la struttura di La Rance richiama ogni anno, per la sua unicità, decine di miglia di visitatori. Questo tipo di impianti a barriera ha comunque diversi limiti. Oltre al fatto che può essere installato solo in poche località del mondo va anche considerato il costo molto elevato iniziale e la discontinuità di produzione di energia; c’è poi il tema dell’erosione delle coste, provocata dalla modifica dei flussi di marea e quello delle sedimentazioni all’interno del bacino.

SeaGen in Irlanda del Nord

Meno impattante (ma tuttora sono monitoraggio ambientale) è l’unica altra centrale di sfruttamento dell’energia delle correnti di marea esistente in Europa: si trova in Irlanda del Nord, a Strangford Lough. Si chiama SeaGen e la sua costruzione risale al 2008. Dopo una prima fase sperimentale durata alcuni mesi, ora la centrale, con una potenza installata di 1,2 MW, può soddisfare il fabbisogno di energia di circa 1.000 abitazioni. seagenNon si tratta di un impianto a barriera ma di idrogeneratori a pale che vengono messi in movimento dove le correnti di marea sono più forti.  Oltre a questi due impianti europei, nel mondo ci sono altri 5 impianti per ricavare energia dalle maree: in Cina, Canada, Russia, Corea del Sud (2 centrali e una è in costruzione).

Energia dalle correnti marine

Applicazioni ancora più interessanti (e soprattutto meno impattanti per l’ambiente)  per ricavare energia dal mare sono invece quelle che sfruttano le correnti sottomarine e di marea. Sono, di fatto, simili all’impianto SeaGen dell’Irlanda del Nord ma non necessariamente devono essere installati solo in luoghi in cui il livello di marea è elevato. L'Unione Europea ha infatti di recente concluso uno studio che identifica circa 100 siti suscettibili di essere utilizzati per la produzione di energia elettrica dalle correnti marine e si calcola nel continente la disponibilità di questo tipo di energia sia pari a circa 75 GigaWatts. In Italia lo stretto di Messina è considerato uno dei siti più promettenti: le correnti marine presenti tra Calabria e Sicilia  hanno una potenzialità energetica di circa 15.000 MegaWatt.

Tanti prototipi e una fiorente sperimentazione

Esistono diverse tipologie di impianti e si tratta per in gran parte di prototipi e strutture sperimentali ma alcune forniscono comunque energia alla rete elettrica.  Le correnti marine, come le maree, sono perfettamente predicibili e quindi è possibile una stima precisa dell’energia che si può produrre ogni anno. La tecnologia sviluppata per le correnti marine, inoltre, può anche essere impiegata per le correnti fluviali o, più in generale, in tutte le situazioni dove c’è acqua in moto. La tecnologia impiegata è quasi sempre una turbina che può essere (come per le tecnologie eoliche) ad asse orizzontale o ad asse verticale. Le turbine ad asse orizzontale sono più adatte alle correnti marine costanti, come quelle presenti nel Mediterraneo, le turbine ad asse verticale sono più adatte alle correnti di marea per il fatto che queste cambiano direzione di circa 180° più volte nell'arco della giornata.
Impianti con turbine ad asse orizzontale sono installate nella centrale di Hammerfest in Norvegia e a Lynmouth in Inghilterra (in questo caso in mare aperto).
koboldUn impianto innovativo a turbina esiste anche in Italia. Si chiama Kobold - dal nome di un folletto benevolo della mitologia nordeuropea – ed è stato allacciato alla rete elettrica nazionale dell'Enel nel marzo 2006. Si trova al largo di Ganzirri, a nord di Messina. La potenza generata è esigua, soli 40 Kwatt (13 abitazioni a pieno carico) ma bisogna tener conto che si tratta di un prototipo che presto dovrebbe raggiungere i 150 Kwatt (le correnti nella zona hanno una velocità di 2 metri al secondo). Ha l'aspetto di una piattaforma galleggiante di circa 10 metri di diametro, dotata di una turbina ad asse verticale con tre grandi pale immerse in acqua, è ancorata ad una boa che a sua volta è ancorata al fondale marino (che in quel punto si trova a 20 metri). L’ha ideata Elio Matacena, con l’intuizione di sfruttare al contrario un moderno propulsore navale montato sui traghetti Caronte. Kobold è stato poi sviluppato e realizzato dall’azienda Ponte di Archimede che è pronta a venderla in molti esemplari in Indonesia, dove il governo la ritiene una soluzione praticabile per dare energia alle sue tante piccole isole.
Importanti sperimentazioni su turbine funzionanti con la corrente marina sono in corso anche da parte dell’Università gallese di Swansea. Insieme a diversi partner stanno progettando le “Swanturbines”. Una particolarità di questo impianto è l'uso di "gravity base", un pesante blocco di cemento che tiene la turbina in piedi anziché ancorata con una trivellazione al fondo marino.
limpetEnergia dal mare può essere ricavata anche dal moto ondoso, sia al largo che sulla costa. Un impianto notevole è LIMPET (Land Installed Marine Powered Energy Transformer), realizzato sull’isola di Islay nella Scozia occidentale dall’azienda Wavegen.  È stato installato nel 2000 sulla linea costiera e l’energia che produce (500 KW) grazie al moto delle onde viene ceduta alla rete elettrica nazionale. SI tratta quindi di una sorta di protezione litoranea in cemento che usa il principio della colona d’acqua per produrre energia.

Sempre in Scozia è in corso di realizzazione la più grande centrale al mondo per la generazione di elettricità dalle onde marine, con una capacità prevista di 200 MW. È stata battezzata Costa Head Wave Project e sarà installato al largo della costa di Orkney, sull'isola di Mainland, da Sse Renewables, la principale azienda scozzese del settore, e Alstom, multinazionale francese che opera nel campo delle costruzioni meccaniche.  La centrale, spiegano i progettisti, sarà equipaggiata con una serie di convertitori di energia del moto ondoso basata su un sistema di 12 celle di assorbitori a membrana flessibile che convertono l’energia delle onde mobile in energia pneumatica.
L’impianto offshore scozzese ha un precedente importante in Portogallo. Nelle acque al largo di Agucadoura nel 2007 è stato installato Pelamis, il primo impianto commerciale per la produzione di energia elettrica con un sistema basato su una struttura semisommersa che, grazie al movimento delle onde agisce su dei pistoni idraulici accoppiati a dei generatori in grado di trasformare l'energia meccanica in energia elettrica. La struttura galleggia sull’oceano ed utilizza l’ampiezza dell’onda per funzionare. Qui un video che mostra l’impianto.
seasnakeUna nuova versione di Pelamis (ribattezzata SeaSnake), elaborata in Scozia, è lunga 180 metri circa e pesa 130 tonnellate, è in grado di produrre 750 kW ed è considerato molto più efficiente rispetto alla precedente versione portoghese.
Se Pelamis e Cost Head Wave Project sono impianti che galleggiano sull’acqua è ampia anche la sperimentazione di sistemi con impianti sommersi, in grado di sfruttare il moto ondoso e delle correnti sottomarine. Uno di questi sistemi, che si basa sul principio idrostatico di Archimede, si chiama AWS(Archimedes Wave Swing), installato dalla AWS Ocean Energy al largo delle coste portoghesi. Consiste in una struttura ancorata al fondo marino nella quale una camera d'aria è compressa al momento del passaggio dell'onda sopra il sistema e risale quando l'onda è passata, nel sistema commerciale si dovrebbe avere una potenza di 2 MW, con una struttura (completamente sommersa) alta 30 metri e 10 metri di diametro.